La guerra è madre di tutte le cose. Divagazioni semiserie di un cuore irriducibilmente anarchico
"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
martedì 17 gennaio 2012
Sì: devo farmi per forza un partito.
Basta. Mafaldescamente basta. Non ne posso più. Ma davvero questa volta.
Sono maledettamente stanca delle solite tiritere, delle solidarietà a parole, delle belle frasi cui non segue alcun costrutto.
Saranno almeno tre anni che il mio segretario (per ora ex, visto che non ho ancora rinnovato la tessera) parla della necessità di riunificare i comunisti in un unico grande partito, un partito dalle percentuali berlingueriane per capirci e non un'armata brancaleone sempre alle prese con lo zero virgola. E infatti siamo ancora tutti belli divisi, anzi alla lista nel frattempo se n'è aggiunto qualche altro - poi a una non deve venire il sospetto che al di là delle teorie divergenti ci sia l'interesse per il proprio orticello.
Sono anni anche che si parla della crisi, della solidarietà al mondo del lavoro (chi ancora ce l'ha) e infatti il modello Marchionne impera, l'articolo 18 viene sistematicamente attaccato, per quel che riguarda la sicurezza sul lavoro è meglio stendere un velo pietoso e di sicurezza del lavoro proprio non c'è ombra.
Si evita di scatenare guerre tra poveri (giovani contrapposti a "maturi" o addirittura ai pensionati), giustamente anche, ma non si risolvono i problemi di fondo e ci si limita a ribadire ad ogni pié sospinto la solidarietà... una volta alle lavoratrici della OMSA, una volta a Fincantieri, una volta a Pomigliano e poi al Binario 21 e così via, ma di concreto non si fa nulla. E intanto, oltre a continuare a fare la conta dei morti sul lavoro, ora ci possiamo pure dilettare con la conta dei morti senza lavoro: disoccupati, pensionati, commercianti... è un continuo bollettino di guerra quotidiana, al punto che non si tratta più di emergenza ma di routine.
Ma si continua a parlare di "crescita", anche da parte di tanta sinistra. Che ci sarà mai da crescere, dico io? I figli... la pace... la tolleranza, la cultura, la salute, il benessere di tutti (inteso proprio come "stare bene", non solo e non tanto in termini biecamente materiali di avere e consumare) sì, devono crescere. Non la produzione, non il PIL, non l'economia.
Le persone devono crescere. E già questo lo dicono in pochi. La decrescita sembra una parolaccia, ancora per troppa sinistra. E siccome la sinistra (occhio: sto parlando di sinistra, non di piddì e simili) è troppo debole per far qualcosa oltre ai proclami, ecco che si sprecano incontri, dibattiti, assemblee sulla necessità di UN partito COMUNISTA. Uno, e comunista, appunto. Ho detto niente.
Ci credo ancora, io, nella frase "da ognuno secondo le sue possibilità, ad ognuno secondo i suoi bisogni". Ma a quanto pare non è così semplice, perché se non c'è un grande partito che garantisca una equa distribuzione delle risorse e delle ricchezze (basterebbero anche un po' di uomini onesti, ma sono introvabili come il suddetto partito, mi pare), chi ha avrà sempre di più e chi non ha continuerà a non avere.
D'altra parte non mi pare di vedere segnali positivi neppure dalla parte sindacale... possibile che non si possa pensare ad uno sciopero totale, generale, ad oltranza ma solo a sciopericchi di categoria e perdipiù a tempo determinato? E che razza di incidenza avranno mai?
E allora la soluzione è farmi un mio partito, visto che nessuno dei presenti risponde prefettamente e totalmente al mio pensiero? Ovvio che no, il titolo è solo una provocazione sull'onda di un ricordo gaberiano.
Per tanti motivi, non mi faccio un partito.
Primo, ho sempre detto che un altro partito non serve.
Secondo, sono pigra e non ho proprio voglia di mettermi a pensare per tutti, perché una delle mode più deleterie - e frequenti - degli ultimi tempi è aspettare il leader carismatico, che può anche essere un emerito imbecille ma se è un trascinatore ed è disposto a dire cosa dobbiamo fare, va benissimo.
Terzo, proprio perché sono una convinta assertrice del motto "per criticare bisogna conoscere" e nel contempo riconosco la mia ignoranza colossale (d'altronde sono in buona compagnia: già qualcun altro disse "so di non sapere"... e non era esattamente l'ultimo arrivato) ma ormai le teorie più che altro mi annoiano e son già abbastanza depressa senza impegolarmi in astruse sottigliezze metodologiche e spaccature del capello, non critico, non mi ergo a giudice ma semplicemente scelgo autonomamente la mia strada.
Che è poi la stessa dei miei esordi. Il comunismo pare impraticabile di questi tempi, visto che non riusciamo a garantire a tutti gli stessi diritti, seppur fondamentali (e lasciamo pure perdere se e come tali diritti siano poi stati effettivamente a disposizione dei popoli che hanno avuto l'onore di essere guidati da un partito comunista o presunto tale), ergo torno orgogliosamente anarchica. Insomma, faccio quello che posso. Non ho la forza di salvare il mondo, ma almeno provo a salvare qualcuno.
Anche perché, se lo facessimo tutti, magari scopriremmo che ci siam salvati tutti... insieme. Da soli non si arriva da nessuna parte, ritengo io.
Ciao compagni, sicuramente le nostre strade si ri-incroceranno. Ma io intanto mi rimbocco le maniche e vedo cosa posso - solidarmente - fare. Che non c'entra nulla, spero sia ben chiaro, con l'egoistico salvataggio personale. E neppure con la classica elemosina.
"Fai agli altri quello che, in analoghe circostanze, vorresti fosse fatto a te".
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