"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
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giovedì 7 febbraio 2008

Parigi, l'affitto "in natura": sesso in cambio di una casa



Numerose le proposte per ragazze con poca disponibilità economica
Un appartamento, o una stanza, niente euro ma prestazioni particolari

Fenomeno diffuso nella capitale francese, gli annunci su internet
I rischi non mancano, ma molte giovani firmano il "contratto"



PARIGI - Affittasi appartamento confortevole e indipendente in quartiere tranquillo, nessun affitto né cauzione, si paga in natura. Un po' di sesso, qualche prestazione particolare se del caso, se avanza tempo si può anche uscire insieme, ogni tanto. Un'idea per fronteggiare la crisi degli affitti. Succede a Parigi. Dove alcuni proprietari di appartamenti hanno pensato di venire incontro alle ragazze in cerca di un tetto ma con scarsa disponibilità economica. Non ci sono benefattori, è chiaro. Però ci sono ragazze disposte a pagare il dazio. E senza farsi troppi problemi.

Del fenomeno si è accorto il quotidiano francese Libération, che ne ha fatto un'inchiesta. Punto di partenza, gli annunci pubblicati su alcuni siti internet, come Missive, Kijiji, Vivastreet, o sul quotidiano freepress Paris Panama. Bisogna saper cercare, è chiaro. Perché di solito, nelle inserzioni, la parola "sesso" non compare. L'indizio, di solito, è camuffato sotto espressioni tipo "per ragazza" o "in cambio di prestazioni", e il prezzo dell'affitto non viene specificato.

Antoine, ad esempio. Ha 47 anni, è un "alto funzionario", e quando gli autori dell'inchiesta lo incontrano (aveva messo un annuncio su Missive) parla di un appartamento "calmo, indipendente" in un quartiere "gradevole". Poi spiega quel certo modo in cui vuole che l'inquilina accavalli le gambe sul divano "per eccitarmi", e se può girare nuda per casa è ancora meglio. Quanto alla frequenza dei rapporti sessuali, "non c'è alcun limite". Idem per la durata del contratto: "Può essere di mesi, o anni. Le sole ragazze che ho sfrattato sono quelle che non hanno rispettato i loro doveri".

Un "contratto" che si può declinare in diversi modi. Amar, ad esempio, offre un monolocale a 650 euro negoziabili, nel senso che è disposto a scendere a 450 euro "per due week-end di sesso al mese". Laurent, 32 anni, propone di condividere il suo bell'appartamento nel XV arrondissement in cambio di "relazioni sessuali non classiche".

"Uno scambio fra adulti consenzienti e quindi non censurabile", lo definisce Pierre Allain, webmaster di Missive, che tuttavia richiama alla "prudenza": "A volte ci sono uomini che approfittano della disperazione delle giovani - osserva - noi mettiamo in guardia i nostri internauti ma non possiamo selezionare ogni annuncio". Missive è registrato in Svizzera, come la maggior parte dei siti internet che offre questi servizi. "La Svizzera ha una legislazione più permissiva - spiega il webmaster - resta il fatto che anche in Francia un uomo ha il diritto di offrire alloggio in cambio di prestazioni sessuali".

Qualche ragazza, che ha provato l'esperienza, ha detto al quotidiano che preferisce "prostituirsi per pagare l'affitto, almeno si resta libere". E' il caso di Stephanie, 38 anni, accompagnatrice occasionale. Che sconsiglia vivamente la formula "appartamento in cambio di sesso". "Ho un'amica che c'era cascata. S'è ritrovata in mezzo a una strada da un giorno all'altro. Diventi dependente da una persona che può chiederti ogni giorno di più, sotto la minaccia di sfrattarti. Sinceramente, preferisco prostituirmi, e pagare l'affitto, almeno resto libera".

E poi ci sono quelle come Tina, 35 anni, che si dice molto soddisfatta. "Il proprietario della casa in cui vivo è un uomo di 62 anni. L'ho incontrato sugli Champs-Elysees, vive a Dubai e viene in Francia di tanto in tanto. Per il resto del tempo - conclude - vivo sola nel suo appartamento di 115 metri quadrati nel XVI arrondissement".

(6 febbraio 2008)

fonte: http://www.repubblica.it/2008/02/sezioni/esteri/parigi-sesso-affitto/parigi-sesso-affitto/parigi-sesso-affitto.html

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giovedì 31 gennaio 2008

"Sperma dal midollo femminile". Per far figli il sesso sarà un optional?


Mai più così?
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Pubblicato sul New Scientist uno studio inglese. E il passo successivo sarà di creare ovuli femminili dal midollo maschile.

Roma, 31 gennaio 2008 - Gli uomini? Un optional nel prossimo futuro. O al massimo relegati al ruolo di persone 'di compagnià, comunque non indispensabili per la riproduzione. Questo uno degli scenari delineati dalla ricerca condotta dagli scienziati britannici dell'università di Newcastle upon Tyne, che si dicono pronti a tramutare le cellule del midollo osseo femminile in sperma.

Di fatto estromettendo il maschio dal processo riproduttivo. Una sorte che però avvantaggerebbe le donne non di molto, perchè il passo successivo potrebbe essere quello di ottenere il risultato speculare negli uomini. Cioè ovuli femminili a partire dal midollo osseo maschile. È la rivista New Scientist a illustrare come si potrà arrivare a quell'obiettivo. Aggiungendo che però le donne potranno ottenere solo bambine. Perchè nello sperma creato a partire dal loro midollo mancherebbe comunque il cromosoma Y.


Il risultato possibile, che gli scienziati assicurano servirà per combattere i problemi di infertilità, potrebbe però essere usato in tanti altri modi. Per esempio per consentire alle coppie omosessuali, sia femminili che maschili, di avere figli con il proprio Dna. Tecnicamente, rivelano gli autori dello studio che hanno avanzato richiesta per proseguire la ricerca, già avviata in modo pionieristico sui topi di laboratorio, «si parte dalle staminali del midollo osseo di un animale femmina, capaci di differenziarsi in molte altre cellule. E con l'ausilio di sostanze chimiche e vitamine si spingono le staminali a diventare cellule spermatiche».

Il biologo che ha messo a punto la tecnica, Karim Nayernia, è convinto di poter «creare entro due anni sperma 'femminilè nei primissimi stadi cellulari. Mentre per ottenere cellule spermatiche mature, capaci di fertilizzare un ovulo, ci vorranno tre anni in più». Secondo gli scienziati la tecnica, una volta messa a punto, potrebbe anche consentire il prelievo di staminali da donatori adulti senza incorrere nei problemi etici legati all'utilizzo di embrioni.

Ma la corsa per trovare una cura all'infertilità è globale, non solo britannica. A San Francisco l'analista Greg Aharonian, che si definisce subito «un provocatore», vuole brevettare la tecnica che consentirebbe di ottenere sperma femminile e ovuli maschili. «Così cadrà la presunzione di superiorità del matrimonio eterosessuale fondata sulla capacità di procreare», dice con l'intento di far discutere.

Ma la scienza, nei laboratori e sugli animali, continua a cercare soluzioni. Tanto che gli scienziati brasiliani del Butant Institute hanno detto di essere riusciti a creare, a partire da cellule staminali embrionali di topi maschi, sia sperma che ovuli. E ora stanno cercando di raggiungere lo stesso obiettivo a partire dalle cellule della pelle.

A parte le applicazioni possibilmente controverse di queste ricerche, gli scienziati affermano con forza che «la possibilità di avere cellule uovo o spermatiche a partire da tessuti adulti potrebbero servire nel caso dei malati di cancro diventati infertili da giovani per via della radioterapia. Oltre a poter offrire soluzioni al problema dell'infertilità che ormai riguarda una coppia su sei».


E alle possibili critiche rispondono che «non è il caso di agitare spauracchi visto che si tratta di esperimenti nelle loro prime fasi. E quindi prima di arrivare a risultati concreti ci vorranno anni». Anche perchè, però, i topi creati nei laboratori dell'università di Newcastle, crescendo soffrono di seri problemi di salute. Dunque, sostiene Robin Lovell-Badge, del National Institute for Medical research di Londra, «in questo caso l'orologio della scienza va spostato in avanti almeno di 10 anni».


fonte: http://qn.quotidiano.net/2008/01/31/62388-sperma_midollo_femminile.shtml

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domenica 27 gennaio 2008

DOSSIER OLOKAUSTOS - Il triangolo rosa: la persecuzione di omosessuali e transessuali




Introduzione


L'Olocausto degli ebrei europei
fu l'aspetto più tragicamente macroscopico del pensiero razzista portato alle sue estreme conseguenze. L'intolleranza verso "il diverso da se" che è l'elemento fondante di ogni razzismo venne applicato in primo luogo verso gli ebrei ma non soltanto verso di loro. Il numero delle vittime ebree e la scientificità con la quale i tedeschi perseguirono lo sterminio totale ha meritato l'uso del termine "Olocausto", oggi con più esattezza denominato "Shoah".

A fianco dell'Olocausto si manifestarono
altri orribili crimini frutto di quello stesso razzismo che generò la "Soluzione Finale". Altri gruppi di individui, altre etnie vennero individuate come inferiori dai nazisti e contro di esse furono perpetrati crimini abominevoli. In primo luogo i nazisti considerarono "inferiori" i popoli slavi e ciò si tradusse nel tentativo di annientamento dei polacchi e nell'assassinio - in disprezzo di ogni regola di guerra - di circa 2.000.000 di prigionieri di guerra russi.

In secondo luogo l'intolleranza razzista si esercitò verso i deboli: i malati di mente, gli incurabili, i disabili. Per queste persone venne varato il "Progetto T4", meglio noto come "Progetto Eutanasia" che condusse alla morte circa 70.000 cittadini tedeschi.

La stessa idea secondo la quale esistevano "vite indegne di essere vissute" portò alla persecuzione in tutta l'Europa occupata dei Sinti e dei Rom, vale a dire degli zingari che a decine di migliaia vennero fucilati o mandati alle camere a gas dei campi di sterminio.
Infine il razzismo tedesco si volse contro gli omosessuali contro i quali il secolare pregiudizio era ben radicato nella società tedesca.
In questa sezione ci occuperemo della persecuzione degli omosessuali (gay e lesbiche) e delle persone transessuali.


Leggete le Schede:

  1. L'omosessualità in Germania (1870-1920)
  2. La reazione conservatrice (1920-1933)
  3. La liquidazione del movimento omosessuale (1933-1936)
  4. I campi di concentramento (1934-1945)
  5. Mentalità nazista e omosessuali
  6. All'inferno e ritorno: Friedrich Groszheim
  7. Profili: Magnus Hirschfeld
  8. Profili: Carl Vaernet
  9. Vi fu persecuzione del lesbismo?


fonte: http://www.olokaustos.org/argomenti/homosex/
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BLUT UND BODEN -

Sangue e suolo , o della legge sessuata della "specie "
Persecuzione e internamento dei gay e delle lesbiche nella Germania nazista ( 1933-1945 )

Lesbiche e "homocaust"
A cura di Paola Guazzo

Su due pagliericci in alto vivevano tre triangoli rosa , lesbiche danesi ( o norvegesi ? )che ignoravano l'universo intero , sempre intente a lavarsi e pettinarsi tra di loro , pulitissime per quell'ambiente , fini, smunte, si coprivano di premure e di carezze fino a notte alta, consumate da un ardore vicendevole che le faceva apparire felici ai nostri occhi , al di là della fame e dalla brutalità , completamente immerse nelle reciproche tenerezze . Interpellate , rispondevano educatamente ma a monosillabi, affrettandosi a rifugiarsi sul loro pagliericcio. A volte le vedevo imboccarsi a turno tutte e tre dalla stessa gavetta.


Questo icastico brano tratto dal best-seller
'Deviazione' di Luce D'Eramo (Mondadori, Milano 1979 , 256 ) è l'unica testimonianza italiana - probabilmente l'unica anche nell'ambito dell'intera memorialistica sul'internamento - dell'olocausto lesbico ( il campo di internamento dove l'autrice fu reclusa nello stesso block delle lesbiche "danesi o norvegesi" è quello di Dachau ,situato nei pressi di Monaco di Baviera ,oggi visitabile ).
Ci sono noti solo cinque casi di lesbiche internate a causa della loro sessualità e non per motivi razziali .


Nel paragrafo 175 della legge nazista
contro l'omosessualità non è menzionato il "crimine sessuale " del rapporto fra donne.


Ma poiché tale atto viene assunto
come segno "naturale " della superiorità dello status virile , solo chi è investito di tale status potrà seriamente compromettere la validità del suo fondamento legittimante e agire " contro natura " ovvero contro l'ordine sociale .Il suo sarà un tradimento consumato all'interno delle mura stesse del palazzo , un rinnegamento volontario che incrina quella immagine speculare su cui gli uomini costruiscono la loro identità . ( … )


Pochissimo ( perciò ) è dato di sapere
sul modo in cui , di fatto , esse vivessero i loro amori o su cosa ne pensassero, e neppure possono essere indicativi sulla loro diffusione le asserzioni di inesistenza o i lunghi periodi di assenza dell'argomento dai discorsi ufficiali , essendo la negazione e il silenzio , oltre che indice di disinteresse , anche la forma più efficace di repressione e tolleranza insieme ( P. Lupo, Lo specchio incrinato, Marsilio, Venezia 1998 , 12-14 ).


Le lesbiche tedesche soffrirono
socialmente le stesse "pene" inflitte agli omosessuali maschi : la distruzione di club e di associazioni culturali , la messa la bando di pubblicazioni e riviste lesbiche, la chiusura o la sorveglianza poliziesca dei luoghi d'incontro. I gruppi visibili di amiche si smembrarono e si riaggregarono in "giri" privati . Molte interruppero i contatti sociali e cambiarono addirittura luogo di residenza .
Gli stili di vita di un' amplia comunità urbana , che favoriva l'estrinsecazione di diverse identità lesbiche , avevano cominciato a diffondersi agli inizi del Novecento : con l'avvento al potere dei nazisti se ne perse ogni traccia percorribile. Gli effetti di questa silente" Stonewall" lesbica berlinese continuarono anche nel clima del dopoguerra , nella Germania democristiana e adenaueriana .


La Gestapo e la Kriminalpolizei ,
fin dai giorni dell' assassinio di Röhm ( 1934 ) , concentrarono le proprie aberranti energie sui maschi omosessuali in quanto "nemici" dello Stato ( cfr. le considerazioni di Paola Lupo, supra ).
La scarsità delle fonti reperibili non offre una sufficiente documentazione circa la persecuzione giudiziaria delle lesbiche e di come questa avvenisse - per esempio in seguito a una denuncia alle autorità . Alcuni rari documenti indicano che la polizia conservava nei suoi archivi rapporti sulle lesbiche , come d'altronde facevano altre organizzazioni del Partito Nazionalsocialista , del tipo " Dipartimento di polizia razziale ".


Solo pochi casi sembrano indicare arresti
che , con il pretesto di altre offese alla legge , siano riconducili a una decifrabile matrice lesbica .
In una scheda burocratica del campo di concentramento di Ravensbruck l'omosessualità femminile viene indicata quale motivo di detenzione . Il 30 novembre 1940 , la lista dei "nuovi arrivi " in questo campo di concentramento femminile indica che l'undicesima "iscrizione " del giorno è quella della " non-ebrea Elli S. - di esattamente 26 anni " . La parola "lesbica" appare nel foglio d'ingresso come ragione dell'internamento .
Elli S. fu rinchiusa tra le prigioniere politiche . Non si conoscono altri dettagli circa la sua permanenza nel lager e sulla sua sorte .


Si conoscono anche altri casi
in cui le lesbiche furono punite come " disfattiste delle risorse militari " . Dove esistevano cosiddette " relazioni di dipendenza " fra superiori e subordinate ,o fra insegnanti e alunne , poteva essere applicato il paragrafo 176 del codice penale , che puniva la "pedofilia" ( cfr. G. Grau, a cura di , Hidden holocaust, trad. ingl. di P. Camiller, Cassell, New York, 1995) .


Nel film Paragrafo 175 è visibile la testimonianza di Annette Eick, lesbica ed ebrea , che riuscì avventurosamente a non essere mai internata .
Nata nel 1909 in una famiglia di ebrei berlinesi colti, Annette scoprì la sua identità lesbica a 10 anni : - Dovevamo scrivere un tema su come sarebbe stata la nostra vita da adulte , e io scrissi : " Voglio vivere in campagna con un'amica più grande di me ed avere un sacco di animali . Non voglio sposarmi, né avere bambini , ma voglio scrivere ."


Durante gli anni 20 , Annette Eick
, partecipò con impegno e passione alla vita culturale lesbica di Berlino,frequentando club di donne e scrivendo poesie e racconti per una rivista lesbica.
Dopo l'avvento al potere dei nazisti , Annette riuscì a fuggire in Inghilterra grazie a una donna incontrata casualmente in un bar lesbico della quale si era innamorata . I suoi genitori furono uccisi ad Auschwitz ; lei , invece ,riuscì a fare esattamente ciò che aveva sognato a 10 anni : vivere in campagna , nel bel countryside inglese, con una compagna davvero - in tutti i più felici sensi possibili - "storica" .
E scrivere poesie .


fonte: http://www.fuoricampo.net/non_dimenticare/omocaust_guazzo.html



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martedì 22 gennaio 2008

Negò adozione a una lesbica: Bruxelles condanna la Francia


fonte immagine: http://www.gay.tv/ita/
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La donna, una maestra 45enne che vive da anni con una psicologa, ha fatto ricorso per 'discriminazione'.

La sentenza, approvata per 10 voti contro 7, le dà ragione e stabilisce un indennizzo di 10mila euro


Bruxelles, 22 gennaio 2008 -
La Corte europea dei diritti dell'Uomo ha condannato oggi la Francia perchè ha rifiutato l'adozione ad una donna omosessuale, affermando che si è trattato di una "discriminazione".


La storia è quella di una insegnante di scuola materna di 45 anni
, che dal 1990 convive stabilmente con una donna, una psicologa. E.B. abita nella regione del Jura e dal 1998 sta conducendo una complessa battaglia legale per ottenere una adozione che le viene ripetutamente rifiutata, secondo lei, a causa di una discriminazione sessuale. Per i giudici il rifiuto era invece dovuto alla "mancanza di una figura paterna" nel quadro familiare.


Nella sua sentenza la Corte afferma che "la ricorrente è stata oggetto
di un trattamento diverso" e sottolinea che questa diversità dato che si riferisce unicamente al suo orientamento sessuale "costituisce una discriminazione sulla base della Convenzione sui diritti dell'uomo".


"L'influenza della sua omosessualità sulla valutazione
della domanda non è solo provata, ma ha anche avuto una influenza decisiva (sul rifiuto, ndr)", continua la Corte.


La sentenza, approvata per 10 voti contro 7,
afferma dunque che il rifiuto dell'adozione viola l'articolo 14 (divieto di discriminazione) in combinazione con l'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. I giudici hanno anche stabilito un indennizzo di 10MILA euro a favore di E.B. Per i danni morali subiti"


fonte: http://qn.quotidiano.net/2008/01/22/60656-nego_adozione_lesbica.shtml

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sabato 29 dicembre 2007

La Spagna sdogana il «poliamor»



Niente più clandestinità e Natali solitari per le amanti: prende piede la convivenza ufficiale di coppie multiple


MADRID
– La Spagna potrebbe diventare la tomba ufficiale della monogamia se dovesse prendere piede "el poliamor", la convivenza ufficiale di coppie multiple: marito e moglie con i rispettivi fidanzati, ufficiali e accettati di comune accordo. Niente più tresche clandestine, niente più frettolosi tradimenti all’ora di pranzo, niente più Natali solitari per le amanti. Relazioni ufficiali, sincere, durature e senza gelosie. Secondo un'inchiesta del quotidiano Publico, i "poliamori" sono già diffusi in Spagna, dove situazioni di questo genere raggiungono il mezzo migliaio, anche se quasi sempre sono tenute nascoste alle famiglie d’origine e ai datori di lavoro.

IO, TU E L'ALTRA - Il modello è quello californiano degli anni '60, ma con alcuni correttivi. Come la separazione dei beni. L'esempio tipico è una coppia, anzi un trio anglosassone, che vive nel barrio gotico di Barcellona e ha perfino un sito web www.poliamor.net. Dove l’ultimo aggiornamento, a dire il vero, racconta di vacanze natalizie separate per tutti e tre. Comunque il nucleo originale è formato da Roland Combes, quarantenne inglese, e Juliette Siegfried, coetanea statunitense, sposati da 10 anni e da 5 residenti in Spagna. Da vari mesi Roland ha una relazione con Laurel Avery, 32 anni, americana come la moglie, che lo sa e va ben oltre la rassegnata sopportazione: ha aperto la porta di casa alla fidanzata del marito. Non si definiscono "famiglia", ma parlano di "esempio di poliamor", che non c’entra con lo scambio di coppie, ma rappresenta una differente rete affettiva. Nella quale non è esclusa la possibilità di procreare e allevare figli: "In gruppo è anche meno faticoso" dicono. I seguaci hanno associazioni, testimonial (la modella delle Canarie Lilian Kimberly Jeronimo) e film di riferimento, come "Y tu mamá también" (E anche tua madre), del regista Alfonso Cuaron.

NUOVI GRATTACAPI PER LA CHIESA SPAGNOLA - Insomma nuovi grattacapi in vista per la Chiesa spagnola, già provata dai matrimoni omosessuali, e per la politica famigliare del governo socialista di José Luis Zapatero. Aperta e progressista sì, ma forse non fino a questo punto. Proprio per domenica prossima è prevista una nuova massiccia manifestazione cattolica a Madrid in difesa della famiglia tradizionale, con collegamento in diretta del Papa dal Vaticano.

Elisabetta Rosaspina
28 dicembre 2007

fonte: http://www.corriere.it/esteri/07_dicembre_28/poliamor_rosaspina_a7621fc4-b542-11dc-b319-0003ba99c667.shtml

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martedì 25 dicembre 2007

Sei gay? La Chiesa fa corsi clandestini di riabilitazione

coppie gay matrimonio Svizzera INTERNET 220

Corsi clandestini per "guarire" dall'omosessualità.
Lo ha scoperto un giornalista di "Liberazione", che fingendo di essere un gay desideroso di cambiare corso alla propria sessualità si è avventurato in un mondo sconosciuto ai più, legato alla Chiesa e alla psichiatria cattoliche.



Il giornalista dietro indicazione di un sacerdote che ha un ruolo di intermediario tra i "pazienti" e i "guaritori", ha frequentato per sei mesi un corso psicoterapeutico, gestito dall'equipe del professor Tonino Cantelmi (presidente dell'Associazione degli psicologi cattolici italiani) e avente lo scopo, appunto, di guarire chi è "malato di omosessualità".

Secondo quanto emerso dall'inchiesta, i terapeuti del gruppo Cantelmi applicano il metodo della cosiddetta "terapia riparativa", importata dagli Stati Uniti. In America, sono molti i gruppi legati alla Chiesa e «che segue l'insegnamento e la pratica di Joseph Nicolosi", uno psicologo clinico che "vanta ben 500 casi di "gay trattati"».

L'inchiesta ha spinto il presidente dell'Arcigay, Aurelio Mancuso, a chiedere l'intervento dell'Ordine nazionale degli Psicologi e del ministro alla Salute, Livia Turco. «Un quadro allarmante» ha detto Mancuso commentando l'articolo, «con figure di primo piano coinvolte nell'applicazione di pseudo terapie di guarigione dall'omosessualità che derivano dalle teorie imbevute di pregiudizi e luoghi comuni di un sedicente terapeuta cattolico americano».

«Vogliamo inoltre sapere - prosegue Mancuso - se Cantelmi, i suoi collaboratori, i corsi di terapie individuali e collettivi, siano in qualsiasi modo riconosciuti o sostenuti finanziariamente dalla sanità pubblica oppure attraverso fondi derivanti dall'8 per mille». «Denunciamo infine - conclude Mancuso - come in tutto il paese, come più volte evidenziato da nostre comunicazioni e di altre associazioni di persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, imperversino gruppi di psicologi o sanitari cattolici, che nelle parrocchie e in altri ambiti ecclesiastici propagandino la cura dell'omosessualità, senza che alcuna autorità preposta sia per ora intervenuta a contrastare teorie altamente lesive della dignità delle persone omosessuali».

Pubblicato il: 24.12.07
Modificato il: 24.12.07 alle ore 19.29

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=71639

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sabato 22 dicembre 2007

Sacerdote 33enne in carcere nel Casertano: «Violenza sessuale su bambino di 12 anni»



L'ENNESIMO EPISODIO SCHIFOSO A DANNO DEI PIU' DEBOLI
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CASERTA (21 dicembre)
- Violenza sessuale su di un bambino di 12 anni. Con questa accusa è finito in manette un sacerdote di 33 anni, vice parroco della Chiesa del SS.Salvatore di Casal di Principe (Caserta).

Una pattuglia di carabinieri, dopo una segnalazione telefonica, ha sorpreso il sacerdote, M.C., insegnante di religione in una scuola media dell'istituto comprensivo di Villa Literno, fermo in auto su di un lato di una strada di campagna, a poca distanza dalla provinciale Casal di Principe-Castelvolturno, disteso sul sedile della vettura con a fianco il ragazzo.

Accortosi della presenza dei militari il sacerdote è fuggito ma è stato raggiunto dopo qualche chilometro e arrestato. Il gip del Tribunale di S.Maria Capua, Raffaele Piccirillo ha confermato l'arresto a conclusione di un interrogatorio di tre ore nel corso del quale, secondo quanto si è appreso, il sacerdote non è riuscito a contestare le accuse degli investigatori.

L'impianto accusatorio appare
molto articolato, basato anche sul racconto del bambino, effettuato con l'ausilio di una assistente sociale. Il difensore del sacerdote ha annunciato che chiederà per il suo assistito gli arresti domiciliari. Il sacerdote arrestato era stimato e benvoluto per il suo impegno anche nel volontariato.

fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=15712&sez=HOME_INITALIA

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giovedì 6 dicembre 2007

Iran, impiccato perché era gay

L'uomo aveva 20 anni. Quando era ancora minorenne fu accusato di violenza su tre ragazzini
La sospensione della pena e il ritiro delle denunce non hanno fermato il boia. Inflessibile la legge

"Per la sodomia c'è solo la forca"


Una manifestazione in favore del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad


TEHERAN
- Il presidente iraniano Ahmadinejad aveva affermato che gli omosessuali non sono perseguitati nel suo Paese "perché non esistono". L'aveva detto durante la visita negli Usa alla Columbia University meno di tre mesi fa. Ma un gay di 20 anni è stato impiccato con l'accusa di violenza sessuale su tre ragazzini quando aveva appena 13 anni. Non è bastata la sospensione dell'esecuzione decretata dalla magistratura e il ritiro della denuncia delle parti civili. Neppure la mobilitazione internazionale è servita per salvarlo. Quella stessa mobilitazione che nell'agosto scorso evitò la pena di morte alla lesbica iraniana a rischio di espulsione dall'Inghilterra, è fallita quando si è trattato di fermare la mano del boia.

Makwan, arrestato sei anni dopo i reati contestati, è salito sul patibolo ieri mattina nel carcere di Kermanshah, nell'ovest dell'Iran. Un'esecuzione frettolosa, secondo quanto scrive oggi il quotidiano Etemad Melli. La famiglia è stata avvertita un'ora dopo perché andasse a prelevare il corpo. E all'impiccagione non era presente nemmeno il suo avvocato, Said Eqbali. Secondo testimoni, dopo essere stato arrestato nella cittadina dove risiedeva, Paveh, Makwan era stato umiliato venendo portato in giro per le strade sopra un asino.

La sodomia è uno dei reati per i quali nella Repubblica islamica è prevista la pena di morte. La legge è ambigua, poiché non vi è discriminante tra la violenza carnale e gli atti consensuali. Diverse organizzazioni internazionali per i diritti umani, tuttavia, come Human Rights Watch, che ha reso noto il caso di Makwan, hanno denunciato le esecuzioni di giovani condannati solo perché omosessuali. La condanna a morte, inoltre, è applicata in Iran anche nei confronti di minorenni, o di persone che erano minorenni all'epoca dei reati contestati. E questo è il caso di Makwan.

Lo scorso agosto anche il ministero degli Esteri italiano aveva manifestato preoccupazione a Teheran per il fatto che l'omosessualità figurasse tra i capi d'accusa contro alcuni dei molti impiccati, anche in pubblico, nei mesi passati.

Per cercare di salvare la vita di Makwan si era mobilitata nei giorni scorsi in Italia anche l'organizzazione Gruppo Everyone. Ma tutto è stato inutile. Il 15 novembre scorso il capo dell'apparato giudiziario, l'ayatollah conservatore moderato Mahmud Hashemi Shahrudi, aveva sospeso l'esecuzione di Makwan chiedendo un nuovo giudizio. Ma l'impiccagione è avvenuta comunque, in modo evidentemente affrettato.

L'esecuzione infatti, che doveva aver luogo nel Parco Shahid Kazemi di Paveh, dove il giovane avrebbe commesso gli atti contestati, è avvenuta nel cortile del carcere di Kermanshah. "Mi avevano detto - ha sottolineato l'avvocato Eqbali - che il riesame del caso avrebbe richiesto due mesi. Invece Makwan è stato impiccato dopo nemmeno un mese".

Il sospetto è che qualcuno abbia voluto vanificare l'intervento dell'ayatollah Shahrudi, che in passato aveva sospeso anche le esecuzioni di altri condannati minorenni e quella di Kobra Rahmanpur, una ragazza condannata a morte per avere ucciso la suocera dopo anni di soprusi.

(6 dicembre 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/esteri/gay-impiccato-iran/gay-impiccato-iran/gay-impiccato-iran.html

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mercoledì 5 dicembre 2007

Usa, violentata da sette preti

Rita Milla (Ap)

Una donna di 46 anni vince la causa contro l'arcidiocesi di Los Angeles: sarà "risarcita" con 500 mila dollari

WASHINGTON - Rita Milla, 46 anni, è diventata l'ennesimo tragico caso di uno scandalo che non accenna a placarsi negli Stati Uniti. La donna, che oggi ha 46 anni, ha vinto una clamorosa (e lunga) causa di risarcimento per aver subito violenze sessuali da sette preti a partire dall'età di 16 anni; l'arcidiocesi di Los Angeles, retta dal cardinale Roger Mahony, dovrà pagarle mezzo milione di dollari.

UNA FIGLIA - Non solo: la donna ha una figlia da uno di questi sacerdoti, mentre un altro aveva cercato di farla abortire dandole il denaro per recarsi nelle Filippine dove mettere in atto l'interruzione della gravidanza. La notizia della vittoria giudiziaria di Rita Milla è rimbalzata su tutti i media americani. Per la diocesi di Los Angeles si tratta tuttavia solo dell'ultimo capitolo di una lunga serie di eventi negativi relativi allo scandalo degli abusi sessuali: di recente la Chiesa della metropoli californiana aveva sborsato ingenti risarcimenti per numerosi casi di violenze e molestie sessuali.


05 dicembre 2007

fonte: http://www.corriere.it/esteri/07_dicembre_05/milla_violentata_sette_preti_e43b02e6-a320-11dc-8831-0003ba99c53b.shtml

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sabato 17 novembre 2007

Arabia Saudita, violentata ma condannata a carcere e frusta



sentenza shock in Arabia SauditaRIAD (Arabia Saudita). E’ stata violentata da sei uomini ma per lei è giunta comunque una condanna a sei mesi di carcere e 200 frustate. I suoi aguzzini, invece, hanno avuto pene da due a nove anni di reclusione. La decisione arriva da un tribunale saudita, ieri riportata dal quotidiano palestinese “al Quds al Arabi” edito in Gran Bretagna.


La 21enne, che all’epoca dei fatti aveva 19 anni, è stata ritenuta colpevole di essersi fatta trovare dagli stupratori mentre era “appartata con un uomo”. Un reato gravissimo in Arabia Saudita, che ha consentito ai sei uomini di evitare la pena capitale prevista in questi casi. Il suo avvocato, Abdul Rahamn al Laham, è stato addirittura sospeso dalla professione e dovrà anche sottoporsi a “una commissione educativa” ordinata dal ministero della Giustizia. La giovane non ha nemmeno l’appoggio della sua famiglia, che si ritiene “caduta nel disonore”.


La storia risale a due anni fa. Un uomo iniziò a telefonare alla ragazza per chiederle di incontrarla. Lei, dopo alcuni rifiuti, gli inviò una sua foto. Poi, dopo essersi fidanzata con un altro uomo, scelto dalla sua famiglia per il matrimonio, chiese la restituzione della fotografia, fissando un appuntamento con il misterioso ammiratore. L’aggressione avvenne proprio mentre era in auto “appartata” con lui: sei uomini, armati di coltelli, la sequestrarono e portarono in una fattoria fuori città, violentandola e scattando delle foto con il suo cellulare. Quelle stesse foto che usarono per ricattarla: se avesse rivelato l’episodio loro le avrebbero inviate a tutti. Tornata a casa, la ragazza tentò il suicidio con delle pillole che però le provocarono solo un malore facendola finire in ospedale. Confessò, a quel punto, ciò che le era accaduto ma il suo promesso sposo non la ripudiò. Questa è stata l’unica fortuna da lei avuta. Assieme al fidanzato riuscì a rintracciare uno degli stupratori, che lavorava in un mercato del pesce, denunciandolo. Purtroppo, una volta in aula, da vittima è divenuta imputata, con i giudici che l’hanno ritenuta colpevole.

Lei, adesso, riconosce quella che fu una sua ingenuità, è consapevole che non doveva incontrarsi in auto con quell’uomo, ma ritiene che per la sua “colpevolezza”, qualora ci sia stata o meno in base alle leggi del suo paese, abbia già pagato con la brutale violenza subita.


fonte: http://www.pupia.tv/notizie/0001705.html

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L'OPINIONE DI ADRIANO

LA GUERRA CONTRO LE DONNE
Dall'Algeria all'Afghanistan

di ADRIANO SOFRI

CHISSÀ se si vedono ancora, sui voli che da Teheran o da Riad vengono in Europa, le meravigliose metamorfosi muliebri. Appena in cielo, passeggere imbozzolate nel chador come crisalidi andavano alla toilette, e ne uscivano farfalle, in abito corto, tacchi, gioielli, trucco vivace e capelli sontuosi. In Arabia Saudita è stata ora annunciata la concessione del diritto alle donne, purché siano sposate e abbiano compiuto i 35 anni, di guidare le automobili: forse "già dal prossimo anno". Un Ramadan del traffico: potranno guidare dalla mattina al tramonto. Non è poco, per un paese così petrolifero, e pilastro dell'intero sistema di alleanze occidentali nel mondo islamico. Nell'Afghanistan in mano ai talebani - già appoggiati dagli Usa per contorte convenienze geopolitiche - le donne sono state cancellate dal paesaggio esteriore. Prigioniere di guerra, nelle case, e nei burka che le infagottano, carceri portatili con una grata per respirare.

Le loro calzature non devono far rumore quando camminano. Guerra di riconquista, perché fino a due anni fa la maggioranza di quelle donne erano studentesse e insegnanti e impiegate.
In Algeria gli stupratori e squartatori grossisti pretendono di dedurre dal Corano il trattamento delle donne come bottino di guerra: denudate - altro che velo - violate e fatte a pezzi. I negrieri del Sudan di Al-Turabi vendono una giovane cristiana dinka a 40-50 dollari; non per una volta: per sempre. Delle donne vetrioleggiate del Bangladesh questo giornale ha scritto per primo. I ritagli di giornale che ho messo insieme sulla mia branda dicono la seguente notizia: che nel mondo si combatte una guerra per le donne e contro le donne.

L'idea sistemata da Samuel Huntington (Bernardo Valli ne ha appena trattato qui) che nel mondo sia in corso una guerra di civiltà e di culture è vera, e forse ovvia. L'eventuale conseguenza "separatista" di quella idea, che la nostra "cultura" debba trincerarsi nella propria superiorità minacciata, è meschina e velleitaria. Ma anche l'obiezione (di Edward Said, per esempio, se non sbaglio) che dà per avvenuta, con il mercato globale, l'"omologazione" del mondo e delle sue culture, è frettolosa e pretestuosa. Basta guardare appunto alla libertà delle donne. Non penso alla distanza fra culture tradizionali e rivendicazioni femministe. Piuttosto, al diritto delle donne di vestirsi con un vestito scelto da loro, forse colorato, di decidere della propria capigliatura, e di camminare in una strada facendo risuonare i loro passi.
Nel nostro mondo, la differenza fra ricchi e poveri non si riduce, e anzi diventa più scandalosa. Ma non c'è un'ideologia a rivestirla: né il socialismo, né il comunismo, né il terzomondismo.

Non è in nome del comunismo che i capi della Cina dichiarano che la Cina non sarà mai una democrazia all'occidentale - cioè una democrazia. L'Islam (benché esistano mille Islam) è ora la bandiera degli zelatori di questo confronto di "civiltà", di modi di vita, di costumi. La sua posta cruciale è la condizione della donna. Dietro il disprezzo per la "modernità", il fanatismo che prende a pretesto la religione, la paura dello sradicamento e dell'umiliazione del proprio passato, una parte del mondo tradizionale combatte per conservare, puntellare, restaurare dove ha vacillato, la signoria dei maschi sulle donne. In alcuni paesi questo scenario è brutalmente evidente: l'Afghanistan appunto. In Algeria si chiama guerra civile l'assalto degli islamisti terroristi alle libertà civili e delle donne in primo luogo, e il cedimento del potere a un Codice di Famiglia patriarcale e vessatorio: contro, c'è una coraggiosa e lucida resistenza di donne.

In Iran - che è forse il paese cruciale per il destino di questo scontro - le donne non hanno la forza di rovesciare la manomissione maschile, ma le donne che agiscono dentro il regime islamico provano a piegare la separazione forzata loro imposta in un separatismo autogovernato: un secondo mondo per loro, con il loro football, il loro giornale quotidiano, le loro organizzazioni, il chador rivendicato e la lacca e il rossetto sotto il chador. In Bosnia, dove "musulmane" erano le libere donne di Sarajevo e di altre città, sono stati i serbi ortodossi a ordinare e perpetrare gli stupri di pulizia. Altre parti del mondo, dove l'emancipazione femminile era stata più precoce e rozza, come nell'ex Urss, o dove un islamismo di tradizione era stato annacquato dalle imposizioni politiche, come in Albania, sono diventate esportatrici all'ingrosso, con le buone e con le cattive, di prostituzione al mercato occidentale.

Se questa mappa sommaria, comunque rettificata, ha una corrispondenza reale, si capisce che enorme disastro sia stato il Sexgate. A un altro (non più Terzo) mondo, che lo guarda soprattutto nella vetrina della condizione della donna e della sessualità, l'Occidente ha esposto un'immagine culminante di sé, quella su cui si gioca la leadership della sua potenza guida, tale da rovesciare la proposta apprezzabile della sua cultura e della sua libertà. Non è questione di "antiamericanismo". Non si può che stare dalla parte degli Stati Uniti, se si è affezionati alla libertà, e se, intanto, si ha la fortuna di godere della propria. Faremmo bene a ricordarci sempre - a toccarci ogni mattina increduli, per rassicurarci che siamo tutti interi - di appartenere a quella beata minoranza dei popoli contemporanei in cui non è messa a ogni istante a repentaglio l'incolumità fisica, l'elementare habeas corpus.

Da qui non finisce, ma comincia la discussione. C'è un'America della libertà personale e dei diritti civili; e c'è un'America del fondamentalismo moralista (e della pena di morte). Nel Sexgate lo stolido comportamento di Clinton e la superstizione ossessiva dei suoi nemici hanno offuscato e avvilito l'America dei diritti e delle libertà. Clinton l'ha tradita non quando ha mentito, ma quando ha accettato che si indagasse sulla sua vita privata e intima: e che gli si stampigliasse, senza ricami, la lettera scarlatta sulla giacchetta. Opporsi a quella invadenza avrebbe meritato fino la rinuncia alla presidenza: e, probabilmente, gliel'avrebbe conservata, e illesa. I suoi nemici, il procuratore speciale Starr in testa, non si sono fermati davanti all'indecenza, e alla confessione della propria frustrata ipocrisia. Per loro merito, il Congresso degli Stati Uniti ha prodotto una parodia incruenta delle lapidazioni di adultere e di adulteri che fanno spettacolo pubblico in Iran. (Bisogna, si sa, scegliere pietre non troppo piccole, che non facciano male, e non troppo grosse, che facciano finire troppo presto la cosa).

Il Sexgate ha offerto al mondo tradizionale lo spettacolo pubblico della famiglia di Clinton, o della complicità speciale fra madre e figlia esemplata nella cura per i corpi di reato della signora Lewinsky. Il mondo tradizionale, che non immagina di mettere in discussione la padronanza maschile sulle donne, e che risponde alla torbida minaccia (e lusinga) della libertà delle donne scrutata nello specchio e nel teleschermo dell' Occidente, muovendo alla riconquista delle proprie donne e facendole prigioniere, trova nel Sexgate una conferma inaudita dei propri giudizi e dei propri pregiudizi. Lo sdegno, lo scandalo, la derisione, devono attraversare quel mondo islamico (e non solo) al di là delle divisioni tante e profonde che lo segnano. Il Sexgate vi diventa la chiave di interpretazione della storia contemporanea. Clinton, che aveva al suo attivo meriti come l'intervento, tardivo ma benedetto, in Bosnia, e la mediazione israelo-palestinese, e a suo carico l'omissione di soccorso e di riconoscimento del genocidio dei tutsi in Ruanda, ha visto le sue iniziative internazionali tramutate irreparabilmente nella "guerra di Monica". Alla "guerra di Monica" fu ascritto il bombardamento di risposta sul Sudan e sull'Afghanistan, dopo le stragi di Nairobi e Dar es Salaam. Alla "guerra di Monica" è stato ora ascritto il bombardamento dell'Iraq. Per questo è del tutto superfluo discettare se Clinton sia stato o no influenzato da un tentativo di elusione alla vigilia dell'impeachment nello scatenare l'intervento. Un miliardo e passa di musulmani, e molti altri, non hanno dubbio che sia così, e tanto bastava.

Dunque l'America ha finito col dare al proprio ruolo di gendarme del mondo (di cui il mondo ha un gran bisogno, e non ha oggi né la capacità né la volontà di dotarsi altrimenti: certo non col Consiglio di Sicurezza) la faccia di una civiltà dominata dall'invadenza dei poteri, dalla maniacalità e dalla fobia sessuale, e dall'ipocrisia universale. In tal modo scendendo proprio sul terreno su cui si muovono (in maniera non dichiarata e spesso non consapevole) la rivolta islamista come l'offesa vissuta dall' Islam di fronte alla prepotenza occidentale. Bell'affare. Il regime iracheno, che fu a lungo un nazionalsocialismo laicista, e non obbliga le donne a indossare l'abbaya, benché di recente il suo tiranno sia diventato pio e timorato di Allah come un mullah, è il beneficiario passivo di questa situazione grottesca e tragica. Perché ora la solidarietà delle "masse arabe e islamiche" con l'Iraq non è più solo quella dell'Islam contro il resto del mondo (che era, la contrapposizione in blocco dell'Occidente all'Islam, il pericolo da sventare: come spiegò poco fa su queste pagine Jean Daniel) ma quella del mondo onorato e rispettoso dei padri contro la "guerra di Monica".

La decisione di sconfinare nel primo giorno di Ramadan ha coronato l'intempestività dell'impresa. E c'è poco da consolarsi col machiavellismo a basso prezzo per cui i leader arabi e islamici, anche quando fanno la voce grossa, stanno dalla parte del compromesso: come se fossero solo burattinai delle loro folle, e non potessero finire a gambe all' aria.
Non so come si potrà tornare indietro da questa rottura. Certo, non lo faciliteranno alcuni mesi di pubbliche udienze su sigari e sottovesti al Senato americano. Intanto, potremmo anche noi guardarci un po' meglio nel nostro stesso specchio. Nella nostra parte di mondo, guerre alle donne sono fuori corso, se Dio vuole. Resta, come certe malattie sorde che non riescono a sfogarsi nella febbre alta, il pulviscolo di omicidi contro donne, fidanzate da cui si è stati ripudiati, mogli separate o no, e di violenze domestiche. Non siamo neanche noi all'altezza dello spettacolo delle nostre libertà. E non abbiamo ancora scoperto davvero che anche l'immigrazione dell'altro mondo nel nostro è fatta di uomini e di donne.

La Repubblica, 23 dicembre 1998

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mercoledì 7 novembre 2007

La crociata del Women's Institute: "Riapriamo subito i bordelli"




Londra, 7 novembre 2007 - Si' ai bordelli, che garantiscono maggiore igiene e sicurezza alle donne. A chiedere la modifica della legge che vieta le case chiuse in Gran Bretagna non e' un'associazione di libertini nostalgici bensi' l'augusto Women's Institute, ovvero la piu' rispettata e longeva organizzazione femminile del Regno Unito, nata nel 1915 per coinvolgere le donne nella produzione del cibo da inviare al fronte e per rivitalizzare le comunita' di campagna. Non esattamente un covo di attentatori alla morale comune, dunque. Cio' nonostante, il WI ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per l'introduzione delle case d'appuntamento in Inghilterra in modo da tutelare la salute delle prostitute che vi lavorano.

Tutto ha avuto inizio nel paesino di Holybourne, Hampshire, dove i membri locali del WI, impressionate dalle gesta del killer di Ipswich, che lo scorso dicembre aveva ucciso 5 prostitute prima di venir arrestato, decisero di portare la mozione al congresso regionale dell'Hampshire - ottenendo un appoggio quasi assoluto. Da qui la campagna nazionale. ''Cinque giovani donne sono state uccise lo scorso anno'', dice al Times Jean Johnson, 62 anni, coordinatrice della campagna. ''Noi siamo un'organizzazione che guarda sempre al futuro e vogliamo incoraggiare le autorita' locali a rendere legali dei luoghi dove le prostitute possano lavorare in tutta sicurezza''.

La Johnson, per sottolineare l'urgenza che il provvedimento richiederebbe, ha citato anche un rapporto della polizia secondo cui ben 4,000 donne negli ultimi anni sarebbero state deportate nel Regno Unito e costrette a prostituirsi contro la loro volonta'.

Non solo. Secondo la Johnson, molti membri del WI si sono detti ''allarmati'' nell'apprendere che l'intervento delle forze dell'ordine ai danni degli automobilisti che si fermano a contrattare con le lucciole ha molto spesso, come unico risultato, di spingere le prostitute a lavorare in zone meno illuminate e ancor piu' pericolose. Insomma, per il Women's Institute, e' ora di cambiare rotta.

Certo l'argomento e' pero' molto delicato. Il governo ha detto che e' pronto a rivedere la legge in vigore ma solo per spingere le prostutite ad abbandonare l'uso di droghe pesanti. ''Circa il 95 per cento delle donne costrette a stare in strada sono tossicodipendenti'', dice ancora la Johnson. Che cita, immancabilmente, il caso olandese, dove non solo i bordelli sono legali, ma le prostitute che vi lavorano sono obbligatoriamente sottoposte a controlli sanitari.

Ma il governo britannico non e' poi cosi' entusiasta: anche la proposta d'istituire dei mini-bordelli - due prostitute e una maitresse - e' stata infatti accantonata. Secondo il governo, i casi disperati, come le tossicodipendenti, finirebbero comunque in strada visto che non potrebbero ottenere la licenza, e che non ci sono prove evidenti che i bordelli o i distretti a luci rosse garantiscano la salute delle lavoratrici.

La campagna, comunque, e' appena cominciata. Non e' la prima volta che il Women's Institute fa parlare di se' con iniziative controcorrente: nel 2000 alcune iscritte di mezz'eta' del WI posarono senza veli dando vita ad un famoso calendario, i cui proventi furono devoluti in beneficenza. Una vicenda che ispiro' il film 'Calendar Girls' con Helen Mirren.

fonte: http://qn.quotidiano.net/2007/11/07/46107-crociata_women_institute.shtml

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PROTESTA IN BOLIVIA

Le prostitute si cuciono la bocca:"No alla chiusura dei bordelli"

Da lunedì scorso le lucciole di El Alto sono in sciopero della fame dopo che le autorità locali hanno fatto chiudere i 20 postriboli della cittadina


La Paz, 25 ottobre 2007 - Le prostitute di El Alto, città boliviana vicino alla capitale La Paz, protestano e sono da lunedì scorso in sciopero della fame contro la chiusura dei bordelli, decisa la scorsa settimana dalle autorità locali. Per ottenere la riapertura di almeno uno dei 20 postriboli chiusi, tre prostitute hanno deciso di farsi cucire la bocca.


"La gente deve capire che abbiamo bisogno di lavorare" ha spiegato Lily Cortez, ricordando che martedì notte tante colleghe sono finite in una retata della polizia perchè adescavano i clienti sul marciapiede.
La decisione di chiudere i bordelli di El Alto è stata decisa la scorsa settimana, in seguito alla violenta protesta della popolazione locale che, infuriata, ha preso di mira le decine di locali dove il cliente paga in media il corrispondente di 2,5 dollari.


Ricordando che la prostituzione «non è proibita in Bolivia», la Cortez ha aggiunto: «esigiamo giustizia e rispetto, la nostra dignità non può essere calpestata e i colpevoli di tanta violenza non devono rimanere impuniti».

Guarda il video


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martedì 25 settembre 2007

Non esiste il 'diritto di amplesso'..


(fonte immagine: zattereperlemamme.blogspot.com/)

DUE NOTIZIE, APPARENTEMENTE SCOLLEGATE. MA CON UN TEMA UNICO.
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LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

..neanche tra coniugi

I supremi giudici hanno rigettato il ricorso di un 45enne palermitano condannato a 4 anni di carcere per aver obbligato la moglie ad avere rapporti sessuali contro la sua volontà

Roma, 25 settembre 2007 - Non esiste il 'diritto all'amplesso. Lo mette nero su bianco la Cassazione ricordando che nemmeno all'interno della coppia si può rivendicarlo. In questo modo la Terza sezione penale ha respinto il ricorso di Giuseppe Z., un 45enne palermitano che era stato già condannato in appello a 4 anni di reclusione per una serie di reati commessi nei confronti della moglie Donatella, costretta «più volte a subire rapporti sessuali» contro la sua volontà.


Per la Suprema corte, «in tema di reati contro la libertà sessuale», scatta la condanna per il reato di violenza sessuale nei casi di «qualsiasi forma di costringimento psico-fisico idonea ad incidere sull'altri libertà di autodeterminazione, a nulla rilevando l'esistenza di un rapporto di coppia coniugale o paraconiugale tra le parti», dal momento che, scrive il relatore Giovanni Amoroso, «non esiste all'interno di un tale rapporto un 'diritto all'amplesso', né conseguentemente il potere di esigere o imporre una prestazione sessuale».


Una esistenza piena di vessazioni, quella di Donatella L.C. costretta a subire una «convivenza coniugale intollerabile» in Bagheria dal '93 fino al dicembre '99. Sei anni durante i quali il marito Giuseppe Z. la maltrattava, «colpendola con pugni e calci, costringendola a subire rapporti sessuali, minacciandola di morte, costringendola ad assistere alle percosse nei vonfronti del figlio Walter di tre mesi».


Poi la donna ha chiesto la separazione (arrivata nell'aprile del 2004 con addebito al marito) e nel '99 la donna, stanca delle continue vessazioni, aveva abbandonato la casa coniugale. Fino al 2001 quando l'ex marito l'aveva intercettata e l'aveva sequestrata, costringendola a seguirlo contro la sua volontà da Palermo a Villa San Giovanni, nella casa del cognato.


Qui c'era stata l'ultima richiesta di rapporto sessuale che la ex consorte, ricostruisce la sentenza della Cassazione,aveva dovuto accettare solo per evitare «ulteriori conseguenze» e per convincere l'ex a riportarla a Palermo. Proprio su questo consenso «putativo», Giuseppe Z. ha fatto ricorso in Cassazione per chiedere una pena più mite (il Tribunale di Reggio Calabria, dicembre 2004, lo aveva condannato a cinque anni di reclusione per vari reati dai maltrattamenti alle minacce alla violenza sessuale. La pena era stata ridotta in appello, maggio 2006, a quattro anni con l'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni), lamentando che l'ex moglie, pur potendo andarsene, era rimasta nell'abitazione e il rapporto «in fase di consumazione era proseguito con il consenso» della ex.


La Suprema Corte ha respinto il ricorso e ha sottolineato che giustamente era stato evidenziato dai colleghi di merito che la donna era stata costretta a vivere «in un clima di tensione e di latente soggezione, anche per le pregresse esperienze di maltrattamenti ed abusi».


Per cui l'apparente assenso al rapporto, evidenzia piazza Cavour, era giustificato dal fatto che la donna «non aveva altra scelta che tentare di assecondarlo volta per volta, evitando di suscitare in lui ulteriori occasioni di ira già avutesi in passato».
In particolare, ricordano gli 'ermellini' che i colleghi del merito avevano già «escluso che la donna avesse mai potuto scegliere liberamente di avere un rapporto sessuale» con il marito.


In conclusione, «nessuna volontà favorevole al rapporto è stata provata in giudizio, nè nella fase iniziale e neanche nel corso del rapporto stesso». E poi, rimarca la Suprema Corte,. «il diritto all'amplesso» non esiste «nè nel rapporto di coppia coniugale» nè in quello «paraconiugale».


fonte: http://qn.quotidiano.net/2007/09/25/38169-esiste_diritto_amplesso_neanche_coniugi.shtml

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Sacerdote tenta di violentare una donna: arrestato

Il prelato è entrato in casa dalla sua vittima che è riuscita a sfuggire al suo aggressore e chiedere l'intervento dei carabinieri. I militari hanno trovato il parroco nascosto in un ripostiglio dell'abitazione della donna

PAVIA, 25 SETTEMBRE 2007 - I carabinieri lo hanno trovato rinchiuso nel ripostiglio dell'abitazione della donna che aveva appena tentato di stuprare. Così per lui, un sacerdote pavese e' scattato l'arrestato da parte dei militari con l'accusa di violenza sessuale.

L'arresto e' avvenuto nella notte tra domenica e lunedi' a Certosa (Pavia). E' finito in carcere il parroco, Don Michele Mosa, 44 anni. E' accusato da una donna. E' stata lei a chiedere l'intervento dei carabinieri telefonando al 112. Secondo quanto riferito dalla donna ai carabinieri, Don Mosa avrebbe tentato di aggredirla e i militari avrebbero trovato il prete in un ripostiglio al piano terra dell'abitazione della vittima. Li' si sarebbe rifugiato dopo la reazione della donna che si era messa a urlare per chiedere aiuto.

Il parroco, che insegna religione al liceo classico di Pavia, e' stato portato al carcere di Torre del Gallo.

fonte: http://qn.quotidiano.net/2007/09/25/38179-sacerdote_tenta_violentare_donna_arrestato.shtml

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sabato 22 settembre 2007

Come divertirsi facendo il bucato

Per le frustrazioni da casalingo-ammosciate e mascolinità sgretolate varie ecco il rimedio:

lun 28 maggio 2007
Si chiama Orgasmatron 3000 ed è la nuova lavatrice che non può mancare nella casa della perfetta casalingua. Pardon, volevo dire casalinga. L’idea è venuta alla "Dominic Wilcox" uno dei primi nomi nel mondo del design per i suoi progetti molto creativi. Questa lavatrice rivestita in morbida pelle nera allieterebbe le ore dedicate alle noiose faccende domestiche di molte famiglie. Look aggressivo, sormontata da una sella in pelle nera e programma di lavaggio adatto ad ogni esigenza, fanno della Orgasmatron l'elettrodomestico ideale per unire i doveri domestici ai piaceri domestici. La Orgasmatron 3000 è attualmete in mostra all’Habitat in St. Regent di Londra come parte dell'esibizione “Room X”.


Orgasmatron 3000, la lavatice erotica

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E per i più morigerati, Ratzinger-dipendenti

Un Sexy Shop "da Dio"
ven 21 settembre 2007
"My Beloved’s Garden" è un normalissimo sexy shop on line, con i consueti gadget, lingerie e lubrificanti vari. L'unica caratteristica che lo differenzia dagli altri è: sono ammessi solo i cristiani sposati, nel nome del Signore.

E' proprio vero, quindi arriva dagli Usa il primo sexy shop per religiosi. Si propone senza volgarità e senza immagini che diano adito a comportamenti deviati e non ci sono donne nude. E' un aiuto per coppie già unite dal sacro vincolo del matrimonio che vogliono rallegrare la loro vita amorosa.

Il messaggio di benvenuto è inequivocabile e dice: "Benvenuti, offriamo un luogo sicuro e non pornografico per gli acquisti, per soddisfare i vostri bisogni in fatto di sex toys cristiani e romanticismi, sempre tenendo Gesù al centro del vostro matrimonio". Le coppie possono analizzare comportamenti sessuali che le sacre scritture accetterebbero e non. E' bandito il bondage, che si basa sull’umiliazione dell’altro.

I sex toys si chiamano "aiuti matrimoniali" e per illustrare posizioni piccanti non ci sono peccaminosi filmini ma manuali di kamasutra "sessualmente corretti" e giochi di società, come le 52 carte di "52 Weeks of Naughty Nights", che danno indicazioni e suggerimenti stuzzicanti per variare il rapporto tra le lenzuola. Oppure moderni "Twister" da fare a letto, tabelloni con suggerimenti osè da seguire alla lettera.

My Beloved’s Garden sa quanto può essere imbarazzante ordinare certi gadget, ma lo staff è lì per ascoltarti. Per cui, le donne possono chiamare Sherri, gli uomini Micheal, promotori di questa iniziativa.

fonte: http://sexcity-blog.excite.it/news/

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mercoledì 12 settembre 2007

L'ultima accusa a don Gelmini

12/9/2007

"Prove inquinate"


La procura: sui giovani pressioni e ricatti. Indagati alcuni collaboratori della comunità

GUIDO RUOTOLO
ROMA





Ancora sulla graticola, ancora nessuno scampato pericolo. Anzi, la posizione processuale di don Pietro Gelmini, il fondatore della comunità di recupero Molino Silla di Amelia (Terni), indagato per presunti abusi sessuali (compiuti nell’arco degli ultimi dieci anni) nei confronti di diversi giovani tossicodipendenti ospitati nella comunità, si starebbe aggravando al punto che la procura di Terni starebbe valutando di contestargli anche il ruolo avuto nell’inquinamento delle prove. Non solo, nel registro degli indagati sarebbero finiti alcuni collaboratori di don Gelmini.

Gli inquirenti e gli investigatori umbri, che hanno ottenuto dal gip la proroga delle indagini, stanno coltivando nuovi spunti investigativi, verificando nuove accuse: altre decine di ex ospiti della comunità si sarebbero prenotate per raccontare gli abusi subiti.

I soldi
I filoni dell’inchiesta umbra sono due. Il primo, quello delle denunce degli abusi sessuali subiti dagli ex ospiti di Molino Silla. Si sarebbero consumati non solo nella famosa «stanza del silenzio» della comunità - dove avvenivano i primi colloqui (collegiali) dei ragazzi che volevano entrarvi - ma anche nell’abitazione di don Gelmini.

Agli inizi di agosto, dopo che La Stampa aveva rivelato l’esistenza dell’inchiesta a Terni, don Gelmini si era difeso sottolineando che cinque dei suoi «accusatori» erano stati cacciati dalla comunità perché scoperti (e poi denunciati) mentre rubavano.

Il fondatore della comunità di Amelia aveva raccontato che uno di essi, «uno che fa le rapine», uscito dal carcere con l’indulto, gli scrisse una lettera invocando il «perdono» e chiedendo aiuto («voleva che gli trovassi un lavoro»). E quel lavoro l’ottenne salvo poi finire di nuovo in carcere, dove ritrattò le sue accuse nei confronti di don Gelmini.

Ma la storia che ha raccontato il ragazzo «che fa rapine» agli inquirenti di Terni è diversa. La lettera del perdono sarebbe stata suggerita da don Gelmini in cambio non solo di un lavoro ma anche di 60 mila euro. Una promessa non mantenuta, il ragazzo avrebbe ricevuto 2000 euro. Nel suo interrogatorio don Gelmini avrebbe ammesso di avergli dato dei soldi.

L’inquinamento
Ora l’inchiesta si starebbe orientando - ed è il secondo filone - a trovare conferme ai sospetti di dichiarazioni concordate a suon di migliaia di euro, di pressioni e ricatti. Tutti elementi che portano indiscutibilmente al tentativo d’inquinare le indagini.

C’è un altro ex ospite della comunità di Amelia che aveva accusato il prete, con una lettera poi ritrattata, spiegando che quando attaccò don Gelmini era sotto gli effetti degli psicofarmaci. Sentito di nuovo dagli inquirenti, il giovane ha invece confermato le accuse, negando di aver ricevuto dal sacerdote un contributo di 200 euro, così come aveva dichiarato don Gelmini.

Gli investigatori umbri hanno più di un sospetto che in realtà il «ragazzo» prima dell’interrogatorio abbia parlato con don Gelmini per ottenere soldi: 4000 euro gli sarebbero stati regalati da un prete amico di Gelmini, uno della «squadra» di Amelia gli indicò addirittura quale psicofarmaco dichiarare di aver assunto nel momento in cui scrisse la lettera (sotto dettatura) della ritrattazione. Sono elementi che gli investigatori hanno ottenuto anche con le intercettazioni.

La «squadra»
La squadra di don Gelmini sarebbe scesa in campo per tentare di tamponare la falla, di ridurre gli effetti delle dichiarazioni dei testi d’accusa. La procura di Terni sta verificando i rapporti che il legale di don Gelmini, Lanfranco Frezza, avrebbe avuto con alcuni testimoni. Ancora da chiarire è il ruolo di un altro della squadra, un volontario che sarebbe andato a Torino per capire che cosa avesse denunciato un’altra presunta vittima degli abusi sessuali.

Non solo, questo volontario sarebbe andato anche all’Aja per incontrare il rappresentante italiano presso Eurojust, Cesare Martellino, l’ex procuratore di Terni che archiviò nel maggio 2002 l’inchiesta su don Gelmini, accusato di abusi sessuali da due ospiti di Amelia. Dichiarazioni che invece la nuova inchiesta ha ritenuto meritevoli di approfondimento. Il volontario avrebbe chiesto consigli a Martellino, che avrebbe parlato anche con don Gelmini suggerendogli di trovarsi un buon avvocato.


DON GELMINI STORY (parziale..)

fonte: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200709articoli/25656girata.asp

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Frasi del giorno


“La castità è quella virtù che i preti si tramandano di padre in figlio.”

fonte: http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Pagina_principale

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