"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
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giovedì 7 febbraio 2008

Aborto, ma dove sono le donne Erode che descrivono i cattolici?

Nella foto: il dottor Lawn, di Cambridge, compie esperimenti su un bambino vivo nato da un aborto legale, a suo dire "per il bene dell'umanità".
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di
Gennaro Carotenuto, Domenica 3 Febbraio 2008, 11:50

Il documento delle cliniche di Ostetricia e Ginecologia delle quattro facoltà di Medicina delle università romane, La Sapienza, Tor Vergata, Cattolica e Campus Biomedico che prescrive, nel caso in cui un feto nasca vivo dopo un’interruzione di gravidanza, che il neonatologo debba intervenire per rianimarlo, “anche se la madre è contraria, perché prevale l’interesse del neonato” è del tutto pleonastico per almeno tre motivi.


In primo luogo è pleonastico perché sta parlando di pochissimi casi di scuola, estremi. L’aborto oltre i tre mesi viene affettuato solo per gravi malformazioni o per gravi rischi per la salute della madre. Ma dai tre ai cinque mesi, quando se ne concentrano la gran maggioranza, non c’è alcuna possibilità di sopravvivenza del feto. L’aborto oltre la ventunesima settimana di gravidanza riguarda di per sé un numero molto limitato di casi l’anno, e un numero limitatissimo di casi di sopravvivenza del feto che non è rappresentativo di alcun comportamento sociale.In secondo luogo il documento è pleonastico perché è del tutto evidente che se il feto sopravvive all’aborto viene a trovarsi in una condizione del tutto diversa il che rende più che scontato, anzi del tutto ovvio quello che prescrivono i ginecologi romani. Ovvero hanno del tutto ragione, ma con questo avere ragione non spostano di una virgola i termini del problema.

Le gravidanze delle quali parlano (è il terzo punto) non sono “gravidanze indesiderate”. Anzi, sono gravidanze desiderate ma a grave rischio alle quali si sottopongono per esempio molte primipare ultraquarantenni. Sono donne che desiderano il figlio e riscontrano malformazioni attraverso esami complessi come l’amniocentesi. La decisione dell’aborto è in questi casi sempre una scelta nella quale il parere del medico è decisivo.

Dove sono allora queste donne sulle quali indugia il documento? Dove sono le donne che sapendo che il feto è nato vivo pretendono che non venga rianimato? Dove sono queste donne Erode che di fronte ad un bambino nato vivo esigono espressamente di non rianimarlo?

Se esistono davvero se ne pubblichi la casistica. Ma semplicemente non esistono. Sono un parto della fervida e fervente fantasia della pubblicistica anti-194 che riesce a far giungere in prima pagina documenti che non aggiungono nulla come quello di oggi.

La donna-Erode è una parte fondamentale della pubblicistica anti-194. E quella donna che esprime “parere contrario” alla rianimazione dell’a quel punto neonato, calzerebbe a pennello -se esistesse- con l’immagine dell’infanticida voluta da Giuliano Ferrara e chi per lui. Ma quella donna non esiste.

Al contrario la pubblicistica cattolica nel tempo ha esaltato i casi di donne in odore di santità che hanno portato a termine gravidanze per lasciare poi uno o molti orfani nelle mani della divina provvidenza.

Se l’immagine dev’essere da una parte quella della donna-Erode che esige l’infanticidio e dall’altro della santa che preferisce morire pur di non abortire, è evidente che si è compiuta una scelta violenta. Una scelta dove non si vuole il dibattito ma uno scontro aspro che inquinerà -come se non lo fosse già abbastanza- tutta la campagna elettorale.


fonte: http://www.gennarocarotenuto.it/1809-aborto-ma-dove-sono-le-donne-erode-che-descrivono-i-cattolici

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2 LETTERE, TRA LE TANTE


Mio nipote idrocefalo nato di 26 settimane

Sono la nonna di un ragazzino disabile, nato alla ventiseiesima settimana di gravidanza, al quale non è stato permesso di morire.

Subito dopo la nascita venne tenuto per più di cinquanta giorni in rianimazione, poi fu operato tre volte e quando aveva tre mesi fu consegnato ai genitori ai quali i medici non seppero o non vollero dire alcuna cosa circa il suo futuro.

Il bambino era ed è idrocefalo, gravemente cerebroleso, ovviamente spastico e ritardato. Ora mio nipote ha quattordici anni, gode, si fa per dire, di un assegno di accompagnamento irrisorio, a scuola cambia continuamente insegnante di appoggio, le strutture pubbliche che dovrebbero garantirgli un'assistenza lasciano a desiderare, non si sa che cosa potrà fare in futuro, quando nonni e genitori non ci saranno più.

Non mi piace fare la vittima, né piangermi addosso, ma mi permetto di essere furibonda e sdegnata con chi, sulla pelle altrui pronuncia sentenze. Perché lo fanno? Ho sempre creduto che un medico, anche se credente, fosse anche un uomo di scienza ed un professionista che ha promesso di non nuocere al paziente.
Ed allora? Perché?

Paola Pitossi
paola.pitossi@fastwebnet.it

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Io, figlio non voluto di un aborto maldestro

In questa Italia con la testa rivolta all'indietro che fa fatica a guardare avanti, , è tornato d'attualità il dibattito sull'aborto. Argomento nel quale credo sia necessario entrare in punta di piedi avendo profondo rispetto dei drammi di tutti i soggetti coinvolti: la donna ed il nascituro prima di tutto.

Io vorrei portare il punto di vista dei figli nati senza essere voluti: io sono uno di loro. Sono nato nalla Sicilia povera degli anni '50 e sono sopravissuto ad un maldestro, rudimentale e pericoloso tentativo di aborto non riuscito.

Ho amato lo stesso mia madre che è stata come me vittima di una situazione di grave arretratezza culturale, sociale ed economica.
Voglio dire a Ferrara ed a Ruini che non è bello vivere sapendo di non essere stati voluti. E' coem partecipare ad una cena di gala senza essere stati invitati. E' coem se se sulla carta di identità uno portasse la scritta nato per caso.

Voglio invitare a tenere conto dei drammi di tutti i soggetti coinvolti: la donna ed il nascituro prima di tutti. Limitare l'autodeterminazione della donna vorrebbe dire ampliare la casistica dei drammi. Facciamo in modo che la vita sia un dono del quale possano lietamente godere i genitori ed i figli, altrimenti che vita è.

Lettera firmata
Palermo

da Repubblica, 5 febbraio 2008

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Comunicato delle chiese protestanti

LEGGE SULL'ABORTO


Roma, 3 gennaio 2008 (NEV-CS02) - “L'autonomia riproduttiva delle donne è uno dei diritti umani fondamentali. Non si possono obbligare le donne ad avere figli o a portare avanti gravidanze indesiderate”. Lo ha dichiarato oggi la pastora Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). I protestanti italiani entrano così nel dibattito sull’aborto infuocatosi in seguito alla provocazione lanciata dal quotidiano “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, che ha chiesto una "moratoria dell'aborto", prendendo spunto dalla risoluzione per la moratoria della pena di morte votata il mese scorso dall'Assemblea generale dell'ONU su iniziativa del governo italiano.

“Un figlio, una figlia - prosegue la vice presidente della FCEI -, sono iscritti nel desiderio della madre che disegna con la creatura concepita una relazione densa di significato e di vita. Quando questo non avviene, perché il concepimento è frutto di violenza o di frettolosa superficialità ed errore, la donna deve essere messa in grado di interrompere la gravidanza. Fino a quel momento sono infatti in gioco la responsabilità e la libertà che lei ha sviluppato nella sua vita. Per questo il senso di libertà individuale, che è riconosciuto e considerato oggi in Occidente come il fondamento del diritto civile, fa parte della costruzione della dignità femminile. La donna non è un puro contenitore di vita concepita altrove. E' un soggetto libero che crea relazione con questa vita. Negare che l'interruzione di gravidanza si inserisca in questo processo relazionale significa riportare le donne a un obbligo biologico che non ci appartiene più”.

Per la pastora Tomassone non è concepibile
accomunare aborto e pena di morte, come invece proposto da Giuliano Ferrara: “Abolire la pena di morte significa riaprire le possibilità di relazioni umane per gli ex condannati. Riammetterli in quel circuito di comunicazioni in cui la vita non è pura biologia, ma capacità e libertà di decisione. Così anche leggi come la 194, che riconoscono la capacità e la libertà decisionale delle donne, affermano la centralità della relazione. In questa riapertura del dibattito sulla 194 una cosa sola è importante: che si fermi l'attenzione su una educazione libera e critica degli adolescenti e, in modo diverso, delle donne e uomini immigrati, sulla sessualità e sulla decisione di avere figli e figlie”.

Per informazioni:
Agenzia NEV - Notizie Evangeliche
Federazione delle chiese evangeliche in Italia

tel. 06/48.25.120 fax 06/48.28.728
e-mail: nev@fcei.it

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domenica 20 gennaio 2008

Le lenti a contatto del futuro hanno anche lo zoom


Si potranno ingrandire i dettagli e avere "online" le informazioni sugli oggetti presenti nel campo visivo


MILANO – Non è fantascienza
e neppure una versione rivisitata di classici film quali "Superman" o "Terminator": sono in arrivo i primi occhi bionici. Speciali lenti a contatto flessibili, dotate di circuiti elettronici e di un display Led, che consentiranno allo spettatore di zoomare su determinati scenari e - istantaneamente - ottenere tutte le informazioni necessarie sulla persona o l'oggetto presente nel campo visivo. Attraverso lo schermo virtuale, inoltre, si potrà persino navigare in Rete. Il traguardo verso il "super-occhio" sembra ora molto più vicino. Le possibilità d'uso nella vita di tutti i giorni sono infinite. Il team di ricercatori dell'Università di Washington, capitanati da Babak Parviz, sono infatti riusciti per la prima volta – utilizzando tecniche di lavoro in nanoscala - a dotare una lente a contatto biologicamente sicura di un microchip elettronico.


IL TEST SUI CONIGLI - Il prototipo, già testato con successo sui conigli, è stato presentato in questi giorni al convegno dell' "Institute of Electrical and Electronics Engineers". Lo speciale supporto contiene un circuito e una serie di diodi che emettono luce rossa. «Guardando attraverso queste lenti è possibile vedere ciò che i circuiti elettronici stanno generando, sovrapposto alle immagini che arrivano dal mondo esterno», spiega in un comunicato Parviz, professore associato di ingegneria elettronica. «Per ora si tratta di un piccolo passo, ma già estremamente promettente. Saranno poi gli stessi utenti a scoprire tutti i possibili utilizzi di questo speciale supporto. Il nostro obiettivo, per ora, è stato solo quello di illustrare la tecnologia e dimostrare che funziona e che è sicura».


I POSSIBILI UTILIZZI -
Gli impieghi potrebbero essere innumerevoli: dagli automobilisti, che non dovranno più fissare la strada ma avranno – per esempio – tutti i dettagli memorizzati sul display della lente; ai piloti d'aerei, che non saranno più costretti a guardare gli strumenti; dagli appassionati di videogiochi, che potranno immergersi quasi completamente nel mondo virtuale fino agli internauti che potranno portarsi praticamente il web dovunque. Il circuito, ha assicurato il professore, influisce minimamente sulla normale visione: c'è spazio a sufficienza perché l'occhio continui a svolgere il suo lavoro.


I PROBLEMI DA RISOLVERE -
Prima di entrare in produzione restano, tuttavia, da perfezionare diversi dettagli importanti: dall'alimentazione, che potrebbe arrivare alla lente tramite onde radio e pannelli fotovoltaici; ai materiali elettronici, che sono estremamente delicati e nello stesso tempo potenzialmente tossici. Le prime applicazioni con solo qualche pixel, dice però Parviz, potrebbero essere disponibili molto presto.


Elmar Burchia
19 gennaio 2008

fonte: http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/08_gennaio_19/occhio_bionico_test_db91ab14-c6a1-11dc-9f4d-0003ba99c667.shtml

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Electronic Contact Lenses for Better Vision

Researchers at the University of Washington managed to embed an electronic circuit and LEDs directly into contact lenses, which seemed to look good on rabbit eyes. Though the circuit is not functional and the lights don't light up, the development shows that future applications like direct video to the eye may indeed be possible.

The prototype device contains an electric circuit as well as red light-emitting diodes for a display, though it does not yet light up. The lenses were tested on rabbits for up to 20 minutes and the animals showed no adverse effects.

Ideally, installing or removing the bionic eye would be as easy as popping a contact lens in or out, and once installed the wearer would barely know the gadget was there, Parviz said. [Babak Parviz is a University of Washington assistant professor of electrical engineering --ed.]

Building the lenses was a challenge because materials that are safe for use in the body, such as the flexible organic materials used in contact lenses, are delicate. Manufacturing electrical circuits, however, involves inorganic materials, scorching temperatures and toxic chemicals. Researchers built the circuits from layers of metal only a few nanometers thick, about one thousandth the width of a human hair, and constructed light-emitting diodes one third of a millimeter across. They then sprinkled the grayish powder of electrical components onto a sheet of flexible plastic. The shape of each tiny component dictates which piece it can attach to, a microfabrication technique known as self-assembly. Capillary forces -- the same type of forces that make water move up a plant's roots, and that cause the edge of a glass of water to curve upward -- pull the pieces into position.

The prototype contact lens does not correct the wearer's vision, but the technique could be used on a corrective lens, Parviz said. And all the gadgetry won't obstruct a person's view.

"There is a large area outside of the transparent part of the eye that we can use for placing instrumentation," Parviz said. Future improvements will add wireless communication to and from the lens. The researchers hope to power the whole system using a combination of radio-frequency power and solar cells placed on the lens, Parviz said.


Press release
: Contact lenses with circuits, lights a possible platform for superhuman vision


fonte: www.medgadget.com/archives/2008/01/electronic...

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mercoledì 10 ottobre 2007

Libellule e zanzare ci spiano

Una mosca meccanica creata da Harvard Microrobotics.
Apertura alare di 2 cm, pesa meno di un grammo

Misteriosi avvistamenti alle manifestazioni politiche. L'Agenzia ammette: ci stiamo lavorando Dal Pentagono emerge che sono oggi in uso un centinaio di modelli diversi

La Cia collauda gli insetti robot

di RICK WEISS



NEW YORK - Vanessa Alarcon li ha visti per la prima volta il mese scorso, nel corso di una manifestazione contro la guerra a Lafayette Square. "Ho sentito qualcuno esclamare: "Santo cielo, guardate là"". Così ricorda la studentessa di New York all'ultimo anno di università. "Ho alzato lo sguardo e mi sono chiesta che cosa fossero... sembravano libellule o elicotteri in miniatura. Di certo, però, non erano insetti". Bernard Crane, avvocato di Washington, era anche lui tra la folla. "Mai visto nulla del genere in vita mia. Erano troppo grandi per essere libellule".

Questi sono soltanto alcuni tra i tanti avvistamenti avvenuti nel corso di recenti avvenimenti politici a Washington e New York. In molti sospettano che si possa trattare di droni (veicoli aerei telecomandati, Ndt) a forma di insetto, strumenti hi-tech di sorveglianza messi forse a punto dal Dipartimento per la Sicurezza Interna. Altri, invece, pensano che dopo tutto non sono altro che libellule, un'antica specie di insetti che perfino i biologi concordano essere molto somiglianti tanto a robot che a piccole creature.

Nessuna agenzia ammette di aver messo a punto droni spia delle dimensioni di un insetto, ma molteplici agenzie governative ed enti privati degli Stati Uniti effettivamente hanno ammesso che ci stanno provando. Alcune società di ricerca sovvenzionate con fondi federali stanno perfino allevando insetti vivi nei quali sono stati inseriti chip elettronici. Gli insetti robot - in inglese "robobug" - avrebbero la possibilità di seguire i sospetti, di guidare sul bersaglio i missili o di perlustrare le macerie degli edifici crollati alla ricerca di sopravvissuti.

A onor del vero, la Cia aveva messo a punto una libellula spia già negli anni Sessanta, e perfino gli scettici ammettono che un'agenzia potrebbe realmente essere riuscita in gran segreto a rendere una cosa del genere operativa e funzionale. Velivoli robot sono usati dall'esercito sin dalla Seconda guerra mondiale. Dai documenti del Dipartimento della Difesa emerge che sono oggi in uso un centinaio di modelli diversi, alcuni piccoli come uccellini, altri delle dimensioni di un piccolo aereo.

Nonostante tutto, però, passare dalle dimensioni di un uccellino a quelle di un insetto non è soltanto questione di dimensioni più minuscole. È soltanto in tempi molto recenti che gli scienziati sono infatti pervenuti a comprendere fino in fondo in che modo gli insetti riescano a volare, un'impresa biomeccanica che, nonostante tutti quanti ne siamo testimoni oculari, per decenni è stata ritenuta "teoricamente impossibile".

Risale soltanto a un mese fa la scoperta, effettuata da alcuni ricercatori della Cornell University di come le libellule regolino il movimento delle loro ali anteriori e posteriori per risparmiare energia quando si librano in volo. Problema che gli esperti di robotica non riescono invece a risolvere in quanto i loro velivoli (almeno quelli conosciuti) tendono a consumare molta energia e necessitano quindi di batterie molto grandi e pesanti.
La Cia è stata tra le prime ad affrontare il problema.

L'insectothopter, messo a punto dall'ufficio Ricerche e Sviluppo della Cia trenta anni fa, era in tutto e per tutto simile a una libellula e conteneva un minuscolo motore a benzina in grado di azionare quattro ali. Era in grado di volare, ma alla fine fu considerato un insuccesso perché non era riusciva ad affrontare i venti di traverso. Che il Dipartimento della Difesa sia impegnato a cercare di mettere a punto una cosa del genere pare però pressoché assodato. Alcuni ricercatori stanno inserendo alcuni chip nelle pupe delle falene - lo stadio intermedio tra il bruco e la farfalla adulta in grado di volare - per far sì che si schiudano "falene cyborg" perfettamente sane.

Ma c'è anche chi prendendo ispirazione dalla Cia, sta cercando di costruire velivoli in grado di volare con carburanti chimici piuttosto che a batteria. L'Entomopter, ancora nelle fasi iniziali di sviluppo presso i laboratori del Georgia Institute of Technology, simile a un aereo giocattolo più che a un insetto, trasforma il combustibile liquido in gas bollente, che aziona quattro ali che battono e attrezzature varie.

Anche se un giorno tutte le difficoltà e gli ostacoli tecnici dovessero essere superati, i micro-velivoli dalle dimensioni di un insetto saranno sempre un investimento rischioso. "Possono essere ingoiati da un uccello, rimanere impigliati in una ragnatela. Per quanto intelligente possa essere se un uccello arriva a 30miglia orarie non c'è modo di evitarlo. Insomma non sono utilizzabili per operazioni di spionaggio".

Ma allora, che cosa hanno visto Crane, Alarcon e qualche altro manifestante presente alla marcia di Washington? E che cosa vide nel 2004, durante la Convention Nazionale Repubblicana di New York, un osservatore - forse un manifestante paranoico che marciava per la pace - che descrisse su Internet una "libellula nera immobile nell'aria a una trentina di metri d'altezza, nel bel mezzo della Settima strada, che pareva fissarci"?

Con ogni probabilità, secondo Jerry Louton, entomologo del Museo Nazionale di Storia Naturale, hanno visto delle vere libellule, se si tiene conto che Washington ospita alcune specie di grandi dimensioni e decorazioni spettacolari, che possono lasciare sbalorditi. Ma in realtà ci sarebbero anche alcuni dettagli che secondo lui non quadrano affatto. Tre distinte persone presenti alla dimostrazione di Washington hanno descritto una fila di sfere, dalle dimensioni di piccole bacche, attaccate alla coda delle grandi libellule - un'attrezzatura che Louton non riesce a spiegarsi. Oltre tutto hanno anche riferito di aver visto almeno tre libellule far manovra all'unisono e "le libellule non volano mai in gruppo".

Mara Verheyden-Hilliard di Partnership for Civil Justice ha detto che il suo gruppo sta svolgendo indagini sulle dichiarazioni dei testimoni e ha presentato una richiesta formale di informazioni con il Freedom of Information Act inoltrata a svariate agenzie federali. Secondo lei, se simili dispositivi dovessero essere usati per spiare gli attivisti politici si tratterebbe di una "significativa violazione dei diritti civili della popolazione".

(Copyright The Washington Post-la Repubblica
Traduzione di Anna Bissanti)

(10 ottobre 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/scienza_e_tecnologia/zanzare-cia/zanzare-cia/zanzare-cia.html

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domenica 7 ottobre 2007

Cromosoma in laboratorio: la vita non è più un miracolo (?)


POSSIAMO SPERARE SOLO UNA COSA.
CHE SIA UNA BUFALA
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Craig Venter ancora una volta stupisce il mondo. In un'intervista rilasciata al quotidiano britannico Guardian, il biologo-imprenditore americano afferma di aver creato il primo cromosoma artificiale. La notizia dovrebbe essere ufficializzata lunedì prossimo nel corso del congresso annuale del suo istituto scientifico di San Diego in California.

Venter non è nuovo a questi annunci a sorpresa. Nel 2001, ad esempio, la sua compagnia, la Celera Genomics, annunciò di aver decodificato il genoma umano battendo sul tempo il Progetto Genoma Umano, un gruppo che riuniva scienziati da tutto il mondo.

Oggi Venter afferma di aver "costruito" in laboratorio un cromosoma, la base della vita. Il cromosoma è quel filamento di Dna impacchettato in una struttura proteica che si trova nel nucleo delle cellule e che porta su di sé l'informazione genetica di ogni organismo, i suoi caratteri ereditari, ovvero le istruzioni che gli permettono di diventare ciò che è. Nei laboratori di Venter, un'équipe di 20 scienziati capeggiati dal premio Nobel Hamilton Smith sarebbe riuscita nell'impresa partendo da un cromosoma esistente, quello del batterio Mycoplasma genitalium. Questo batterio, che vive nelle cellule dei genitali dei primati, è una delle forme di vita più piccole che si conoscano ed ha un unico cromosoma. Ebbene, proprio questo cromosoma è stato preso dagli scienziati di Venter, "spogliato" di un quinto delle sue caratteristiche genetiche e quindi "ricostruito" con sostanze di sintesi fino a farne un filamento lungo 381 geni.

Il cromosoma, battezzato Mycoplasma laboratorium, è stato poi inserito nella cellula vivente di un batterio. I ricercatori sperano così che, in un secondo momento, il cromosoma prenda il controllo dello sviluppo di questa cellula, creando così una nuova forma di vita. Questa tecnica è stata già sperimentata con successo, del resto, dallo stesso gruppo di ricerca. In quel caso, però, ad essere inserito nella cellula di un batterio era il genoma naturale proveniente da un altro batterio esistente in natura con il risultato di modificare la specie di origine della cellula. Oggi, Venter ci prova con un Dna parzialmente artificiale, ma si è detto "convinto al 100%" che l'esperimento riuscirà.

L'annuncio è destinato naturalmente ad aprire una controversia sulle applicazioni della ricerca e sui suoi risvolti etici. Venter ha dichiarato al Guardian che ci troviamo di fronte a «un passo filosofico cruciale per la storia della nostra specie: passiamo dalla lettura del codice genetico alla capacità di scriverlo. Questo ci dà la capacità ipotetica di fare cose mai contemplate in precedenza». E già parla di possibili applicazioni: batteri in grado di catturare e distruggere l'anidride carbonica in eccesso, risolvendo così il problema del riscaldamento globale, oppure carburanti fatti esclusivamente di zucchero.

Ma, sullo stesso Guardian, Pat Mooney, direttore dell'organizzazione canadese di bioetica Etc Group, si mostra perplesso e parla di una «sfida gigantesca», gravida di rischi per i popoli e i governi.


Pubblicato il: 06.10.07
Modificato il: 07.10.07 alle ore 12.13

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=69436

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sabato 25 agosto 2007

Le scimmie la pensano come noi

Curano i piccoli, sanno fare la spesa e usano sistemi anticoncezionali


ROMA (25 agosto) Ulteriori conferme alla similitudine tra uomini e scimmie. I nostri “antenati”, infatti, usano con i cuccioli lo stesso buffo linguaggio con il quale ci rivolgiamo ai bebè, comprendono il valore del denaro e usano persino metodi anticoncezionali. La scoperta è proprio di un italiano, Dario Maestripieri, che lavora all'università di Chicago. Con il suo studio, pubblicato dalla rivista Etology, ha scoperto che le scimmie femmine del macaco usano con i loro piccoli un linguaggio particolare, con toni alti e versi molto semplici, del tutto simile a quello che usa l'uomo quando si rivolge ai neonati. Il linguaggio ha anche una specifica funzione evolutiva per i cuccioli.

«I piccoli umani e di altre specie - ha spiegato il ricercatore - nascono con delle predisposizioni per stimoli visivi e acustici particolari. I bimbi umani, ad esempio, sono attratti dalle caratteristiche dei volti e da suoni come quelli del baby talk. L'uso di questo linguaggio e le interazioni sociali che ne susseguono favoriscono lo sviluppo cognitivo e comportamentale del piccolo, sia nella nostra specie sia in altre». La ricerca, effettuata su 19 femmine delle foreste di Porto Rico osservate per un anno, ha dimostrato anche che quando le femmine di macaco ne incontrano una con un piccolo parlano per l'80 per cento del tempo in “mammese”, proprio come fanno i nostri simili quando incontrano un bebè in una carrozzina.

Le scimmie sarebbero, però, anche delle brave massaie, gestendo i soldi perfettamente. Un altro studio italiano, stavolta di Elsa Addessi dell'istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione di Roma, ha dimostrato che capiscono il valore del denaro. In una ricerca pubblicata dalla rivista Proceedings of the Royal Society B, infatti, a dieci scimmie cappuccine è stato insegnato che un gettone blu corrispondeva ad una ricompensa di una nocciolina, mentre uno giallo a tre. Metà di loro sono state in grado di “fare la spesa” ottenendo il massimo numero di noccioline possibili scegliendo fra diversi gettoni a disposizione. «Quattro scimmie sono riuscite a massimizzare la ricompensa – ha confermato Addessi - e hanno capito, ad esempio, che quattro gettoni blu davano più ricompensa che un gettone giallo».

Altri studi hanno dimostrato che i primati sono in grado di tramandare di generazione in generazione alcuni comportamenti acquisiti, come l'uso di utensili o di alcune piante medicinali. In particolar modo si è notato che utilizzano molto una specie di prugna, la vitex doniana, per le sue proprietà anticoncezionali. Secondo i ricercatori inglesi dell'università di Roehampton, le femmine dei babbuini verdi, che popolano il parco naturale di Gashaka in Nigeria, in certi periodi dell'anno ne mangiano grandi quantità, allo scopo di non rimanere incinte. Queste prugne infatti contengono grandi quantità di un ormone progestinico che funziona proprio come la pillola anticoncezionale.

fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=7714&sez=HOME_PIACERI

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mercoledì 23 maggio 2007

Clima e pesticidi, le api sono dimezzate




Strage alveari, frutta a rischio

ROMA - Molecole pensate per uccidere la vita indesiderata che sbagliano bersaglio. Il mutamento climatico che stringe il rubinetto del cibo. L'allargarsi della sindrome da immunodeficienza acquisita. Sono le tre componenti del cocktail che sta devastando le popolazioni di api in tutto il mondo. In che proporzioni queste responsabilità siano miscelate non è ancora ben chiaro: c'è chi sottolinea soprattutto il ruolo dei pesticidi e chi punta l'attenzione sugli scompensi derivanti dal riscaldamento globale. Certo le conseguenze sono allarmanti. Le stime che si susseguono da alcuni anni in Europa e nell'America del Nord indicano una riduzione che oscilla tra il 20 e il 50 per cento. Il dato viene ricordato nel dossier "Pesticidi nel piatto" che la Legambiente presenterà oggi citando due sentenze del Consiglio di Stato francese che vietano l'uso di due pesticidi (il Guacho e il Regent) sul mais. Questo verdetto conclude una lunga disputa iniziata nel 1991, quando i fitofarmaci contenenti le molecole neonicotinoidi sono stati introdotti in Francia e sono stati osservati i primi effetti negativi.


Per la moria di api dell'anno scorso in Piemonte - si ricorda nel rapporto - il principale accusato è il Tiamethoxam, usato contro la flavescenza dorata sulla vite: tra giugno e luglio 2006, tracce di Thiamethoxan sono state trovate nei campioni di api trovate morte. La molecola è stata dichiarata "non ecotossica", dalla Syngenta, che produce un fitofarmaco che la contiene, ma secondo gli apicoltori piemontesi è "assai pericolosa per l'ambiente". Anche per la senatrice verde Loredana De Petris "se si continua con l'uso di prodotti fortemente tossici avremo presto primavere senza api: in Friuli si segnala un calo del 50 per cento della produzione di miele e una moria di 20 mila api ad alveare. Quest'anno la situazione è particolarmente grave perché, a causa del caldo anticipato, la fioritura stagionale ha coinciso con gli interventi fitosanitari praticati per le semine del mais. Bisogna sospendere immediatamente l'uso di questi prodotti, usati anche per la barbabietola da zucchero, il girasole e il pomodoro, seguendo l'esempio di Parigi". La minaccia non riguarda solo la possibilità di approvvigionarsi dei 400 grammi annuali di miele che l'italiano medio consuma ogni anno, cioè il sistema gestito dai 7.500 apicoltori professionisti e da un buon numero di hobbisti, ma l'agricoltura nel suo complesso che dipende per un terzo da coltivazioni impollinate grazie al lavoro gratuito delle api. Secondo la Coldiretti, in Italia sono a rischio circa 50 miliardi di api in oltre un milione di alveari. Una strage che mette in pericolo il processo di impollinazione minacciando un budget da due miliardi e mezzo di euro l'anno. Tra i prodotti a rischio: mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, ciliegie, albicocche, meloni, zucchine, girasole, colza.

ANTONIO CIANCIULLO

(22 maggio 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/05/sezioni/scienza_e_tecnologia/api-dimezzate/api-dimezzate/api-dimezzate.html


giovedì 12 aprile 2007

Giuliano Preparata e la Fusione Fredda








Oh, si, è in Costruzione il Nuovo Ordine Mondiale.. e per mano di una Cupola ben più grande di quella della Mafia e che si audefinisce (occultamente) degli Illuminati. Qualcuno di voi già ha qualche informazione sull'argomento, ma faremo ulteriore chiarezza in uno dei prossimi post.
Tracce ve ne abbiamo già lasciate tante nell'arco di questi mesi, e altre ve ne daremo. Anzi, più che tracce sono vere e proprie tessere di un mosaico che raffigura una brutale realtà. La nostra, e del Mondo intero. Di seguito vi riportiamo un brano contenuto nel libro "Alce Nero grida", Jaca Book - 2002, di Gino Girolomoni, uno dei padri storici, e forse il più importante, dell'agricoltura biologica in Italia. Parla dello scienziato Preparata, della scoperta della Fusione Fredda (argomento che potrete approfondire, e ve lo consiglio, sul sito http://www.progettomeg.it/ffstoria.htm), e del suo seppellimento (per gli impieghi civili): hanno sostenuto che era una "bufala", pubblicando dati sperimentali falsati (vedi foto a fine post). Ne emerge per l'ennesima volta, la logica del Profitto e del Potere, al servizio dei soliti noti. Buona lettura. mauro
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L'atomo ha un raggio di un centomilionesimo di centimetro e i nuclei leggeri, che provocano la fusione nucleare all'interno del sole, sono un centomillesimo dell'atomo: ecco, all'interno di queste straordinarie e inimmaginabili dimensioni si muoveva Giuliano Preparata alla ricerca di una fonte di energia adatta ai tempi, e che rendesse l'uomo veramente libero in ogni parte del mondo, specialmente dove ne hanno più bisogno, perché per ora lo è solo nella teoria di quei Diritti francesi in cui l'unica rivoluzione fu il copioso staccarsi dal corpo di teste.

Il 23 marzo 1989 Martin Fleischmann e Stanley Pons comunicarono al mondo una nuova fonte di energia derivante dalla fusione fredda. Ma quella potente malavita chiamata Comunità Scientifica non poteva accettare di dover rivedere completamente i princìpi della fisica moderna, e li derise.
Pensate alla costosissima industria del petrolio, e quella nucleare, cui sarebbe stata tolta la legittimità anche economica.
E allora la Scienza, con la camicia bianca e la esse maiuscola, si strappò i vestiti ed emise un grido, come il Sommo Sacerdote con il Messia incatenato.
Noi siamo liberi...
ma se non possiamo dire nemmeno che a Santa Caterina Mosè non c'è mai stato, o che a Loreto ci sono solo delle mura palestinesi che di sacro hanno solo le preghiere!
Ma in cosa consisterebbe la grande scoperta? Per produrre dieci chilowatt, il cui generatore starebbe in una valigia, occorrono un centimetro cubo di palladio e un litro di acqua pesante contenente eleuterio, presente in una molecola su seimila dell'acqua di mare e durevole cinquecento anni senza eaurirsi.
Questa sarebbe libertà, questa sarebbe autonomia vera, anche economica, di ogni singolo di ogni popolo, in qualunque parte del mondo, altroché democrazia, la più grande illusione mai pensata negli ultimi due secoli pieni di sofferenza.
Alla fine del Novecento c'è la grande scoperta di Giuliano ed i suoi amici, insieme alla più grande tragedia del Parlamento Europeo senz'anima che ha inventato la brevettabilità delle forme viventi da millenni.
Ma perché bisogna morire per farsi capire? E' tremendo questo mondo in cui siamo costretti a correre per non avere tempo di interrogarci e pensare Dio!"

Gino Girolomoni
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Intervista a Giuliano Preparata

Inviato da euresis il Thursday, 05 June @ 15:55:31 CEST

Per gentile concessione della redazione de "La Tana del Re", giornalino universitario dell'Universitò degli Studi di Milano (Cdl in Fisica), riportiamo l'ultima intervista rilasciata dal Prof. Giuliano Preparata. In questa intervista emerge la testimonianza di un uomo certamente fuori dagli schemi, scienziato geniale, tenace e imprevedibile: un uomo capace di lottare tutta una vita per ciò che intuiva come vero.
Il Professor Preparata di lì a qualche settimana sarebbe morto per un male incurabile.

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