Il lungo elenco delle inchieste giudiziarie nei confronti di esponenti politici: da Prodi a D'Alema, da Storace a Fassino. Lo storico Sapelli: "La corruzione è ripartita alla grande, negli anni '90 era meno diffusa"
Roma, 7 agosto 2007 - Inchiesta di Fabio Tamburini per il Sole 24 Ore, ripresa da dagospia.com
Di tutto e di più. L'elenco dei principali esponenti del potere economico e politico coinvolto nelle inchieste avviate dalla magistratura di tutta Italia è lungo e, considerato nel suo complesso, sconcertante. Si parte dal presidente del Consiglio, Romano Prodi, che deve fare i conti con il procedimento avviato dal sostituto procuratore di Catanzaro, Luigi De Magistris, e con gli accertamenti preliminari degli inquirenti di Bolzano impegnati nelle indagini sulle tangenti pagate dalla Siemens in Italia (quando il primo ministro era presidente dell'Iri).
Poi vanno ricordati il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, e il segretario dei Ds, Piero Fassino, protagonisti loro malgrado nell'inchiesta guidata dal sostituto procuratore di Milano, Luigi Orsi, sulla scalata dell'Unipol alla Bnl, nell'estate 2005. Ma anche il centro- destra continua a essere ben rappresentato nella classifica dei procedimenti giudiziari in corso, che coinvolgono, per esempio, l'ex ministro Francesco Storace (di An, poi uscito dal partito), l'entourage del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni per Oil for Food, come il drappello dei parlamentari di Forza Italia che hanno avuto voce in capitolo nelle scalate all'Antonveneta e a Rcs.
Inchieste bipartisan che stanno facendo vittime illustri sul fronte del potere economico. Basta considerare le richieste di rinvio a giudizio dell'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio e, da parte della magistratura di Parma impegnata sul caso Ciappazzi- Parmalat, di Cesare Geronzi, da poche settimane presidente del consiglio di sorveglianza Mediobanca nonché brillante artefice dell'accordo CapitaliaUniCredit. Per quanto riguarda UniCredit, invece, è agli atti il coinvolgimento del vicepresidente, Fabrizio Palenzona.
Non solo. Le inchieste riguardano il crack sui derivati della Banca Italease, il crack Tecnosistemi, le indagini in Campania sull'Impregilo, l'Eni per i sistemi di misurazione del gas, la Popolare di Intra, l'esordio in Borsa della Saras dei Moratti (con banche d'affari come Jp Morgan fortemente coinvolte). Per non parlare dei procedimenti in corso sugli immobiliaristi romani, tra cui spiccano i nomi di Stefano Ricucci e Danilo Coppola.
Alcune, come le indagini su Italease, sono scottanti ed è facile prevedere sviluppi eclatanti. Altre hanno ipotesi di lavoro che suscitano tra gli stessi addetti ai lavori diverse perplessità. Spesso si tratta d'inchieste che s'intrecciano e, anche per questo, possono determinare conseguenze a catena imprevedibili.
Poi vanno considerate le verifiche giudiziarie in pieno svolgimento sulla morte improvvisa dell'avvocato Corso Bovio a Milano, sull'omicidio del finanziere Gianmario Roveraro, sul network dell'ex responsabile della sicurezza Telecom, Giuliano Tavaroli. E l'elenco potrebbe continuare. Finirà tutto in una bolla di sapone? Oppure ci sono le condizioni per un autunno davvero caldo?
E ancora: come si spiega un numero così elevato di inchieste? La risposta di Alberto Crespi, grande vecchio dei penalisti italiani, in passato il legale più ascoltato da Enrico Cuccia, è secca, data con parole taglienti: «È una situazione d'immoralità diffusa in cui il cinismo dilaga insieme alla sete insaziabile di denaro». E il confronto con il passato è impietoso: «Nella vecchia Dc, almeno, c'era chi aveva il senso dello Stato, che adesso è andato a farsi benedire». Le conclusioni sono di Giulio Sapelli, storico ed economista: «Il problema vero è che la corruzione è ripartita alla grande. Tanto che negli anni di Tangentopoli era forse meno diffusa di oggi».
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