"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
Visualizzazione post con etichetta emergenze. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta emergenze. Mostra tutti i post

venerdì 17 aprile 2009

Abruzzo, ancora


Lo so che l’abbiamo già postato nel Solleviamoci serio… anche perché ho contribuito alla scrittura del commento. Ma questa riflessione mi piace troppo, quindi me ne approprio e me lo copio. Oltretutto, visto che l’autore ieri era da Santoro e presumibilmente ci tornerà, è anche un modo per segnalarlo a chi ancora non l’avesse letto ed a quanti non volessero perdersi la diretta… E per aggiungere un tocco di novità, riporto anche un altro post interessante. Anzi due.

"Ma io per il terremoto non do nemmeno un euro..." di Giacomo Di Girolamo - 14 aprile 2009

Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la mia suona come ... ... una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda. Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no - stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare. Non do un euro perché è la beneficenza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficenza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro. Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo. Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro Paese. E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella. C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato - come tutti gli altri - da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno? Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di "new town" e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: "new town". Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto tempo l’aveva in mente? Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce "new town". E’ un brand. Come la gomma del ponte. Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che "in questo momento serve l’unità di tutta la politica". Evviva. Ma io non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è. Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro? Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni terremotate. Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente. Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima? Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo. Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa, l’Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora, per quella scuola, dove - per dirne una - nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto. Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto. Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialità che avevano detto. Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto. Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto. Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia. Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire "in Giappone non sarebbe successo", come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know - how del Sol Levante fosse solo un’esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto pratico. E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia. Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso. Come la natura quando muove la terra, d’altronde. Tratto da: www.facebook.com/

E come non sottoscrivere ogni singola frase di questo sfogo? Come non essere assolutamente contrari alla destinazione del 5x1000 ai terremotati abruzzesi, come non considerarlo solo uno specchietto per le allodole che va a penalizzare pesantemente associazioni assolutamente meritorie e ben poco (se e quando) aiutate a svolgere la loro missione umanitaria e sociale (pensate ad Emergency, al CeSVI, all’ANPI, a Legami d'Acciaio… e ovviamente sono solo alcuni – tra i nostri preferiti), mentre invece il lucroso 8x1000 che per la maggior parte si spartiscono Chiesa e Stato non si tocca? Che tra l’altro, se la matematica non è un’opinione, è una cifra maggiore del 5x1000? Non è un problema nostro: da anni lo destiniamo ai Valdesi e ne siamo più che contenti. Ma anche se fossimo d’accordo a dare il nostro 5x1000 a beneficio dei terremotati, chi ci assicura che davvero arriverebbe loro e non si perderebbe nei mille rivoli delle tasche di chi non c’entra? Nessuno. Appunto.
Però… però nel frattempo chi ci va di mezzo facendo scelte di questo tipo sono quei poveri abruzzesi incolpevoli. Allora la nostra idea è questa, banale ma forse più utile di tante speculazioni travestite da buone azioni: il 5x1000 ai soliti destinatari di cui sopra, l’8x1000 ai Valdesi e una cifra – quello che possiamo – ad un’organizzazione di cui ci fidiamo, fossero i compagni di partito che settimanalmente vanno giù o le raccolte in rete fatte da blogger fidati (ad esempio questo) o direttamente una persona - Anna - o una famiglia colpita dal sisma, per chi la conosce.
NIENTE deve finire nelle mani sbagliate. Ogni centesimo entrato deve essere giustificato, altrimenti tra vent’anni gli abruzzesi saranno ancora nelle tende e qualche furbetto si sarà fatto una villa in più, magari anche grazie all’ultima ingegnosa trovata per rilanciare l’edilizia.

Ed ecco un’altra voce fuori dal coro: riporto testualmente, con il consenso dell’autrice (grazie Solange!), un bel post del blog di Paolo Franceschetti (http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/04/terremoto-e-segreti.html):


TERREMOTO E SEGRETI


Dopo il terremoto che ha colpito l'Abruzzo vari paesi esteri ci hanno offerto aiuto. Erano pronti ad inviare uomini e mezzi. Il Governo ha rifiutato affermando che non ne avevamo bisogno.
Berlusconi ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Ringraziamo i paesi stranieri per la loro solidarietà, ma invitiamo a non inviare qui i loro aiuti. Siamo in grado di rispondere da soli alle esigenze, siamo un popolo fiero e di benessere, li ringrazio ma bastiamo da soli”. Siamo in grado di rispondere da soli alle esigenze? Siamo un popolo fiero e di benessere? Bastiamo da soli? Ma se i terremotati dell'Irpinia è trent'anni che vivono in prefabbricati e cenano con pantegane che sono più grandi del mio cane (che pesa 45 kg). Lì per lì ho pensato che il rifiuto fosse stato motivato dal fatto che è più difficile rubare se hai accanto volontari di paesi esteri dove per una evasione fiscale vai in galera per trent'anni. Potrebbero non capire che, da noi, in Italia fa curriculum avere una, o due, condanne passate in giudicato per entrare in parlamento, e che rubare gli aiuti a chi è stato colpito da una calamità è una prassi consolidata. Poi ho letto che il Governo ha rifiutato gli aiuti di uomini e mezzi, ma accetterà volentieri quelli economici........sempre, ovviamente, perché siamo un popolo fiero e benestante.....soprattutto stanno molto bene quelli che riescono a rubare di più, ad aggiudicarsi la ricostruzione e non ricostruire o, nella migliore delle ipotesi, costruire con cemento “disarmato”. Poi, però, una domanda mi è sorta spontanea: perché l'Italia non vuole personale straniero nelle zone colpite dal terremoto? Così ho provato a cercare di capire cosa potesse esserci di “particolare” in quelle zone, in aiuto mi è arrivata la segnalazione di un nostro lettore, Pinco Ramone. Due i risultati:

1. Sotto il Gran Sasso, a 1.400 metri sotto terra ci sono i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), i più grandi laboratori scientifici sotterranei del mondo. Detti laboratori sono di proprietà dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

In cosa consistano questi esperimenti è facile immaginarlo trattandosi di FISICA NUCLEARE, comunque qualcosa, solo qualcosa, è consultabile visitando il sito: http://www.lngs.infn.it/home_it.htm . Quanto materiale chimico, radioattivo, nucleare era presente nei laboratori al momento del sisma? Quali esperimenti erano in corso? Ma sopratutto quali e quanti danni ha subito la struttura? Perché i media non fanno un solo cenno a tutto ciò? Interi paesi sono distrutti, l'Aquila è una città fantasma e del più grande laboratorio di fisica nucleare del mondo, situato a 1400 metri di profondità sotto il Gran Sasso, zona colpita dal sisma, non si dice nulla? Se le strutture hanno retto perché non dirlo? Cosa successo a 1400 metri di profondità?



















2. Vicino a Sulmona, poi, sotto le colline di S. Cosimo vi è un notevole deposito militare, chilometri di tunnel sotterranei con tanto di ferrovia privata. Meno di un anno fa, il deposito di San Cosimo è stato al centro di un'aspra polemica che aveva costretto il generale di Corpo d'Armata Giorgio Ruggeri ad affermare: “Nel deposito militare di San Cosimo non c'è nulla che possa rappresentare un rischio ambientale o una contaminazione radiologica pericolosa per la salute della popolazione residente. Posso affermare con estrema certezza che gli ipotetici casi di malattia non sarebbero assolutamente collegati alla presenza del deposito e che non sarà smantellato perché rappresenta per l'Esercito una presenza strategica sul territorio”.
Personalmente non mi fido molto delle rassicurazioni date dall'esercito, sopratutto dopo quanto fatto con i nostri soldati e l'Uranio impoverito (articolo su questo blog http://paolofranceschetti.blogspot.com/2007/12/vergognamoci-per-loro-3-migliaia-di.html) in cui ricordiamo 2000 nostri soldati che hanno partecipato alle missioni all'estero sono tornati ammalati di tumore. Dal 1977 vi erano circolari e relazioni scientifiche che avvertivano del pericolo dell'esposizione dei militari alle particelle di uranio impoverito, scarto nucleare usato per rafforzare gli armamenti. Dal 1984, erano state emanate, dalla Nato, precise norme di protezione per chi operava nelle zone a rischio. Ma l'Italia, che pure fa parte della Nato, sino al 1999 non recepisce. Ma la vergogna più grande avviene dopo. Infatti, i nostri soldati, una volta ammalati, hanno chiesto un indennizzo al Ministero. Sapete cosa dovevano firmare per poter ottenere l'indennizzo? Dovevano firmare un foglio in cui affermavano di essersi ammalati per paura! Si esattamente così. Non per l'uranio impoverito, la cui pericolosità è provata da innumerevoli relazioni scientifiche, ma per “strizza da sentinella”. Ora, se l'esercito tiene questo comportamento con i suoi soldati, con buona pace dello “spirito di corpo”, mi riesce difficile pensare che possa comportarsi con maggiore correttezza con la c.d. “popolazione civile”. Ma, a parte questa mia considerazione personale, la domanda è un'altra: ha subito danni quel deposito? Se si, quali e quanti? Anche in questo caso, da parte dei media, assoluto silenzio. Segreto di Stato! Dunque, nella zona colpita dal terremoto ci sono: - il più grande laboratorio sotterraneo di fisica NUCLEARE del mondo; - un deposito di armi (non si sa quali) ed esplosivi con tanto di ferrovia privata. Perché nessuno ne parla? Cosa è successo a quelle strutture? Sono state danneggiate? Ci possono essere state fuoriuscite di materiale radioattivo? Nulla, il più assoluto silenzio, meglio fare un servizio giornalistico sulle uova di pasqua nelle tendopoli.


A dire la verità, il laconico comunicato del LNGS non ha rassicurato neppure me: non avevano detto anche (non l’LNGS, sia chiaro) che a Severo la diossina non era poi così dannosa? E’ colpa loro, dei politici e dei giornalisti miopi, di quelli che pensano che siamo tutti bambini dell’asilo da “educare” e soprattutto cui non raccontare mai la verità, sennà si spaventano. Il risultato è che io non ci credo più, a quello che dicono. Anche perché, onestamente: chi ha guardato ieri la puntata di AnnoZero mi può dire se ha capito di chi è la responsabilità? Perché io non l’ho capito. Mi è sembrato che giocassero tutti, chi più chi meno, a rimpallarsela. E comunque io sto con De André: siamo tutti coinvolti.
Ma ancora, segnalato da Laura su Rita Atria news (http://www.ritaatria.it/LeggiNews.aspx?id=810):


Un video su You Tube parla di un numero di morti durante il terremoto dell'Aquila probabilmente superiore a quello ufficiale...


Visto che è Pasqua ... facciamo resuscitare anche la VERITA'
Ricevo ed inoltro "I morti che non vi dicono" Chiediamo che vengano fatti tutti gli accertamenti del caso. Il centro storico dell'Aquila è da abbattere e ricostruire. E questo lo dicono in tanti. I morti, i feriti e gli sfollati sono stati contati, più o meno precisamente. E questo lo dicono tutti. Adesso vi dirò qualcosa che non dice nessuno. Gli scantinati e i seminterrati del 90% del centro storico erano stati affittati. In nero. Dentro c'erano clandestini, immigrati, extracomunitari. Ammassati come bestie. Ci sono ancora. Centinaia di persone che non risultano all'anagrafe, che non compaiono nelle liste dei dispersi, che non esistono. I proprietari delle case che si sono messi in salvo non ne denunciano la presenza. Non gli conviene. Nessuno li cerca. Nessuno li piange. Da vivi non esistevano, non esistono neppure da morti. Spazzati via di nascosto, come la polvere sotto al tappeto. In fondo, perchè darsi tanta pena per loro? Una tomba ce l'hanno già. E questa volta non gli è costata niente. Gliel'abbiamo data gratis.

Il video è qui: http://www.youtube.com/watch?v=zz8GuoCjIKo

venerdì 28 dicembre 2007

"Morire di lavoro" - Il capestro si è trasferito in fabbrica

Stefano Corradino *


 ThyssenKrupp

«Questo 2007 è terminato grazie all'Italia, con la straordinaria moratoria sulla pena di morte. Allarghiamo il tema: nei nostri luoghi di lavoro si muore tutti i giorni dell'anno come dei condannati alla pena capitale o vittime di una guerra civile dove il "dio denaro" batte il tempo delle "non" regole. Perché? E la tv? Se ne occupa solo quando si è "costretti" da gravi tragedie, come quella della ThyssenKrupp, ma con il rischio di trasformarlo in un altro "caso" da talk show: Cogne, Garlasco, Perugia e ora Torino…» Daniele Segre, regista piemontese di 55 anni, autore di numerose opere premiate in festival nazionali ed internazionali è tornato sul set con un nuovo film denuncia Morire di lavoro, dedicato alla tragedia della ThyssenKrupp. Ha incontrato per un anno i lavoratori dell'edilizia di Lazio, Campania, Lombardia e Piemonte e i parenti delle vittime ed ora porta sul grande schermo storie quotidiane di illegalità sul lavoro.

Per quale ragione ha scelto di fare un film sulle morti nel mondo del lavoro?
Perché si deve fare e basta. Si deve intervenire in tutti i modi, con gli strumenti più adatti ed efficaci per poter riuscire a interrompere il bollettino di guerra che ci giunge dai luoghi di lavoro e che ogni giorno ci travolge, ci stravolge e ci indigna. Ho cercato più volte negli anni di dare il mio contributo di regista: dai lavoratori dell'Enichem di Crotone ('93), ai minatori della Carbosulcis di Nuraxi Figus ('94) agli operai di Villacidro (2000).

La sicurezza del lavoro come nuova frontiera di «impegno civile»?
No, come scelta di espressione, peraltro spesso difficile e impegnativa, perché certi argomenti non sono così in linea con i palinsesti del servizio televisivo pubblico e anche con quello distributivo cinematografico.

La tragedia della ThyssenKrupp ha "costretto" la tv ad occuparsene.
Costringere, appunto. Ma con il rischio di affrontare temi come questi con il clichet dei talk show: da Cogne a Garlasco a Perugia. Ora Torino… Un luna park degli orrori con i suoi eroi, positivi o negativi, uno spettacolo realizzato spesso per nutrire la nostra curiosità morbosa. Ma questa non è cultura, è sottocultura, anzi è anticultura, pericolosa e distruttiva. In un paese "normale", una tv "normale" dovrebbe prendersi cura dei propri cittadini, nutrirli con la cultura e la conoscenza e metterli in condizione di vivere il più possibile consapevoli dell'importanza della vita e dei valori primari che connotano una civile democrazia. Alberto Manzi insegnava in tv agli italiani a leggere e a scrivere con Non è mai troppo tardi. Sembra passato un secolo. Oggi dov'è il ruolo di servizio pubblico?

«Morire di lavoro». Chi sono i protagonisti di questo suo nuovo film di denuncia?
Sono edili e familiari di lavoratori morti in Italia di cui ho parlato scegliendo una forma espressiva semplice: i protagonisti in primo piano che guardano l'obbiettivo e raccontano. Il loro sguardo è diretto agli occhi degli spettatori. La tragedia dei lavoratori deceduti è invece raccontata attraverso l'interpretazione di tre attori che raccontano di come sono morti lavorando in un cantiere, da Napoli a Milano, da Roma a Torino.

Chi l'ha aiutato in questa impresa e chi no.
Ho realizzato e prodotto questo film con la mia società di produzione «I Cammelli» dopo aver bussato a molte porte del sistema televisivo e cinematografico pubblico italiano. Ho ricevuto sonori «no». L'unico sostegno mi è giunto dal Piemonte Doc Fund e dal Sindacato Costruzioni Cgil.

Lei ha viaggiato un anno in quattro regioni d'Italia da nord a sud. Cosa accomuna queste realtà diverse?
Non conoscevo il mondo dell'edilizia se non in modo superficiale: grazie al Sindacato delle Costruzioni della Cgil ho potuto entrarci e approfondirlo. Le differenze tra il sud e il nord del paese sono molte, ma c'è un dato che accomuna i cantieri: la mancanza della legalità e del rispetto delle norme di sicurezza e dei più elementari diritti dei lavoratori. Dal nord a sud la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori è calpestata e offesa ogni giorno, la tristezza e la demoralizzazione per questa condizione è nell'espressione degli occhi, occhi velati di frustrazione e impotenza. La tragedia delle morti bianche ha riportato il tema del lavoro al centro della discussione collettiva. Sembrava che gli operai non esistessero più... Invece ci sono. E nei cantieri non hanno il diritto di parola e quotidianamente vivono l'angoscia di poter perdere il posto e tutto quello che psicologicamente comporta questa prospettiva.

Qui interviene il cinema, come uno degli strumenti per destare le coscienze?
Io penso ad un cinema in grado di restituire il diritto di parola negato da molto tempo. Oramai il mondo del lavoro non «esiste» più se non quando si muore e si fa notizia. Un cinema utile per «la ricostruzione dell'identità», non solo del mondo del lavoro… Per scatenare una reazione e per non rassegnarci all'idea di una umanità sconfitta. Qualche segnale positivo c'è. La moratoria sulla pena di morte, per esempio. Partiamo da qui, dunque, per questo grande impegno: nei nostri luoghi di lavoro si muore tutti i giorni come dei condannati alla pena capitale o vittime di una guerra civile dove il "dio denaro" batte il tempo delle "non" regole. Lanciamo una campagna per una «moratoria sulle morti bianche». E speriamo che cinema e tv la raccolgano.

* www.articolo21.info

Pubblicato il: 28.12.07
Modificato il: 28.12.07 alle ore 8.54

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=71698

...

sabato 1 dicembre 2007

Varese: Emergency e Vauro insieme per la Cambogia



Varese - Martedì 4 dicembre alle 21 al Cinema Teatro Nuovo di via dei Mille

In collaborazione con “Un Posto Nel Mondo, percorsi di cinema e documentazione sociale” ...


Vauro Senesi, giornalista, vignettista e collaboratore di Emergency, sarà a Varese martedì 4 dicembre alle 21 al Cinema Teatro Nuovo di via dei Mille a Varese. Il gruppo Emergency di Varese, in collaborazione con “Un Posto Nel Mondo, percorsi di cinema e documentazione sociale”, presenta "Okunchiran Emergency in Cambogia”, un racconto di Vauro, regia di Claudio Rubino e Emanuele Scaringi, produzione Fandango.


Marzo 2006: Vauro parte per la Cambogia,uno dei paesi più poveri al mondo e con una delle percentuali più alte di mutilati da mine:uno ogni 230 abitanti su una popolazione totale di 13 milioni. Gli ultimi 30 anni della storia cambogiana sono un perfetto esempio delle conseguenze delle guerre contemporanee: ammontano a circa 8 –10 milioni le mine ancora disseminate nel terreno e si fatica a trovare nuove vie di sviluppo in un paese che non conosce nessuna forma di stabilità, economica e sociale e dove la sanità è un’ordinaria emergenza. Vauro decide di intraprendere un lungo viaggio on the road all’interno del paese che gli permette di conoscere e di farci conoscere, attraverso immagini uniche e coinvolgenti,uno dei paesi dove, nonostante la guerra sia ormai finita da 15 anni, la grande maggioranza della popolazione è condannata ad una miseria senza speranza, spesso altrettanto letale delle mine.


Emergency ha avviato il suo intervento in Cambogia nel 1997, con la costruzione del Centro Chirurgico di Battambang per le vittime della guerra, affiancato nel tempo da altri cinque posti di primo soccorso e da due unità mobili in grado di spostarsi nel paese.

Nel 2003 quattro di questi centri sono stati trasferiti alle autorità sanitarie cambogiane. Una struttura e’ ancora gestita direttamente da Emergency. Qui nel Centro Chirurgico di Battambang, gli allievi della scuola di fisioterapisti di Phnom Penh ricevono periodicamente una formazione specifica da parte del personale di Emergency. Si è anche stabilito un contatto con l’Università di Phnom Penh per il tirocinio di medici specializzandi in chirurgia, mediante un progetto che vede la permanenza dei futuri chirurghi per sei mesi presso l’ospedale di Emergency. Dal suo arrivo in Cambogia Emergency ha curato gratuitamente oltre 255.000 persone.



Mercoledi 28 Novembre 2007

redazione@varesenews.it


fonte: http://www3.varesenews.it/varese/articolo.php?id=86353

...

Emercency in Cambogia. Con DVD

di Senesi Vauro

ISBN: 8860440831
Titolo: Emercency in Cambogia. Con DVD
Autore: Senesi Vauro
Editore: Fandango
Genere: varia
Data pubblicazione: 30 Nov 06

Prezzo: € 20,00

...

mercoledì 7 novembre 2007

Appello: aiutiamo Tabasco!

Ricevo da Antonio questo post, che pubblico volentieri. Non solo perché mi fido di lui, ma perché, se la memoria non m'inganna, si trova tuttora là: è quindi un testimone attendibile nonché una fonte "di prima mano". E dando diffusione a questa notizia, mi pare di contribuire anche, in qualche modo, a sbacchettare i nostri media - che l'hanno quantomeno sottaciuta.





La regione del sud-est messicano di Tabasco sta vivendo la peggiore catastrofe degli ultimi 50 anni. Sono oltre 500mila le persone affette dalle inondazioni causate dalle forti pioggie.


Uomini, donne, bambini ed anziani di Villahermosa, la capitale dello stato, sono intrappolati nella peggiore inondazione degli ultimi 50 anni. Sette i fiumi straripati, compresi il Grijalva ed il Carrizal i più grandi. I danni alle cose si attestano a circa 50mila milioni di pesos (340 milioni di euro) per l'intera regione. Il 100% delle coltivazioni è andato perso
La tragedia ha dimensioni simili a quella di New Orleans del 2005 ma la percezione della tragedia non è stata la stessa a livello internazionale - in fondo trovate un numero di conto bancario per aiutare anche dall'estero la croce rossa messicana.

Tabasco è una delle regioni pù povere messicane ed è popolata da circa 2,2 milioni di persone. La sua superficie è composta dal 34% da acqua, l'intera regione è ricoperta da fiumi e lagune, però ad oggi l'acqua occupa il 70% del territorio. Centinaia di migliaia di persone sono sfollate, di queste le autorità della città di Veracruz, stato confinante, hanno annunciato che almeno 25mila abitanti di Tabasco hanno dovuto lasciare la loro casa in seguito alle inondazioni dei giorni scorsi. La maggior parte si concentra nella città di Coatzacoalcos. Gli altri sono distribuiti tra le province di Acayucan, Minatitlan, AguaDulce y Cosoleacaque. Il sottosegretario di stato, Salvador Manzur, ha annunciato che sono stati inviati gli aiuti diprima necessità: acqua, cibo e vestiti. Tutto il Messico si è mobilitato per inviare aiuti, molto poco invece a mio parere l'appoggio internazionale alla tragedia. I media italiani non si sono disturbati troppo a diffondere le immagini di questa tragedia. Forse le vite di questi messicani valgono meno di quelle dei cittadini di New Orleans? (a proposito consiglio la lettura di "Villahermosa non è New Orleans")

Per questa grossa ingiustizia ho contattato la Croce Rossa messicana richiedendo gli estremi per effettuare versamenti anche dall'estero. Chiedo gentilmente a chi può di aiutare economicamente Tabasco e la sua gente:


Nome: CRUZ ROJA MEXICANA IAP

N°conto: 0401010115

Succursale: 0683 DF PALMAS

Città: MEXICO DF

Codice SWIFF: BCMRMXMMPYM

Chiave interbancaria: 012180004010101159

Banca: BBVA BANCOMER