"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
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mercoledì 5 gennaio 2011

Sì ai diritti, no ai ricatti: appello di Camilleri, Flores d'Arcais e Hack


Le pretese di Marchionne non riguardano solo i lavoratori della FIAT, e molti ormai l'hanno capito. Per questo motivo pubblichiamo l'appello, con preghiera di firma e diffusione... grazie.

Il diktat di Marchionne, che Cisl e Uil hanno firmato, contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l’accordo, l’impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto. Questo incredibile annientamento di un diritto costituzionale inalienabile non sta provocando l’insurrezione morale che dovrebbe essere ovvia tra tutti i cittadini che si dicono democratici. Eppure si tratta dell’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente.

Per questo ci sembra che la richiesta di sciopero generale, avanzata dalla Fiom, sia sacrosanta e vada appoggiata in ogni modo. L’inaudito attacco della Fiat ai diritti dei lavoratori è un attacco ai diritti di tutti i cittadini, poiché mette a repentaglio il valore fondamentale delle libertà democratiche. Ecco perché riteniamo urgente che la società civile manifesti la sua più concreta e attiva solidarietà alla Fiom e ai lavoratori metalmeccanici: ne va delle libertà di tutti.

Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack

Primi firmatari: don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Luciano Gallino, Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Lorenza Carlassarre, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Marco Revelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Carlotto, Valerio Magrelli, Enzo Mazzi, Valeria Parrella, Sandrone Dazieri, Angelo d'Orsi, Lidia Ravera, Domenico Gallo, Marcello Cini, Alberto Asor Rosa.

(4 gennaio 2011)

Il testo dell'appello è qui mentre potete firmare (e controllare il numero di firmatari) cliccando su FIRMA L'APPELLO in fondo alla pagina linkata. Se avete un blog ripostate il testo, se avete un profilo su qualche aggregatore condividetelo... insomma, passate parola!

giovedì 3 settembre 2009

Videocracy - 4 settembre


Ho deciso di aderire all’iniziativa lanciata da http://fabiopari.blogspot.com/2009/08/videocracy-appello-tutti-i-blogger.html per la diffusione di massa di questo film, di cui la RAI ha rifiutato di trasmettere il trailer.

Trama: Il film racconta dall'interno le conseguenze di un esperimento televisivo che gli italiani subiscono da 30 anni. Riesce ad ottenere accesso esclusivo alle sfere più potenti e rivela una storia significativa, derivata dalla spaventosa realtà della televisione italiana, un Paese in cui il passaggio da showgirl a Ministro per le Pari Opportunità è puramente naturale (tratto da http://trovacinema.repubblica.it/film/videocracy-basta-apparire/378953)


Recensione: Cos’è la "videocrazia"? Secondo Erik Gandini, italiano d’origine e svedese di adozione, è il sistema di potere televisivo di cui l’Italia offre oggi l’esempio più consistente ed emblematico. Videocrazia non è esattamente un film su Berlusconi ma un film sull’Italia berlusconiana di lunga durata: fisiologicamente, sociologicamente e forse persino antropologicamente berlusconiana. L’Italia in cui, come afferma Nanni Moretti ne Il Caimano, «Berlusconi ha già vinto». Un’Italia trentennale, ossessionata dall’esibizionismo sessuale e dalla totale assenza di freni morali - con ogni probabilità anche molto incapace di guardarsi allo specchio – che viene restituita dallo sguardo attento di uno "straniero" sui generis, la cui relativa italianità gli ha consentito una conoscenza sul campo del fenomeno analizzato. Ma il suo film non rincorre l’attualità o lo scandalo. Non insegue la notizia o il gossip. Sviluppa piuttosto una distanza critica singolare rispetto alle circostanze e ai personaggi rappresentati o ai materiali di repertorio selezionati e assemblati: distanza critica fatta di straniamento e profondo sdegno allo stesso tempo (tratto da http://www.mymovies.it/film/2009/videocrazia/)


http://www.youtube.com/watch?v=MLKFgBhCe9w


Purtroppo una ricerca in rete non ha permesso di trovare, al momento (però sono le 3 del mattino del 3, quindi magari in giornata le cose cambiano…), sale in cui sia prevista la proiezione di questo film, né a Pavia né a Milano. Verificherò.

Intanto sia chiara una cosa: non baso il mio giudizio del film sul trailer (a vederlo tutto potrebbe anche non piacermi!) ma semplicemente non condivido l’idea di far passare la censura. Con la scusa di un “pubblico variegato” e della “necessità di soddisfare i gusti di tutti” ci propinano banalità colossali e poi si permettono di non far passare qualcosa solo perché potrebbe non piacere al padrone del vapore? Non mi hanno convinto, non mi convinceranno mai. La loro libertà finisce dove comincia la mia, no? Quindi mi voglio prendere la responsabilità di decidere con la mia testa. Ora e sempre.


http://www.youtube.com/watch?v=Bb6MnbsI34g

giovedì 16 luglio 2009

Caro sindacalista ti scrivo...














Premessa:
questo pezzo è in fase di studio da parecchio… quindi i riferimenti temporali non sono da prendere alla lettera (ieri potrebbe anche essere tre mesi fa!).


Non stupisca che, anziché rivolgermi a quelli che sono i miei “referenti naturali”, indirizzo questa missiva ad un ipotetico sindacalista generico.


Infatti è più pensata per il concetto di sindacato – nell’accezione di tutore, garante ed incrementatore di TUTTI i diritti di TUTTI i lavoratori – che non per un personaggio specifico: nel corso della mia vita lavorativa, infatti, ho potuto verificare sulla mia pelle quanto poi una sigla non sempre corrisponda ad un comportamento consono.


Ho conosciuto sindacalisti CGIL cui avrei volentieri – metaforicamente – tirato un paio di schiaffoni (quelli che nelle ore di sciopero si imboscano a leggere il giornale in aula sindacale, quelli che avrebbero accettato un controllo diretto sulla quantità di telefonate gestite da un singolo operatore per non mettersi in mostra e rischiare ritorsioni, tanto per fare due esempi eclatanti) e sindacalisti UIL più combattivi e preparati… di me, anche se il contendere ero io! E comunque anche il ritrovato spirito combattivo di Epifani non mi fa dimenticare che anche lui era d’accordo sul TFR nei fondi…


Ma non voglio parlare di me, sono un caso specifico (“umano”, dice qualcuno…) ed invece qui mi interessa maggiormente un discorso generale.

Caro sindacalista, dicevo: possibile che TRENTA lavoratori che hanno perso il posto di lavoro (non per colpa tua, intendiamoci: ma per la solita trita e ritrita manfrina del liberismo e del mercato), con alle spalle un “incidente sul lavoro” gravissimo occorso a sette loro colleghi non riescano più a trovare uno straccio di occupazione perché costituitisi parte civile al processo contro la proprietà? Possibile che io, come la maggior parte degli italiani temo, debba venire a saperlo grazie ad un paio di interventi in TV (a Ballarò e ad AnnoZero, guarda caso…) di Oliviero Diliberto - “miracolosamente” riapparso dopo l’oscuramento causato dall’andamento delle ultime elezioni politiche, cioè dopo più di un anno! – mentre tu non hai convocato assemblee, scioperi… nulla? Forse che la cosa riguarda solo un settore dei lavoratori piemontesi, e non in generale tutti i lavoratori perché è la chiara lesione di un loro diritto?


In tempi di “governo amico” non ci si agita troppo, mi pare di aver capito, per non mettere in difficoltà un programma che non ti è palesemente nemico. E infatti, la contingenza è stata abbattuta da Craxi ed Amato… Ma in tempi di governo di destra, che si fa? Si tacciono notizie di una gravità spaventosa perché non si ha la forza di imporre adeguate risposte?


E lo so anch’io che c’è la crisi, lo so direttamente sulla mia pelle. Non ho bisogno di un Angeletti che mi venga a parlare delle difficoltà dei pensionati… solo, mi piacerebbe che qualcuno gli ricordasse, tra l’altro, che “i pensionati” non sono una categoria: anche i dirigenti vanno in pensione… ma che abbiano difficoltà a tirare la fine del mese è duro sostenerlo in modo credibile!


Ma so anche che non è continuando a calare la guardia che i problemi dei lavoratori (ecco appunto: lavoratori. Con tutte le logiche conseguenze…) possono essere risolti. Ultimo esempio, la FIAT. Problema nazionale, certo. Tutte le volte che c’è aria di crisi è un problema nazionale, mentre quando c’è aria di utili è un fatto che interessa solo gli azionisti: già questo a me fa accapponare la pelle. Ma, ovviamente, non sto dicendo che i lavoratori della FIAT e del mondo che ci ruota intorno debbono essere abbandonati a sé stessi, ci mancherebbe! Solo, mi piacerebbe sentire la tua voce, caro sindacalista, pretendere che il governo convochi o telefoni o insomma in qualche modo si metta in contatto con il sig. Marchionne e gli chieda precise garanzie per i lavoratori italiani. Proprio come stanno facendo gli altri. Perché che il governo, questo governo, non abbia intenzione di disturbare il manovratore in corsa è comprensibile - non sono loro i sostenitori del libero mercato? E poi, come “giustamente” ricordato ieri sera da Bombassei, se la produzione rileva un esubero di personale, lo si taglia… magari cercando i posti in cui fa meno male, già… ma chi stabilisce a chi fa meno male? Io ritengo che chiunque, italiano, polacco, cinese o sudamericano, quando è posto in cassa integrazione o, peggio (perché la cassa integrazione, come ricordava ieri Diliberto, è un diritto italiano, fortemente voluto dal PCI e negli altri paesi non c’è!), addirittura licenziato, si senta inutile ed è anche possibile che vada in depressione, soprattutto in un momento come l’attuale, quando Bombassei dice agli operai che lui è disposto ad assumerli… per poi metterli in cassa integrazione come i suoi. Ma il discorso di Bombassei è quello tipico dell’imprenditore e non è certo quello del sindacato. Secondo me il sindacato deve sì cercare di tutelare i posti di lavoro, ma deve anche porsi altri problemi. Ad esempio: Marchionne sostiene che la FIAT per stare a galla (con la Chrysler e forse la Opel) deve produrre un certo numero di autovetture. Bene, ma a nessuno viene in mente di chiedergli chi se le compra, le sue vetture? Non è così automatico che produzione diventi vendita, e se gli operai (ma anche gli impiegati, quanto a quello…) sono cassintegrati o licenziati, come se la comprano la macchina, ok gli incentivi statali, ma mica bastano… e il resto come ce lo finanziamo, chiediamo un prestito alla banca dopo che ci hanno sbandierato alla nausea che stiamo meglio degli altri perché abbiamo fatto meno debiti?


O pensa di andare a vendere in Africa, che il mercato non è saturo? Ma con che soldi gliele pagano, ‘ste macchine? A parte che, a quel che ne so io, gli unici tipi di vetture concepibili colà sono tank e jeep, se va bene… che non sono esattamente a buon mercato.


E poi: se per caso quest’avventura va male, tutti i lavoratori coinvolti (quelli che restano, beninteso!) si trovano a terra. E il signor Marchionne? Cosa prevede il suo contratto come buonuscita? No perché io sono notoriamente “malfidata”, ma qualcuno ha controllato?

No. Il sindacato per come lo vedo io deve pensare alle persone prima che alla produzione. Questo PIL è una fregatura. Un individuo deve lavorare per poter vivere – in condizioni dignitose, direbbe la Costituzione – e non vivere per lavorare. Mai sentito parlare dell’otium dei latini, contrapposto al (vile) negotium? E’ ovvio che gli imprenditori, i “padroni”, non lo tengano in considerazione ed anzi lo aborrano. Perché poi la gente se ha del tempo libero lo usa come le pare, magari pure facendo girare le rotelline e riflettendo su tutte le stramberie che le vengono propinate come verità irrefutabili, e che invece sono refutabilissime… e rigettabilissime. Ma se uno passa tre quarti della sua giornata tra lavoro e tempo per andarci, ecco che di tempo per pensare ne resta poco… il che significa gente molto più malleabile.

Ho detto sopra che ci vogliono precise garanzie per i lavoratori italiani, ma sia chiaro: con questo non intendo dire che se gli esuberi saranno lavoratori esteri va tutto bene. Dobbiamo pensare “in grande”. Vogliono il mercato libero, vogliono la globalizzazione? Allora globalizziamo anche i diritti. In primis, il diritto alla vita dignitosa. Per tutti.


E già sento le proteste: mancano i soldi… ma andassero a cercarli tra gli evasori, una buona volta! Gira voce tra gli imprenditori (ma nessuno lo confermerà apertamente) che gli ordini ci sono, solo che… aspettano settembre e intanto sfruttano la cassa integrazione – quelli che possono ovviamente, gli altri tagliano e via.

E devolvessero i soldi derivanti da trattenute obsolete e fantasiose sulla busta paga, tipo quello per gli orfani della guerra di Etiopia o per le case popolari (almeno le costruissero!) e tanti altri balzelli che invece spariscono nelle tasche di qualcuno che non se li suda proprio.


Ma, al di là della FIAT e del mondo che le ruota intorno, c’è anche altro. Ci sono lavoratori di ditte che producono altro e che però dovrebbero essere tutelati nello stesso modo.

Nel frattempo sono arrivate anche le rassicurazioni del signor Marchionne… Allora, non è che voglio menar gramo o essere pessimista a tutti i costi. E’ solo che la prima volta che sono stata rassicurata, erano già in fase di studio avanzato le “esternalizzazioni”, la seconda volta gli incentivi alle dimissioni, mentre la terza… be’, alla terza hanno chiuso la filiale in Italia con conseguente licenziamento dei lavoratori. Certo, eravamo in pochi e si trattava di multinazionali… ma, come diceva mia suocera: “quando il diavolo ti accarezza vuole l’anima”. Scusa se non riesco ad essere ottimista!


Intanto mi giunge notizia che “L’iter parlamentare per l’approvazione dell’insediamento, a Cameri

(NO), della fabbrica della morte per l’assemblaggio degli F-35 è ormai definito. A partire dal 2010 inizierà la costruzione del capannone da cui usciranno delle macchine che verranno consegnate a diversi stati che li utilizzeranno per bombardare ed uccidere. Tale impresa industriale-militare viene condotta, con ampio dispendio di denaro pubblico, dalla multinazionale statunitense Lockheed Martin in associazione all'italiana Alenia Aeronautica (del gruppo Finmeccanica) e coinvolgerà una serie numerosa di fabbriche di armi e di morte collocate qua e là sul nostro territorio. Insomma, il riarmo come via d’uscita dalla crisi economica, come con la Grande Crisi degli anni ‘30 e con la Grande Depressione di fine ‘800. Peccato che in entrambi i casi questa strada abbia condotto a guerre mondiali. Di certo, l’impiego dei nuovi bombardieri nelle missioni “di pace” produrrà distruzione, morte e sofferenza. Di sicuro gli F-35 sono i perfetti strumenti operativi di una sorta di gendarmeria mondiale in via di perfezionamento: una volta costruiti non faranno certo la ruggine in qualche hangar italiano o olandese, bensì saranno presto adoperati per uccidere e distruggere in svariate guerre, sia attuali sia future. Gli F-35 ci costeranno un sacco di soldi: circa 600 milioni di euro per costruire e attivare la fabbrica di Cameri, circa 13 miliardi di euro (a rate, fino al 2026) per l'acquisto dei 131 aerei che l'Italia vuole possedere. Del resto è stato già speso o impegnato quasi un miliardo di euro. E ciò risulta ancor più impressionante se si considera la grave crisi economica in corso. Nessuno può ignorare che, con una spesa di questa entità, si potrebbero senza alcun dubbio creare ben più dei miseri 600 posti di lavoro promessi all'interno dello stabilimento di Cameri. Si potrebbe altresì intervenire in vario modo per migliorare le condizioni di vita di tutti: per esempio ampliando e migliorando la qualità della spesa sociale, tutelando davvero territori e città (basti pensare agli effetti del terremoto abruzzese), investendo in fonti energetiche rinnovabili e ridistribuendo reddito.


E poi vogliono costruire gli F-35 proprio ai confini del parco naturale del Ticino, che dovrebbe quindi sopportare l'impatto dei collaudi di centinaia e centinaia di aerei rumorosissimi e certamente inquinanti, con le relative gravi conseguenze per la salute e la qualità della vita degli abitanti della zona, mentre si potrebbe riconvertire il sito militare ad uso civile. In definitiva, siamo contro gli F-35 perché ci ostiniamo a pensare che sia possibile vivere in un altro modo: senza aggredire gli altri popoli, senza militarizzare il territorio ed i rapporti sociali, operando perché cessi davvero la terribile guerra permanente che l'occidente dei ricchi conduce contro i poveri del nord e del sud del mondo…”

(questa è la fonte: http://www.nof35.org/)

Possiamo in coscienza dirci soddisfatti? No, io credo. Perché la difesa dei posti di lavoro (o l’aumento della quantità degli stessi) secondo me non può prescindere da considerazioni etiche. Sarebbe come dire che va benissimo produrre le mine antiuomo perché altrimenti qualcuno resta a casa. Certo, l’obiettivo non è quello di mettere in difficoltà qualche (tanti o pochi che siano) lavoratore. Ma non si può non avere una visione generale del mondo e soprattutto non pensare al destino dello stesso – e dei nostri figli.


Adesso non pensare che io sia la “garantita”, la giuslavorista che dall’alto del suo sicuro posto di lavoro spara a zero sugli altri. Tutt’altro. Dopo l’ultimo licenziamento ci ho messo otto mesi a trovare un’altra occupazione, e ancora non si parlava di crisi così violenta: era il 2004. Mi sono sentita dire che ero troppo cara, troppo esperta, troppo vecchia… ma troppo giovane per andare in pensione. Il posto che occupo attualmente (parola grossa, visto che sono quattro mesi che non mi faccio vedere: operata all’anca, sono in malattia con problemi vari di ripresa) è in una ditta artigianale che tratta materie plastiche: un altro campo che secondo me è da ridurre drasticamente. Il che dimostra che parlo anche contro il mio interesse specifico, ma d’altronde ritengo che o ci mettiamo a guardare il mondo con una prospettiva “globalizzata”, o ci rinchiudiamo nei nostri microcosmi egoistici. E per questo mi basta la Lega…


Non sottovaluto il problema della riconversione di una linea di automobili ad una di trattori o, chessò, di pannelli solari: ma se continuassimo a produrre auto mentre organizziamo diversamente le lavorazioni? Senza porci il problema delle 10.000 o più, che tanto chisselecompra…


Certo questo momento non è particolarmente favorevole ai lavoratori… ma – a parte che il dibattito sulla necessità che il sindacato sia non solo unito ma conflittuale e non concertativo sindacale è partito da parecchio (giova ricordare questo appello: http://www.fdca.it/sindacale/appello.htm del 2001, tanto per metter giù una data) - proprio per questo non possiamo più aspettare.


Noi lavoratori, quantomeno. I burocrati nei sindacati magari sì, ma rappresentano solo loro stessi, non noi. Loro parlano per settori di interesse (il loro, quello che porta più consensi, dimenticando che un lavoratore è tale qualsiasi sia il suo ruolo o la sua età): si preoccupano dei giovani (e va benissimo) cui hanno scippato un futuro, ma quanti di loro fanno attenzione a quelli che hanno più di 40 anni, che vengono cassintegrati o, peggio, licenziati e non hanno alcuna prospettiva di trovare un’occupazione alternativa che almeno li accompagni all’età pensionabile? Hanno mai fatto un censimento della precarietà sopra i 40 anni? Come pensano di agire per questi lavoratori? E ormai non possono più, come un loro “illustre” predecessore fece, ritenere che si tratti di “casi umani”: siamo troppi. Basta leggere questo post ed i relativi commenti: http://solleviamoci.wordpress.com/2009/02/25/levante-disoccupato-e-disperato-%C2%ABvendo-un-rene%C2%BB/#comment-11074, oppure quest’altro: http://solleviamoci.wordpress.com/2008/03/05/%C2%ABnon-trovo-lavoro%C2%BB-disoccupato-si-impicca/#comment-11157


Che la crisi colpisca ogni fascia d’età, del resto, lo dice anche questo articolo:

http://giuseppe-m-b.wordpress.com/2009/03/04/umiliati-e-arrabbiati/


A questo punto, se ti senti indignato e/o ferito nel profondo, può voler dire due cose: o sei uno di quei burocrati sindacalisti (e allora fai bene a sentirti parte in causa: è proprio con te che ce l’ho), oppure pensi – erroneamente – che il mio sia un discorso qualunquista. Non lo è: non intendo negare che esistono sindacalisti (normalmente sono la base) che lottano per i diritti di tutti, ci mancherebbe. Ne conosco… e normalmente sono incupiti quanto me. Perché poi i lavoratori si rivolgono al sindacato solo quando ne hanno bisogno, non si iscrivono a prescindere. Vero: ma secondo te è logico attendersi che credano in qualcuno che a forza di concertare ha contribuito a metterli in ginocchio? C’hanno messo del loro, vero anche questo. Ma adesso per recuperarli non si può fare altro che dare un esempio, un buon esempio. E non è che ce ne siano in giro tanti… prendiamo il discorso-salario: possiamo partire da questo articolo: http://laclasseoperaia.blogspot.com/2009/05/elogio-della-scala-mobile.html e confrontarlo con quest’altro: http://it.peacereporter.net/articolo/15522/Gli+armamenti%2C+l%27Eldorado+anche+durante+la+crisi


Il primo sostiene che bisogna reintrodurre la scala mobile (ribadisco: tolta da un paio di governi amici… pensa se erano nemici!), mentre il secondo afferma che “Finmeccanica è in controtendenza rispetto alla recessione italiana: guadagna, cresce e gli azionisti si spartiscono i dividendi… E l'occupazione? Da una lettura di questa voce nella relazione trimestrale notiamo come le aziende abbiano un risicato segno di incremento se non di diminuzione degli occupati; ciò è a riprova del fatto che gli investimenti militari portano una leggera crescita di addetti, che sarebbe ben maggiore rispetto a pari investimenti nella direzione del civile.


Lungi da me l’idea di proporre gabbie salariali, che – per quanto sia innegabile che un caffè non abbia lo stesso prezzo in tutta la penisola… chissà mai perché – i padroni sfrutterebbero a loro vantaggio (ed il sindacato, scusa se te lo dico, non ha la forza per opporsi), è però anche vero che una bistecca a Milano costa uguale sia per un lavoratore del commercio che per uno dell’industria o dell’artigianato. Anche per un precario o un possessore forzato di partita IVA! E invece il sindacato parla di “potere contrattuale” che determina gli aumenti di stipendi. Be’, a prescindere dal fatto che di potere mi sembra ne abbiamo pochino – e non da oggi – direi che compito del sindacato, quello che io vorrei, è anche garantire il rispetto di quelle norme della Costituzione (ma diciamo anche solo del primo paragrafo dell’articolo 36: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.”)


Ultimo punto, ma non certo per importanza, il tema della sicurezza sul lavoro. Gli ultimi dati dicono che siamo – finalmente! – in controtendenza, che le morti sul lavoro sono diminuite. Già: peccato che stiamo parlando sempre di più di tre morti al giorno, e che nel frattempo crescano gli infortuni… “merito” anche dei lavoratori stranieri, quelli meno tutelati ancora. Quelli che sono ancora più carne da macello…


Scusami: lo so che non ti ho detto nulla di nuovo. Lo so che sono una sognatrice e sembro vivere nell’utopia… ma dato che nemmeno un governo amico è in grado di (o vuole) fare leggi a favore dei lavoratori (se non fanno parte dei suoi personali serbatoi di voti, beninteso), che ne dici se ce le facciamo noi?



E già che ci siamo, ricordo che c’è in rete una petizione popolare contro la crisi:

http://home.rifondazione.it/xisttest/component/option,com_wrapper/Itemid,491/



martedì 14 luglio 2009

Oggi SCIOPERO













Aderisco all'appello di
Diritto alla Rete contro il DDL Alfano che imbavaglia la rete Internet italiana.























... ma non temete: da domani...




martedì 2 giugno 2009

La denuncia penale e Mariastella Gelmini - il clima si fa sempre più pesante

Leggo su facebook e riporto, con preghiera di massima diffusione. Ovviamente i dati tecnici della manifestazione verranno inseriti non appena ne verrò a conoscenza. Grazie a tutti gli amici bloggers che si attiveranno per dare risalto al caso (che non è poi così “caso”, e nemmeno unico):














Buongiorno a tutt*,

vi scrivo per due motivi. Il primo è sicuramente più importante del secondo.

Ieri pomeriggio mi è stato comunicato che la Questura di Lecco mi ha denunciato per violazione degli articoli 650 e 654 del Codice Penale. Art. 650: Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità. Il 654: Grida e manifestazioni sediziose. Il tutto per essermi permesso di contestare il Ministro La Russa il pomeriggio del 22 maggio. Il massimo della pena prevista è di un anno e tre mesi.

Il paradosso è che l'unico ad aver subito un torto sono stato io: il Vice Questore infatti mi ha riservato particolari attenzioni come strattonarmi, tapparmi la bocca, minacciarmi, insultarmi e via discorrendo.

Questa denuncia non è che l'ennesimo episodio del progressivo inasprimento del trattamento nei confronti di ogni forma di dissenso nel nostro territorio. Il cittadino non suddito ogni giorno di più infastidisce i prevaricatori e i loro sgherri.
Quindi: repressione indiscriminata. E non è la prima volta che accade.
A detta di fonti interne alla Questura avrei altre tre denunce penali maturate a Milano. A breve arriveranno anche quelle.

Con alcuni amici si sta pensando di organizzare una manifestazione cittadina improntata non tanto al mio caso personale - gravissimo - quanto invece al fine di prendere una posizione netta di contrasto (aspro ma pacifico) verso questa cultura della paura e dell'intimidazione continua.

Spero che in breve possa comunicarvi la data e i tempi organizzativi. Sarebbe bello se si riuscisse a spargere la voce il più possibile.


In Italia, a Lecco e ovunque sopravvenga qualche potentucolo di peso, ogni forma di contestazione o dissenso è ritenuta fuori luogo e quindi da punire, perseguire, denunciare e possibilmente nascondere.


Sono accettate solo folle inginocchiate e mani spellate per gli applausi. Tipo il salottino di Bruno Vespa.

A questi link troverete alcuni riassunti delle "puntate precedenti" per comprendere meglio l'affaire La Russa.

http://www.quileccolibera.net/?p=652
http://www.quileccolibera.net/?p=658
http://www.quileccolibera.net/?p=661
http://www.quileccolibera.net/?p=664

Secondo punto: abbiamo incrociato Mariastella Gelmini. La furbetta del bresciano.
Qui il resoconto filmato dello spiacevole incontro: http://www.youtube.com/watch?v=8E6QrpYuBhc

A presto,
Duccio





















La libertà non è star sopra un albero...

mercoledì 27 maggio 2009

IN DIFESA DELLA DEMOCRAZIA, IN DIFESA DELLA COSTITUZIONE


Sono giornate molto pesanti, in cui le parole gravano come macigni, e se l’argomento di queste parole sono la Democrazia, il Diritto, la Giustizia, il rischio è che questi macigni si trasformino in frane, di quelle che travolgono interi paesi cancellandone la storia, cancellandone la civiltà, rinnegandone l’etica.
Mancano due settimane alle elezioni europee, nel nostro Paese questo appuntamento, a causa delle parole-macigno del capo del governo, rischia di assumere caratteristiche che vanno ben al di là del risultato puramente elettorale.
Una cosa soprattutto assume un importante valore politico: la coesione che travalica le sigle, di un fronte di difesa democratico della Costituzione e delle Istituzioni .
Attualmente sono cinque i soggetti politici che partecipando alla competizione europea possono rappresentare questo fronte: i due cartelli elettorali di sinistra, il PD, IDV-Di Pietro e UDC.
Dei cinque partiti o movimenti il PD è l’unico che, ad oggi, sostiene la campagna dei referendum di riforma della legge elettorale. Nell’eventualità che il referendum passi ci ritroveremmo con un sistema che prevederà premio di maggioranza al partito di maggioranza relativa (non alla coalizione) e innalzamento della soglia minima di sbarramento. Risultano evidenti due cose: che una minoranza del paese, ma in possesso di una maggioranza relativa, avrebbe uno strapotere e una consistente porzione di elettori non avrebbero rappresentanza parlamentare.
In questi giorni è davanti gli occhi di tutti l’inaudito attacco alle istituzioni da parte del capo del Governo. Credo che proseguire sulla strada del referendum sarebbe come iniettare cellule malate in un corpo che già sano non è.
Il PD deve uscire dall’equivoco e riconoscere che il tema del referendum è di fatto superato da una evidente emergenza democratica e che sarebbe un suicidio della democrazia anche solo ipotizzare leggi che diano maggiori poteri agli organismi di governo.
La democrazia è un sistema di governo con evidenti imperfezioni, ma anche con importanti anticorpi che normalmente impediscono la degenerazione. Il nostro compito è quello di far sì che non calino le difese immunitarie insite nella nostra Costituzione.
Una rinuncia da parte del PD ad appoggiare e sostenere il referendum potrebbe inoltre raccogliere il consenso di molti compagni che non riconoscendosi nell’area dei due cartelli elettorali di sinistra, si troverebbero nell’imbarazzo di un voto all’Italia dei Valori, che pur essendo un partito di sicura opposizione a Berlusconi, non rappresenta la cultura di sinistra, o di una astensione, in quanto non si sentirebbero sufficientemente tutelati proprio in funzione del referendum liberticida.

Blog promotori:
A sinistra - loris
ilrusso
mente persa
L’eco dell’Appennino - pierprandi
Vengo da lontano ma so dove andare - Gap

PS. Chi condivide questa richiesta copi e incolli sul proprio blog il post senza aggiungere o togliere nulla possibilmente segnalando l’adesione a uno dei cinque blog promotori o alla seguente mail indemocrazia@yahoo.it

venerdì 22 maggio 2009

Emigrazione: una "lettera" provocatoria






Ho trovato questa "lettera" nel blog dell’amico il Russo e gliela scippo, sperando che possa servire a far riflettere chi oggi pensa che sia giusto rimandare nelle loro terre devastate da fame e guerre – e impoverite da noi “primo mondo” – quei poveri esseri umani che cercano solo la possibilità di vivere in modo libero e dignitoso, come del resto la nostra Costituzione sancisce:

"Cari lombardi ed emiliani, bianchi cristiani ed ariani, forse è meglio parlarvi con chiarezza prima che accada l’irreparabile. Noi siamo cinque miliardi. Yoruba e pashtun, azeri e moldavi, tamoul e roma, banghal e dogon guarani e alawit. Insomma negri, ma tanti. E non smettiamo di crescere di numero mentre voi lombardi ed emiliani bianchi cristiani ed ariani tendete verso l’estinzione, quanto a numero forza e intelligenza.
Abbiamo sentito il viso pallido che avete scelto come dittatore, dichiarare che l’Italia non è un paese multietnico. La stirpe italiana di pura razza ariana non deve contaminarsi? Spiace dovervelo dire, ma le vostre nonne e bisnonne hanno già concepito milioni di figli con saraceni libanesi e turchi. Ma non è questo il punto. In realtà quello che vi spaventa è l’idea di spartire la ricchezza che avete accumulato nei vostri forzieri e nei vostri frigoriferi con noi, che siamo cinque miliardi e abbiamo fame.
Negli ultimi cinquecento anni avete invaso le nostre terre, sequestrato i nostri figli per farli lavorare come schiavi nei campi di cotone o nelle fabbriche, avete bruciato le nostre capanne e violentato le nostre donne. Ci avete sfruttati rapinati e uccisi e sulla nostra miseria e morte avete costruito la vostra civiltà. Ma non vogliamo rinvangare il passato. Facciamo finta di niente. Parliamo di adesso.
Adesso le frontiere sono aperte per i vostri capitali, che vengono nei nostri paesi a farci lavorare duro per salari di fame, e in cambio a noi non resta niente perché il profitto va nelle vostre banche. Noi avevamo capito che le frontiere fossero aperte anche per gli esseri umani, invece ci arrestate appena arriviamo nella vostra terra, ci chiudete in campi di concentramento, addirittura ci respingete in mare, senza rispettare neppure le vostre leggi, e ci mandate a morire in qualche campo di sterminio.
Allora abbiamo deciso di scrivervi questa lettera.
Ci sono due possibilità a questo punto.
La prima è che facciamo uno sforzo di comprensione reciproca. Noi siamo disposti a venire nei vostri paesi per lavorare con le nostre braccia giovani dato che voi non siete più in grado neppure di reggervi in piedi. Siamo disposti a occuparci dei vostri vecchi che perdono la memoria e il senno in numero crescente. Siamo disposti a collaborare per rendere la convivenza più civile, siamo disposti a scambiarci esperienze e conoscenze, a imparare la vostra lingua se ci permettete di frequentare le vostre scuole, siamo disposti a rispettare le vostre regole se tengono conto del fatto che ci siamo noi, e che abbiamo gli stessi diritti che avete voi.
Ma se non riuscite a capirlo rapidamente, se insistete nel volerci sfruttare senza darci in cambio neppure un letto, un permesso di soggiorno, il diritto alla scuola e alle cure mediche, se continuate a comportarvi come dei nazisti, che è esattamente quel che sta facendo il vostro presidente del consiglio e quella banda di razzisti analfabeti che vanno in giro con le camicie verdi, se continuate a diffondere odio razzista ed ammazzare i nostri fratelli, allora le cose andranno a finire molto male. Finora siamo stati pazienti perché sappiamo che gli italiani sono poveracci che fino a qualche anno fa emigravano come noi, ma da qualche tempo vi siete montati la testa e credono tutti di essere diventati divi della TV, mentre non siete che foruncolosi miserabili coglioni terrorizzati perché sapete bene di essere solo i più poveri tra i ricchi, o forse i più ricchi tra noi poveri.
Se volete la guerra l’avrete, ma sappiate che noi siamo abituati a soffrire, a vivere in condizioni difficili, a tollerare il caldo e il freddo, a sopportare cose che nessuno di voi sa neppure immaginare. Se volete la guerra molti di noi moriranno, ma molti di noi stanno già morendo adesso. Voi non siete abituati a quello che potrà capitarvi, e non ci soffermiamo sui particolari.
Ritirate le vostre leggi razziste, aprite le vostre frontiere a chi è costretto a fuggire dai territori che il colonialismo ha devastato. Concedete agli stranieri che lavorano un permesso di soggiorno. E fate presto perché il vostro tempo sta per scadere.."
Sotto questo testo, che mi ha fatto un po’ paura, ci sono cinque miliardi di firme.
Non sto a trascriverle perché il tempo stringe.
































Che differenza c'è?