"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
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martedì 14 febbraio 2012

D'Italia e di Grecia

Ma che bello: il riposo coatto da FB mi dà il tempo di postare qualcosa con più tranquillità e dar sfogo pubblico ai miei pensieri.

Cominciamo dalla buona notizia: la sentenza di Torino ha finalmente portato un po' di giustizia nel mondo del lavoro e delle malattie "professionali" (che definire malattie da profitto dei padroni mi parrebbe più equo): 16 anni a Schmidheiny e a De Cartier (ex vertici della multinazionale Eternit) son poca cosa rispetto ai morti provocati, ma dimostrano senza ombra di dubbio che la lotta paga... chinare sempre la testa no.

Qualche dubbio sulla sentenza - che non ho letto in originale - mi viene leggendo che "... il "disastro ambientale" (ma non la "rimozione di cautele") provocato dagli stabilimenti di Napoli-Bagnoli e Rubiera (Reggio Emilia) è prescritto." (fonte: http://qn.quotidiano.net/cronaca/2012/02/14/667933-eternit-sentenza-reazioni.shtml): se è vero che Napoli e Reggio Emilia son state, come dire, messe a tacere, condivido l'opinione che non possono esistere morti di serie A e di serie B (ma questo è un annoso discorso e non riguarda solo le morti per
amianto, mi sembra).

Altre cose positive in Italia non mi sembra di vederne, a parte forse il fatto che stasera alla serata inaugurale del festival di Sanremo la valletta-modella sarà probabilmente assente (ne sentiremo la mancanza? io sicuramente no, anche perché non ho manco l'intenzione di accendere la TV... come ormai da troppo tempo).











Intanto in Grecia un governo non troppo diverso dal nostro quanto a miopia e scelte
scellerate continua a massacrare il suo popolo con leggi affamanti, secondo i diktat dei grandi potentat
i europei (che nulla hanno a che fare con i popoli). Di conseguenza la Grecia brucia, perché i Greci non ci stanno. E hanno ragione.







Personalmente non approvo la violenza,
non mi piace vedere negozi o automobili o biblioteche andare a fuoco, non perché non capisca la rabbia ma perché non ne vedo il costrutto (come dice anche Mario Badino nel suo post), soprattutto in considerazione del fatto che, i Greci, un partito di opposizione dura e seria ce l'hanno. E qualche idea sensata nei confronti della Merkel e di questa Europa pure.













Non come da noi...
il nostro migliorista napoletano conciona rassicurante che noi non siamo la Grecia ed i nostri partiti hanno già dato prova di senso di responsabilità (sicuramente si riferisce alla lega, ritengo io. Ma è solo un'ipotesi...)

Dormite, Italiani, dormite narcotizzati e tranquilli... tanto quello che sta succedendo in Grecia non vi riguarda, anche se tra Omsa, Binario 21, Fincantieri, Fiat e altre "piccole" realtà di chiusure forse dovreste aprire gli occhi e farvi qualche domanda... dormite e non pensate, cullatevi nei vostri sogni teletrasmessi, che tra un festival di Sanremo e una telenovela o un reality la realtà si sfuma e potete continuare a credere al potere salvifico di Monti e del suo governo "diverso"... dormite e sognate di un piddì che difende i vostri interessi ed il futuro dei vostri figli... soprattutto dormite, ché se vi svegliate rischiate di restarci male.

Senza contare poi che in Grecia la polizia s'è schierata dalla parte dei cittadini (Cuba-Italia blog, post del 12 febbraio) con questa frase:
"Qualora continuiate con le vostre politiche distruttive, vi avvisiamo che non riuscirete a farci combattere contro i nostri fratelli. Ci rifiutiamo di fronteggiare i nostri genitori, i nostri figli e tutti i cittadini che protestano e chiedono un cambiamento nelle politiche". Vi pare poco? Pensate che da noi succederà lo stesso? Mi piacerebbe crederlo, ma di Ennio Di Francesco non mi sembra ce ne siano in giro poi tanti... e per ora i tutori dell'ordine de noantri han preso ben altre posizioni (senza stare a rivangare il G8 di Genova, bastano le ultime manifestazioni di pescatori e studenti, mi sembra).

Ma posso finire un post così, con questa lamentazione pessimista? No, non me la sento. E allora vi lascio con due proposte - alternative maanche no, si possono fare entrambe volendo! - su cui riflettere e, magari, discutere.

La prima è dell'amico Loris e suggerisce uno sciopero generale di tutti i lavoratori europei, ognuno nella sua piazza, ma che paralizzi questa Europa finanziaria inumana e verticistica, mentre la seconda è di una ragazza greca e prevede un DO-NOTHING-DAY, cioè il rifiuto a partecipare, collaborare e contribuire (però un giorno solo second
o me non basterebbe...)

Meditate gente.

giovedì 11 agosto 2011

DICIAMO NO AL CENTROSINISTRA, SI ALL'UNITA' DEI COMUNISTI

Per aderire e sottoscrivere, manda una mail a: adesioni22ottobre@gmail.com con nome, cognome, città ed eventuale partito di appartenenza.

UNITI E COMPATTI VINCEREMO! FINO ALL'UNITA' LOTTEREMO!

Diciamo no alle alleanze con il centrosinistra, e sì all'Unità dei Comunisti.

Siamo un gruppo di compagne/i appartenenti alla moltitudine dei partiti comunisti e alla diaspora.

La situazione sempre più reazionaria della destra e il comportamento sempre più complice dei partiti borghesi (PD e SEL), la mancata risposta dei partiti comunisti, la poca credibilità e la subalternità al pd e alla nuova sinistra moderata nonchè i comportamenti settari e autoreferenziali, ci impongono di scendere in piazza, subito prima dei due congressi del Pdci e del PRC, rivolgendoci però a tutti i partiti comunisti.

Questa volta la manifestazione la faremo in casa – tra comunisti- e siamo convinti che le dirigenze di tutti i nostri partiti, sensibili alle rivendicazioni, alle richieste ed alle volontà dei loro compagni, non si esimeranno dal darne seguito e risposta.

Dopo quindici anni di tattiche erronee e sempre simili a se stesse, dopo decenni di disfatte e revisionismi, è ora di dire basta con la subalternità al governismo e alle alleanze a tutti i costi col PD. Eliminare la destra del paese è un compito per noi prioritario ed ineludibile ed è per questo che ci battiamo da sempre nelle piazze per raggiungere questo obiettivo che però non può più essere strumentalizzato per sostenere un futuro governo di centrosinistra che flirta con Confindustria, sostiene le missioni militari all'estero ed è in linea con i poteri forti come Vaticano e BCE. Abbiamo ormai un'esperienza e un bilancio chiaro sulle esperienze fallimentari dei governi di centrosinistra che portano tutti a dover riconoscere che questa prospettiva è a sua volta nemica dei lavoratori e del popolo italiano.

Consci che la eventuale presenza di quattro parlamentari in un parlamento che, al di là dei giochi di ruolo e dei copioni, è compatto a favore dei padroni, non modificherà di una virgola le decisioni filo-capitalistiche e le controriforme dei partiti del cosiddetto "centrosinistra". Crediamo sia venuto il momento definitivo per ricominciare a costruire un partito alternativo, autonomo ed in opposizione anche al PD e ai suoi accoliti. Un partito che sia avanguardia, che sia riconoscibile nelle lotte e nelle scelte politiche come strumento per la lotta di classe, un partito che non tentenni tra lo stare dalla parte dei lavoratori o degli accordi scandalo sottoscritti in campo sindacale, un partito presente e unitario,che lotti senza compromessi per l’eliminazione del precariato e della legge 30. Un partito dunque che si riconosca nei principi comunisti tutti i giorni e a tutti i livelli. Un partito che non abbia paura a fare opposizione e che lo faccia mettendo sempre al centro gli interessi e i programmi delle classi subalterne che deve rappresentare, che non sia morbido verso le scelte politiche o sindacali solo in prossimità di appuntamenti elettorali,che tralasci gli opportunismi a chi dell'opportunismo è maestro e per questo inviso da noi compagni e compagne. Un partito che sia credibile e non sia oggi contro la TAV senza se e senza ma e che poi invece frena e concede in vista di possibili accordi elettorali futuri con il PD, che non sia a parole per l'acqua pubblica e la sanità pubblica, ma contemporaneamente preghi per l’unità con sinistra e libertà che calpesta queste parole d’ordine a partire dalla Puglia, che non sia per la pace e contro le guerre imperialiste ma contemporaneamente supino alle alleanze con i guerrafondai del centrosinistra e lo supporti nel finanziare le missioni militari.

Tutto questo è film già visto e ci ha portato all'ulteriore declino e frammentazione, se non al vero allontanamento, abbandono e disaffezione di validi compagni all'impegno politico. Chiediamo un atto di coraggio e di discontinuità. La dimostrazione che i comunisti sono diversi e alternativi al modello di società dominante, nella questione morale, nelle lotte, negli obiettivi da perseguire e nella prospettiva di costruire una società diversa. La dimostrazione che il vertice ascolti e incarni i sentimenti politici della base che dovrebbe rappresentare e che si vuole lottare, uniti, per la classe lavoratrice, i precari, le donne, gli immigrati ed i pensionati a basso reddito, e non che si lavora per avere una poltrona con scorciatoie che non modificano nulla degli assetti presenti e che al contrario compromettono la nostra credibilità.

Non ci interessano le lotte interne, non ci interessano le complicità sottobanco con altri, ci interessa tornare ad essere orgogliosi di definirci tesserati di un "Partito Comunista". Non accetteremo di nuovo di piegarci ai ricatti della "Grande alleanza democratica" (2004) o di nuove alleanze subalterne variamente dipinte in questi quindici anni. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, nessuna utilità, nessuna crescita, al contrario,solo disillusione da parte dei compagni che si sentono ogni volta sempre più traditi.

Pertanto, la priorità su cui ricostruire questo Partito non può essere solo quella di tornare in Parlamento, soprattutto se non vincoliamo questo ritorno a un preciso programma tutto a vantaggio della classe e non a sostegno dei poteri forti. Parallelamente chiediamo l'inizio di un percorso condiviso verso una costituente aperta e partecipata, che porti alla realizzazione dell'unità dei comunisti, a un programma minimo anticapitalista e antimperialista e che non sia un progetto calato dall'alto stabilito a tavolino e per quote, ancora una volta lontano dai compagni e da tutte/i le/i comuniste ma frutto di un lavoro e di una discussione seria e costruttiva.

Un percorso condiviso che coinvolga tutte le diverse realtà comuniste disponibili e non solo un'unità tra i vertici di due partiti, ma l'apertura di una reale Costituente Comunista che dia vita ad una concreta opposizione di classe, contro lo squalo capitalista, contro il patto sociale, contro gli accordi truffa, supportati dal centrodestra e dal centrosinistra.

Noi chiediamo con coraggio e convinzione che ci sia una svolta realmente a “sinistra” e dal “basso”.

Per sostenere con forza questi obiettivi diamo appuntamento a tutti i compagni e tutte le compagne, a Roma, sabato 22 ottobre 2011, alle ore 15.00 sotto la sede della Federazione della Sinistra, per far sventolare di nuovo, con orgoglio, tutti insieme la nostra bandiera rossa.

Per aderire e sottoscrivere, manda una mail a: adesioni22ottobre@gmail.com









prime adesioni:

Gennaro Thiago Nenna, PRC Circolo Fortunato Cava de' Tirreni (SA)

Costantino Borgogni, PRC Poggibonsi (SI)

Maria Antonietta Garofalo, PRC Castelvetrano ( TP ),

Elena Gaetti, PdCI Pavia

Valentina Marchesini, Circolo PRC Siena,

Fausta Dumano, Circolo PRC Carlo Giuliani Frosinone,

Mario G. Cossellu, Segreteria Circolo PRC/SE "Enrico Berlinguer" Bruxelles,

Mauro Salvi, PdCI Pavia,

Manuela Consogno, PdCi Pavia,

Nicola Iozzo PDCI Vibo Valentia,

Francesco Andreini, PRC Siena,

Roberta Laura Vannini - Guidonia Montecelio (rm)-pdci

Tea Cernigoi, Torino

Andrea Salutari, coordinatore provinciale Giovani Comunisti Torino

Andrea Zampieri, PRC Mirano Ballan (VE)

Marina Susanna Loi, PRC Sardegna

Filippone Manuela Calamonaci, Rifondazione Comunista Federazione provinciale FdS

Katia Silvestrini, PRC Fabriano (ex segretaria circolo PRC Fabriano)

Massimo Filipponi detto Kolkov, Roma ex dirigente PdCI (non rinnovata la tessera per protesta)

Angelo Caputo, Giovani Comunisti (RC) circolo: Tiburtino III Roma

Anna Cotellessa, ex PdCI (non rinnovata la tessera per protesta)

Luca Furlan dei Giovani Comunisti di Gorizia (circolo PRC di San Canzian d'Isonzo)

Maria Pina Chessa, (insegnante precaria) Circolo Centopassi PRC Nuoro

Luca Marini, PRC Prato

Angela Bindi - Circolo PRC di Sovicille - Siena

Iole Superchi, Allumiere, Circolo P.R.C di Allumiere

Luisa Monaco, circolo PRC San Lorenzo, Roma

Margherita Bravo, PRC Venezia

Andrea Cristofaro, Circolo PRC Carlo Giuliani Frosinone

Alessandra Aiello, PRC Roma

Angelo Silvestri, Segreteria PRC CORI (LT)

Laura Scappaticci- senza tessera ex pdci- Arpino (FR)

Adele Patriarchi, insegnante Roma

Italo Nobile, Circolo Stella San Carlo all'Arena - Napoli

Pino de Luca, San Donaci (BR)

Loretta Mugnaini, rappresentante PRC di Scandicci

Parissi Piero, Vignoli Mauro, Pucci Parizia, ex PRC non rinnovate le tessere per protesta(Scandicci)

Gianni BASSANI, responsabile provinciale Lavoro del P.R.C. SIENA

Alessandro Perrone, CU Monfalcone/FVG

Mario D'Acunto, Comunisti Uniti Toscana

Simone Servello, PRC Petrizzi CZ

Marina Sartor, operaia, Casole d'Elsa (SI)

Sandro Targetti, PRC - Circolo Ferrovieri Spartaco Lavagnini- Firenze












documento, primi firmatari e aggiornamenti su: http://appello22ottobre.blogspot.com/

fonte: facebook

mercoledì 1 dicembre 2010

Ricomincio da qui

Ebbene sì: mi rimetto in pista con questo blog, cui ho cambiato un po' i connotati per sottolineare la "svolta". Che poi a ben vedere tanto svolta non è, perché io sono rimasta la stessa, con le mie convinzioni ben radicate - anche se alcune, lo ammetto, sono un po' acciaccate... quasi come la "me fisica", che da quel benedetto intervento deve ancora trarre qualche beneficio.

Il "Solleviamoci" di lotte, proteste e proposte si è ormai definitivamente trasferito su wordpress ed è decollato bene, al punto che cammina con le sue gambe (e con le dita ed i pensieri di Mauro e la mia collaborazione sporadica) e non ha certo bisogno della mia continua attenzione.

Ergo, mi ritrovo disoccupata (si fa per dire, che già lo ero e lo sono, ma sul serio!) e con un po' - poco, perché comunque non riesco a stare ferma e seduta per più di un quarto d'ora - di tempo a disposizione.

Che fare? Senza scomodare i grandi, ho pensato di pubblicare le mie riflessioni e le mie esperienze di vita. Non perché pensi che chissà che insegnamenti se ne possano trarre, semplicemente perché mi sono accorta, oggi più che mai, che di certi temi, di certe cose non si parla, se non, quando succede, in modo assolutamente impreciso.
Come della storia, soprattutto di quella degli ultimi cent'anni.

Eggià, la storia. Che la scrivano i vincitori è dato noto (e già questo sarebbe discutibile), ma che poi enfatizzino alcuni fatti e ne nascondano altri, o che arrivino a mistificarla per i loro fini a me non sembra giusto. Sì, lo so che l'ignoranza è funzionale al potere e che basta ripetere un certo numero di volte una cosa perché diventi prima credibile e poi persino vera, ma non è un buon servizio ai giovani. E allora, partendo da un'onesta dichiarazione di partigianeria (sì: sono smaccatamente di parte. Come tutti del resto, che lo ammettano o meno), voglio raccontare la "mia" storia, quella che conosco e/o ho vissuto, condita però da riflessioni sull'attualità. Infatti, pur piccandomi di essere un rudere, vivo pur sempre in questo mondo ed in questo attimo!

Non ho pretese da tuttologa, so di non sapere e non sempre ero e sono direttamente presente. Non ho la verità in tasca e nemmeno la voglio. Ma visto che chiunque, soprattutto da destra oggigiorno, può rivedere i fatti a suo piacimento, perché non posso farlo io, che oltretutto verrò letta sì e no da quattro amici?

E con questa per nulla deprimente affermazione, vi dò appuntamento a... non so quando.

giovedì 3 settembre 2009

Videocracy - 4 settembre


Ho deciso di aderire all’iniziativa lanciata da http://fabiopari.blogspot.com/2009/08/videocracy-appello-tutti-i-blogger.html per la diffusione di massa di questo film, di cui la RAI ha rifiutato di trasmettere il trailer.

Trama: Il film racconta dall'interno le conseguenze di un esperimento televisivo che gli italiani subiscono da 30 anni. Riesce ad ottenere accesso esclusivo alle sfere più potenti e rivela una storia significativa, derivata dalla spaventosa realtà della televisione italiana, un Paese in cui il passaggio da showgirl a Ministro per le Pari Opportunità è puramente naturale (tratto da http://trovacinema.repubblica.it/film/videocracy-basta-apparire/378953)


Recensione: Cos’è la "videocrazia"? Secondo Erik Gandini, italiano d’origine e svedese di adozione, è il sistema di potere televisivo di cui l’Italia offre oggi l’esempio più consistente ed emblematico. Videocrazia non è esattamente un film su Berlusconi ma un film sull’Italia berlusconiana di lunga durata: fisiologicamente, sociologicamente e forse persino antropologicamente berlusconiana. L’Italia in cui, come afferma Nanni Moretti ne Il Caimano, «Berlusconi ha già vinto». Un’Italia trentennale, ossessionata dall’esibizionismo sessuale e dalla totale assenza di freni morali - con ogni probabilità anche molto incapace di guardarsi allo specchio – che viene restituita dallo sguardo attento di uno "straniero" sui generis, la cui relativa italianità gli ha consentito una conoscenza sul campo del fenomeno analizzato. Ma il suo film non rincorre l’attualità o lo scandalo. Non insegue la notizia o il gossip. Sviluppa piuttosto una distanza critica singolare rispetto alle circostanze e ai personaggi rappresentati o ai materiali di repertorio selezionati e assemblati: distanza critica fatta di straniamento e profondo sdegno allo stesso tempo (tratto da http://www.mymovies.it/film/2009/videocrazia/)


http://www.youtube.com/watch?v=MLKFgBhCe9w


Purtroppo una ricerca in rete non ha permesso di trovare, al momento (però sono le 3 del mattino del 3, quindi magari in giornata le cose cambiano…), sale in cui sia prevista la proiezione di questo film, né a Pavia né a Milano. Verificherò.

Intanto sia chiara una cosa: non baso il mio giudizio del film sul trailer (a vederlo tutto potrebbe anche non piacermi!) ma semplicemente non condivido l’idea di far passare la censura. Con la scusa di un “pubblico variegato” e della “necessità di soddisfare i gusti di tutti” ci propinano banalità colossali e poi si permettono di non far passare qualcosa solo perché potrebbe non piacere al padrone del vapore? Non mi hanno convinto, non mi convinceranno mai. La loro libertà finisce dove comincia la mia, no? Quindi mi voglio prendere la responsabilità di decidere con la mia testa. Ora e sempre.


http://www.youtube.com/watch?v=Bb6MnbsI34g

giovedì 28 maggio 2009

Riflessioni di una cittadina non proprio qualunque...


Detesto i pettegolezzi. Penso che chiunque abbia il diritto di avere una vita privata senza doverla per forza sottoporre al vaglio del pubblico – anche se sono cresciuta con il motto “il personale è politico”, ma ovviamente il senso era leggermente diverso.

Ho infatti aborrito la campagna che si è scatenata quando il sottosegretario Sircana (governo Prodi) è stato fotografato con un trans (ma saranno anche fatti suoi? Non siamo tutti uguali, ma la Costituzione garantisce – quantomeno in teoria – pari dignità a qualsiasi scelta, no? Poi uno può decidere di uscire allo scoperto, come Vendola, o – ammesso che sia tutto vero – tenerselo per sé, senza bisogno di cercare motivazioni riprovevoli a tutti i costi. Penso a me: dovessi mai decidere di sbattezzarmi, non penso che me ne vergognerei proprio, ma sicuramente non mi farebbe piacere che questo fatto venisse pubblicizzato. Non per me, ma per i miei genitori. E comunque tutto questo non avrebbe alcuna influenza su come la penso e su come mi comporto). Ma l’ultima gazzarra scatenata dal comportamento “poco ortodosso” del nostro PdC esula dal privato, non solo perché si potrebbe anche parlare di abuso di potere nei confronti di una minore – ok, con il beneplacito della famiglia: peggio ancora! – ma anche perché il già poco edificante episodio è stato poi condito con menzogne a raffica. Riporto un articolo illuminante de “la Repubblica”, 26 maggio:


LA STORIA. La "verità" del padre di Noemi e le falsità del Cavaliere
Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Berlusconi
La prima ammissione in un rosario di bugie: "L'ho vista sempre in compagnia dei genitori".
Ma poi è il premier stesso a dire...


di GIUSEPPE D'AVANZO

Si può immaginare che a Palazzo Grazioli ci sia come "un'unità di crisi", per lo meno dal 3 maggio quando Veronica Lario ha lanciato il suo j'accuse politico contro il marito premier. Si può immaginare uno staff (ne ha preso le redini l'avvocato Niccolò Ghedini?) che mette insieme i cocci delle troppe contraddizioni; tiene i contatti con i protagonisti e sotto controllo coloro che potrebbero diventarlo; influenza il lavoro delle redazioni e la comunicazione politica; coordina le dichiarazioni pubbliche e le interviste dei co-protagonisti; distribuisce servizi fotografici, utili a fabbricare una realtà artefatta: lo si è visto con le performance di Chi (Mondadori).

Se questa "unità di crisi" è davvero al lavoro a Palazzo Grazioli, va detto che il suo impegno è mediocre e dannoso per Berlusconi che dovrebbe avvantaggiarsene per uscire dal cul de sac in cui lo hanno cacciato, dopo dodici giorni, le troppe parole bugiarde scandite nei primi giorni dell'affaire e l'imbarazzato silenzio opposto alle dieci domande che Repubblica ha ritenuto di dovergli rivolgere.

Lunedì 25 maggio, ieri, avrebbe dovuto essere il giorno della riscossa. Domenica, i ricordi di Gino Flaminio, l'operaio di 22 anni legato sentimentalmente a Noemi Letizia dal 28 agosto 2007 al 10 gennaio 2009, aveva mandato per aria il tableau manipolato senza sapienza (Repubblica, 24 maggio). Non era vero che la famiglia Letizia né tanto meno il padre di Noemi, Elio, avevano una lunga amicizia con Berlusconi, sostiene Gino. Il premier telefonò alla minorenne Noemi per la prima volta soltanto nell'ottobre del 2008, soltanto sette mesi fa. Le telefonò direttamente. Nessuna segreteria. Nessun centralino. Le disse parole di ammirazione per la sua "purezza" in un pomeriggio, per la ragazza, di studio. Dopo quel primo contatto ne seguirono altri, e poi - come ha ammesso la giovane Noemi - incontri a Roma, a Milano e la vacanza di dieci giorni a Villa Certosa in Sardegna (26/27 dicembre - 4/5 gennaio) a ridosso del Capodanno 2008, rivelata da Gino.

Questa verità andava prontamente contrastata. L'"unità di crisi" decide che ad opporvisi subito debba essere il padre della ragazza. Berlusconi approva l'iniziativa e l'anticipa alla stampa. "Vedrete che il padre della ragazza chiarirà ogni cosa in un'intervista, dirà lui della genesi dei nostri rapporti" (Corriere, 25 maggio).

Così è stato. Il signor Elio Letizia, dopo categorici rifiuti ["Non ho alcuna intenzione (di spiegare come ho conosciuto Berlusconi)", Oggi, 13 maggio] decide di offrire al Mattino la ricostruzione dell'incontro con il premier, il come e il quando, il ricordo del primo incontro tra il presidente del consiglio e la giovane figlia. Contemporaneamente, anche il premier rievoca con il Corriere quel primo incontro con Noemi. Ne vengono fuori due racconti divergenti, l'ennesima verità che cancella le precedenti versioni pubbliche, altre gravi incoerenze.

Forse si ricorderà che Berlusconi ha detto di aver conosciuto Elio Letizia perché questi era "l'autista di Craxi" (Ansa, 29 aprile). La familiarità politica era stata, in quei giorni, invocata anche da Anna Palumbo, madre di Noemi: "Berlusconi ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista" (Repubblica, 28 aprile).

Ancora Berlusconi, nella puntata di Porta a porta del 5 maggio (titolo, "Ora parlo io") aveva ripetuto che quell'amicizia antica aveva il colore della passione politica. Il premier ha rivelato di essere volato a Napoli per discutere con Elio Letizia di candidature alle Europee. Dunque, in questa prima versione "congiunta", i riferimenti sono Craxi (fugge ad Hammamet il 5 maggio del 1994) e il partito socialista (si scioglie il 13 novembre del 1994). Se ne deve dedurre che l'amicizia di Berlusconi con Elio Letizia, nata "ai tempi del partito socialista", risale a un periodo precedente al 1994, ad oltre quindici anni fa.

Nell'intervista al Mattino, Elio Letizia liquida per intero la quinta politica dell'amicizia. Non azzarda a dire che è stato un militante socialista né conferma di aver discusso con il presidente del consiglio chi dovesse essere spedito al parlamento di Strasburgo. La prima, insignificante stretta di mano, "nulla di più", avviene nel 1990 (Berlusconi si occupa di tv e calcio), dice Letizia, mentre la "vera conoscenza ci fu nel 2001" quando Craxi non c'è più e il suo partito è liquefatto, dunque sette anni dopo "i tempi del partito socialista". Elio sa - racconta - che a Berlusconi piacciono "libri e cartoline antiche" e nelle sale dell'hotel Vesuvio (maggio 2001) gli propone di regalargliene qualche esemplare. L'idea piace a Berlusconi e Letizia lo raggiunge, poco dopo, a Roma per mostrargli le più belle "cartoline di Secondigliano", dove Elio è nato e vive. Nasce così un legame che diventa un'affettuosa e partecipata amicizia quando Anna e Elio Letizia sono colpiti dalla crudele sventura di perdere il figlio Yuri in un incidente stradale. Berlusconi si fa vivo con una "lettera accorata e toccante". Letizia decide di presentare la sua famiglia al presidente del consiglio nel "dicembre del 2001": "A metà dicembre io e mia moglie andammo a Roma per acquisti e, passando per il centro storico, pensai che fosse la volta buona per presentare a Berlusconi mia moglie e mia figlia"
(il Mattino, 25 maggio).
Questa è la versione dalla viva voce di Elio Letizia, dunque: il capo del governo "per la prima volta vide Anna e Noemi" nel dicembre del 2001 non in pubblico ma nella residenza privata del premier, a palazzo Grazioli, o a Palazzo Chigi. Noemi ha soltanto dieci anni.

Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Silvio Berlusconi.

La memoria del capo del governo disegna un'altra scena decisamente differente da quella che ha in mente Elio Letizia. Quando Berlusconi ha incontrato per la prima volta Noemi? "La prima volta che ho visto questa ragazza è stato a una sfilata", risponde il premier (Corriere, 25 maggio). Quindi, in un luogo pubblico e non nei suoi appartamenti pubblici o privati. Non nel 2001, come dice Elio, ma più avanti nel tempo perché Noemi avrebbe avuto l'età adatta per "sfilare" (quattordici, quindici, sedici anni, 2005, 2006, 2007).

Non è il solo pasticcio che combina l'"unità di crisi" immaginata.

Le incoerenze che si ricavano dalla lettura dei due racconti consegnati alla stampa per "il lunedì della verità" sono almeno altre due.

Berlusconi sostiene di conoscere "la famiglia di quella ragazza da più di 10 anni", quindi da molto più tempo di quel che ricorda Elio che ammette di aver conosciuto personalmente il presidente del consiglio nel maggio 2001 e gli presenta la sua famiglia (la moglie Anna e la figlia Noemi) in dicembre. Otto anni fa e "non più di dieci".

Contraddittorie anche le ricostruzioni della serata del 19 novembre 2008 quando il premier invita Noemi a Roma in occasione della cena offerta dal governo alle griffe del made in Italy, raccolte nella Fondazione Altagamma. La ragazza siede al "tavolo numero 1" accanto al presidente e a Leonardo Ferragamo, Santo Versace, Paolo Zegna.

Dice il capo del governo: "Ho visto Noemi non più di quattro volte, l'ho già detto, e tre volte in pubblico. A Roma, accompagnata dalla madre. A Villa Madama". Nella rievocazione di Berlusconi, Elio non c'è, non è presente. Noemi è accompagnata dalla madre Anna.
Nei ricordi di Elio, Anna non c'è e le cose andarono così: "[Noemi] più volte aveva espresso il desiderio di vedere una sfilata di moda dal vivo e avevo chiesto al presidente di accontentarla. Fummo invitati a Roma. Noemi andò subito a Villa Madama. Io rimasi a palazzo Grazioli con Alfredo, il maggiordomo, con il quale vedemmo la partita dell'Italia, un'amichevole con la Grecia". (il Mattino, 25 maggio).

Nel racconto di Elio, non c'è alcun accenno ad Anna, la moglie non è presente a Roma quel giorno, il 19 novembre, né durante il viaggio in treno né a Villa Madama né a palazzo Grazioli dinanzi alla tv con Alfredo, il maggiordomo.
Se le incoerenze di questo affaire invece di sciogliersi s'ingarbugliano ulteriormente con l'ultima puntata, si deve registrare la prima ammissione di Silvio Berlusconi dopo dodici giorni. Nel corso del tempo, il capo del governo ha sempre detto di aver visto Noemi "non più di quattro volte e sempre accompagnata dai genitori". Oggi concede, dopo le rivelazioni di Gino Flaminio, l'ex-fidanzato di Noemi, di aver ospitato la ragazza a Villa Certosa per il Capodanno 2008 senza i genitori: "E' vero, è stata ospite a casa mia a Capodanno insieme a tanti altri ospiti, non capisco perché debba costituire uno scandalo".

Vale la pena ragionare ora sulla parola "scandalo" scelta da Berlusconi. Scandalo non è una festa di Capodanno, naturalmente. Scandalose sono le troppe scene contraddittorie, alcune inventate di sana pianta ("Elio era l'autista di Craxi"; "Ho discusso con Elio di candidature"; "Ho sempre visto Noemi accompagnata dai genitori"), che il premier ha proposto all'opinione pubblica per giustificare il suo legame con una minorenne e smentire le accuse di Veronica Lario. Ma c'è in queste ore un altro scandalo e prende forma giorno dopo giorno quando un "caso politico" che interpella il presidente del consiglio - quindi, un "caso Berlusconi" - si trasforma in un "caso Noemi" che piomba come un macigno sulle spalle di una famiglia senza potere, nascosta in un angolo di Portici, alle porte di Napoli. Una famiglia oggi smarrita dal clamore che l'assedia, disorientata nell'affrontare una tensione che non è pronta a fronteggiare, priva di punti di riferimento nell'impresa di proteggere se stessa e il futuro di una figlia. C'è uno squilibrio evidente che non rende onore al più potente che chiede al più debole di difenderlo. Uno squilibrio che diventa impudente quando gli avvocati del premier minacciano di "azioni civili" e quindi economiche Gino Flaminio, un operaio che guadagna mille euro al mese, "colpevole" di aver raccontato una "verità" che centinaia di persone hanno avuto per sedici mesi sotto gli occhi.

Appare cinico il calcolo di Berlusconi e la pretesa dei consiglieri dell'"unità di crisi": deve essere la famiglia Letizia a spiegare, a raccontare, a dimostrare. Quest'urgenza, che con ogni evidenza è di Berlusconi non dei Letizia, spinge alla luce del sole una famiglia sempre riservata e gelosa della sua privacy. La obbliga ad affrontare la visibilità delle copertine dei settimanali e la curiosità dei media.

I Letizia non devono spiegare niente a nessuno, in realtà. Non sono né Noemi né Anna né Elio i protagonisti di questo affaire. Il "caso politico" ha un unico mattatore, Silvio Berlusconi, "incaricato di un pubblico servizio". E' questa responsabilità che rende necessario che il presidente del consiglio risponda alle domande che Repubblica gli ha posto. Quelle domande non nascono da un ghiribizzo, ma dalle incoerenze di una versione che non ha retto, finora, alle verifiche ed è apparsa presto soltanto un rosario di menzogne.

Sono le tre accuse di Veronica Lario ("frequenta minorenni", "non sta bene", fa eleggere "vergini che si offrono al drago") e le repliche bugiarde del capo del governo all'origine di questo "caso" politico. Non una ragazza e una famiglia di Portici.

(l’originale è qui: http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-3/prime-ammissioni/prime-ammissioni.html)

A me i rapporti tra i Letizia e Berlusconi non interessano. Mi interessa però avere un capo di governo onesto (e lo so che chiedo la luna…). Uno che chieda il voto ai cattolici ed esegua tutte le volontà del Vaticano perché ne è convinto, non per puri fini elettoralistici, anche se, logicamente, ne preferirei uno che parlasse più da laico e considerasse che, se di fronte alla Costituzione siamo tutti uguali, non è logico fare leggi che vanno bene solo ad una parte. Ma è l’ormai annosa questione del divorzio, per dirne una: il fatto che ci sia una legge che lo permette – neanche tanto all’avanguardia, se vogliamo proprio essere puntigliosi – non significa che un cittadino deve PER FORZA divorziare: se è contento del suo matrimonio perché buttarlo all’aria? Mentre ovviamente se la legge stabilisce che non si può porre fine ad una vita di sofferenze (la propria) con l’autodeterminazione dichiarata in tempi non sospetti finisce che se un essere pietoso mi aiuta a liberarmi di un peso è perseguibile penalmente. Ma torniamo in tema: uno che, per quanto unto, ha quasi due divorzi alle spalle non è che può pensare di venirmi a fare la predica sui valori della famiglia, tanto per capirci (ma la chiesa, quella che difende i valori della vita e della famiglia, quella dei dieci comandamenti, perché sta zitta?). Uno che racconta frottole peggio di Pinocchio non può pensare di essere credibile. Uno che per stare a galla ha bisogno di leggi su misura non può pensare di vincolare gli altri al rispetto delle leggi – e questo indipendentemente dal suo nome: fosse successo a Prodi, avrei scritto lo stesso, anzi pure peggio perché dai candidati della “mia” parte pretendo di più, in termini di coerenza ed etica. Se poi, orrore e raccapriccio, fosse capitato ad un comunista, sarei stata tra i primi ad esporlo al pubblico ludibrio. Certo, con le prove, sennò è puro pettegolezzo, è lapidare prima di aver acclarato fatti e responsabilità.

E infatti il punto, per me, è questo: sono così ottimista che potrei anche crederci, che il cavaliere e la ragazzina sono amici di famiglia – senza tirare in ballo cose “strane” tipo “Harold & Maude”, per capirci. Non è poi così impossibile che un amico/a dei genitori si affezioni ad un figlio/a dei medesimi, e non c’è neppure alcunché di male se i due si incontrano da soli: quante volte sono andata alla fiera, io decenne o giù di lì, con il marito dell’amica di mia madre! O al cinema con un altro adulto maschio, amico di famiglia, senza che venissero scatenati tuoni fulmini e saette!

Ma… ecco, c’è una piccola differenza – ed è il motivo per cui ho scritto questo post. Non è il profilo decisamente più basso dei protagonisti delle “mie” storie. E’ il fatto che noi, se qualcuno avesse domandato qualcosa, avremmo dato una versione univoca, senza contraddizioni e mezze verità. Perché se non c’è niente da nascondere, a chi giova farlo?

E qui i casi sono due:

1) i rapporti tra i due sono un po’ meno limpidi di quanto il cavaliere e la sua ciurma si affannino a far credere - e questo posta ad un’altra considerazione, squallida quanto sconvolgente: si sa che la miseria fa fare cose “strane”, ma ci rendiamo conto dell’abisso in cui ci siamo fiondati, chi più chi meno consapevolmente? Pur di emergere, far carriera, “apparire”, buttiamo le nostre creature in bocca ad un mostro xxxenne per il solo fatto che ha il potere…

2) la loro conoscenza è effettivamente limpida – e allora la logica conseguenza è la domanda: perché impiastricciare tutto? Forse perché, nonostante il continuo richiamo alla famiglia, non si può fare a meno di strizzare l’occhio (sempre in termini di guadagno elettorale) a chi magari pensa che “il Silvio è proprio tosto, si fa anche le minorenni”?

Non è mia intenzione offendere
i – tanti – cattolici o quantomeno non comunisti con questa mia ultima affermazione sottostante, ma mi viene proprio da pensare che l’anticomunismo di Berlusconi sia talmente radicato da fargli aborrire la celebre frase “la verità è rivoluzionaria”… quindi, meglio raccontare balle!

domenica 10 febbraio 2008

Frankie Hi-NRG canta il precariato

Sarà sul palco del prossimo Festival di Sanremo ma non ha improvvisamente deciso di darsi alla canzonetta. Frankie Hi-NRG MC sta per cantarle di nuovo chiare, stavolta sul mondo del lavoro. DePrimoMaggio, il suo nuovo album, uscirà proprio durante il Festival e conterrà il brano in gara (Rivoluzione, con il featuring di Roy Paci e lo special guest Enrico Ruggeri) e altre canzoni in cui Francesco Di Gesù (questo il vero nome di Frankie) dirà la sua su precariato e disoccupazione.

Già i titoli dei pezzi parlano chiaro: Call Center (con il featuring di Ascanio Celestini, il cui nuovo film, Parole sante, racconta proprio la lotta dei lavoratori del più grande call center italiano), Direttore (con il featuring di Giorgia), Precariato e Pugni in tasca (con quelli di Paola Cortellesi), Mattatoy (in cui si ascolta la voce del giornalista Gianluca Nicoletti). In più, una chicca: la cover di Chicco e Spillo, il primo grande successo di Samuele Bersani.

Realizzato assieme agli storici collaboratori del rapper torinese (Francesco Bruni, Lino De Rosa, Alberto Brizzi, Marco Capaccioni e Leonardo Fresco Beccafichi) DePrimoMaggio si intitola così, spiega Frankie, "perchè, vista l'attuale situazione italiana, del lavoro più che la festa occorrerebbe fare la commemorazione". Staremo a sentire.

In attesa del nuovo album, tutti gli album di Frankie Hi-NRG recensiti uno per uno

(17:39 - 06 feb 2008)

fonte: http://www.delrock.it/articoli/2008-02/frankie-hi-nrg-canta-il-precariato-in-deprimomaggio.php

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Ascanio Celestini presenta il suo film 'Parole Sante'
Ascanio Celestini presenta il suo film 'Parole Sante'

In occasione dell’anteprima a Milano del film/documento Parole sante ho incontrato Ascanio Celestini, regista e autore della pellicola. Simpatico e semplice si pone subito come uno che vuole raccontarsi e raccontare con la naturalezza di chi crede in ciò che fa.

Ascanio, Lei ha prodotto una pellicola controcorrente in un periodo in cui l’evasione sembra essere la chiave del successo?
Ho semplicemente fatto raccontare ai personaggi del “Collettivo PrecariAtesia” la loro storia non come l’antropologo che descrive un iter culturale, ma dando la possibilità a ciascuno dei protagonisti di raccontarsi rivivendo il vissuto. Ascoltare una storia significa farla raccontare.

Come è maturata l’idea di affrontare il fenomeno del ‘precariato’?
Si tratta di un problema che, lungi dal decrescere come affermano alcuni economisti, sta crescendo in maniera esponenziale e drammatica. Non che non esistesse nel passato: l’hanno vissuto mio padre e mio nonno, ma poi sono riusciti ad avere un lavoro stabile. Oggi è diverso: si va avanti con l’incertezza fino a non si sa quando e soprattutto manca la prospettiva di miglioramento. Anzi è maturato nelle coscienze un meccanismo di ‘perdita di possibilità’.

Si sente un precario?
Sono un lavoratore autonomo, un artigiano e non dipendo da capricci o interessi altrui.

Come mai ha scelto come oggetto dell’analisi proprio un ‘call center”?
Intanto si tratta di uno dei ‘call center’ più grandi d’Europa, il primo in Italia e l’ottavo al mondo con 300.000 telefonate al giorno, e si può considerare a buon diritto una specie di laboratorio aziendale: i primi esperimenti vengono testati proprio in questo alveare dove ogni giorno entrano quattromila persone la maggior parte precari (3500 ca.) per un lavoro pagato 550 euro al mese.

Cosa ha rilevato di particolare in questo mondo?
Ho cercato di raccontare la parte positiva che è quella dell’auto-organizzazione, cioè il fatto che un gruppo di giovani si sia riunito per capire i propri diritti e difenderli anche se ha pagato con licenziamenti, soprusi e prove di forza perdendo l’unica forma di sostentamento che aveva da anni, come è successo alla coppia Salvatore e Cecilia. È una storia di sconfitte che però hanno costruito una coscienza.

Ritiene di non avere detto qualcosa?
Ho cercato di tenere fuori il ruolo dei partiti e dei sindacati anche se all’inizio avevo pensato di fare un documentario diviso in due con una parte dedicata a loro. Poi ho deciso di stare ‘super partes’ anche politicamente senza attaccare nessuno né di destra, né di sinistra perché il vero problema è costituito da questi giovani che chiedono qualcosa e che dovrebbero essere ascoltati e conosciuti anche dai sindacati per evitare che insoddisfazioni e disperazione formino un mix esplosivo.

Inserita il 31 - 01 - 08

Da venerdì 8 febbraio al cinema Metropolitan di Roma - via del corso, 7

Parole Sante




Un documentario di Ascanio Celestini presentato alla Festa di Roma nella sezione Extra

Domenica 10 febbraio alle 20.30 Ascanio Celestini saluterà il pubblico in sala.

A Torino già in sala al King Kong Microplex - via Po, 21, sara' prorogato fino al 17 febbraio.

Cinecittà è un pezzo di Roma a ridosso del Grande Raccordo Anulare. Accanto a uno dei primi centri commerciali della capitale quattromila lavoratori precari attraversano ventiquattro ore al giorno il portone di un’anonima palazzina, una fabbrica di occupazione a tempo determinato che sembra un condominio qualunque. Tra loro alcuni operatori telefonici hanno organizzato scioperi, manifestazioni, scritto un giornale e presentato un esposto all’Ufficio Provinciale del Lavoro. Si sono autorganizzati, hanno rischiato e sono stati licenziati. Qualcuno poteva salvarsi e accettare un lavoro pagato 550 euro al mese, ma “noi non siamo mica il Titanic –mi dicono- non affonderemo cantando”.

Parole sante! Rispondo io.


fonte: http://www.ascaniocelestini.it/main.htm

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sabato 9 febbraio 2008

Birmania, la giunta promette elezioni nel 2010. L'opposizione dubita



Spiraglio di democrazia in Birmania. È ancora presto per dirlo, ma nel paese forse qualcosa si muove. La giunta militare al potere da 45 anni ha indetto un referendum per una nuova costituzione. E promette elezioni «multipartitiche» per il 2010.

Si tratta del cosiddetto «itinerario in sette punti» verso la democrazia che è stato stilato dalla giunta, che però finora non pare averlo tenuto particolarmente in conto, come dimostrato dalla repressione seguita alle rivolte dei monaci dello scorso anno.

Le linee-guida della nuova Costituzione sono state individuate lo scorso anno, e una Commissione di nomina governativa sta provvedendo alla definitiva stesura di una Carta che manca dal 1988.

Le ultime elezioni nel Paese risalgono al 1990: vinse la Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi, alla quale i militari rifiutarono di cedere il potere che detengono dal 1962. Ora la giunta promette di rispettare quelle scadenze. La leader dell'opposizione e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi si è detta «sorpresa» dell'annuncio e crede che sia «ancora troppo presto per parlare di elezioni». Intanto, come voluto dalla giunta, dovrà rimanere agli arresti domiciliari.

Pubblicato il: 09.02.08
Modificato il: 09.02.08 alle ore 16.49

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=72790

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Hard disk, così ti cancello i diritti degli utenti





Paolo De Andreis

di Paolo De Andreis venerdì 08 febbraio 2008

Roma - Si aprono spesso squarci sull'inabilità del Legislatore
di star dietro alla società dell'informazione e a volte capita che questa incapacità si riverberi interamente sui cittadini. Succede oggi con la tassa sulla copia di hard disk sottoposti a sequestro, una tassa che, ora c'è la prova provata, può da sola in certi casi cancellare il diritto alla difesa in un procedimento penale.


Ieri mattina il legale che difende un imputato
in una indagine che ha portato al sequestro del computer del suo assistito si è recato in un compartimento della Polizia Postale per ottenere una copia certificata dell'hard disk contenuto in quel computer. Si tratta di un diritto fondamentale della difesa: poter verificare l'integrità dei dati, recuperare informazioni utili per il proprio lavoro, analizzare su quali basi certe tesi potranno affiorare nel corso del procedimento. Si tratta cioè di un elemento chiave per stabilire una strategia difensiva, rilevante in ogni contesto, tanto più se di natura penale. Ma quella copia così importante per l'accusato non è stata fatta. Il motivo? Costava decine di migliaia di euro.

Già, la copia certificata dell'hard disk per l'esercizio del diritto alla difesa non viene fornita d'ufficio. Viene prodotta solo su richiesta e a carissimo prezzo. Per la precisione, se si vuole ottenere la copia di un disco da 120 gigabyte, come accaduto ieri, occorre sganciare circa 40mila euro. I pagherò non sono accettati, ci vogliono mazzi di marche da bollo. Ciascun CD-R su cui i dati vengono riprodotti costa all'imputato esattamente 258 euro virgola 23. Fatta qualche moltiplicazione per il conteggio preventivo dei diritti, gli euro sono calcolati, il diritto è negato.

A procurare questa lesione non è una calcolatrice truccata: lo stabilisce nientemeno che il Testo Unico sulle spese di Giustizia nei cui meandri si cancella il diritto alla difesa. Come si può facilmente verificare, se la riproduzione certificata costa poco meno di 5 euro per un nastro da 90 minuti, in caso di copia digitale "per ogni compact disc" (valutato in 640 mega nel caso di cui stiamo parlando), la tassa da pagare è 258 euro e rotti.

i diritti di copia



L'articolo 269 a cui è allegata la tabella qui sopra non parla di dilazioni di pagamento o mutui per chi debba acquistare una montagna di marche da bollo: in modo gelidamente operativo impone il quantum da pagare per la copia. Va pagato subito, soldi in mano. Ciò significa che alla difesa del cittadino di medio reddito non rimane che appellarsi semmai in un secondo momento al magistrato, chiedere che venga effettuata una perizia per conto del tribunale; ma il giudice (vedi caso Vierika) non ha alcun obbligo di accettare tale richiesta, né è detto che la perizia sia ciò che convenga alla difesa stessa per questioni procedurali, organizzative od operative che possono non aver nulla a che vedere con la colpevolezza o meno dell'imputato ma che possono inficiare le strategie difensive. Il che significa che ci si può attendere che in tribunale l'unica perizia che verrà ascoltata sarà quella effettuata dall'accusa.

Non solo: come accennato,
è ben facile pensare che un hard disk possa contenere anche materiale necessario all'attività lavorativa del soggetto, per non parlare di quei contenuti del tutto personali di cui l'accusato potrebbe non possedere copie, contenuti magari del tutto estranei al procedimento che ha motivato il sequestro ma ugualmente resi indisponibili. Sì, è vero, il materiale successivamente viene riconsegnato all'accusato. Ma quando? In genere passano circa 7 anni dal momento del sequestro. E il lavoro di quella persona? I suoi affetti? Tutto passa in secondo piano, nulla di quell'hard disk può essere rilasciato senza il pagamento di una somma stratosferica.

È naturalmente impervio volersi arrampicare su una tesi colpevolista, è difficile credere che chi ha consentito che una norma del genere venisse approvata abbia di proposito voluto cancellare i diritti essenziali dei cittadini, o almeno di quelli meno opulenti. Il che ci lascia con una sola possibilità, ovvero che chi lo ha fatto, il Legislatore, ancora una volta abbia agito nell'inconsapevolezza di cosa sia e come funzionino le tecnologie oggi e quanto siano centrali nella vita di noi tutti.

Chi ha normato questa tassa lo ha fatto essendo incompetente a decidere. E ieri, sul verbale, è stato scritto che la difesa "rinuncia alla copia".

Sono sgambetti predisposti ai danni dei cittadini
da un Legislatore testardamente ignorante, e i lettori di questa testata lo sanno meglio di chiunque altro. Eppure non sempre va in questo modo. Quando Punto Informatico tirò fuori nei mesi scorsi il caso della "tassa sui blog", qualcuno lo ricorderà, tre giorni dopo quel testo era già stato modificato. Non è stato un caso: tutti i media hanno attinto da quell'articolo per portare in prima pagina il provvedimento, l'opinione pubblica è stata messa a conoscenza dei nomi e dei volti dei responsabili politici. E a quel punto solo la promessa di una correzione di rotta ha potuto "salvare" la situazione, una correzione non troppo ardua visto anche che il provvedimento era ancora in divenire. Ma ora? Ma in un caso come questo? Chi mai si assumerà la responsabilità di un errore così grossolano nel Testo Unico, un errore che danneggia oggi direttamente un cittadino ma chissà quanti altri ne ha già danneggiati? Chi si assumerà mai la responsabilità politica di una incompetenza così clamorosa?

E non è tutto, ahinoi.
L'altro problema con cui devono fare i conti gli italiani è che molte di queste schifezzuole legislative sono state inoculate all'interno di normative spesso di difficile lettura, sparse a pioggia in leggi che magari di tutto si occupano, all'apparenza, meno che della tecnologia e delle sue conseguenze. Proprio come nel Testo Unico. Il che rende difficile qualsiasi riforma senza un certosino lavoro di individuazione delle falle. Non sorprenda: siamo nel pieno della rivoluzione digitale, Internet viene usata da masse di italiani ormai da molti anni, e in tutto questo tempo l'insostenibile leggerezza del Legislatore si è palesata con maggioranze e schieramenti di ogni colore, ripetendosi senza soluzione di continuità, rinnovando con allarmante periodicità l'incapacità di far fronte al mondo che cambia e alle esigenze degli italiani che vorrebbero cavalcare il cambiamento innescato dalla società dell'informazione.

La soluzione?
Ricorrere agli hard disk di un tempo. In fondo 4 giga costerebbero poco più di 1600 euro.


Paolo De Andreis
il blog di pda


fonte: http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2183691

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FISCO - Nei modelli Unico 2008 cuneo e nuove detrazioni


di Tonino Morina

Arriva Unico 2008. Sul sito internet dell'agenzia delle Entrate, ieri sono stati infatti pubblicati i provvedimenti del direttore, Massimo Romano, firmati il 31 gennaio scorso, relativi a modelli e istruzioni per le persone fisiche, le società di persone, gli enti non commerciali e Irap. Numerose le novità, tra le quali alcuni degli sconti e delle agevolazioni previste dalle ultime due Finanziarie.


Unico persone fisiche


Debuttano le nuove regole in tema di detrazioni per carichi di famiglia. Scompaiono invece la no tax area, cioè l'imponibile fuori fisco, e le deduzioni per carichi di famiglia, cosiddetta no tax family. Il nuovo modello prevede anche uno specifico quadro «BF richiesta bonus fiscale» che riguarda i contribuenti cosiddetti incapienti, con imposta netta 2006 pari a zero, che hanno diritto al rimborso forfetario di 150 euro, maggiorato di un ulteriore bonus di 150 euro per ciascun familiare a carico nel 2006. Debuttano altresì gli sconti del 55% per il risparmio energetico.


Dichiarazione online


Da quest'anno la dichiarazione dovrà essere presentata esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite intermediari, entro il 31 luglio 2008. Sono esonerati dall'obbligo di presentazione in via telematica le persone fisiche che: non possono presentare il modello 730/2008 perché privi di datore di lavoro o non titolari di pensione; pur potendo presentare il 730/2008, devono dichiarare alcuni redditi o comunicare dati usando i relativi quadri del modello Unico (RM, RT, RW, AC); devono presentare la dichiarazione per conto di contribuenti deceduti; sono privi di un sostituto d'imposta al momento di presentazione della dichiarazione perché è cessato il rapporto di lavoro. I contribuenti esonerati dall'obbligo di presentare l'Unico in via telematica devono presentare, entro il 30 giugno 2008, la dichiarazione in forma cartacea per il tramite di un ufficio postale. Rimane fermo che questi contribuenti, anche per fruire del più lungo termine del 31 luglio 2008, possono presentare la dichiarazione in via telematica.


Le novità della Finanziaria


Il modello Unico 2008 imbarca inoltre le novità Irpef previste dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008), come il reddito della casa che "scompare" dal reddito complessivo del beneficiario ai fini del calcolo delle detrazioni per carichi familiari e l'esonero dalla dichiarazione dei redditi per i contribuenti titolari solo di redditi fondiari di terreni e fabbricati di importo complessivo non superiore a 500 euro.
Per calcolare le detrazioni per i familiari a carico, il reddito della casa di abitazione esce quindi dalla determinazione del reddito complessivo. L'importo si determina senza considerare il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle sue pertinenze. La novità rileva con esclusivo riferimento al reddito complessivo del soggetto che intende avvalersi del beneficio. Un'altra delle novità della Finanziaria 2008 riguarda il super bonus di 1.200 euro a favore delle famiglie con almeno quattro figli a carico.


Studi con adeguamento

Da quest'anno potrebbe essere meno oneroso l'adeguamento agli studi di settore. Questo per la ragione che i contribuenti soggetti agli studi sono in linea con essi quando dichiarano ricavi o compensi di importo pari o superiore al "minimo ammissibile". Non è cioè necessario che dichiarino l'importo più elevato, indicato come ricavo o compenso "puntuale di riferimento". Perciò, chi dichiara ricavi o compensi che sono all'interno del cosiddetto "intervallo di confidenza", cioè tra il ricavo o compenso "puntuale di riferimento" e il ricavo o compenso "minimo ammissibile" è, di norma, escluso dall'accertamento in base agli studi di settore (circolare 5/E del 23 gennaio 2008).


fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Norme%20e%20Tributi/2008/02/unico-2008-nuovi-sconti-irpef.shtml?uuid=e8c5a76e-d6ea-11dc-bac6-00000e25108c&DocRulesView=Libero

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La Turchia liberalizza il velo islamico all'università

Centomila in piazza per dire "no"

La manifestazione ad Ankara

ANKARA (9 febbraio) - «La Turchia è laica e deve restarlo»: con questo slogan 100mila persone sono scese in piazza ad Ankara per protestare contro la liberalizzazione del velo islamico nelle università che il parlamento turco ha approvato oggi. «La Turchia è laica e lo resterà», «La Turchia non diventerà come l'Iran» gli slogan gridati dai manifestanti

100mila in piazza. La manifestazione in piazza Sihhiye è stata indetta da 67 organizzazioni non governative laiche, in buona parte femminili. «La Turchia è laica e lo resterà», «La Turchia non diventerà come l'Iran», sono gli slogan gridati dai manifestanti che mostravano anche ritratti del padre della Turchia, Mustafa Kemal Ataturk che inserì la laicità come principio immodificabile della Costituzione turca. «Il Parlamento, dominato dal partito filoislamico Akp, sta erodendo il regime repubblicano e lo sostituisce con la bigotteria. Essi vogliono distruggere la repubblica democratica laica», ha affermato dal podio Gokhan Gunaydin uno degli organizzatori. Si teme che dopo le università, il velo venga liberalizzato anche negli edifici pubblici, nei licei e nelle scuole medie, dove al momento è proibito. Una analoga manifestazione si era svolta il 2 febbraio alla vigilia dell'approvazione in prima lettura delle stessa riforma e aveva raggruppato oltre 125 mila persone.

La riforma. La riforma è stata approvata grazie al voto favorevole (411 su 550) dei deputati filoislamici dell'Akp e quelli nazionalisti del Mhp. Contrari invece tutti di deputati del partito di opposizione laico e di sinistra, Cop. Il primo emendamento (403 voti a favore e 107 contrari) ha inserito nella Costituzione un paragrafo che sancisce il diritto di tutti a un eguale trattamento da parte delle istituzioni dello Stato. Il secondo emendamento (403 a 108) stabilisce che «nessuno può essere privato del suo diritto a un'istruzione superiore». Il Partito repubblicano del popolo (Chp) ha già annunciato un ricorso alla Corte costituzionale. «Il velo è un simbolo politico. Non permetteremo che il nostro Paese torni al medioevo», ha tuonato il deputato Canan Aritman, cui ha fatto eco l'indipendente Kamer Genc, il quale teme che la legge possa creare il caos nelle università e condurrà alla disintegrazione della nazione. Passati i due emendamenti, il governo lavorerà alla modifica delle leggi che regolano l'istruzione superiore per specificare quale sarà l'abbigliamento ammesso, evitando così che le studentesse si presentino all'università in chador o col burqa.


fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=18562&sez=HOME_NELMONDO

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venerdì 8 febbraio 2008

La foto dell'anno? Un soldato sfinito


Sapete qual'è la cosa tragica? E' che se prendete un qualsiasi disegno di un qualsiasi videogioco di guerra dell'ultima generazione e lo mettete a fianco di questa foto probabilmente non sapreste dire quale immagine rappresenti la realtà.. E avreste ragione, perché non vi è alcuna differenza. Purtroppo.
mauro
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Lo scatto di Tim Hetherington mostra un militare americano in un bunker dell'Afghanistan


AMSTERDAM - Il soldato è stremato. Appoggiato al muro di un bunker, ha le mani sul volto che gli coprono gli occhi. Cerca un po' di riposo dopo uno scontro a fuoco, mostrando «lo sfinimento di un uomo, e lo sfinimento di una nazione». Con questa motivazione la giuria del World Press Photo 2007, uno dei più importanti riconoscimenti nell'ambito del fotogiornalismo, ha assegnato il primo premio allo scatto del fotografo britannico Tim Hetherington, realizzato il 16 settembre nell'enclave talebana Korengal Valley, teatro dei più violenti scontri in Afghanistan, e pubblicato sulla rivista «Vanity Fair".


GLI ALTRI PREMIATI - Oltre alla foto dell'anno 2007 la giuria del World Press Photo ha assegnato il primo, secondo e terzo premio in 20 diverse categorie. Il primo premio nelle categorie "Spot News Singles" e "Spot News Stories" è andato a Getty Images per l'immagine del fotografo americano John Moore scattata durante l'assassinio di Benazir Bhutto a Rawalpindi, in Pakistan, il 27 dicembre scorso. Getty Images conta anche una delle più ammirate foto della sua collezione: lo scatto di un gorilla morto trasportato a spalla, su una barella di legno, fuori dal Parko Nazionale del Virunga, nell'est del Congo. La foto, pubblicata da "Newsweek", opera del fotografo sudafricano Brent Stirton ha ottenuto il primo permio in "Contemporary Issues singles". Il fotografo ungherese Balazs Gardi, che lavora per il VII Network, si è aggiudicato il primo premio sia nella categoria "General News Singles" e "General News Stories" per le rispettive foto scattate in Afghanistan: un uomo che sorregge un bambino ferito e uno scatto in bianco e nero di un panorama di montagna intitolato "Operation Rock Avalanche" (Operazione valanga di sassi). Il National Geographic sbanca invece la categoria delle foto sulla natura. Il Time ha vinto nelle categorie dei ritratti con una foto del presidente russo Vladimir Putin, scattata dal fotografo britannico "Platon", e ella categoria "News", con una foto che mostra dei guerriglieri curdi nel nord dell'Iraq, firmata dallo svizzero Philippe Dudouit. Nella categoria sportiva "Sports Action Singles", il bulgaro Ivaylo Velev vince il primo premio per l'agenzia Bul X Vision con un'immagine che ritrae Philippe Meier inseguito da una valanga nel Flaine, in Francia.


GLI ITALIANI - Tra i premiati ci sono anche quattro italiani. Si tratta di Simona Ghizzoni, Francesco Zizola, Stefano de Luigi, Massimo Siragusa. La Ghizzoni, 30enne di Reggio Emilia che nel 2006 si aggiudicò il premio 'Attenzione talento fotografico Fnac', si è classificata terza nella categoria 'Ritratti individuali' con la foto di Chiara, una paziente ventunenne ricoverata in un centro per la cura di bulimia e anoressia. Non è il primo riconoscimento del World Press Photo, invece, per Francesco Zizola (che vinse il premio 'miglior foto dell'anno' nel 1996 e numerosi altre prestigiose segnalazioni dal 1995 al 2003). Il fotografo romano, fotoreporter da quasi vent'anni, si è aggiudicato il secondo premio nella categoria 'Gente nella notizia-storie' per l'immagine di una donna e un bambino colombiani'. De Luigi si è invece accaparrato il secondo posto nella categoria 'Arti e spettacolo-ritratti' per la foto di una attrice in un set cinematografico di Buenos Aires. Per il fotografo, nato a Koln nel 1954 (ma che attualmente vive a Milano), si tratta del primo riconoscimento del World Press Photo. Infine, secondo posto nella categoria 'Arti e spettacolo-storie' per il catanese Massimo Siragusa e la sua foto di un parco dei divertimenti.


08 febbraio 2008

fonte: http://www.corriere.it/cronache/08_febbraio_08/world_press_photo_2da9820e-d634-11dc-88e3-0003ba99c667.shtml

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Lista di prof "ebrei" sul web, Amato dispone accertamenti



 rabbino Di Segni comunità ebraica Roma ANSA 120

È apparso il 16 Gennaio su un blog ospitato dalla piattaforma Il Cannocchiale la "black-list" di 162 professori ebrei accusati di essere una lobby all´interno dell´Università "La Sapienza". Da allora le reazioni sdegnate si sono susseguite. Il rettore dell´università romana, Renato Guarini, ha stigmatizzato la lista: «Condanno la gravissima iniziativa di alcune persone che, attraverso un blog su internet, hanno commesso un inaccettabile atto d´intolleranza». «L'antisemitismo e comunque ogni discriminazione razziale e culturale - prosegue Guarini - è completamente in antitesi rispetto ai valori e alla missione della Sapienza Università di Roma. Il rettore - conclude la nota - esprime solidarietà a tutti coloro che sono stati personalmente coinvolti e in particolare ai colleghi docenti della Sapienza».

Il ministro dell'Interno, Giuliano Amato ha avviato un'immediata verifica tramite la Polizia postale in seguito alla denuncia, da parte della Comunità ebraica romana, di un blog in cui appare una 'black list' di 162 professori ebrei, accusati di «fare lobby» che insegnano alla Sapienza e in altre università italiane. Sulla base dei riscontri, saranno valutati i provvedimenti necessari.

«Quel blog va oscurato, ogni tentativo di dare fiato all'antisemitismo deve allarmarci e vederci reagire», tuona Walter Veltroni. «Fatti come questo della black list vanno denunciati e immediatamente combattuti. Le liste di professori ebrei ricordano quelle delle leggi razziste del 1938, quando decine di docenti furono espulsi dall'insegnamento e migliaia di ragazzi esclusi dalle scuole. Chiunque voglia ripercorrere la strada dell'antisemitismo si scontrerà con l'opposizione e la ripulsa degli italiani. Il fatto è particolarmente grave perché‚ avviene nel mondo dell'università e degli studi, dove invece più forte dovrebbe essere il rifiuto di ogni forma di discriminazione e di odio».

«La reazione non può rimanere limitata ai diretti interessati come singoli e come comunità - ha detto Riccardo Pacifici, portavoce della comunità ebraica romana - ma deve riguardare tutta la società. Una volta che si saprà chi sono gli estensori del blog, ci deve essere una risposta generale delle istituzioni, va messo un punto fermo». Pacifici ha espresso la riprovazione della comunità perché la «black list» è espressione di «un meccanismo reiterato» che si unisce a tentativi di boicottare la collaborazione tra università italiane ed israeliane, tutti aspetti che invitano «ad essere vigili e non abbassare mai la guardia».


Pubblicato il: 08.02.08
Modificato il: 08.02.08 alle ore 12.23
fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=72755

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Brasile, "Gioca, bambino di favelas". Il reportage della ragazza fotografa


Rio, favelas - foto del Washington Post
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Guardie e ladri. Gang e polizia. Fucili di legno e mitragliatori veri
Nelle strade e stradine di Rio de Janeiro tra la violenza finta e quella reale

Un ministro combatte in prima linea e una diciannovenne riprende il cambiamento


di MARCO MATHIEU / FOTO di DENISE ANDRADE


Bambini di favelas (foto Denise Andrade)

RIO DE JANEIRO - Ci sono venti gradi e altrettanti chilometri di differenza, tra l'ufficio al quarto piano dell'edificio governativo e le stradine in discesa della favela arrampicata sulla collina. Nell'ampia stanza del secretario de seguranca (equivalente del ministro dell'Interno) dello Stato di Rio, tra quadri alle pareti e vista sul confuso panorama architettonico del centro città, l'aria condizionata è al massimo. Sul vicolo del Morro da Pereira, stretto tra muri senza intonaco, picchia invece impietoso il sole che colora lo scorcio di Rio de Janeiro, laggiù in basso: Botafogo, Flamengo e una porzione di Copacabana, tutto dentro uno sguardo lungo fino all'oceano.


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In questi luoghi, due facce della stessa metropoli
e dei suoi problemi di urgente quotidianità, è ambientata una storia fatta di giochi e di violenza. Di bambini armati con fucili di legno e di mitragliatori che ammazzano per davvero. Una storia raccontata con numeri e analisi da José Mariano Benincà Beltrame, anni 50, responsabile della legge e dell'ordine capace di ridurre, per la prima volta, il ritmo omicida che scandisce il tempo nascosto dietro le immagini da cartolina per i turisti. La stessa storia interpretata dal manipolo di bambini che giocano alla guerra di fronte all'obiettivo di Denise Andrade, anni 19, al suo esordio in quella che spera diventi una carriera da fotoreporter. O almeno un lavoro.


DIGNITÀ E POLIZIA

"La mancanza di dignità nella vita di troppe persone, ecco quale è la vera emergenza di Rio", spiega il secretario con avi italiani ma nato nel sud del Brasile, che la sua carriera l'ha fatta tra i settori investigativi e di intelligence della polizia federale. "Purtroppo le persone sembrano aver perso la voglia di discutere le ragioni di questa condizione. Come se tutto potesse essere risolto con la sicurezza pubblica". Ovvero, 48mila effettivi, tra polizia militar e civil, in uno Stato da 43mila km quadrati abitato da quasi 15 milioni di persone. Una regione grande e popolata all'incirca come l'Olanda, se non fosse che qui le droghe sono illegali e risultano responsabili del 70 per cento degli omicidi, e quasi la metà della popolazione è concentrata nella capitale. Rio de Janeiro, appunto.


RIFLESSI DI TELEVISIONE

"Qui al Pereirao vivono parecchie migliaia di persone, ma non chiedermi quante, non lo so...", ride Denise, un metro e settanta di bellezza nera seduta sul muretto. Nessun censimento e nessun nome per i viottoli che scendono ripidi lungo lo spicchio della collina su cui è stato costruito l'insediamento. "So che i giovani sono la maggioranza. E i bambini sono tantissimi". Come Gabriel, Lucas, Jorginho e Diego, i due Matheus, ma anche Vanderlei, Dhara, Tuany, Mariane e Caroline. Poco più di un secolo tra tutti. "Un giorno li vidi in azione, dalla mia finestra. E li sentii. "Pim". "Pum". "Pam". Urlavano e correvano, si muovevano rapidi tra le case. Agguati e finte sparatorie. Giocavano a "guardie e ladri". Uscii immediatamente, con la macchina fotografica. Chiesi loro il permesso di scattare e da lì in poi fu come se facessi parte anch'io del gioco. Quando domandavo chi e perché sceglieva le "guardie" rispondevano: "I poliziotti hanno sempre i vestiti puliti e stirati e a casa li aspetta una moglie, una famiglia tranquilla"". E i banditi? "Dicevano che quelli hanno il potere e il rispetto della comunità". Riflessi di televisione. E di realtà.

Foto di Denise Andrade


LA FILASTROCCA DELLE GANG


"A Rio lo scontro non è tra banditi e polizia, quanto piuttosto tra le diverse gang", dice l'uomo stempiato alla scrivania, lo stesso che sorride dalla prima pagina di O Globo, sotto il titolo che annuncia il successo dell'operazione con cui è stato sventato un piano per liberare i boss del narcotraffico detenuti in un carcere di massima sicurezza. Cravatta regimental, occhiali con montatura sottile, in metallo. E voce ferma. A recitare quella che pare una filastrocca. "CV, TCP, ADA". Traduzione: Comando Vermelho, Terceiro Comando Puro, Amigos dos Amigos. "Sono le gang che si dividono il traffico di droga e che controllano il territorio. Che a Rio significa 700, ormai quasi 800 favelas, metà delle quali dominate militarmente ed economicamente". Beltrame usa il linguaggio della politica quando ammette "il profondo problema di esclusione sociale che è la vera causa di questa situazione", ma non dimentica il suo passato da poliziotto, lamentando "la carenza di organico che costringe i nostri uomini a turni massacranti e li espone costantemente al pericolo". Tace invece sulle gesta dei corpi speciali come il Bope (Batalhão de Operações Policiais Especiais) al centro di polemiche dopo il successo del film Tropa de Elite (2007) che racconta con crudo realismo una quotidianità di violenza e corruzione.

Il secretario si sistema sul divano
che occupa metà del suo ufficio ed esibisce le statistiche diventate vanto nazionale. "Lo scorso anno, per la prima volta, gli omicidi sono calati in tutto lo Stato, del 13 per cento". Ovvero, 4.530 morti ammazzati tra gennaio a ottobre, contro i 5.232 dello stesso periodo nel 2006. Numeri comunque "iracheni". "Ma questa è Rio, con il suo scenario sociale drammatico. E unico al mondo". Nonostante l'eccezione dell'estate scorsa, appunto, quando in occasione dei Giochi panamericani fu moltiplicato il numero degli agenti e gli atti criminali vennero drasticamente ridotti. "La prova che questa guerra si può vincere". Una guerra che lo Stato combatte innanzitutto nelle carceri. "Perché è dalle celle dove sono rinchiusi i boss che partono gli ordini di rivolte, stragi e omicidi", spiega l'uomo del "nuovo ordine" di Rio. "Abbiamo trasferito una dozzina di boss in supercarceri di altri Stati brasiliani, a migliaia di chilometri di distanza, limitando così la loro influenza e il numero di crimini".


BALAS PERDIDAS

"È da tanto che la polizia non entra qui", si fa seria Denise, aggiustandosi la spallina del top giallo che indossa sopra i jeans tagliati al ginocchio. "Hanno modi che offendono le persone, chiedono, spingono, urlano. Quando arrivano tutti si chiudono in casa. Anche chi è fuori a giocare a pallone, chi se ne sta tranquillo a chiacchierare per strada, si affretta a rientrare". Eppure questa non è la Mangueira, dove le vittime delle balas perdidas (pallottole vaganti) si contano quotidianamente. No, spiega la giovane fotografa, "il Morro da Pereira è una comunità tranquilla. So che la droga c'è, ma non so da dove arriva, è un circolo chiuso e io ne sto alla larga. Mi piace il baile funky e mi è capitato di andare in altre favelas, ma non faccio un passo se non conosco qualcuno". Uno sguardo in giro, Denise ricambia i saluti della signora che passa e ignora il commento dei due ragazzi seduti sul terrazzo malconcio della casa di fronte. Poi un sorriso più vecchio della sua età le illumina il viso. "Ognuno difenda la sua comunità. E io sento di appartenere a questo luogo, a questa gente. Vogliamo soltanto vivere in pace".


ITALIA-BRASILE


"Non credete alla pace dichiarata dagli abitanti delle favelas. Questa non è pace per me. Laddove non esiste possibilità di denunciare violenze e soprusi. Intere porzioni della città sono controllate dal narcotraffico. La pace in quei luoghi è una mentira". Bugia. Menzogna. La risposta del secretario è lapidaria, nella stanza risuona ormai soltanto il condizionatore. Rimane il tempo per chiedergli del futuro. Che in qualche modo, passa dall'Italia. "Sì, c'è un accordo tra la nostra e la vostra polizia. Noi abbiamo bisogno di tecnologia, di organizzazione informatica per combattere contro le gang. E l'Italia ci chiede aiuto per debellare il traffico di esseri umani destinati alla prostituzione. L'operatività della collaborazione è imminente". Come il prossimo impegno di Beltrame. Saluti, allora. E auguri, perché la conta impazzita degli omicidi rallenti ancora.


JORGINHO E IL COLLETTO ALZATO


Venti chilometri e altrettanti gradi
più lontano, il sorriso di Denise si allarga alla vista di due dei bambini che giocano a "guardie e ladri" in queste pagine. "Quando iniziai a uscire con la macchina fotografica al collo la gente mi chiedeva cosa facessi, fu un modo per avviare relazioni con loro, diventammo amici, alcuni volevano essere fotografati. Ora c'è rispetto reciproco. Voglio diventare una fotografa professionista, è il mio sogno. Intanto però studio scienze della comunicazione e faccio un corso di inglese". Altri saluti, incroci di sguardi e facce che camminano nel caldo torrido del pomeriggio, accanto al muretto. "Nel gioco i bambini del Pereirao riescono a trasmettere molte cose della realtà di questa comunità. O favela, come la chiamate voi. Io non ho creato nulla, ho visto, vissuto e scattato". Passa un bambino, Denise saluta il suo piccolo incedere fiero. "È Jorginho, nel gioco lui era il capo, teneva il colletto della camicia sempre alzato. Non poteva morire. E decideva chi doveva vivere".

(Foto dell'agenzia Olhares)

(8 febbraio 2008)

fonte: http://www.repubblica.it/2008/02/sezioni/esteri/bambini-di-favelas/bambini-di-favelas/bambini-di-favelas.html

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