"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
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venerdì 17 aprile 2009

Abruzzo, ancora


Lo so che l’abbiamo già postato nel Solleviamoci serio… anche perché ho contribuito alla scrittura del commento. Ma questa riflessione mi piace troppo, quindi me ne approprio e me lo copio. Oltretutto, visto che l’autore ieri era da Santoro e presumibilmente ci tornerà, è anche un modo per segnalarlo a chi ancora non l’avesse letto ed a quanti non volessero perdersi la diretta… E per aggiungere un tocco di novità, riporto anche un altro post interessante. Anzi due.

"Ma io per il terremoto non do nemmeno un euro..." di Giacomo Di Girolamo - 14 aprile 2009

Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la mia suona come ... ... una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda. Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no - stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare. Non do un euro perché è la beneficenza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficenza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro. Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo. Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro Paese. E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella. C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato - come tutti gli altri - da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno? Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di "new town" e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: "new town". Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto tempo l’aveva in mente? Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce "new town". E’ un brand. Come la gomma del ponte. Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che "in questo momento serve l’unità di tutta la politica". Evviva. Ma io non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è. Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro? Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni terremotate. Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente. Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima? Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo. Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa, l’Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora, per quella scuola, dove - per dirne una - nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto. Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto. Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialità che avevano detto. Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto. Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto. Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia. Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire "in Giappone non sarebbe successo", come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know - how del Sol Levante fosse solo un’esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto pratico. E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia. Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso. Come la natura quando muove la terra, d’altronde. Tratto da: www.facebook.com/

E come non sottoscrivere ogni singola frase di questo sfogo? Come non essere assolutamente contrari alla destinazione del 5x1000 ai terremotati abruzzesi, come non considerarlo solo uno specchietto per le allodole che va a penalizzare pesantemente associazioni assolutamente meritorie e ben poco (se e quando) aiutate a svolgere la loro missione umanitaria e sociale (pensate ad Emergency, al CeSVI, all’ANPI, a Legami d'Acciaio… e ovviamente sono solo alcuni – tra i nostri preferiti), mentre invece il lucroso 8x1000 che per la maggior parte si spartiscono Chiesa e Stato non si tocca? Che tra l’altro, se la matematica non è un’opinione, è una cifra maggiore del 5x1000? Non è un problema nostro: da anni lo destiniamo ai Valdesi e ne siamo più che contenti. Ma anche se fossimo d’accordo a dare il nostro 5x1000 a beneficio dei terremotati, chi ci assicura che davvero arriverebbe loro e non si perderebbe nei mille rivoli delle tasche di chi non c’entra? Nessuno. Appunto.
Però… però nel frattempo chi ci va di mezzo facendo scelte di questo tipo sono quei poveri abruzzesi incolpevoli. Allora la nostra idea è questa, banale ma forse più utile di tante speculazioni travestite da buone azioni: il 5x1000 ai soliti destinatari di cui sopra, l’8x1000 ai Valdesi e una cifra – quello che possiamo – ad un’organizzazione di cui ci fidiamo, fossero i compagni di partito che settimanalmente vanno giù o le raccolte in rete fatte da blogger fidati (ad esempio questo) o direttamente una persona - Anna - o una famiglia colpita dal sisma, per chi la conosce.
NIENTE deve finire nelle mani sbagliate. Ogni centesimo entrato deve essere giustificato, altrimenti tra vent’anni gli abruzzesi saranno ancora nelle tende e qualche furbetto si sarà fatto una villa in più, magari anche grazie all’ultima ingegnosa trovata per rilanciare l’edilizia.

Ed ecco un’altra voce fuori dal coro: riporto testualmente, con il consenso dell’autrice (grazie Solange!), un bel post del blog di Paolo Franceschetti (http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/04/terremoto-e-segreti.html):


TERREMOTO E SEGRETI


Dopo il terremoto che ha colpito l'Abruzzo vari paesi esteri ci hanno offerto aiuto. Erano pronti ad inviare uomini e mezzi. Il Governo ha rifiutato affermando che non ne avevamo bisogno.
Berlusconi ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Ringraziamo i paesi stranieri per la loro solidarietà, ma invitiamo a non inviare qui i loro aiuti. Siamo in grado di rispondere da soli alle esigenze, siamo un popolo fiero e di benessere, li ringrazio ma bastiamo da soli”. Siamo in grado di rispondere da soli alle esigenze? Siamo un popolo fiero e di benessere? Bastiamo da soli? Ma se i terremotati dell'Irpinia è trent'anni che vivono in prefabbricati e cenano con pantegane che sono più grandi del mio cane (che pesa 45 kg). Lì per lì ho pensato che il rifiuto fosse stato motivato dal fatto che è più difficile rubare se hai accanto volontari di paesi esteri dove per una evasione fiscale vai in galera per trent'anni. Potrebbero non capire che, da noi, in Italia fa curriculum avere una, o due, condanne passate in giudicato per entrare in parlamento, e che rubare gli aiuti a chi è stato colpito da una calamità è una prassi consolidata. Poi ho letto che il Governo ha rifiutato gli aiuti di uomini e mezzi, ma accetterà volentieri quelli economici........sempre, ovviamente, perché siamo un popolo fiero e benestante.....soprattutto stanno molto bene quelli che riescono a rubare di più, ad aggiudicarsi la ricostruzione e non ricostruire o, nella migliore delle ipotesi, costruire con cemento “disarmato”. Poi, però, una domanda mi è sorta spontanea: perché l'Italia non vuole personale straniero nelle zone colpite dal terremoto? Così ho provato a cercare di capire cosa potesse esserci di “particolare” in quelle zone, in aiuto mi è arrivata la segnalazione di un nostro lettore, Pinco Ramone. Due i risultati:

1. Sotto il Gran Sasso, a 1.400 metri sotto terra ci sono i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), i più grandi laboratori scientifici sotterranei del mondo. Detti laboratori sono di proprietà dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

In cosa consistano questi esperimenti è facile immaginarlo trattandosi di FISICA NUCLEARE, comunque qualcosa, solo qualcosa, è consultabile visitando il sito: http://www.lngs.infn.it/home_it.htm . Quanto materiale chimico, radioattivo, nucleare era presente nei laboratori al momento del sisma? Quali esperimenti erano in corso? Ma sopratutto quali e quanti danni ha subito la struttura? Perché i media non fanno un solo cenno a tutto ciò? Interi paesi sono distrutti, l'Aquila è una città fantasma e del più grande laboratorio di fisica nucleare del mondo, situato a 1400 metri di profondità sotto il Gran Sasso, zona colpita dal sisma, non si dice nulla? Se le strutture hanno retto perché non dirlo? Cosa successo a 1400 metri di profondità?



















2. Vicino a Sulmona, poi, sotto le colline di S. Cosimo vi è un notevole deposito militare, chilometri di tunnel sotterranei con tanto di ferrovia privata. Meno di un anno fa, il deposito di San Cosimo è stato al centro di un'aspra polemica che aveva costretto il generale di Corpo d'Armata Giorgio Ruggeri ad affermare: “Nel deposito militare di San Cosimo non c'è nulla che possa rappresentare un rischio ambientale o una contaminazione radiologica pericolosa per la salute della popolazione residente. Posso affermare con estrema certezza che gli ipotetici casi di malattia non sarebbero assolutamente collegati alla presenza del deposito e che non sarà smantellato perché rappresenta per l'Esercito una presenza strategica sul territorio”.
Personalmente non mi fido molto delle rassicurazioni date dall'esercito, sopratutto dopo quanto fatto con i nostri soldati e l'Uranio impoverito (articolo su questo blog http://paolofranceschetti.blogspot.com/2007/12/vergognamoci-per-loro-3-migliaia-di.html) in cui ricordiamo 2000 nostri soldati che hanno partecipato alle missioni all'estero sono tornati ammalati di tumore. Dal 1977 vi erano circolari e relazioni scientifiche che avvertivano del pericolo dell'esposizione dei militari alle particelle di uranio impoverito, scarto nucleare usato per rafforzare gli armamenti. Dal 1984, erano state emanate, dalla Nato, precise norme di protezione per chi operava nelle zone a rischio. Ma l'Italia, che pure fa parte della Nato, sino al 1999 non recepisce. Ma la vergogna più grande avviene dopo. Infatti, i nostri soldati, una volta ammalati, hanno chiesto un indennizzo al Ministero. Sapete cosa dovevano firmare per poter ottenere l'indennizzo? Dovevano firmare un foglio in cui affermavano di essersi ammalati per paura! Si esattamente così. Non per l'uranio impoverito, la cui pericolosità è provata da innumerevoli relazioni scientifiche, ma per “strizza da sentinella”. Ora, se l'esercito tiene questo comportamento con i suoi soldati, con buona pace dello “spirito di corpo”, mi riesce difficile pensare che possa comportarsi con maggiore correttezza con la c.d. “popolazione civile”. Ma, a parte questa mia considerazione personale, la domanda è un'altra: ha subito danni quel deposito? Se si, quali e quanti? Anche in questo caso, da parte dei media, assoluto silenzio. Segreto di Stato! Dunque, nella zona colpita dal terremoto ci sono: - il più grande laboratorio sotterraneo di fisica NUCLEARE del mondo; - un deposito di armi (non si sa quali) ed esplosivi con tanto di ferrovia privata. Perché nessuno ne parla? Cosa è successo a quelle strutture? Sono state danneggiate? Ci possono essere state fuoriuscite di materiale radioattivo? Nulla, il più assoluto silenzio, meglio fare un servizio giornalistico sulle uova di pasqua nelle tendopoli.


A dire la verità, il laconico comunicato del LNGS non ha rassicurato neppure me: non avevano detto anche (non l’LNGS, sia chiaro) che a Severo la diossina non era poi così dannosa? E’ colpa loro, dei politici e dei giornalisti miopi, di quelli che pensano che siamo tutti bambini dell’asilo da “educare” e soprattutto cui non raccontare mai la verità, sennà si spaventano. Il risultato è che io non ci credo più, a quello che dicono. Anche perché, onestamente: chi ha guardato ieri la puntata di AnnoZero mi può dire se ha capito di chi è la responsabilità? Perché io non l’ho capito. Mi è sembrato che giocassero tutti, chi più chi meno, a rimpallarsela. E comunque io sto con De André: siamo tutti coinvolti.
Ma ancora, segnalato da Laura su Rita Atria news (http://www.ritaatria.it/LeggiNews.aspx?id=810):


Un video su You Tube parla di un numero di morti durante il terremoto dell'Aquila probabilmente superiore a quello ufficiale...


Visto che è Pasqua ... facciamo resuscitare anche la VERITA'
Ricevo ed inoltro "I morti che non vi dicono" Chiediamo che vengano fatti tutti gli accertamenti del caso. Il centro storico dell'Aquila è da abbattere e ricostruire. E questo lo dicono in tanti. I morti, i feriti e gli sfollati sono stati contati, più o meno precisamente. E questo lo dicono tutti. Adesso vi dirò qualcosa che non dice nessuno. Gli scantinati e i seminterrati del 90% del centro storico erano stati affittati. In nero. Dentro c'erano clandestini, immigrati, extracomunitari. Ammassati come bestie. Ci sono ancora. Centinaia di persone che non risultano all'anagrafe, che non compaiono nelle liste dei dispersi, che non esistono. I proprietari delle case che si sono messi in salvo non ne denunciano la presenza. Non gli conviene. Nessuno li cerca. Nessuno li piange. Da vivi non esistevano, non esistono neppure da morti. Spazzati via di nascosto, come la polvere sotto al tappeto. In fondo, perchè darsi tanta pena per loro? Una tomba ce l'hanno già. E questa volta non gli è costata niente. Gliel'abbiamo data gratis.

Il video è qui: http://www.youtube.com/watch?v=zz8GuoCjIKo

lunedì 13 aprile 2009

Abruzzo


Non ho postato nei giorni scorsi perché abbiamo deciso di unificare le notizie sull’altro blog. E poi il dolore era troppo grande, mi sembrava che il silenzio fosse preferibile alle polemiche – che puntualmente sono esplose comunque.

Il “fratello maggiore”, il Solleviamoci più seguito, è stato accusato di non essere obiettivo e di far politica. Ho già risposto di là, ma qui voglio approfondire alcuni aspetti generalmente trascurati dai media.

Non è tempo di polemiche, ci hanno ripetuto da più parti. E’ tempo di solidarietà e di impegno per rendere meno difficile e doloroso possibile questo momento, di per sé già abbastanza traumatico, alla popolazione così duramente colpita dal terremoto. Giusto. Doveroso persino. Ma mentre ci propinano queste sagge parole, qualcuno lavora nell’ombra perché passi anche qualche altro messaggio – funzionale al potere, ma non solo. Non voglio perder tempo a commentare quelle che per me sono solo pure farneticazioni (mi riferisco a quanto mandato in onda da Radio Maria - Solleviamoci ne ha parlato qui): c’è ben altro… a cominciare da alcuni astuti commenti a proposito dell’operosità dei friulani (contrapposta, in modo sottinteso, all’inettitudine di altre popolazioni diciamo più a sud: chessò, l’Irpinia). Non ho nulla da eccepire sui friulani, intendiamoci (mia nonna veniva da là, quindi qualcosa del loro carattere conosco di prima mano…); avrei parecchio da dire invece sul non-detto-ma-implicito: nel corso della mia vita ho conosciuto siciliani e campani (tanto per restare nel campo degli esempi) e non li ho trovati poi così apatici. La voglia di tornare a vivere in case normali ce l’avevano tutti ma, a prescindere dal misterioso motivo per cui buona parte dei soldi devoluti alle persone colpite da cataclismi sembra comunque ineluttabilmente destinata a perdersi in mille rivoli improduttivi, possibile che a nessuno sia venuta in mente una cosa di un’ovvietà spaventosa tanto è banale? Il terremoto in Friuli è accaduto nel 1976. Tito è morto nel 1980, il muro di Berlino è caduto nel 1989 – ben dopo il terremoto, quindi: nessuno ricorda la guerra fredda? Nessuno rimembra che l’Italia – il Friuli! - era in una posizione strategica per la NATO e per la difesa dell’occidente? Strano, perché a tutt’oggi abbiamo gli americani in casa – prova ne è la base di Vicenza, tanto per stare sull’attualità. Certo, oggi la Jugoslavia non è più comunista (quanto a quello, non è nemmeno più Jugoslavia…) e l’URSS è diventata Russia – con tutto ciò che questo comporta. Ma il Friuli, terra di confine con il territorio nemico, era altamente strategico. Quello che è accaduto nei giorni immediatamente successivi al terremoto se lo ricordano in pochi – quei pochi che l’hanno vissuto direttamente, o che hanno avuto la fortuna di leggere OP. Purtroppo in uno dei tanti traslochi la mia copia è andata persa… e non sono ancora riuscita a recuperarne un’altra. Provate a cercare in rete, se trovate qualcosa: io ancora non l’ho trovata. Allora, prima di far passare un bieco razzismo strisciante, dovremmo tutti farci un esamino di coscienza… ma si sa, la storia la scrivono i vincitori (o i padroni, che al momento è lo stesso) e quindi si dice solo quello che si vuol far sapere.

Un altro aspetto inquietante del terremoto abruzzese riguarda non tanto la messa alla berlina di uno scienziato che studia i terremoti (non che la giustifichi o pensi che non sia grave, beninteso. Solo mi sembra che la frettolosa smentita di studi effettuati in tutto il mondo si commenti da sola come goffo tentativo di negare ogni possibile responsabilità), quanto la minimizzazione dell’evento. Tutti a difendere la Protezione Civile e Bertolaso (come se la P.C. o Bertolaso stesso si stabilissero da soli i fondi di cui disporre, come se qualcuno avesse dato addosso all’impegno, all’abnegazione ed allo spirito di sacrificio di Vigili del Fuoco o volontari: non è quello il motivo del contendere. Conosco personalmente abbastanza VVFF e volontari di varie associazioni per sapere che si impegnano – e si sono sempre impegnati – oltre il loro dovere, che sono persone cui io non sono nemmeno degna di stringere la mano. Operano in condizioni difficili e spesso con mezzi poco adeguati, ma loro ci sono. Sempre.), ma nessuno, neppure Santoro nella puntata dedicata al sisma, ha detto la verità sul numero delle vittime. La prima volta che ho letto qualcosa di discordante è stato nel blog di Anna, vittima prima ancora che testimone diretta. Ho voluto illudermi che fosse solo un’esagerazione dettata dalla paura e dalla tensione, e invece no: ho ricevuto la conferma da fonti attendibili che i morti sono un migliaio.



AnnoZero è già nel mirino della censura dei “liberi informatori” che decidono cosa farci pensare, quindi non me la sento di dare addosso a quello che è uno dei pochi programmi per cui vale la pena di pagare il canone (infatti, come previsto: gli articoli di la Repubblica e il Giornale sono piuttosto chiari). Nemmeno mi aspettavo che qualche altro giornalista “illuminato” ne parlasse… e allora lo faccio io. Non vi aspettate che citi le fonti: hanno diritto ad essere protette.

Ma allora la domanda è: perché non ce lo dicono? Cosa cambia, se i morti sono quasi cinque volte quelli che ci hanno detto? Per me cambia poco, anzi nulla. Già una vittima per me era troppo. Ma cambia, cambia. Prima di tutto perché il fatto che non ci fosse uno straccio di piano di soccorso, di aree attrezzate allo sgombero e una scorta di coperte ed acqua (il minimo) dopo TRE MESI che la terra tremava, di fronte ad un migliaio di morti fa fare brutta figura allo stato. Come se lo stato – inteso come governanti – se ne fosse fregato dei suoi cittadini. E quando mai? Ci vogliono così bene che ci obbligano a stare in vita anche quando non vogliamo… Ma non voglio polemizzare con questo governo, o almeno non solo. Ce l’ho con tutti. Anche con questa pseudo opposizione che ogni tanto, peraltro timidamente, a parole si fa sentire, ma poi nei fatti è carente. Vero che al governo Berlusconi c’è stato per tutto il mandato (precedente, ma presumibilmente, dato l’andazzo, anche questo) e Prodi no. Vero che il centrosinistra ha fatto le leggi (lo dice l’ONU, non io)… ma non ha avuto la forza di farla rispettare, quindi è come se avesse abbaiato alla luna. Perché un’opposizione che quando è al governo non cancella almeno gli obbrobri maggiori voluti dalla controparte politica, vuole dire che è connivente. E qui l’elenco è lungo: dalla legge elettorale al conflitto di interessi, passando per il precariato e quant’altro. E perché no, anche ai controlli sui costruttori ed imprenditori a vario titolo. Invece, come sempre, sono già cominciati i rimpalli di responsabilità. Tutti si sono occupati solo di aspetti marginali. Spero che nessuno metta il naso indebitamente nel lavoro di Magistratura e Forze dell’Ordine – non inizierò una polemica adesso, confidando che non serva. Ma ci tengo a segnalare questo post di Loris. Quanto alla ricostruzione, sarebbe il caso di tenere presente questo post… e magari anche questo.



Venerdì poi si sono svolti i funerali delle vittime. Tante alte cariche in rappresentanza dello Stato… ma a me è mancata la schietta partecipazione umana di Pertini. Dopo la cerimonia cattolica, ha parlato un religioso musulmano. A me è sembrato solo un atto dovuto - non intendo entrare nella polemica scatenata da Libero, ma chi vuole trova qui il testo del suo discorso.


Un’ultima considerazione: come sempre, molti giornalisti si sono uniformati al modello Berlusconi, facendo domande quantomeno idiote – il nostro PdC s’è distinto come sempre – guardate questo video – e come sempre quasi nessuno ci ha mostrato il dissenso o lo sconcerto degli Abruzzesi nei confronti di politici e stampa. Perché va tutto bene… e allora leggete questa lettera.


Coraggio, amici abruzzesi. Vi abbraccio tutti.


lunedì 12 gennaio 2009

Message to Israeli government


STOP THE WAR RIGHT NOW! ... and it is even far too late.



Let the Free Gaza Movement ships - carrying medical supplies, doctors and human right activists - in to Gaza.


"...ubi solitudinem faciunt, pacem appellant...": did ever history teach you anything?

mercoledì 6 febbraio 2008

Morti bianche, 5 vittime in due diversi incidenti


A Castiglione in Teverina, in provincia di Viterbo, muore un’intera famiglia: gli zii Fiorenzo Cignelli, 58 anni, e Elisabetta Tirinnanzi, 53, il nipote Renato Cignelli, 44 anni e la moglie Rosanna Abbatematteo, 41. Gravemente ferito anche il figlio di Fiorenzo, Giandomenico, di 26 anni. Mentre un'altra vittima del quotidiano stillicidio dei morti sul lavoro è caduta nel genovese.

La strage familiare è accaduta a causa dello scoppio di un deposito di fuochi d'artificio. Secondo i primi rilievi l'esplosione ha causato il crollo del tetto dell'edificio travolgendo le quattro persone che si trovavano all'interno.

La fabbrica aveva subìto l'ultimo controllo dell'ispettorato del lavoro il 18 novembre scorso: gli ispettori avevano verificato che i quattro ambienti in cui è diviso lo stabilimento (deposito, miscelamento, confezionamento e uffici) fossero in regola, e non avevano mosso alcun rilievo ai titolari dell’azienda. La Cignelli, secondo quanto si è appreso, era considerata una ditta modello per quanto riguarda il rispetto delle misure di sicurezza e l'utilizzo di macchinari all'avanguardia, alcuni dei quali ideati dagli stessi proprietari. Il locale dove è avvenuta l'esplosione è quello del confezionamento, nel quale, come prescrivono le norme di sicurezza, non c'è corrente elettrica per evitare scintille. Per questo non è ancora chiaro come sia potuta avvenire l’esplosione.

Altro incidente nel genovese: un operaio è morto dopo essere stato investito da un'auto mentre segnalava la presenza di un cantiere, sulla A10, tra Arenzano ed il bivio per l'A26 verso Genova. È accaduto al km 19. Sul posto sono intervenuti i soccorsi sanitari, la Polizia Stradale ed il personale di Autostrade per l'Italia, ma purtroppo per il lavoratore, dipendente della ditta Seven Service, primaria impresa italiana specializzata negli interventi in galleria, non c'è stato nulla da fare. Sulle cause dell'incidente sono in corso accertamenti ma, secondo i primi rilievi, si è trattato di una concausa tra distrazione ed eccesso di velocità.

Pubblicato il: 06.02.08
Modificato il: 06.02.08 alle ore 18.16

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=72689

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martedì 5 febbraio 2008

Ferrara, un morto in fabbrica e tragedia sfiorata a Torino


di Tonino Cassarà


Morti bianche, 220, foto Unità, 24/5/2007

Un operaio di 54 anni, Giuseppe Bonati, di Stienta in provincia di Rovigo, è morto all'ospedale Sant'Anna di Ferrara per le ferite riportate in un infortunio sul lavoro accaduto alle 8 nell'azienda Carpenteria Cmg di via Sutter a Ferrara: l'operaio stava lavorando a un muletto sollevatore, con il motore in funzione, quando il mezzo è partito e lo ha travolto.

Sempre nella mattinata di martedì un incidente in una fabbrica di Torino solo per caso non si è tramutato in tragedia. Due operai sono rimasti coinvolti nello scoppio che li ha investiti, senza per fortuna ucciderli come era accaduto alla Thyssenkrupp di Corso Regina. È successo alle 6.10 nell'azienda Abrate di Collegno, alla periferia Ovest di Torino. Secondo la prima ricostruzione dei vigili del fuoco, per cause non ancora chiarite, c'è stato lo scoppio di un forno industriale a gas. I due lavoratori sono stati portati rispettivamente all'ospedale di Rivoli e al Cto di Torino. La situazione clinica più grave è quella del responsabile di stabilimento, Michele Monteleone, di 41 anni.che ha riportato ustioni sul 40% del corpo ed è ricoverato in prognosi riservata. L'altro operaio, Antonio Lizzo, di 42 anni, si trova in condizioni che sembrano essere meno gravi di quelle del suo compagno di lavoro. Nella piccola fabbrica intanto oltre ai vigili del fuoco sono intervenuti i carabinieri e gli ispettori del lavoro insieme al sostituto procuratore Sabrina Noce. La Procura di Torino ha subito aperto un'inchiesta per accertare ogni eventuale responsabilità nell'incidente. «Quello di stamattina - dice il segretario provinciale della Fim, Antonio Sansone - è l'ultimo caso in ordine di tempo, nel bollettino di guerra degli incidenti sul lavoro. Che poi sia successo appena poche ore dopo la denuncia dell'Anmil secondo la quale nel nostro paese viene ucciso un lavoratore ogni 7 ore, non è altro che la conferma di come gli incidenti non solo non si fermano ma sembra che anche la tragedia della Thyssenkrupp sia passata invano. Le aziende hanno il dovere di riflettere sul milione di incidenti l'anno e i più di mille morti. Non bastano i proclami pubblici e non ci si può fermare alla solidarietà estemporanea".

Nell'azienda Abrate di Collegno sembra che il sindacato non fosse presente, nessun iscritto insomma. "Il sindacato si impegna fino a dove riesce ad arrivare- dice ancora Sansone- in casi come quelli di stamane, dove il sindacato non è presente, è ancora più necessario un significativo impegno di responsabilità sociale se non vogliamo passare il tempo a fare l'elenco delle vittime. Non passa giorno in cui Montezemolo non ci fa una lezione su come migliorare l'Italia, ci piacerebbe -conclude- ascoltarlo ogni tanto a spiegare alle imprese come migliorare la sicurezza dei lavoratori".


Pubblicato il: 05.02.08
Modificato il: 05.02.08 alle ore 13.19

fonte: http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=72668

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lunedì 4 febbraio 2008

Morti bianche, primato scandalo: siamo il Paese con più incidenti

Nel periodo tra il 1995 e il 2004 riduzione del 25,4 per cento. Nel resto d'Europa flessione di quasi il 30%.

200 mila infortuni non denunciati

Il Rapporto dell'Anmil: oltre mille vittime l'anno
"Effetto perverso legato al modello di produzione".


La Thyssen di Torino,
dove morirono 7 operai


ROMA - Resta all'Italia il non invidiabile primato delle vittime sul lavoro in Europa.
Nel nostro paese il numero delle "morti bianche", seppure in calo rispetto agli anni scorsi, è infatti diminuito meno che nel resto d'Europa. Negli ultimi dieci anni, nel periodo compreso tra il 1995 e il 2004, da noi il calo registrato è stato pari al 25,49 per cento mentre nella media europea la flessione è stata pari al 29,41 per cento.

La riduzione è stata ancora più accentuata in Germania, dove il numero di vittime si è quasi dimezzato (-48,3 per cento), e in Spagna dove si è registrato un decremento del 33,64 per cento. Sono questi alcuni dei risultati resi noti nel secondo rapporto sulla ''Tutela e condizione delle vittime del lavoro tra leggi inapliccate e diritti negati'' presentato dall'Anmil, Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, al Capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Nelle cifre ufficiali, seppure meno allarmanti di quelle relative alle vittime, non sono compresi gli incidenti che non vengono denunciati da chi è impiegato nell'ambito del lavoro nero dove, secondo l'Inail, si verificherebbero almeno 200 mila casi.

Nel complesso gli incidenti sul lavoro sono circa un milione l'anno e i morti più di mille. In Germania nel 1995 le vittime erano state 1500, duecento più di quelle italiane. Oggi sono scese a 804 unità, un numero ben inferiore al nostro. Questi numeri, dicono dall'Amnil, mostrano come non si tratti di un fenomeno occasionale e relegato a situazioni straordinarie ma piuttosto "un effetto perverso che sembra profondamente innervato nel modo di produzione".


L'indennizzo ridotto


Al danno sembrerebbe aggiungersi anche la beffa. La riforma realizzata con il decreto legislativo 38/2000 che ha introdotto, in via sperimentale, la copertura del danno biologico, di fatto, dicono dall'Anmil, ha comportato un "netto ridimensionamento del livello delle prestazioni in rendita se non addirittura la trasformazione dell'indennizzo da rendita, a capitale liquidato una tantum".

Se un lavoratore infortunato che perde un piede ha una moglie e un figlio a carico e una retribuzione media, si ritrova oggi a percepire dall'Inail il 13,39% di rendita in meno (ovvero 963 euro l'anno) ripetto a quanto previsto del regime precedente al Decreto 38/2000. La perdita in termini di risarcimento in sede civile sarebbe poi pari a circa 45 mila euro.


Passi troppo timidi


La rinnovata consapevolezza della gravità del fenomeno, cresciuta anche in ragione dei numerosi interventi del Presidente della Repubblica sul tema, sembra non essere riuscita a produrre ancora una significativa inversione di tendenza. Gli autori del rapporto sottolineano come a cinque mesi dall'entrata in vigore della legge 123/07, che ha stabilito nuove norme in materia di sicurezza sul lavoro, i coordinamenti provinciali delle attività ispettive stanno appena muovendo i primi passi mentre il personale impegnato nella prevenzione infortuni, al ritmo attuale, impiegherebbe 23 anni a controllare tutte le aziende. L'Anmil inoltre sottolinea anche come si intervenga quasi sempre a cose fatte e molto raramente a livello di prevenzione.


Le cose da fare


Tra i rimedi necessari indicati dall'Anmil ci sono un maggiore investimento sulle attività di prevenzione e controllo, l'introduzione di sanzioni adeguate alla gravità ed alle conseguenze dei comportamenti, l'organizzazione di un apparato amministrativo e giudiziario che assicuri l'applicazione certa e rapida delle sanzioni e la promozinoe di iniziative informative, formative e culturali che sviluppino nel medio-lungo periodo una maggiore attenzione alla prevenzione.


(4 febbraio 2008)

fonte: http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/morti-lavoro/europa-morti-bianche/europa-morti-bianche.html

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domenica 3 febbraio 2008

In memoria di Sandro Marcucci e Silvio Lorenzini



CON UN GIORNO DI RITARDO, E CE NE SCUSIAMO, PUBBLICHIAMO IL CORSIVO DI LAURA, ASSOCIANDOCI AL SUO ACCORATO APPELLO ...


Dal blog ricordilaura.splinder.com

In memoria di Sandro Marcucci e Silvio Lorenzini un appello a tutti a ribellarsi a questo silenzio insopportabile sul loro omicidio e sulla verità sulla strage di Ustica soprattutto della Politica, ma anche dei vertici dell'Aeronautica militare e della stampa ognuno per le proprie competenze e una richiesta a tutti a scegliere liberamente se pagare o meno il loro piccolo prezzo in questa battaglia, affinchè impegnandosi tutti senza riserve, questo paese diventi una matura democrazia dove è tutelato l'interesse generale e non come ora accade quello di pochi.

16° anniversario dell'omicidio di Sandro Marcucci

Oggi è il 16° anniversario dell'omicidio di Sandro Marcucci. Anche quest'anno nè stampa nè politica si ricordano di lui. Nessuno s'impegna come politico o ai vertici dell'Aeronautica per le proprie competenze a fare riaprire il caso della Strage di Ustica o intendono dare a Marcucci verità e giustizia. Faccio appello sul mio blog affinchè la società civile si ribelli e chieda incessantemente a politica, militari e magistratura nient'altro che la Verità. Non ci possiamo arrendere a silenzio e oblio impostoci da uomini di un potere mafioso, corrotto e criminale che è in minoranza rispetto ai tanti onesti che hanno pagato per il loro impegno di un' esistenza il prezzo più alto: quello della propria vita che amavano tanto.
Se ci è utile riascoltiamo
l'audio di Sandro Marcucci per non dimenticare:
http://www.ritaatria.it/sandro.mp3

e rileggiamo l'e-book Impossibile Pentirsi di Mario Ciancarella
al link:

http://files.filefront.com/IMPOSSIBILE+PENTIRSI+ebookpdf/;8764780;/fileinfo.html

per fare una scelta di campo.

Impegnamoci con rinnovata fiducia e grande volontà a costruire una matura democrazia italiana, a dare giustizia e verità alle Vittime, impegnamoci nella battaglia per la tutela dei diritti inalienabili della persona da tutti i livelli (politico, giudiziario, militare) in tutti i campi, riprendiamoci insomma la nostra piena sovranità che ci hanno dato i Padri costituenti e che qualche usurpatore ci vuole togliere per tutelare solo e soltanto il proprio interesse. In memoria di Sandro Marcucci tuteliamo l'interesse pubblico e generale, spendiamoci tutti per tutti senza riserve, così un giorno potremo sperare come Popolo di essere liberi e vivere ciascuno serenamente la propria esistenza. Se ciascuno sceglie di pagare il suo piccolo prezzo a questo impegno, non ci sarà più chi poi pagherà per tutti perdendo la vita.

Solo la solidarietà di fatto verso tutti senza distinzioni e non a parole può liberarci infatti per sempre dal rischio che qualcuno italiano o straniero isolato paghi un prezzo abnorme per la reazione del potere criminale, corrotto e mafioso. Sandro Marcucci per me è un esempio, io spero che mi dia la forza per continuare ad andare fino in fondo. Io ci metterò tutta me stessa perchè credo fermamente in questa battaglia quotidiana per una democrazia matura nella terra dove sono nata, che amo e dove desidero insieme ai miei connazionali essere pienamente sovrana al fine non di privilegiare in politica(o in qualsiasi altro campo) l'interesse di pochi ma di tutelare quello di tutti.

Sandro Marcucci era un uomo sereno, lucido e determinato nel suo impegno, non si può che imparare da chi (pur se si è tentato di metterlo in vita spesso fuori gioco e poi lo si è ucciso con Silvio Lorenzini, suo passeggero avvistatore) restò sempre un uomo e un militare democratico fedele alla Costituzione. Grazie a lui sappiamo come agire nel nostro quotidiano per rimanere fino alla fine uomini e donne onesti e per continuare la sua lotta con la stessa sua determinazione.

A costo della sua vita, Sandro Marcucci (insieme a Mario Ciancarella) ci ha fornito quegli strumenti(insieme al corretto metodo per utilizzarli quegli stessi strumenti) che ci permettono e ci permetteranno di impegnarci con serietà e conservare la speranza di un prossimo o lontano futuro sereno per noi e il nostro Paese.

Grazie Sandro, grazie davvero! Laura Picchi

fonte: e-mail

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'68 e dintorni - LIBRO: LA STRAGE DI STATO

NOTA DEGLI AUTORI


Questa controinchiesta - condotta da un gruppo di militanti della sinistra extra-parlamentare e iniziata nel periodo in cui, con il pretesto degli attentati dei 12 dicembre, si scatenava la caccia all'"estremista di sinistra" - non nasce da esigenze di legittima difesa: per denunciare "le disfunzioni dello stato democratico" o "la violazione dei diritti costituzionali dei cittadini". Sappiamo che questi diritti, quando esistono, sono riservati esclusivamente a chi accetta le regole del gioco imposto dai padroni: l'unanimismo dei servi o l'opposizione istituzionale dei falsi rivoluzionari. Per noi, "giustizia di classe" e "violenza di stato" non sono definizioni astratte o slogan propagandistici, ma giudizi acquisiti con l'esperienza: gli operai, i contadini, gli studenti, li verificano ogni giorno nelle fabbriche, nelle campagne, nelle scuole, nelle piazze e non soltanto nelle "situazioni di emergenza". La repressione preferiamo chiamarla rappresaglia. Essa rappresenta un parametro di incidenza rivoluzionaria: sappiamo che il sistema colpisce con tanta più virulenza quanto più i modi e gli obiettivi della lotta sono giusti, e che l'unica, vera, amnistia che conti, sarà promulgata il giorno in cui lo stato borghese verrà abbattuto.

Per questo non ci stupisce ne' ci indigna il ricorso dei padroni alla strage e la trasformazione di 16 cadaveri in formula di governo; ne' che l'apparato ne copra le responsabilità con l'assassinio e con l'incarcerazione di innocenti. Lasciamo ai "democratici" il compito di scandalizzarsi, di chiedere accertamenti e indagini parlamentari, di gridare: "Questo non deve accadere! Qui non siamo in Cambogia" come se esistessero tanti imperialismi anziché uno solo, come se i sistemi che esso usa abitualmente in Asia, Africa, America Latina o in Medio Oriente, fossero privilegio esclusivo dei popoli di colore o sottosviluppati: inammissibili per un "paese di alta civiltà", come il nostro. Fin dall'inizio eravamo coscienti che non avremmo potuto fornire agli altri militanti molto di più di quanto essi già sapevano sulle responsabilità dirette e indirette che stanno dietro la strage di Milano.

Prima ancora che i giornali progressisti definissero "oscuro suicidio" la morte di Giuseppe Pinelli, sui volantini alle fabbriche e all'Università, sui giornali rivoluzionari e sui muri delle città italiane, i colpevoli venivano indicati con nome e cognome. Quando i deputati della sinistra ufficiale denunciavano "l'oscura manovra reazionaria" rivolgendo appelli di unità antifascista a quegli stessi settori politici che di questa manovra, nient'affatto oscura, erano i gestori e i portavoce ufficiali, migliaia di militanti si scontravano in piazza con la polizia gridando esplicitamente i risuitati della loro analisi di classe. Il significato di questa contro-inchiesta, quindi, è quello di offrire ai compagni un modesto strumento di lavoro per l'approfondimento e la diffusione a livello popolare dell'analisi sullo stato borghese; perché, come ha detto Lenin prima di Gramsci, la verità è rivoluzionaria. Siamo convinti, nello stesso tempo, che essa fornisca la dimostrazione di quanto e meglio avrebbero potuto fare - se solo lo avessero voluto - le forze della sinistra istituzionale, politiche e sindacali. Le quali però non hanno voluto perché il farlo significava dimostrare che dietro le bombe di Milano e di Roma, dietro la morte di Giuseppe P¡nelli, esistono complicità che non lasciano spazi riformistici.

L'abbiamo dedicata a due compagni: Giuseppe Pinelli e Ottorino Pesce. il primo, un operaio, è rimasto ucciso per predisposizione storica, come i suoi compagni che quasi ogni giorno muoiono nei cantieri e nelle fabbriche dei padroni; il secondo giacché aveva scelto di mettersi dalla parte degli sfruttati anziché degli sfruttatori, pretendendo di rifiutare il ruolo sociale che gli era stato assegnato. Lo ha fatto dichiarando - proprio quando la sinistra ufficiale assisteva pressoché impassibile alla caccia all'"anarchico" e al "maoista" che la giustizia italiana è una giustizia di classe: la stampa "indipendente" lo ha linciato, i magistrati "progressisti" lo hanno invitato alla prudenza e al tatticismo. morto d'infarto il 6 gennaio 1970.

Un gruppo di militanti della sinistra extra-parlamentare
13 dicembre 1969-13 maggio 1970

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I CAPITOLO

Le bombe del 12 dicembre


II CAPITOLO

Gli anarchici


III CAPITOLO

I fascisti


IV CAPITOLO

Controinchiesta


V CAPITOLO

La strategia della tensione


POSTFAZIONE

APPENDICI

1) lettera dì Pietro Valpreda dal carcere
2) note alla lettera di Valpreda
3) il taccuino di Mario Merlino
4) testo integrale dei dossier segreto greco per l'Italia

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Morti bianche, due vittime tra Marche ed Emilia

MORIRE DI LAVORO
O LA STRAGE INFINITA
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infortuni lavoro morti bianche inail ANSA 220


Altro giorno, altro morto. Anzi due. La strage delle morti bianche continua in mezzo a tante parole e pochi fatti. Un primo incidente sul lavoro è avvenuto nelle Marche, a Novafeltria, dove è morto un uomo di 65 anni, Marino Mordenti. L'uomo - socio della ditta "Demo" - sostava a piedi in un piazzale dov'era al lavoro un muletto. Il mezzo stava movimentando dei carichi quando all'improvviso si è ribaltato, investendo Mordenti, che è rimasto schiacciato sotto il carrello elevatore. A nulla sono valsi i soccorsi; il personale del 118 una volta giunto sul posto ha potuto soltanto constatare il decesso. Sono intervenuti anche agenti della Polizia di stato, personale dell'Asur e i vigili del fuoco.

A San Giacomo di Guastalla, nel Reggiano, è morto un operaio romeno di 45 anni, Stelica Maftei, mentre lavorava in un capannone dell'azienda "Padana Tubi". Caduto da un´altezza di otto metri, è deceduto sul colpo per le gravi lesioni riportate. L'uomo, residente nel torinese ma di fatto domiciliato a Finale Emilia (Modena), verso le 8.15 lavorava assieme a un connazionale, regolarmente imbracato, su una piattaforma ad un'altezza di circa otto metri. I due, dipendenti di un'azienda di Finale, stavano installando impianti termoidraulici quando, per cause al vaglio dei carabinieri, la piattaforma è stata colpita da un carro-gru manovrato a terra da un altro operaio.

Mentre il collega della vittima, di 48 anni, probabilmente agganciato con l'imbracatura ad un'altra struttura, è rimasto sospeso in aria, Maftei, agganciato invece alla stessa piattaforma a sua volta crollata a terra, si è sfracellato al suolo. L'altro romeno, trasportato al pronto soccorso dell'ospedale di Guastalla, ha riportato lievi contusioni. La Procura di Reggio Emilia ha aperto un'inchiesta. La porzione di capannone, in fase di allestimento, adibita a cantiere dove è avvenuto l'incidente, la piattaforma dove si trovavano i due operai e la gru che l'ha colpita sono stati sequestrati per accertamenti.

Nel frattempo, a Bolzano, il pm Igor Secco ha concluso l'inchiesta sul tragico infortunio sul lavoro che lo scorso agosto, a San Candido, era costato la vita a Christian Schwingshackl, un tirocinante di 16 anni. Gli indagati sono il titolare della ditta edile che è anche lo zio del ragazzo morto e il coordinatore per la sicurezza del cantiere. L'ipotesi di reato è di omicidio colposo. Secondo gli inquirenti, né il piano di sicurezza né il piano di demolizione dell'edificio prevedevano la puntellatura dell'arco della cantina che è poi crollato uccidendo il ragazzo.

Pubblicato il: 02.02.08
Modificato il: 02.02.08 alle ore 19.07

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=72609

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domenica 27 gennaio 2008

DOSSIER OLOKAUSTOS - Il triangolo rosa: la persecuzione di omosessuali e transessuali




Introduzione


L'Olocausto degli ebrei europei
fu l'aspetto più tragicamente macroscopico del pensiero razzista portato alle sue estreme conseguenze. L'intolleranza verso "il diverso da se" che è l'elemento fondante di ogni razzismo venne applicato in primo luogo verso gli ebrei ma non soltanto verso di loro. Il numero delle vittime ebree e la scientificità con la quale i tedeschi perseguirono lo sterminio totale ha meritato l'uso del termine "Olocausto", oggi con più esattezza denominato "Shoah".

A fianco dell'Olocausto si manifestarono
altri orribili crimini frutto di quello stesso razzismo che generò la "Soluzione Finale". Altri gruppi di individui, altre etnie vennero individuate come inferiori dai nazisti e contro di esse furono perpetrati crimini abominevoli. In primo luogo i nazisti considerarono "inferiori" i popoli slavi e ciò si tradusse nel tentativo di annientamento dei polacchi e nell'assassinio - in disprezzo di ogni regola di guerra - di circa 2.000.000 di prigionieri di guerra russi.

In secondo luogo l'intolleranza razzista si esercitò verso i deboli: i malati di mente, gli incurabili, i disabili. Per queste persone venne varato il "Progetto T4", meglio noto come "Progetto Eutanasia" che condusse alla morte circa 70.000 cittadini tedeschi.

La stessa idea secondo la quale esistevano "vite indegne di essere vissute" portò alla persecuzione in tutta l'Europa occupata dei Sinti e dei Rom, vale a dire degli zingari che a decine di migliaia vennero fucilati o mandati alle camere a gas dei campi di sterminio.
Infine il razzismo tedesco si volse contro gli omosessuali contro i quali il secolare pregiudizio era ben radicato nella società tedesca.
In questa sezione ci occuperemo della persecuzione degli omosessuali (gay e lesbiche) e delle persone transessuali.


Leggete le Schede:

  1. L'omosessualità in Germania (1870-1920)
  2. La reazione conservatrice (1920-1933)
  3. La liquidazione del movimento omosessuale (1933-1936)
  4. I campi di concentramento (1934-1945)
  5. Mentalità nazista e omosessuali
  6. All'inferno e ritorno: Friedrich Groszheim
  7. Profili: Magnus Hirschfeld
  8. Profili: Carl Vaernet
  9. Vi fu persecuzione del lesbismo?


fonte: http://www.olokaustos.org/argomenti/homosex/
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BLUT UND BODEN -

Sangue e suolo , o della legge sessuata della "specie "
Persecuzione e internamento dei gay e delle lesbiche nella Germania nazista ( 1933-1945 )

Lesbiche e "homocaust"
A cura di Paola Guazzo

Su due pagliericci in alto vivevano tre triangoli rosa , lesbiche danesi ( o norvegesi ? )che ignoravano l'universo intero , sempre intente a lavarsi e pettinarsi tra di loro , pulitissime per quell'ambiente , fini, smunte, si coprivano di premure e di carezze fino a notte alta, consumate da un ardore vicendevole che le faceva apparire felici ai nostri occhi , al di là della fame e dalla brutalità , completamente immerse nelle reciproche tenerezze . Interpellate , rispondevano educatamente ma a monosillabi, affrettandosi a rifugiarsi sul loro pagliericcio. A volte le vedevo imboccarsi a turno tutte e tre dalla stessa gavetta.


Questo icastico brano tratto dal best-seller
'Deviazione' di Luce D'Eramo (Mondadori, Milano 1979 , 256 ) è l'unica testimonianza italiana - probabilmente l'unica anche nell'ambito dell'intera memorialistica sul'internamento - dell'olocausto lesbico ( il campo di internamento dove l'autrice fu reclusa nello stesso block delle lesbiche "danesi o norvegesi" è quello di Dachau ,situato nei pressi di Monaco di Baviera ,oggi visitabile ).
Ci sono noti solo cinque casi di lesbiche internate a causa della loro sessualità e non per motivi razziali .


Nel paragrafo 175 della legge nazista
contro l'omosessualità non è menzionato il "crimine sessuale " del rapporto fra donne.


Ma poiché tale atto viene assunto
come segno "naturale " della superiorità dello status virile , solo chi è investito di tale status potrà seriamente compromettere la validità del suo fondamento legittimante e agire " contro natura " ovvero contro l'ordine sociale .Il suo sarà un tradimento consumato all'interno delle mura stesse del palazzo , un rinnegamento volontario che incrina quella immagine speculare su cui gli uomini costruiscono la loro identità . ( … )


Pochissimo ( perciò ) è dato di sapere
sul modo in cui , di fatto , esse vivessero i loro amori o su cosa ne pensassero, e neppure possono essere indicativi sulla loro diffusione le asserzioni di inesistenza o i lunghi periodi di assenza dell'argomento dai discorsi ufficiali , essendo la negazione e il silenzio , oltre che indice di disinteresse , anche la forma più efficace di repressione e tolleranza insieme ( P. Lupo, Lo specchio incrinato, Marsilio, Venezia 1998 , 12-14 ).


Le lesbiche tedesche soffrirono
socialmente le stesse "pene" inflitte agli omosessuali maschi : la distruzione di club e di associazioni culturali , la messa la bando di pubblicazioni e riviste lesbiche, la chiusura o la sorveglianza poliziesca dei luoghi d'incontro. I gruppi visibili di amiche si smembrarono e si riaggregarono in "giri" privati . Molte interruppero i contatti sociali e cambiarono addirittura luogo di residenza .
Gli stili di vita di un' amplia comunità urbana , che favoriva l'estrinsecazione di diverse identità lesbiche , avevano cominciato a diffondersi agli inizi del Novecento : con l'avvento al potere dei nazisti se ne perse ogni traccia percorribile. Gli effetti di questa silente" Stonewall" lesbica berlinese continuarono anche nel clima del dopoguerra , nella Germania democristiana e adenaueriana .


La Gestapo e la Kriminalpolizei ,
fin dai giorni dell' assassinio di Röhm ( 1934 ) , concentrarono le proprie aberranti energie sui maschi omosessuali in quanto "nemici" dello Stato ( cfr. le considerazioni di Paola Lupo, supra ).
La scarsità delle fonti reperibili non offre una sufficiente documentazione circa la persecuzione giudiziaria delle lesbiche e di come questa avvenisse - per esempio in seguito a una denuncia alle autorità . Alcuni rari documenti indicano che la polizia conservava nei suoi archivi rapporti sulle lesbiche , come d'altronde facevano altre organizzazioni del Partito Nazionalsocialista , del tipo " Dipartimento di polizia razziale ".


Solo pochi casi sembrano indicare arresti
che , con il pretesto di altre offese alla legge , siano riconducili a una decifrabile matrice lesbica .
In una scheda burocratica del campo di concentramento di Ravensbruck l'omosessualità femminile viene indicata quale motivo di detenzione . Il 30 novembre 1940 , la lista dei "nuovi arrivi " in questo campo di concentramento femminile indica che l'undicesima "iscrizione " del giorno è quella della " non-ebrea Elli S. - di esattamente 26 anni " . La parola "lesbica" appare nel foglio d'ingresso come ragione dell'internamento .
Elli S. fu rinchiusa tra le prigioniere politiche . Non si conoscono altri dettagli circa la sua permanenza nel lager e sulla sua sorte .


Si conoscono anche altri casi
in cui le lesbiche furono punite come " disfattiste delle risorse militari " . Dove esistevano cosiddette " relazioni di dipendenza " fra superiori e subordinate ,o fra insegnanti e alunne , poteva essere applicato il paragrafo 176 del codice penale , che puniva la "pedofilia" ( cfr. G. Grau, a cura di , Hidden holocaust, trad. ingl. di P. Camiller, Cassell, New York, 1995) .


Nel film Paragrafo 175 è visibile la testimonianza di Annette Eick, lesbica ed ebrea , che riuscì avventurosamente a non essere mai internata .
Nata nel 1909 in una famiglia di ebrei berlinesi colti, Annette scoprì la sua identità lesbica a 10 anni : - Dovevamo scrivere un tema su come sarebbe stata la nostra vita da adulte , e io scrissi : " Voglio vivere in campagna con un'amica più grande di me ed avere un sacco di animali . Non voglio sposarmi, né avere bambini , ma voglio scrivere ."


Durante gli anni 20 , Annette Eick
, partecipò con impegno e passione alla vita culturale lesbica di Berlino,frequentando club di donne e scrivendo poesie e racconti per una rivista lesbica.
Dopo l'avvento al potere dei nazisti , Annette riuscì a fuggire in Inghilterra grazie a una donna incontrata casualmente in un bar lesbico della quale si era innamorata . I suoi genitori furono uccisi ad Auschwitz ; lei , invece ,riuscì a fare esattamente ciò che aveva sognato a 10 anni : vivere in campagna , nel bel countryside inglese, con una compagna davvero - in tutti i più felici sensi possibili - "storica" .
E scrivere poesie .


fonte: http://www.fuoricampo.net/non_dimenticare/omocaust_guazzo.html



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