"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
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mercoledì 16 marzo 2011

17 marzo 2011: viva l'Italia?


Ebbene sì, lo ammetto: sono un po' frastornata. Sarà perché non mi sono mai considerata nazionalista (sostengo di essere cittadina del mondo) o perché mi son sempre rifiutata di sentirmi italiana in occasione dei mondiali di calcio... sarà perché la storia che mi hanno raccontato comincia a mostrare la corda (ce ne ho messo ad arrivarci, lo so, ma dacché son nata e cresciuta al nord, in una famiglia tipicamente lombarda e quindi senza contraddittorio fino a pochissimo tempo fa... già: strano, a pensarci ora, ma nessuno dei meridionali che ho incontrato finora mi ha mai raccontato una storia diversa da quella tradizionale dei libri scolastici... l'unica voce fuori dal coro è stata il film "Bronte: cronaca di un massacro" che era un po' un must dei cineforum, ai miei tempi).

Sarà che mi ci riconosco molto poco, in questa Italia attuale, così egoista e chiassosa e bigotta, sarà che sento tanti italiani dire che non c'è nulla da festeggiare, anzi... sarà che sono troppo affezionata all'immagine di Garibaldi eroe, magari pure incompreso ed incompiuto ma sempre eroe... insomma, ho i miei bravi dubbi a calarmi nella parte della patriota.

Eppure... in fondo lo sono. Non di quel patriottismo che difende i confini o la razza, intendiamoci: di quelli faccio volentieri a meno. Di quello invece che pensa che uniti si possano risolvere i problemi, di quello solidale e attivo che vede mobilitarsi insieme tutte o quasi le teste migliori del paese, come in caso di calamità grosse, che da noi non mancano mai. E non sulla base di un generico "volemose bene" o "chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato", ché io penso che i debiti vadano saldati. Ma perché mi pare che siamo già abbastanza divisi e frazionati e questo fa solo il gioco dei potenti che cavalcano i vari malcontenti per farsi impuniti i fatti propri.

E lo so anche io che questa Italia è l'Italia dei furbetti, dei raccomandati, dei lacché e delle cortigiane... ma è anche l'Italia dei Rubbia e dei Baracca, dei Borsellino e della Hack, di De Magistris e della Boccassino... giusto per citare solo alcuni nomi. So anche che è l'Italia in cui poliziotti e carabinieri, invece di difendere i cittadini, li massacrano e si mettono al servizio dei potenti che li affamano, so che le nostre carceri così come i nostri luoghi di lavoro sono posti insicuri e per precise responsabilità e volontà, so che gli extracomunitari vengono giudicati in quanto tali, so che il parlamento è ridotto come il Tempio che Gesù distrusse, dove invece di pensare al bene di tutti si pensa solo ai fatti propri... le so queste cose, ma so pure che accanto a questi obbrobri ci sono tante persone per bene, persone che fanno il loro dovere senza nemmeno il giusto riconoscimento verbale (ché di soldi proprio non si parla...) ed è per tutti costoro, per i giovani che credono nei loro diritti di una scuola che li prepari e li formi, per i cittadini che chiedono una cultura al servizio di tutti, un'informazione reale e non imbavagliata o pilotata, una sanità che funzioni e un lavoro sicuro in tutti i suoi aspetti, è per tutti quelli che non vogliono piegare la testa che oggi il tricolore sventolerà anche dalla mia finestra.

ORA E' SEMPRE RESISTENZA.

sabato 12 febbraio 2011

Se non ora, quando?


Già, quando? Magari trent'anni fa... ed era già tardi. Avremmo dovuto approfittare di quel momento storico particolarissimo e glorioso che fu la Resistenza, dove le donne diedero in prima persona il loro contributo e non si limitarono a ruoli secondari o "femminili"... e invece... invece ci siamo lasciate rimettere le catene.

Però... siccome notoriamente sono una "pensatrice libera" e di adeguarmi al sentire comune, se non è il mio, manco ci penso, ecco che - puntuale come l'influenza - dico la mia. Il che ovviamente non significa che non aderisco... ma puntualizzo.

Per cominciare, le donne non sono una classe: non sono come gli operai che, per quanto variegati e sostenitori delle più disparate ideologie, se non altro sai che da alcuni punti di vista sono uguali (ad esempio i bassi stipendi e il lavoro ripetitivo, monotono ed alienante). No, sostenere l'"essere uguali" di individui come la Marcegaglia o la Santanché con la Hack o le mie amiche Silvana o Martina o Manuela o persino me stessa è un assurdo che non meriterebbe neppure approfondimenti, non fosse che Martina e Silvana e Manuela (e tutte le altre che non nomino ma che ho ben presenti, tutte proprio tutte!) non "hanno fatto carriera" per vie traverse, si sudano il loro stipendio (o se lo son sudate finché non le hanno gentilmente messe alla porta) e si impegnano in quel che fanno, sapendo che i loro sforzi devono essere almeno doppi rispetto a quelli dei loro colleghi maschi. Perlomeno in campo lavorativo, perché nell'impegno sociopolitico a volte va meglio. A volte, non sempre: esistevano ai miei tempi di gioventù gli "angeli del ciclostile" come esistono ora le quote rosa... peraltro nemmeno rispettate. Sul lavoro invece... lì sì che ci sono soddisfazioni... per quelle che scelgono la via facile. Il tono ovviamente è ironico.

Ma non vi sembra un po' limitativo e fuorviante scegliere adesso come momento per accorgersi che l'Italia non è uno stato civile? Solo perché un povero vecchietto malato di protagonismo, terrorizzato dall'idea di tornare al nulla cui appartiene (e magari anche di saldare qualche debito, non con la giustizia di cui se ne frega allegramente, ma con qualcuno di ben più temibile: la mafia) e con la passione della carne giovane riunisce in sé il peggio del peggio dei difetti di un popolo (sì perché, fuori dai denti: il problema dell'Italia non è solo Berlusconi, ma tutto ciò che costui incarna, leghisti compresi), allora ci si scatena contro di lui, come se bastasse esorcizzarne la presenza per risolvere tutto... ma quello che abbiamo dentro, i nostri difetti e le nostre debolezze, se la ridono di un esorcismo. Il lavoro da fare è molto più ampio e profondo. E comporta anche una bella dose di autocritica, oltre che critica (in quella siamo tutti bravissimi).

Già: Berlusconi non è che la punta dell'iceberg, non è che il palesarsi di quello che da anni (decenni!) bolle in pentola. Non è che è arrivato lui e sono iniziate le copertine osé di Panorama ed altri giornali "seri", non è che prima di lui nessun capufficio abbia mai allungato le mani su una sua sottoposta con l'allettante promessa di farle fare carriera. Non è che non ci sia mai stata alcuna violenza sulle donne, tanto per dire le cose come stanno. Solo che adesso, a quanto pare, "abbiamo superato la soglia della decenza". Mi pare un po' ipocrita come discorso... la decenza non c'era manco prima. Solo che facevamo finta di non vederlo. Oddio: a voler essere oneste, qualcuna non faceva finta di nulla e si opponeva... pagava un prezzo piuttosto alto, ma almeno alla mattina si guardava allo specchio senza doversi sputare addosso. Ci ha pensato poi la vita, con la collaborazione dell'ennesima crisi economica del mondo capitalista, a ricacciare le donne ancora più indietro nella scala gerarchica della società.

E qui viene l'altro aspetto importante, secondo me: uno stato è civile o non lo è. Non è possibile che lo sia "un po'". Anche se per ipotesi le donne in Italia avessero il rispetto che meritano (a parte il fatto che le cose bisogna guadagnarsele, nessuno ti regala alcunché...), il modo arrogante in cui trattiamo i "clandestini", certe sparate leghiste e il trattamento che le forze dell'ordine troppo spesso riservano ai cittadini - che sono poi coloro che pagano i loro stipendi - basterebbero a far concludere che l'Italia non è un paese civile.

Quindi, come stupirsi? Come indignarsi? Sono mesi, anni ormai che dovremmo essere indignati. Tutti, non solo le donne. Perché che a fronte di prestazioni particolari una fanciulla faccia carriera è la norma, si chiama nepotismo e vale anche al maschile (se non erro il termine fu coniato per definire il favoritismo di certi papi nei confronti di personaggi che, data la regola della castità, a rigore non avrebbero potuto essere loro figli... ipocrisia allo stato puro).

E comunque... Berlusconi non è stato sparato in Italia da qualche malefico extraterrestre, è nato in Italia in una famiglia italiana, è cresciuto nella società italiana e li si è sviluppato... come un cancro. Ma questo cancro è il risultato di un'educazione familiare, scolastica e sociale ben precisa, che opera da prima che nascesse lui ed è assolutamente funzionale al sistema. Poi ovviamente lui ci ha messo del suo... e anche tanto. Indubbiamente. Ma non voglio qui ripercorrere la strada che Travaglio ed altri (pochi, ovviamente) giornalisti ci hanno illustrato. Mi basta dire che i maschietti attuali sono figli delle donne... e se non sono come noi, vediamo di prenderci qualche responsabilità.

Se le nostre figlie pensano che piuttosto che impegnarsi a sviluppare il cervello e le loro specifiche capacità (perché tanto la meritocrazia passa dal letto), interroghiamoci sui modelli che abbiamo dato loro, sugli esempi che siamo state, sulle silenziose sconfitte quotidiane... e lo so che è dura, lo so eccome. Si paga, e sulla propria pelle. Non si fa carriera, ci si vede superate da imbranati maschi o da facili colleghe, gli aumenti di stipendio non arrivano e in caso di crisi si è le prime ad essere lasciate a casa... ma il rispetto di sé parte da lì. O si è capaci di opporsi, oppure è inutile lamentarsi... i Partigiani sapevano che andando in montagna rischiavano la pelle, ma l'hanno fatto ugualmente. Chi si oppone alla mafia sa che nella maggior parte dei casi ha iniziato un conto alla rovescia con la morte. Chi vuole cambiare il mondo sa che non basta dirlo... e che il nemico non si farà da parte solo perché tu hai deciso che la società non va bene. Non ti dice "prego, fammi vedere secondo te come dovrebbe essere", ti ci si oppone con tutte le sue forze. E i maschilisti fanno altrettanto. Non so cos'abbia di tanto interessante e affascinante il potere, proprio non lo capisco... ma a quanto pare la maggior parte della gente che ne viene a contatto ne resta segnato.

Nessuno ti regala quello che vuoi, e solo uniti gli sfruttati possono sperare di capovolgere il mondo. Non è che se la donna in carriera con prestazioni fuori orario decide che domani viene in piazza perché esige rispetto io mi sento meglio... continuiamo a non avere niente in comune. Non sono loro le mie alleate, non è una X cromosomica che avvicina il nostro modo di vedere la vita ed i nostri valori.

Conclusione: domani ci vado anche io, in piazza. Non so ancora dove, ma la mia sciarpettina bianca non mancherà... anche se non capisco perché se porto la bandiera del mio partito questo possa inficiare in qualche modo la riuscita della manifestazione. Io sono una persona intera, da prendere come "blocco unico", non sono usa essere una volta donna, una volta elettrice, una volta mamma e un'altra lavoratrice. Se sono anarchica, lo sono anche quando espongo i miei valori a mia figlia o lavoro. Sbaglio?

Qui trovate sia il testo dell'appello che l'elenco delle città in cui si svolgeranno manifestazioni.

sabato 29 gennaio 2011

La memoria non basta.

«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.»

Così recita Wikipedia. E così, dal 2000 (strano che ci siano voluti 55 anni per arrivarci... o forse non è strano per nulla), tutti gli anni ricordiamo la bestialità nazista. Che poi, bestialità: mai visti animali comportarsi così. Loro uccidono per mangiare, non per divertimento, esperimento o per idee e "questioni di razza". Non ho ascoltato alcun discorso, non ho partecipato a commemorazioni "tradizionali"... ho solo meditato in proprio e assistito alla presentazione di un libro, che di questi tempi revisionisti è decisamente fuori dal coro.

Limitiamoci all'Europa, teatro di quegli orrori: se allarghiamo lo sguardo a tutto il mondo lo spettacolo è ancora più sconfortante: per tutti, cito soltanto quello che i democratici USA hanno fatto e continuano a fare a Cuba (dalle bombe alle epidemie provocate al'incarcerazione delle "spie", come i famosi cinque) e quello che gli israeliani fanno in Palestina.

Proprio loro, gli israeliani, epigoni delle vittime principali della follia nazista... non hanno imparato niente.


E noi? Neanche, mi pare.
Non solo una buona fetta di italiani (parlo di quelli che c'erano) tende a minimizzare il tutto e cerca di far passare l'idea che in fondo in Italia non è successo nulla di grave, razzialmente parlando, e che da noi i campi di concentramento non c'erano (con buona pace dei pochi documenti ufficiali dell'epoca miracolosamente scampati alla distruzione - non necessariamente fatta dai fascisti - che parlano espressamente di "campi di concentramento" per dissidenti e indesiderati vari), ma anche gli altri, quelli più giovani e che hanno la responsabilità dell'educazione dei giovani, spesso e volentieri abdicano al loro compito in nome di un "volemose bene" revisionista che non fa bene a nessuno. Perché chi non capisce la storia è destinato a ripeterla.

Dunque: "noi italiani buoni" avevamo le nostre brave leggi razziste, che se la prendevano con gli ebrei e con gli zingari (a proposito di zingari, leggete questo articolo, è un po' lungo ma ne vale la pena). Non solo: abbiamo anche internato gli italiani di etnia slovena, quelli residenti a Gorizia e nei territori conquistati alla Jugoslavia dopo la prima guerra mondiale. Per "favorire il processo di italianizzazione". Perché poi non è che gli jugoslavi siano tutti pazzi sanguinari, non è che i titini si siano svegliati un giorno e abbiano deciso di dar la caccia agli italiani perché la stagione venatoria contro le quaglie era chiusa... forse i martiri delle foibe (di quelle sì che si può parlare, anzi! si deve!) hanno qualche spiegazione diversa dalla follia comunista... invece di questo bisogna tacere, i fascisti passati ed attuali per questioni di comodo (meglio far le vittime e dar la colpa ai comunisti mangiabambini) e gli altri, troppi altri, perché ormai comunisti non sono più e di raccontare la verità non gliene importa il classico fico secco. Tant'è vero che un narratore (non storico, lo dice anche lui) come Pansa può provare a far passare la sua visione della storia come "il giusto riconoscimento alle vittime". Senza peraltro turbarsi troppo se l'amnistia che ha praticamente salvato la pelle a molti fascisti, anche a quelli decisamente colpevoli, l'ha firmata un certo Togliatti. Senza parimenti azzardarsi a scrivere i suoi "racconti" quando personaggi del calibro di un Pertini o di un Pesce erano ancora vivi (guarda caso, "Il sangue dei vinti" vede la prima edizione nel 2003). E senza neppure controllare a fondo le fonti. Ma tant'è: è un semplice racconto... che però viene spacciato per verità rivelata.

Quanto ai campi di concentramento, ce ne avevamo pure noi. Non erano campi di sterminio, certo (a parte la Risiera di San Sabba, dove i forni c'erano - oggi non visibili perché li han fatti saltare a Liberazione avvenuta), però non erano neppure luoghi di villeggiatura.

Tutto questo per il passato, anche se mi rendo conto che il discorso è tutt'altro che esaurito. Ma dicevo, non pare che il ricordo ci sia servito - ci serva! - ad evitare il ripetersi di simili massacri (soltanto se per considerare "massacro" un atto di inumanità è previsto un numero minimo di vittime, diciamo un milione, per ora forse dovrei cambiare termine. Ma per me "massacro" è una carneficina, e se anche le vittime sono "solo" cinque già son cinque di troppo).

In "piccolo" mi viene da citare il comportamento di certe "forze dell'ordine" nei confronti di manifestanti e di detenuti, in grande penso ai centri di raccolta ed espulsione per i clandestini, rei soltanto di cercare una vita migliore, che noi in barba a trattati internazionali (non parlo della nostra Costituzione, che quella la vogliono proprio smantellare: parlo di ONU... ma anche quella evidentemente è da citare solo quando conviene. Un po' come quando aumenta il prezzo di qualcosa: ci citano sempre gli altri stati europei dove la vita è più cara... dimenticando tra l'altro che - magari - anche gli stipendi sono più alti!) ributtiamo nelle braccia non proprio amorevoli di un certo colonnello Gheddafi, che stiamo anche aiutando a costruire i suoi personali lager.

La storia è scritta dai vincitori, quindi i revisionisti si affannano a correggere gli errori e la verità di parte che i comunisti hanno scritto a loro uso e consumo. Se fosse vero questo loro zelo, avrebbero tutto il mio appoggio, anche se certe verità potrebbero non piacermi. Ma c'è un particolare che sembra sfuggire loro: la guerra l'hanno vinta - e conseguentemente scritta, per quel che riguarda noi italiani - gli americani. Dire che gli americani sono comunisti mi sembra un filino eccessivo... e poi, se proprio vogliamo la verità vera, non è forse vero che proprio gli americani si sono adoperati in più di un modo, lecito o meno, per far sfuggire alla giustizia parecchi criminali, nazisti e nostrani, e facendoli riparare nelle amorevoli braccia di qualche dittatoruncolo sudamericano così opportunamente insediato dalla CIA ed amichetti vari?

Non è che gli USA siano poi questi gran paladini della democrazia ed abbiano avuto realmente a cuore la sorte della vecchia Europa: si sono decisi a entrare in guerra, dopo decenni di proficui scambi commerciali (e magari non solo quelli...) con la Germania di Hitler, solo quando son stati colpiti nel vivo, sul loro territorio (grossissimo sbaglio, quello giapponese. Dal loro punto di vista ovviamente). E anche quando sono arrivati qui, non è che i loro aiuti andassero imparzialmente a tutte le formazioni partigiane. Diciamole queste cose, se davvero amiamo la verità. Non buttiamo solo fango sui partigiani che si sono sacrificati per la nostra libertà.

E non lasciamo che in nome della difesa di una "patria" che però, per tutto il resto, è solo un'inutile zavorra artatamente costruita, da smembrare al più presto con la scusa del federalismo, tanti esseri umani innocenti vengano trattati in modo arbitrario e cattivo in attesa di essere riconsegnati alla morte dalla quale cercano di fuggire. Non c'è lavoro per noi, per i nostri giovani: a che ci servono altre braccia? Vero, non c'è lavoro (e quello che c'è è nero o precario perlopiù), ma nessun uomo è un'isola. In quest'epoca di globalizzazione chi pensa di poter stare bene senza curarsi del vicino è un povero illuso (perché voglio essere gentile). Chi chiude gli occhi su quello che facciamo ai clandestini, sui massacri quotidianamente perpetrati dagli israeliani a Gaza, sugli stupri di massa di donne in Sud Africa, su tutte le brutture che rischiano di sommergerci è un ignavo. Solo che io, molto poco dantescamente, non ho voglia di aspettare un ipotetico aldilà per vedere saldati i debiti.

E allora... R-ESISTIAMO. Sempre, tutti insieme. Per noi, per i nostri figli e per tutte quelle grandi persone che hanno pagato un prezzo altissimo per regalarci la LIBERTA' che di questi tempi qualcuno vorrebbe ancora sottrarci. E chi non lotta contro il tiranno e non è disposto a far fronte comune contro di lui (come del resto avvenne, vittoriosamente, proprio durante la Resistenza) è un colluso. Avremo tempo dopo per i distinguo e le precisazioni... prima occupiamoci di averlo, quel "dopo"!

Anche se ci crediamo assolti, siamo per sempre coinvolti. Proprio come cantava De André.




venerdì 24 dicembre 2010

Anche quest'anno è natale...

... e siamo tutti più buoni.

Forse voi. Io no. Io sono la solita vecchiaccia ipercritica e non ne posso più di tutto questo buonismo, di questi inviti al "volemose bene" che tanto non cambiano la vita di alcuno. Di questa corsa al regalo ed alla tavola di prelibatezze dal costo proibitivo. Che poi magari il tuo vicino ti sta pure antipatico, ma è natale e non glielo puoi dire... e questo è proprio il meno.

Sono stanca di un babbo natale che sarà pure rosso, come dice Crozza, ma è anche parziale e fazioso, visto che continua a portare il superfluo a chi non sa che farsene e agli altri, se va bene, nulla.

Data la premessa, non credo vi stupiranno i miei auguri... che cominciano con una "frase storica":

"Caro Gesù Bambino, ti ringrazio per aver esaudito i miei desideri dell'anno scorso. Ti avevo chiesto di eliminare la fame nel mondo, ed infatti quelli che avevano fame sono quasi tutti morti." (Giobbe Covatta)

e adesso, una galleria di immagini. Nemmeno tutte, sono stata attenta a non disturbare troppo la sensibilità di qualcuno...
























































Infine gli auguri veri e propri: ai diseredati della terra, agli emarginati, ai diversi, agli studenti incupiti, ai lavoratori cassintegrati precarizzati sfruttati disoccupati mobilizzati, alle parti civili dei processi contro aziende criminali, ai profughi, agli immigrati in cerca di futuro e pace, ai preti di strada, a chi combatte mafia e poteri forti, ai poliziotti democratici, ai malati, ai giudici coscienziosi, ai volontari, agli aquilani traditi, ai napoletani presi per i fondelli, ai comunisti in cerca di casa, a chi fa quello che dice, agli anarchici bastonati, agli ultimi ed agli umili ed a tutti gli amici che condividono le mie passioni e le mie lotte va il mio pensiero e l'augurio che l'anno nuovo ci porti una società più equa e solidale e pacifica (senza scordare che ce la dobbiamo conquistare).

A tutti gli altri, gerarchie ecclesiastiche e politiche, ai potenti della terra, ai sepolcri imbiancati di qualsiasi tipo e natura ed ideologia, alle forze dell'ordine dal manganello facile, ai duri con i deboli e servi con i forti, ai carrieristi, ai liberisti, ai ladri, ai collusi, ai dittatori più o meno in atto... auguro che si possano svegliare un giorno con il dio in cui dicono di credere che chiede loro conto del comportamento tenuto, e che li giudichi con giustizia.

Perché per me, o è natale per tutti, o non lo è per alcuno.

mercoledì 21 ottobre 2009

Vietato criticare Berlusconi: C.V.D.

Berlusconi/ Alfano turbato da minacce su Facebook: si muovano i Pm Va individuato e perseguito chi ineggia a odio e morte

Roma, 21 ott. (Apcom) -
Forte sollecitazione dal ministro Angelino Alfano alle Procure per un intervento rapido e risoluto alla lucce delle "minacce che si moltiplicano su Facebook" all'indirizzo del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. "Sono profondamente turbato - ha denunciato Alfano, parlando ai microfoni di Sky a margine del Congresso dei Notai a Venezia - dal fatto che esistano parecchi forum su Facebook, e quindi sulla rete Internet, che inneggiano all'odio nei confronti di Silvio Berlusconi e inneggiano all'omicidio nei confronti del presidente del Consiglio. Poiche' nel nostro Paese esiste l'obbligatorietà dell'azione penale, mi attendo che la Magistratura faccia il proprio dovere indagando perseguendo e trovando coloro i quali inneggiando all'odio e all'omicidio, commettono un reato penale e compiono un'azione disdicevole dal punto di vista morale'. "E' un tema grande- ha sottolineato ancora il ministro di grande di sicurezza che riguarda la persona del presidente del Consiglio'.

fonte: http://www.apcom.net/newspolitica/20091021_192001_5d019c2_73891.shtml


Il commento di Jacopo Venier:

Berlusconi, Alfano - Venier: "E' Alfano killer del web: vuole uccidere internet"


"L'insofferenza di questo Governo alle critiche porta il ministro Alfano, come un killer della libertà, a cercare ancora una volta pretesti per chiudere la bocca ad internet, uno dei pochi spazi dove la libertà di espressione e di dissenso possono ancora essere esercitati. Alcuni eccessi oratori dei navigatori del web non possono essere la scusa per imbavagliare la rete.

Se in Italia è consentito ad un ministro come Brunetta di dire che "gli esponenti della sinistra devono andare a morire ammazzati" e a Bossi di "essere pronto alla guerra se non passa il federalismo" è logico che qualcuno possa esagerare nel mostrare la propria avversione a Berlusconi e al suo regime. Quando Alfano avrà chiuso la bocca ai provocatori che siedono nel suo Governo potrà chiedere maggiore misura ai navigatori della rete". E' quanto afferma Jacopo Venier, responsabile Comunicazione del PdCI, a commento delle dichiarazioni rilasciate dal Ministro Alfano a Venezia.

fonte: http://www.facebook.com/note.php?note_id=159328469813&ref=nf


Il commento di Elena:

Non è così che si è arrivati al governo di Unità Nazionale? Tutti insieme appassionatamente contro i terroristi! Per carità, capiamoci: NON sono una terrorista, non li difendo e nemmeno li capisco. E non capisco né approvo chi, su FB o altrove, inneggia all'eliminazione di Berlusconi. Non lo stimo, non mi piace, non l'ho votato e non mi rappresenta, ma per quel che mi riguarda non ci penso proprio, ad augurargli la morte. Non lo faccio con nessuno, anche se la pensa ed è il mio esatto contrario. Perché sono sostanzialmente pacifista e anche, perché negarlo, perché penso che non ci serve un altro martire. Basta ed avanza già adesso che è solo unto...
Ma criminalizzare tutti quelli che non sono allineati mi sembra un bel giochino degno di Cossiga ed Andreotti nei loro momenti migliori... dove "migliori" è, ovviamente, opinabile.

Dopodiché il ministro Alfano dovrebbe avere la gentilezza di spiegarmi come mai è tanto preoccupato per la violenza (peraltro solo verbale) contro il suo amato Presidente del Consiglio ma non fa una piega contro quella - assolutamente reale - quotidiana che certi "begli spiriti" scatenano contro stranieri, donne, bambini, omosessuali e comunque persone che non la pensano come loro. Giustizia a due marce? O interessi di parte, come sempre?

giovedì 28 maggio 2009

Riflessioni di una cittadina non proprio qualunque...


Detesto i pettegolezzi. Penso che chiunque abbia il diritto di avere una vita privata senza doverla per forza sottoporre al vaglio del pubblico – anche se sono cresciuta con il motto “il personale è politico”, ma ovviamente il senso era leggermente diverso.

Ho infatti aborrito la campagna che si è scatenata quando il sottosegretario Sircana (governo Prodi) è stato fotografato con un trans (ma saranno anche fatti suoi? Non siamo tutti uguali, ma la Costituzione garantisce – quantomeno in teoria – pari dignità a qualsiasi scelta, no? Poi uno può decidere di uscire allo scoperto, come Vendola, o – ammesso che sia tutto vero – tenerselo per sé, senza bisogno di cercare motivazioni riprovevoli a tutti i costi. Penso a me: dovessi mai decidere di sbattezzarmi, non penso che me ne vergognerei proprio, ma sicuramente non mi farebbe piacere che questo fatto venisse pubblicizzato. Non per me, ma per i miei genitori. E comunque tutto questo non avrebbe alcuna influenza su come la penso e su come mi comporto). Ma l’ultima gazzarra scatenata dal comportamento “poco ortodosso” del nostro PdC esula dal privato, non solo perché si potrebbe anche parlare di abuso di potere nei confronti di una minore – ok, con il beneplacito della famiglia: peggio ancora! – ma anche perché il già poco edificante episodio è stato poi condito con menzogne a raffica. Riporto un articolo illuminante de “la Repubblica”, 26 maggio:


LA STORIA. La "verità" del padre di Noemi e le falsità del Cavaliere
Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Berlusconi
La prima ammissione in un rosario di bugie: "L'ho vista sempre in compagnia dei genitori".
Ma poi è il premier stesso a dire...


di GIUSEPPE D'AVANZO

Si può immaginare che a Palazzo Grazioli ci sia come "un'unità di crisi", per lo meno dal 3 maggio quando Veronica Lario ha lanciato il suo j'accuse politico contro il marito premier. Si può immaginare uno staff (ne ha preso le redini l'avvocato Niccolò Ghedini?) che mette insieme i cocci delle troppe contraddizioni; tiene i contatti con i protagonisti e sotto controllo coloro che potrebbero diventarlo; influenza il lavoro delle redazioni e la comunicazione politica; coordina le dichiarazioni pubbliche e le interviste dei co-protagonisti; distribuisce servizi fotografici, utili a fabbricare una realtà artefatta: lo si è visto con le performance di Chi (Mondadori).

Se questa "unità di crisi" è davvero al lavoro a Palazzo Grazioli, va detto che il suo impegno è mediocre e dannoso per Berlusconi che dovrebbe avvantaggiarsene per uscire dal cul de sac in cui lo hanno cacciato, dopo dodici giorni, le troppe parole bugiarde scandite nei primi giorni dell'affaire e l'imbarazzato silenzio opposto alle dieci domande che Repubblica ha ritenuto di dovergli rivolgere.

Lunedì 25 maggio, ieri, avrebbe dovuto essere il giorno della riscossa. Domenica, i ricordi di Gino Flaminio, l'operaio di 22 anni legato sentimentalmente a Noemi Letizia dal 28 agosto 2007 al 10 gennaio 2009, aveva mandato per aria il tableau manipolato senza sapienza (Repubblica, 24 maggio). Non era vero che la famiglia Letizia né tanto meno il padre di Noemi, Elio, avevano una lunga amicizia con Berlusconi, sostiene Gino. Il premier telefonò alla minorenne Noemi per la prima volta soltanto nell'ottobre del 2008, soltanto sette mesi fa. Le telefonò direttamente. Nessuna segreteria. Nessun centralino. Le disse parole di ammirazione per la sua "purezza" in un pomeriggio, per la ragazza, di studio. Dopo quel primo contatto ne seguirono altri, e poi - come ha ammesso la giovane Noemi - incontri a Roma, a Milano e la vacanza di dieci giorni a Villa Certosa in Sardegna (26/27 dicembre - 4/5 gennaio) a ridosso del Capodanno 2008, rivelata da Gino.

Questa verità andava prontamente contrastata. L'"unità di crisi" decide che ad opporvisi subito debba essere il padre della ragazza. Berlusconi approva l'iniziativa e l'anticipa alla stampa. "Vedrete che il padre della ragazza chiarirà ogni cosa in un'intervista, dirà lui della genesi dei nostri rapporti" (Corriere, 25 maggio).

Così è stato. Il signor Elio Letizia, dopo categorici rifiuti ["Non ho alcuna intenzione (di spiegare come ho conosciuto Berlusconi)", Oggi, 13 maggio] decide di offrire al Mattino la ricostruzione dell'incontro con il premier, il come e il quando, il ricordo del primo incontro tra il presidente del consiglio e la giovane figlia. Contemporaneamente, anche il premier rievoca con il Corriere quel primo incontro con Noemi. Ne vengono fuori due racconti divergenti, l'ennesima verità che cancella le precedenti versioni pubbliche, altre gravi incoerenze.

Forse si ricorderà che Berlusconi ha detto di aver conosciuto Elio Letizia perché questi era "l'autista di Craxi" (Ansa, 29 aprile). La familiarità politica era stata, in quei giorni, invocata anche da Anna Palumbo, madre di Noemi: "Berlusconi ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista" (Repubblica, 28 aprile).

Ancora Berlusconi, nella puntata di Porta a porta del 5 maggio (titolo, "Ora parlo io") aveva ripetuto che quell'amicizia antica aveva il colore della passione politica. Il premier ha rivelato di essere volato a Napoli per discutere con Elio Letizia di candidature alle Europee. Dunque, in questa prima versione "congiunta", i riferimenti sono Craxi (fugge ad Hammamet il 5 maggio del 1994) e il partito socialista (si scioglie il 13 novembre del 1994). Se ne deve dedurre che l'amicizia di Berlusconi con Elio Letizia, nata "ai tempi del partito socialista", risale a un periodo precedente al 1994, ad oltre quindici anni fa.

Nell'intervista al Mattino, Elio Letizia liquida per intero la quinta politica dell'amicizia. Non azzarda a dire che è stato un militante socialista né conferma di aver discusso con il presidente del consiglio chi dovesse essere spedito al parlamento di Strasburgo. La prima, insignificante stretta di mano, "nulla di più", avviene nel 1990 (Berlusconi si occupa di tv e calcio), dice Letizia, mentre la "vera conoscenza ci fu nel 2001" quando Craxi non c'è più e il suo partito è liquefatto, dunque sette anni dopo "i tempi del partito socialista". Elio sa - racconta - che a Berlusconi piacciono "libri e cartoline antiche" e nelle sale dell'hotel Vesuvio (maggio 2001) gli propone di regalargliene qualche esemplare. L'idea piace a Berlusconi e Letizia lo raggiunge, poco dopo, a Roma per mostrargli le più belle "cartoline di Secondigliano", dove Elio è nato e vive. Nasce così un legame che diventa un'affettuosa e partecipata amicizia quando Anna e Elio Letizia sono colpiti dalla crudele sventura di perdere il figlio Yuri in un incidente stradale. Berlusconi si fa vivo con una "lettera accorata e toccante". Letizia decide di presentare la sua famiglia al presidente del consiglio nel "dicembre del 2001": "A metà dicembre io e mia moglie andammo a Roma per acquisti e, passando per il centro storico, pensai che fosse la volta buona per presentare a Berlusconi mia moglie e mia figlia"
(il Mattino, 25 maggio).
Questa è la versione dalla viva voce di Elio Letizia, dunque: il capo del governo "per la prima volta vide Anna e Noemi" nel dicembre del 2001 non in pubblico ma nella residenza privata del premier, a palazzo Grazioli, o a Palazzo Chigi. Noemi ha soltanto dieci anni.

Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Silvio Berlusconi.

La memoria del capo del governo disegna un'altra scena decisamente differente da quella che ha in mente Elio Letizia. Quando Berlusconi ha incontrato per la prima volta Noemi? "La prima volta che ho visto questa ragazza è stato a una sfilata", risponde il premier (Corriere, 25 maggio). Quindi, in un luogo pubblico e non nei suoi appartamenti pubblici o privati. Non nel 2001, come dice Elio, ma più avanti nel tempo perché Noemi avrebbe avuto l'età adatta per "sfilare" (quattordici, quindici, sedici anni, 2005, 2006, 2007).

Non è il solo pasticcio che combina l'"unità di crisi" immaginata.

Le incoerenze che si ricavano dalla lettura dei due racconti consegnati alla stampa per "il lunedì della verità" sono almeno altre due.

Berlusconi sostiene di conoscere "la famiglia di quella ragazza da più di 10 anni", quindi da molto più tempo di quel che ricorda Elio che ammette di aver conosciuto personalmente il presidente del consiglio nel maggio 2001 e gli presenta la sua famiglia (la moglie Anna e la figlia Noemi) in dicembre. Otto anni fa e "non più di dieci".

Contraddittorie anche le ricostruzioni della serata del 19 novembre 2008 quando il premier invita Noemi a Roma in occasione della cena offerta dal governo alle griffe del made in Italy, raccolte nella Fondazione Altagamma. La ragazza siede al "tavolo numero 1" accanto al presidente e a Leonardo Ferragamo, Santo Versace, Paolo Zegna.

Dice il capo del governo: "Ho visto Noemi non più di quattro volte, l'ho già detto, e tre volte in pubblico. A Roma, accompagnata dalla madre. A Villa Madama". Nella rievocazione di Berlusconi, Elio non c'è, non è presente. Noemi è accompagnata dalla madre Anna.
Nei ricordi di Elio, Anna non c'è e le cose andarono così: "[Noemi] più volte aveva espresso il desiderio di vedere una sfilata di moda dal vivo e avevo chiesto al presidente di accontentarla. Fummo invitati a Roma. Noemi andò subito a Villa Madama. Io rimasi a palazzo Grazioli con Alfredo, il maggiordomo, con il quale vedemmo la partita dell'Italia, un'amichevole con la Grecia". (il Mattino, 25 maggio).

Nel racconto di Elio, non c'è alcun accenno ad Anna, la moglie non è presente a Roma quel giorno, il 19 novembre, né durante il viaggio in treno né a Villa Madama né a palazzo Grazioli dinanzi alla tv con Alfredo, il maggiordomo.
Se le incoerenze di questo affaire invece di sciogliersi s'ingarbugliano ulteriormente con l'ultima puntata, si deve registrare la prima ammissione di Silvio Berlusconi dopo dodici giorni. Nel corso del tempo, il capo del governo ha sempre detto di aver visto Noemi "non più di quattro volte e sempre accompagnata dai genitori". Oggi concede, dopo le rivelazioni di Gino Flaminio, l'ex-fidanzato di Noemi, di aver ospitato la ragazza a Villa Certosa per il Capodanno 2008 senza i genitori: "E' vero, è stata ospite a casa mia a Capodanno insieme a tanti altri ospiti, non capisco perché debba costituire uno scandalo".

Vale la pena ragionare ora sulla parola "scandalo" scelta da Berlusconi. Scandalo non è una festa di Capodanno, naturalmente. Scandalose sono le troppe scene contraddittorie, alcune inventate di sana pianta ("Elio era l'autista di Craxi"; "Ho discusso con Elio di candidature"; "Ho sempre visto Noemi accompagnata dai genitori"), che il premier ha proposto all'opinione pubblica per giustificare il suo legame con una minorenne e smentire le accuse di Veronica Lario. Ma c'è in queste ore un altro scandalo e prende forma giorno dopo giorno quando un "caso politico" che interpella il presidente del consiglio - quindi, un "caso Berlusconi" - si trasforma in un "caso Noemi" che piomba come un macigno sulle spalle di una famiglia senza potere, nascosta in un angolo di Portici, alle porte di Napoli. Una famiglia oggi smarrita dal clamore che l'assedia, disorientata nell'affrontare una tensione che non è pronta a fronteggiare, priva di punti di riferimento nell'impresa di proteggere se stessa e il futuro di una figlia. C'è uno squilibrio evidente che non rende onore al più potente che chiede al più debole di difenderlo. Uno squilibrio che diventa impudente quando gli avvocati del premier minacciano di "azioni civili" e quindi economiche Gino Flaminio, un operaio che guadagna mille euro al mese, "colpevole" di aver raccontato una "verità" che centinaia di persone hanno avuto per sedici mesi sotto gli occhi.

Appare cinico il calcolo di Berlusconi e la pretesa dei consiglieri dell'"unità di crisi": deve essere la famiglia Letizia a spiegare, a raccontare, a dimostrare. Quest'urgenza, che con ogni evidenza è di Berlusconi non dei Letizia, spinge alla luce del sole una famiglia sempre riservata e gelosa della sua privacy. La obbliga ad affrontare la visibilità delle copertine dei settimanali e la curiosità dei media.

I Letizia non devono spiegare niente a nessuno, in realtà. Non sono né Noemi né Anna né Elio i protagonisti di questo affaire. Il "caso politico" ha un unico mattatore, Silvio Berlusconi, "incaricato di un pubblico servizio". E' questa responsabilità che rende necessario che il presidente del consiglio risponda alle domande che Repubblica gli ha posto. Quelle domande non nascono da un ghiribizzo, ma dalle incoerenze di una versione che non ha retto, finora, alle verifiche ed è apparsa presto soltanto un rosario di menzogne.

Sono le tre accuse di Veronica Lario ("frequenta minorenni", "non sta bene", fa eleggere "vergini che si offrono al drago") e le repliche bugiarde del capo del governo all'origine di questo "caso" politico. Non una ragazza e una famiglia di Portici.

(l’originale è qui: http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-3/prime-ammissioni/prime-ammissioni.html)

A me i rapporti tra i Letizia e Berlusconi non interessano. Mi interessa però avere un capo di governo onesto (e lo so che chiedo la luna…). Uno che chieda il voto ai cattolici ed esegua tutte le volontà del Vaticano perché ne è convinto, non per puri fini elettoralistici, anche se, logicamente, ne preferirei uno che parlasse più da laico e considerasse che, se di fronte alla Costituzione siamo tutti uguali, non è logico fare leggi che vanno bene solo ad una parte. Ma è l’ormai annosa questione del divorzio, per dirne una: il fatto che ci sia una legge che lo permette – neanche tanto all’avanguardia, se vogliamo proprio essere puntigliosi – non significa che un cittadino deve PER FORZA divorziare: se è contento del suo matrimonio perché buttarlo all’aria? Mentre ovviamente se la legge stabilisce che non si può porre fine ad una vita di sofferenze (la propria) con l’autodeterminazione dichiarata in tempi non sospetti finisce che se un essere pietoso mi aiuta a liberarmi di un peso è perseguibile penalmente. Ma torniamo in tema: uno che, per quanto unto, ha quasi due divorzi alle spalle non è che può pensare di venirmi a fare la predica sui valori della famiglia, tanto per capirci (ma la chiesa, quella che difende i valori della vita e della famiglia, quella dei dieci comandamenti, perché sta zitta?). Uno che racconta frottole peggio di Pinocchio non può pensare di essere credibile. Uno che per stare a galla ha bisogno di leggi su misura non può pensare di vincolare gli altri al rispetto delle leggi – e questo indipendentemente dal suo nome: fosse successo a Prodi, avrei scritto lo stesso, anzi pure peggio perché dai candidati della “mia” parte pretendo di più, in termini di coerenza ed etica. Se poi, orrore e raccapriccio, fosse capitato ad un comunista, sarei stata tra i primi ad esporlo al pubblico ludibrio. Certo, con le prove, sennò è puro pettegolezzo, è lapidare prima di aver acclarato fatti e responsabilità.

E infatti il punto, per me, è questo: sono così ottimista che potrei anche crederci, che il cavaliere e la ragazzina sono amici di famiglia – senza tirare in ballo cose “strane” tipo “Harold & Maude”, per capirci. Non è poi così impossibile che un amico/a dei genitori si affezioni ad un figlio/a dei medesimi, e non c’è neppure alcunché di male se i due si incontrano da soli: quante volte sono andata alla fiera, io decenne o giù di lì, con il marito dell’amica di mia madre! O al cinema con un altro adulto maschio, amico di famiglia, senza che venissero scatenati tuoni fulmini e saette!

Ma… ecco, c’è una piccola differenza – ed è il motivo per cui ho scritto questo post. Non è il profilo decisamente più basso dei protagonisti delle “mie” storie. E’ il fatto che noi, se qualcuno avesse domandato qualcosa, avremmo dato una versione univoca, senza contraddizioni e mezze verità. Perché se non c’è niente da nascondere, a chi giova farlo?

E qui i casi sono due:

1) i rapporti tra i due sono un po’ meno limpidi di quanto il cavaliere e la sua ciurma si affannino a far credere - e questo posta ad un’altra considerazione, squallida quanto sconvolgente: si sa che la miseria fa fare cose “strane”, ma ci rendiamo conto dell’abisso in cui ci siamo fiondati, chi più chi meno consapevolmente? Pur di emergere, far carriera, “apparire”, buttiamo le nostre creature in bocca ad un mostro xxxenne per il solo fatto che ha il potere…

2) la loro conoscenza è effettivamente limpida – e allora la logica conseguenza è la domanda: perché impiastricciare tutto? Forse perché, nonostante il continuo richiamo alla famiglia, non si può fare a meno di strizzare l’occhio (sempre in termini di guadagno elettorale) a chi magari pensa che “il Silvio è proprio tosto, si fa anche le minorenni”?

Non è mia intenzione offendere
i – tanti – cattolici o quantomeno non comunisti con questa mia ultima affermazione sottostante, ma mi viene proprio da pensare che l’anticomunismo di Berlusconi sia talmente radicato da fargli aborrire la celebre frase “la verità è rivoluzionaria”… quindi, meglio raccontare balle!

venerdì 17 aprile 2009

Abruzzo, ancora


Lo so che l’abbiamo già postato nel Solleviamoci serio… anche perché ho contribuito alla scrittura del commento. Ma questa riflessione mi piace troppo, quindi me ne approprio e me lo copio. Oltretutto, visto che l’autore ieri era da Santoro e presumibilmente ci tornerà, è anche un modo per segnalarlo a chi ancora non l’avesse letto ed a quanti non volessero perdersi la diretta… E per aggiungere un tocco di novità, riporto anche un altro post interessante. Anzi due.

"Ma io per il terremoto non do nemmeno un euro..." di Giacomo Di Girolamo - 14 aprile 2009

Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la mia suona come ... ... una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda. Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no - stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare. Non do un euro perché è la beneficenza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficenza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro. Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo. Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro Paese. E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella. C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato - come tutti gli altri - da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno? Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di "new town" e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: "new town". Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto tempo l’aveva in mente? Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce "new town". E’ un brand. Come la gomma del ponte. Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che "in questo momento serve l’unità di tutta la politica". Evviva. Ma io non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è. Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro? Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni terremotate. Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente. Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima? Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo. Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa, l’Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora, per quella scuola, dove - per dirne una - nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto. Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto. Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialità che avevano detto. Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto. Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto. Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia. Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire "in Giappone non sarebbe successo", come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know - how del Sol Levante fosse solo un’esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto pratico. E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia. Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso. Come la natura quando muove la terra, d’altronde. Tratto da: www.facebook.com/

E come non sottoscrivere ogni singola frase di questo sfogo? Come non essere assolutamente contrari alla destinazione del 5x1000 ai terremotati abruzzesi, come non considerarlo solo uno specchietto per le allodole che va a penalizzare pesantemente associazioni assolutamente meritorie e ben poco (se e quando) aiutate a svolgere la loro missione umanitaria e sociale (pensate ad Emergency, al CeSVI, all’ANPI, a Legami d'Acciaio… e ovviamente sono solo alcuni – tra i nostri preferiti), mentre invece il lucroso 8x1000 che per la maggior parte si spartiscono Chiesa e Stato non si tocca? Che tra l’altro, se la matematica non è un’opinione, è una cifra maggiore del 5x1000? Non è un problema nostro: da anni lo destiniamo ai Valdesi e ne siamo più che contenti. Ma anche se fossimo d’accordo a dare il nostro 5x1000 a beneficio dei terremotati, chi ci assicura che davvero arriverebbe loro e non si perderebbe nei mille rivoli delle tasche di chi non c’entra? Nessuno. Appunto.
Però… però nel frattempo chi ci va di mezzo facendo scelte di questo tipo sono quei poveri abruzzesi incolpevoli. Allora la nostra idea è questa, banale ma forse più utile di tante speculazioni travestite da buone azioni: il 5x1000 ai soliti destinatari di cui sopra, l’8x1000 ai Valdesi e una cifra – quello che possiamo – ad un’organizzazione di cui ci fidiamo, fossero i compagni di partito che settimanalmente vanno giù o le raccolte in rete fatte da blogger fidati (ad esempio questo) o direttamente una persona - Anna - o una famiglia colpita dal sisma, per chi la conosce.
NIENTE deve finire nelle mani sbagliate. Ogni centesimo entrato deve essere giustificato, altrimenti tra vent’anni gli abruzzesi saranno ancora nelle tende e qualche furbetto si sarà fatto una villa in più, magari anche grazie all’ultima ingegnosa trovata per rilanciare l’edilizia.

Ed ecco un’altra voce fuori dal coro: riporto testualmente, con il consenso dell’autrice (grazie Solange!), un bel post del blog di Paolo Franceschetti (http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/04/terremoto-e-segreti.html):


TERREMOTO E SEGRETI


Dopo il terremoto che ha colpito l'Abruzzo vari paesi esteri ci hanno offerto aiuto. Erano pronti ad inviare uomini e mezzi. Il Governo ha rifiutato affermando che non ne avevamo bisogno.
Berlusconi ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Ringraziamo i paesi stranieri per la loro solidarietà, ma invitiamo a non inviare qui i loro aiuti. Siamo in grado di rispondere da soli alle esigenze, siamo un popolo fiero e di benessere, li ringrazio ma bastiamo da soli”. Siamo in grado di rispondere da soli alle esigenze? Siamo un popolo fiero e di benessere? Bastiamo da soli? Ma se i terremotati dell'Irpinia è trent'anni che vivono in prefabbricati e cenano con pantegane che sono più grandi del mio cane (che pesa 45 kg). Lì per lì ho pensato che il rifiuto fosse stato motivato dal fatto che è più difficile rubare se hai accanto volontari di paesi esteri dove per una evasione fiscale vai in galera per trent'anni. Potrebbero non capire che, da noi, in Italia fa curriculum avere una, o due, condanne passate in giudicato per entrare in parlamento, e che rubare gli aiuti a chi è stato colpito da una calamità è una prassi consolidata. Poi ho letto che il Governo ha rifiutato gli aiuti di uomini e mezzi, ma accetterà volentieri quelli economici........sempre, ovviamente, perché siamo un popolo fiero e benestante.....soprattutto stanno molto bene quelli che riescono a rubare di più, ad aggiudicarsi la ricostruzione e non ricostruire o, nella migliore delle ipotesi, costruire con cemento “disarmato”. Poi, però, una domanda mi è sorta spontanea: perché l'Italia non vuole personale straniero nelle zone colpite dal terremoto? Così ho provato a cercare di capire cosa potesse esserci di “particolare” in quelle zone, in aiuto mi è arrivata la segnalazione di un nostro lettore, Pinco Ramone. Due i risultati:

1. Sotto il Gran Sasso, a 1.400 metri sotto terra ci sono i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), i più grandi laboratori scientifici sotterranei del mondo. Detti laboratori sono di proprietà dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

In cosa consistano questi esperimenti è facile immaginarlo trattandosi di FISICA NUCLEARE, comunque qualcosa, solo qualcosa, è consultabile visitando il sito: http://www.lngs.infn.it/home_it.htm . Quanto materiale chimico, radioattivo, nucleare era presente nei laboratori al momento del sisma? Quali esperimenti erano in corso? Ma sopratutto quali e quanti danni ha subito la struttura? Perché i media non fanno un solo cenno a tutto ciò? Interi paesi sono distrutti, l'Aquila è una città fantasma e del più grande laboratorio di fisica nucleare del mondo, situato a 1400 metri di profondità sotto il Gran Sasso, zona colpita dal sisma, non si dice nulla? Se le strutture hanno retto perché non dirlo? Cosa successo a 1400 metri di profondità?



















2. Vicino a Sulmona, poi, sotto le colline di S. Cosimo vi è un notevole deposito militare, chilometri di tunnel sotterranei con tanto di ferrovia privata. Meno di un anno fa, il deposito di San Cosimo è stato al centro di un'aspra polemica che aveva costretto il generale di Corpo d'Armata Giorgio Ruggeri ad affermare: “Nel deposito militare di San Cosimo non c'è nulla che possa rappresentare un rischio ambientale o una contaminazione radiologica pericolosa per la salute della popolazione residente. Posso affermare con estrema certezza che gli ipotetici casi di malattia non sarebbero assolutamente collegati alla presenza del deposito e che non sarà smantellato perché rappresenta per l'Esercito una presenza strategica sul territorio”.
Personalmente non mi fido molto delle rassicurazioni date dall'esercito, sopratutto dopo quanto fatto con i nostri soldati e l'Uranio impoverito (articolo su questo blog http://paolofranceschetti.blogspot.com/2007/12/vergognamoci-per-loro-3-migliaia-di.html) in cui ricordiamo 2000 nostri soldati che hanno partecipato alle missioni all'estero sono tornati ammalati di tumore. Dal 1977 vi erano circolari e relazioni scientifiche che avvertivano del pericolo dell'esposizione dei militari alle particelle di uranio impoverito, scarto nucleare usato per rafforzare gli armamenti. Dal 1984, erano state emanate, dalla Nato, precise norme di protezione per chi operava nelle zone a rischio. Ma l'Italia, che pure fa parte della Nato, sino al 1999 non recepisce. Ma la vergogna più grande avviene dopo. Infatti, i nostri soldati, una volta ammalati, hanno chiesto un indennizzo al Ministero. Sapete cosa dovevano firmare per poter ottenere l'indennizzo? Dovevano firmare un foglio in cui affermavano di essersi ammalati per paura! Si esattamente così. Non per l'uranio impoverito, la cui pericolosità è provata da innumerevoli relazioni scientifiche, ma per “strizza da sentinella”. Ora, se l'esercito tiene questo comportamento con i suoi soldati, con buona pace dello “spirito di corpo”, mi riesce difficile pensare che possa comportarsi con maggiore correttezza con la c.d. “popolazione civile”. Ma, a parte questa mia considerazione personale, la domanda è un'altra: ha subito danni quel deposito? Se si, quali e quanti? Anche in questo caso, da parte dei media, assoluto silenzio. Segreto di Stato! Dunque, nella zona colpita dal terremoto ci sono: - il più grande laboratorio sotterraneo di fisica NUCLEARE del mondo; - un deposito di armi (non si sa quali) ed esplosivi con tanto di ferrovia privata. Perché nessuno ne parla? Cosa è successo a quelle strutture? Sono state danneggiate? Ci possono essere state fuoriuscite di materiale radioattivo? Nulla, il più assoluto silenzio, meglio fare un servizio giornalistico sulle uova di pasqua nelle tendopoli.


A dire la verità, il laconico comunicato del LNGS non ha rassicurato neppure me: non avevano detto anche (non l’LNGS, sia chiaro) che a Severo la diossina non era poi così dannosa? E’ colpa loro, dei politici e dei giornalisti miopi, di quelli che pensano che siamo tutti bambini dell’asilo da “educare” e soprattutto cui non raccontare mai la verità, sennà si spaventano. Il risultato è che io non ci credo più, a quello che dicono. Anche perché, onestamente: chi ha guardato ieri la puntata di AnnoZero mi può dire se ha capito di chi è la responsabilità? Perché io non l’ho capito. Mi è sembrato che giocassero tutti, chi più chi meno, a rimpallarsela. E comunque io sto con De André: siamo tutti coinvolti.
Ma ancora, segnalato da Laura su Rita Atria news (http://www.ritaatria.it/LeggiNews.aspx?id=810):


Un video su You Tube parla di un numero di morti durante il terremoto dell'Aquila probabilmente superiore a quello ufficiale...


Visto che è Pasqua ... facciamo resuscitare anche la VERITA'
Ricevo ed inoltro "I morti che non vi dicono" Chiediamo che vengano fatti tutti gli accertamenti del caso. Il centro storico dell'Aquila è da abbattere e ricostruire. E questo lo dicono in tanti. I morti, i feriti e gli sfollati sono stati contati, più o meno precisamente. E questo lo dicono tutti. Adesso vi dirò qualcosa che non dice nessuno. Gli scantinati e i seminterrati del 90% del centro storico erano stati affittati. In nero. Dentro c'erano clandestini, immigrati, extracomunitari. Ammassati come bestie. Ci sono ancora. Centinaia di persone che non risultano all'anagrafe, che non compaiono nelle liste dei dispersi, che non esistono. I proprietari delle case che si sono messi in salvo non ne denunciano la presenza. Non gli conviene. Nessuno li cerca. Nessuno li piange. Da vivi non esistevano, non esistono neppure da morti. Spazzati via di nascosto, come la polvere sotto al tappeto. In fondo, perchè darsi tanta pena per loro? Una tomba ce l'hanno già. E questa volta non gli è costata niente. Gliel'abbiamo data gratis.

Il video è qui: http://www.youtube.com/watch?v=zz8GuoCjIKo

lunedì 6 aprile 2009

Volemose bene? No, famose male...


(titolo riferito a Kilombo, ma non solo…)

Mentre Berlusconi dà un tavolo in testa ad Epifani come chiaro segno di democratico confronto e, già che c’è, goliardeggia all’estero confermandosi così per quell’ottimo uomo di spirito qual è (!), in Italia la sinistra continua nel suo sport preferito: tafazzarsi.

Ma forse sarebbe ora di definire questa sinistra: molti equivoci potrebbero finalmente cadere. Come sostenere, infatti, che il PD è di sinistra, se nemmeno intende entrare nel PSE? Che farà, si iscriverà al PPE come il PDL? E allora possiamo ancora catalogarlo a sinistra? Mettiamolo al centro e non pensiamoci più…

Tafazzarsi, dicevo. Ma, tenendo presente che il PD non sta a sinistra (decisione mia, ma condivisa da molti altri compagni di cammino…), forse la situazione non è così nera. Qualcosa si muove.

Parliamo di aggregatori – di sinistra ovviamente. Per motivi diversi, ma comunque tutti
importanti, non abbiamo (come Solleviamoci, versione collettiva ma-anche “personale”) mai postato in modo continuo su Kilombo, il primo metablog in cui ci siamo imbattuti. Motivi di salute ma-anche di connessione – e se proprio vogliamo, aggiungiamoci pure una bella dose di pigrizia. Ma-anche di autodifesa! Infatti, dopo svariate litigate furibonde di cui abbiamo (e va bene, “HO”) capito poco – perché una mica può passare il giorno da un blog all’altro per cercare di capire chi ha ragione, chi ha cominciato, chi ha inventato cosa, chi ha aggirato la carta, chi… - ad un certo punto abbiamo eletto una redazione che, finalmente, si stava muovendo in modo comprensibile e, soprattutto, alla luce del sole. Poteva proseguire così? Certo che no. Infatti, puntualmente è scoppiato un altro macello – artatamente creato da fonti esterne ma-anche interne.

Sono pigra e l’ho già detto. E poi non capisco il potere: figuriamoci se capisco i giochetti che ci stanno dietro! Ho semplicemente deciso di “togliermi dai piedi” da Kilombo che, sorpresa!, riscopro oggi in gestione libertario rivoluzionaria. Il che significa probabilmente che tra qualche tempo riesporrò il simbolo non modificato di Kilombo.


Nel frattempo abbiamo ricevuto (sempre i due Solleviamoci) alcuni inviti da altri aggregatori. Li stiamo valutando: questa volta procederemo con i piedi di piombo.

In compenso ci siamo iscritti – senza invito! – a Karl Marx Platz: non è solo un fatto di pigrizia (il bello è che i post vengono automaticamente linkati, senza che uno debba muovere un dito!) e nemmeno perché ci ho ritrovato tante firme ormai note ed apprezzate.

Mi è piaciuta la presentazione che Jean Pierre Lafitte ne fa in “Perché Karl Marx Platz?” e mi è piaciuto lui. Oltre al fatto che far parte di KMP non significa dover rinunciare ad altri metablog. E poi è facile da consultare. Ci sono anche altri generi e “gli avversari” – ma quelli sono in spazi appositi: nessuna confusione!

POST SCRIPTUM: noto con piacere che, nonostante la mia scarsa produttività (o forse proprio per quello...), i compagni di cammino crescono... grazie e benvenuti!

sabato 28 marzo 2009

Perché in politica non vince chi punta sulla ragione




Leggo a pagina 13 de Il Venerdì di Repubblica del 20 marzo l’articolo il cui titolo ho già citato, di Curzio Maltese:

“La sinistra si illude ancora che i cittadini votino sulla base di ragionamenti e non di emozioni. Purtroppo non è così, non lo è mai stato né in Italia né altrove. Le ricerche più serie dicono, in estrema sintesi, che un terzo dell’elettorato “nasce” orientato a sinistra e un terzo a destra.

Questi due zoccoli duri, nei sistemi democratici, non cambiano idea quasi mai, quale che sia l’offerta politica, l’ideologia vincente, i leader. Il rimanente terzo, decisivo per la vittoria, è composto da persone poco interessate alla politica, che scelgono di volta in volta. Quasi mai per interesse o convincimento razionale, ma esprimendo col voto innanzitutto un sentimento.

Naturalmente, in una democrazia esistono dei correttivi all’”anzitutto”. Buone istituzioni, buone scuole e soprattutto una libera informazione danno un contributo importante nello spostare il campo delle decisioni politiche dall’irrazionale al razionale. Con tv e giornali liberi e indipendenti, o anche solo un po’ decenti e non servili, sarebbe facile per l’opposizione dimostrare l’inettitudine del premier e dei suoi ministri più popolari.


Berlusconi solo un paio di mesi fa ha invitato i risparmiatori a investire tutto nell’acquisto delle azioni Eni ed Enel. Il malcapitato che avesse preso sul serio il consiglio, oggi vedrebbe il suo capitale ridotto di un terzo in poche settimane. L’anno scorso Tremonti si è presentato all’onore delle cronache con un’idea geniale, la Robin Tax: tassare gli eccessivi utili delle banche. Oggi è lo stesso che vuole salvarle dal crac con tonnellate di danaro pubblico. I dati sugli sbarchi clandestini e sulla criminalità dicono che la legge Bossi-Fini è stata la peggiore d’Europa in questi anni.

Ma una libera informazione in Italia non esiste, dunque bisogna rassegnarsi a una lotta politica tutta fondata sul consenso emotivo. In questo Berlusconi è un maestro, in perenne sintonia con gli umori profondi, e cangianti, del Paese. Il politico percepito come affidabile non è chi mantiene le promesse, ma chi promette ciò che la gente vuole in quel preciso momento.

D’altra parte, il bravo politico non disdegna la comunicazione emotiva, al contrario sa usarla per un buon fine. E’ un concetto piuttosto semplice, ma da sempre ostico ai leader della sinistra. Molto meno a quelli di cultura cattolica, come Prodi in passato e Franceschini ora. Per ovvie ragioni. Se gli uomini agissero fidando nella sola ragione, la religione non esisterebbe da un pezzo.”



Giorgio Bocca poco sopra conclude la sua analisi sulla banalizzazione dell’italiano scrivendo: “…puoi dire le sciocchezze che vuoi, affermare tutto e smentire tutto, dalla crisi all’energia nucleare, alla sacralità della vita, perché, come insegna Silvio, le parole non contano, conta la faccia, purché appaia sulla lanterna magica.”


Come dar loro torto? Io appartengo allo zoccolo duro, quello degli irriducibili della sinistra (ma che novità!!!) ed il dover prendere atto che ci tocca subire il governo decretato dagli “emotivi” è un insulto alla ragione. Anche perché, davvero: qualsiasi panzana venga loro detta, questi ci cascano peggio dei polli!


Una volta Montanelli ebbe a dire: “tappiamoci il naso e votiamo DC”. Ovvio che non ero d’accordo… ma anche trasformandolo in un più moderno “votiamo PD”, non ci riesco proprio. Il mio collo si può obtorcere, ma fino ad un certo punto (diciamo fino all’arcobaleno). Non riesco a pensare che il PD sia “il meno peggio”. In fondo, quando era al governo, che ha fatto di così clamoroso? Ha per caso pensato (non dico di portare il discorso alle logiche conseguenze, che probabilmente sarebbero mancati i voti in parlamento) di affrontare la questione del conflitto di interessi? Ha sbattuto Rete4 fuori dalle frequenze che occupa abusivamente? Ha eliminato il precariato? Ha modificato la legge elettorale? Ha pensato ai diritti dei malati e/o dei cosiddetti “diversi”? Oppure ha anche solo eliminato qualche privilegio e qualche spreco? No, perché una volta c’era Mastella, poi c’era De Mita, poi c’era Rutelli e la Binetti e chi più ne ha più ne metta. Ma invece di prendere atto della pessima compagnia, i nostri hanno pensato bene di buonizzare la destra e dare tutte le colpe ai massimalisti della sinistra, tant’è che alle elezioni si son presentati da soli (ma evidentemente non sono capaci di ballare…). E meno male, dico io: perché forse, se avessero lasciato uno spiraglio ed avessimo presentato liste comuni, mi sarei ritrovata a votarli (che tanto poi, con questo sistema di non-preferenze, il voto andava a loro). Obtorto collo, anzi, decisamente fracto.

Perché io penso che la sinistra sia entrata in crisi quando ha cercato di cambiare faccia. Dopo la caduta del muro di Berlino, qualsiasi cosa avesse una vaga somiglianza anche solo con la parola “comunismo” doveva essere epurata. Non dico fosse solo smania di arrivare – finalmente! – al governo e/o stanchezza di fare opposizione. Ma farsi crocifiggere perché il comunismo ha commesso crimini infami mi è sembrato – e mi sembra tuttora – assurdo. Ho già detto non so dove che qualsiasi dottrina s’è macchiata di infamie – e per dottrina intendo sia quelle di tipo filosofico/sociale che le religioni: pensate all’Inquisizione… - perché comunque una dottrina è teoria, la pratica la fanno gli uomini. Anzi, specifichiamo meglio: gli individui (che poi potrebbe sembrare che il problema si risolve mettendo tutto in mano alle donne: guai!). E gli individui sono fallaci, quindi ci sta anche che alcuni comunisti abbiano sbagliato. Embé? Forse che essere comunista significa essere automaticamente masochista? Non credo proprio…

Dobbiamo tornare ad essere quello che di autentico abbiamo nel nostro patrimonio, e non solo nelle parole.

Altrove ho detto che un bel programma non mi basta, che bisogna anche fare. Qui aggiungo che – alla luce anche dell’articolo riportato – mi rendo conto che non sarà solo il “fare” a sbilanciare la bilancia degli emotivi, che anzi, se guardiamo ai risultati delle elezioni sarde vien da pensare che tutto è perduto.

Certo, la strada è difficile e l’informazione è… diciamo faziosa (eufemismo). Un esempio per tutti: mentre Berlusconi inaugurava la tratta Bologna-Firenze a bordo del Freccia Rossa e tutti i giornali ed i TG gli davano ampio spazio (questo è un articolo a caso), solo l'Unità diceva che un altro Freccia Rossa perde i pezzi… e noi? Un paio di giorni prima, Solleviamoci ha pubblicato questo. Ma qualche TG ha detto qualcosa? Evidentemente era una notizia irrilevante… tipica della cultura disfattista dei comunisti.

Ma torniamo al discorso iniziale. Che ce li abbiamo tutti contro ce ne siamo accorti, credo. Che decidiamo o anche solo pensiamo di valutare la possibilità di ammorbidirci, di venire a patti per un pugno di visibilità (per il cadreghino, direbbero dalle mie parti) non credo sia ipotizzabile, per fortuna!, dico io.


Non ci resta che… tornare sul territorio. Con i poveri, gli ultimi, gli umili. Detto da me, che in questo momento non sto facendo alcunché di utile, suona provocatorio. Lo so. Ma è anche – a mio avviso – l’unica strada percorribile.

Nessuna concessione agli emotivi (d’altra parte, chi ce lo vede per esempio Oliviero Diliberto a promettere barche a tutti? Chi gli crederebbe, a parte gli emotivi? Che ci promettesse di ricostruire il PCI – senza compromesso storico ed unità nazionale – come ha già fatto: quello sì, anche se a quelli di cui sopra non piacerà, perché c’è da sporcarsi le mani, non da incassare premi…)

Uniti - come si sottolineava anche in alcuni siti che frequento abitualmente - perché anche le lotte a chi è più duro-e-puro non pagano.