"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

giovedì 16 luglio 2009

Caro sindacalista ti scrivo...














Premessa:
questo pezzo è in fase di studio da parecchio… quindi i riferimenti temporali non sono da prendere alla lettera (ieri potrebbe anche essere tre mesi fa!).


Non stupisca che, anziché rivolgermi a quelli che sono i miei “referenti naturali”, indirizzo questa missiva ad un ipotetico sindacalista generico.


Infatti è più pensata per il concetto di sindacato – nell’accezione di tutore, garante ed incrementatore di TUTTI i diritti di TUTTI i lavoratori – che non per un personaggio specifico: nel corso della mia vita lavorativa, infatti, ho potuto verificare sulla mia pelle quanto poi una sigla non sempre corrisponda ad un comportamento consono.


Ho conosciuto sindacalisti CGIL cui avrei volentieri – metaforicamente – tirato un paio di schiaffoni (quelli che nelle ore di sciopero si imboscano a leggere il giornale in aula sindacale, quelli che avrebbero accettato un controllo diretto sulla quantità di telefonate gestite da un singolo operatore per non mettersi in mostra e rischiare ritorsioni, tanto per fare due esempi eclatanti) e sindacalisti UIL più combattivi e preparati… di me, anche se il contendere ero io! E comunque anche il ritrovato spirito combattivo di Epifani non mi fa dimenticare che anche lui era d’accordo sul TFR nei fondi…


Ma non voglio parlare di me, sono un caso specifico (“umano”, dice qualcuno…) ed invece qui mi interessa maggiormente un discorso generale.

Caro sindacalista, dicevo: possibile che TRENTA lavoratori che hanno perso il posto di lavoro (non per colpa tua, intendiamoci: ma per la solita trita e ritrita manfrina del liberismo e del mercato), con alle spalle un “incidente sul lavoro” gravissimo occorso a sette loro colleghi non riescano più a trovare uno straccio di occupazione perché costituitisi parte civile al processo contro la proprietà? Possibile che io, come la maggior parte degli italiani temo, debba venire a saperlo grazie ad un paio di interventi in TV (a Ballarò e ad AnnoZero, guarda caso…) di Oliviero Diliberto - “miracolosamente” riapparso dopo l’oscuramento causato dall’andamento delle ultime elezioni politiche, cioè dopo più di un anno! – mentre tu non hai convocato assemblee, scioperi… nulla? Forse che la cosa riguarda solo un settore dei lavoratori piemontesi, e non in generale tutti i lavoratori perché è la chiara lesione di un loro diritto?


In tempi di “governo amico” non ci si agita troppo, mi pare di aver capito, per non mettere in difficoltà un programma che non ti è palesemente nemico. E infatti, la contingenza è stata abbattuta da Craxi ed Amato… Ma in tempi di governo di destra, che si fa? Si tacciono notizie di una gravità spaventosa perché non si ha la forza di imporre adeguate risposte?


E lo so anch’io che c’è la crisi, lo so direttamente sulla mia pelle. Non ho bisogno di un Angeletti che mi venga a parlare delle difficoltà dei pensionati… solo, mi piacerebbe che qualcuno gli ricordasse, tra l’altro, che “i pensionati” non sono una categoria: anche i dirigenti vanno in pensione… ma che abbiano difficoltà a tirare la fine del mese è duro sostenerlo in modo credibile!


Ma so anche che non è continuando a calare la guardia che i problemi dei lavoratori (ecco appunto: lavoratori. Con tutte le logiche conseguenze…) possono essere risolti. Ultimo esempio, la FIAT. Problema nazionale, certo. Tutte le volte che c’è aria di crisi è un problema nazionale, mentre quando c’è aria di utili è un fatto che interessa solo gli azionisti: già questo a me fa accapponare la pelle. Ma, ovviamente, non sto dicendo che i lavoratori della FIAT e del mondo che ci ruota intorno debbono essere abbandonati a sé stessi, ci mancherebbe! Solo, mi piacerebbe sentire la tua voce, caro sindacalista, pretendere che il governo convochi o telefoni o insomma in qualche modo si metta in contatto con il sig. Marchionne e gli chieda precise garanzie per i lavoratori italiani. Proprio come stanno facendo gli altri. Perché che il governo, questo governo, non abbia intenzione di disturbare il manovratore in corsa è comprensibile - non sono loro i sostenitori del libero mercato? E poi, come “giustamente” ricordato ieri sera da Bombassei, se la produzione rileva un esubero di personale, lo si taglia… magari cercando i posti in cui fa meno male, già… ma chi stabilisce a chi fa meno male? Io ritengo che chiunque, italiano, polacco, cinese o sudamericano, quando è posto in cassa integrazione o, peggio (perché la cassa integrazione, come ricordava ieri Diliberto, è un diritto italiano, fortemente voluto dal PCI e negli altri paesi non c’è!), addirittura licenziato, si senta inutile ed è anche possibile che vada in depressione, soprattutto in un momento come l’attuale, quando Bombassei dice agli operai che lui è disposto ad assumerli… per poi metterli in cassa integrazione come i suoi. Ma il discorso di Bombassei è quello tipico dell’imprenditore e non è certo quello del sindacato. Secondo me il sindacato deve sì cercare di tutelare i posti di lavoro, ma deve anche porsi altri problemi. Ad esempio: Marchionne sostiene che la FIAT per stare a galla (con la Chrysler e forse la Opel) deve produrre un certo numero di autovetture. Bene, ma a nessuno viene in mente di chiedergli chi se le compra, le sue vetture? Non è così automatico che produzione diventi vendita, e se gli operai (ma anche gli impiegati, quanto a quello…) sono cassintegrati o licenziati, come se la comprano la macchina, ok gli incentivi statali, ma mica bastano… e il resto come ce lo finanziamo, chiediamo un prestito alla banca dopo che ci hanno sbandierato alla nausea che stiamo meglio degli altri perché abbiamo fatto meno debiti?


O pensa di andare a vendere in Africa, che il mercato non è saturo? Ma con che soldi gliele pagano, ‘ste macchine? A parte che, a quel che ne so io, gli unici tipi di vetture concepibili colà sono tank e jeep, se va bene… che non sono esattamente a buon mercato.


E poi: se per caso quest’avventura va male, tutti i lavoratori coinvolti (quelli che restano, beninteso!) si trovano a terra. E il signor Marchionne? Cosa prevede il suo contratto come buonuscita? No perché io sono notoriamente “malfidata”, ma qualcuno ha controllato?

No. Il sindacato per come lo vedo io deve pensare alle persone prima che alla produzione. Questo PIL è una fregatura. Un individuo deve lavorare per poter vivere – in condizioni dignitose, direbbe la Costituzione – e non vivere per lavorare. Mai sentito parlare dell’otium dei latini, contrapposto al (vile) negotium? E’ ovvio che gli imprenditori, i “padroni”, non lo tengano in considerazione ed anzi lo aborrano. Perché poi la gente se ha del tempo libero lo usa come le pare, magari pure facendo girare le rotelline e riflettendo su tutte le stramberie che le vengono propinate come verità irrefutabili, e che invece sono refutabilissime… e rigettabilissime. Ma se uno passa tre quarti della sua giornata tra lavoro e tempo per andarci, ecco che di tempo per pensare ne resta poco… il che significa gente molto più malleabile.

Ho detto sopra che ci vogliono precise garanzie per i lavoratori italiani, ma sia chiaro: con questo non intendo dire che se gli esuberi saranno lavoratori esteri va tutto bene. Dobbiamo pensare “in grande”. Vogliono il mercato libero, vogliono la globalizzazione? Allora globalizziamo anche i diritti. In primis, il diritto alla vita dignitosa. Per tutti.


E già sento le proteste: mancano i soldi… ma andassero a cercarli tra gli evasori, una buona volta! Gira voce tra gli imprenditori (ma nessuno lo confermerà apertamente) che gli ordini ci sono, solo che… aspettano settembre e intanto sfruttano la cassa integrazione – quelli che possono ovviamente, gli altri tagliano e via.

E devolvessero i soldi derivanti da trattenute obsolete e fantasiose sulla busta paga, tipo quello per gli orfani della guerra di Etiopia o per le case popolari (almeno le costruissero!) e tanti altri balzelli che invece spariscono nelle tasche di qualcuno che non se li suda proprio.


Ma, al di là della FIAT e del mondo che le ruota intorno, c’è anche altro. Ci sono lavoratori di ditte che producono altro e che però dovrebbero essere tutelati nello stesso modo.

Nel frattempo sono arrivate anche le rassicurazioni del signor Marchionne… Allora, non è che voglio menar gramo o essere pessimista a tutti i costi. E’ solo che la prima volta che sono stata rassicurata, erano già in fase di studio avanzato le “esternalizzazioni”, la seconda volta gli incentivi alle dimissioni, mentre la terza… be’, alla terza hanno chiuso la filiale in Italia con conseguente licenziamento dei lavoratori. Certo, eravamo in pochi e si trattava di multinazionali… ma, come diceva mia suocera: “quando il diavolo ti accarezza vuole l’anima”. Scusa se non riesco ad essere ottimista!


Intanto mi giunge notizia che “L’iter parlamentare per l’approvazione dell’insediamento, a Cameri

(NO), della fabbrica della morte per l’assemblaggio degli F-35 è ormai definito. A partire dal 2010 inizierà la costruzione del capannone da cui usciranno delle macchine che verranno consegnate a diversi stati che li utilizzeranno per bombardare ed uccidere. Tale impresa industriale-militare viene condotta, con ampio dispendio di denaro pubblico, dalla multinazionale statunitense Lockheed Martin in associazione all'italiana Alenia Aeronautica (del gruppo Finmeccanica) e coinvolgerà una serie numerosa di fabbriche di armi e di morte collocate qua e là sul nostro territorio. Insomma, il riarmo come via d’uscita dalla crisi economica, come con la Grande Crisi degli anni ‘30 e con la Grande Depressione di fine ‘800. Peccato che in entrambi i casi questa strada abbia condotto a guerre mondiali. Di certo, l’impiego dei nuovi bombardieri nelle missioni “di pace” produrrà distruzione, morte e sofferenza. Di sicuro gli F-35 sono i perfetti strumenti operativi di una sorta di gendarmeria mondiale in via di perfezionamento: una volta costruiti non faranno certo la ruggine in qualche hangar italiano o olandese, bensì saranno presto adoperati per uccidere e distruggere in svariate guerre, sia attuali sia future. Gli F-35 ci costeranno un sacco di soldi: circa 600 milioni di euro per costruire e attivare la fabbrica di Cameri, circa 13 miliardi di euro (a rate, fino al 2026) per l'acquisto dei 131 aerei che l'Italia vuole possedere. Del resto è stato già speso o impegnato quasi un miliardo di euro. E ciò risulta ancor più impressionante se si considera la grave crisi economica in corso. Nessuno può ignorare che, con una spesa di questa entità, si potrebbero senza alcun dubbio creare ben più dei miseri 600 posti di lavoro promessi all'interno dello stabilimento di Cameri. Si potrebbe altresì intervenire in vario modo per migliorare le condizioni di vita di tutti: per esempio ampliando e migliorando la qualità della spesa sociale, tutelando davvero territori e città (basti pensare agli effetti del terremoto abruzzese), investendo in fonti energetiche rinnovabili e ridistribuendo reddito.


E poi vogliono costruire gli F-35 proprio ai confini del parco naturale del Ticino, che dovrebbe quindi sopportare l'impatto dei collaudi di centinaia e centinaia di aerei rumorosissimi e certamente inquinanti, con le relative gravi conseguenze per la salute e la qualità della vita degli abitanti della zona, mentre si potrebbe riconvertire il sito militare ad uso civile. In definitiva, siamo contro gli F-35 perché ci ostiniamo a pensare che sia possibile vivere in un altro modo: senza aggredire gli altri popoli, senza militarizzare il territorio ed i rapporti sociali, operando perché cessi davvero la terribile guerra permanente che l'occidente dei ricchi conduce contro i poveri del nord e del sud del mondo…”

(questa è la fonte: http://www.nof35.org/)

Possiamo in coscienza dirci soddisfatti? No, io credo. Perché la difesa dei posti di lavoro (o l’aumento della quantità degli stessi) secondo me non può prescindere da considerazioni etiche. Sarebbe come dire che va benissimo produrre le mine antiuomo perché altrimenti qualcuno resta a casa. Certo, l’obiettivo non è quello di mettere in difficoltà qualche (tanti o pochi che siano) lavoratore. Ma non si può non avere una visione generale del mondo e soprattutto non pensare al destino dello stesso – e dei nostri figli.


Adesso non pensare che io sia la “garantita”, la giuslavorista che dall’alto del suo sicuro posto di lavoro spara a zero sugli altri. Tutt’altro. Dopo l’ultimo licenziamento ci ho messo otto mesi a trovare un’altra occupazione, e ancora non si parlava di crisi così violenta: era il 2004. Mi sono sentita dire che ero troppo cara, troppo esperta, troppo vecchia… ma troppo giovane per andare in pensione. Il posto che occupo attualmente (parola grossa, visto che sono quattro mesi che non mi faccio vedere: operata all’anca, sono in malattia con problemi vari di ripresa) è in una ditta artigianale che tratta materie plastiche: un altro campo che secondo me è da ridurre drasticamente. Il che dimostra che parlo anche contro il mio interesse specifico, ma d’altronde ritengo che o ci mettiamo a guardare il mondo con una prospettiva “globalizzata”, o ci rinchiudiamo nei nostri microcosmi egoistici. E per questo mi basta la Lega…


Non sottovaluto il problema della riconversione di una linea di automobili ad una di trattori o, chessò, di pannelli solari: ma se continuassimo a produrre auto mentre organizziamo diversamente le lavorazioni? Senza porci il problema delle 10.000 o più, che tanto chisselecompra…


Certo questo momento non è particolarmente favorevole ai lavoratori… ma – a parte che il dibattito sulla necessità che il sindacato sia non solo unito ma conflittuale e non concertativo sindacale è partito da parecchio (giova ricordare questo appello: http://www.fdca.it/sindacale/appello.htm del 2001, tanto per metter giù una data) - proprio per questo non possiamo più aspettare.


Noi lavoratori, quantomeno. I burocrati nei sindacati magari sì, ma rappresentano solo loro stessi, non noi. Loro parlano per settori di interesse (il loro, quello che porta più consensi, dimenticando che un lavoratore è tale qualsiasi sia il suo ruolo o la sua età): si preoccupano dei giovani (e va benissimo) cui hanno scippato un futuro, ma quanti di loro fanno attenzione a quelli che hanno più di 40 anni, che vengono cassintegrati o, peggio, licenziati e non hanno alcuna prospettiva di trovare un’occupazione alternativa che almeno li accompagni all’età pensionabile? Hanno mai fatto un censimento della precarietà sopra i 40 anni? Come pensano di agire per questi lavoratori? E ormai non possono più, come un loro “illustre” predecessore fece, ritenere che si tratti di “casi umani”: siamo troppi. Basta leggere questo post ed i relativi commenti: http://solleviamoci.wordpress.com/2009/02/25/levante-disoccupato-e-disperato-%C2%ABvendo-un-rene%C2%BB/#comment-11074, oppure quest’altro: http://solleviamoci.wordpress.com/2008/03/05/%C2%ABnon-trovo-lavoro%C2%BB-disoccupato-si-impicca/#comment-11157


Che la crisi colpisca ogni fascia d’età, del resto, lo dice anche questo articolo:

http://giuseppe-m-b.wordpress.com/2009/03/04/umiliati-e-arrabbiati/


A questo punto, se ti senti indignato e/o ferito nel profondo, può voler dire due cose: o sei uno di quei burocrati sindacalisti (e allora fai bene a sentirti parte in causa: è proprio con te che ce l’ho), oppure pensi – erroneamente – che il mio sia un discorso qualunquista. Non lo è: non intendo negare che esistono sindacalisti (normalmente sono la base) che lottano per i diritti di tutti, ci mancherebbe. Ne conosco… e normalmente sono incupiti quanto me. Perché poi i lavoratori si rivolgono al sindacato solo quando ne hanno bisogno, non si iscrivono a prescindere. Vero: ma secondo te è logico attendersi che credano in qualcuno che a forza di concertare ha contribuito a metterli in ginocchio? C’hanno messo del loro, vero anche questo. Ma adesso per recuperarli non si può fare altro che dare un esempio, un buon esempio. E non è che ce ne siano in giro tanti… prendiamo il discorso-salario: possiamo partire da questo articolo: http://laclasseoperaia.blogspot.com/2009/05/elogio-della-scala-mobile.html e confrontarlo con quest’altro: http://it.peacereporter.net/articolo/15522/Gli+armamenti%2C+l%27Eldorado+anche+durante+la+crisi


Il primo sostiene che bisogna reintrodurre la scala mobile (ribadisco: tolta da un paio di governi amici… pensa se erano nemici!), mentre il secondo afferma che “Finmeccanica è in controtendenza rispetto alla recessione italiana: guadagna, cresce e gli azionisti si spartiscono i dividendi… E l'occupazione? Da una lettura di questa voce nella relazione trimestrale notiamo come le aziende abbiano un risicato segno di incremento se non di diminuzione degli occupati; ciò è a riprova del fatto che gli investimenti militari portano una leggera crescita di addetti, che sarebbe ben maggiore rispetto a pari investimenti nella direzione del civile.


Lungi da me l’idea di proporre gabbie salariali, che – per quanto sia innegabile che un caffè non abbia lo stesso prezzo in tutta la penisola… chissà mai perché – i padroni sfrutterebbero a loro vantaggio (ed il sindacato, scusa se te lo dico, non ha la forza per opporsi), è però anche vero che una bistecca a Milano costa uguale sia per un lavoratore del commercio che per uno dell’industria o dell’artigianato. Anche per un precario o un possessore forzato di partita IVA! E invece il sindacato parla di “potere contrattuale” che determina gli aumenti di stipendi. Be’, a prescindere dal fatto che di potere mi sembra ne abbiamo pochino – e non da oggi – direi che compito del sindacato, quello che io vorrei, è anche garantire il rispetto di quelle norme della Costituzione (ma diciamo anche solo del primo paragrafo dell’articolo 36: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.”)


Ultimo punto, ma non certo per importanza, il tema della sicurezza sul lavoro. Gli ultimi dati dicono che siamo – finalmente! – in controtendenza, che le morti sul lavoro sono diminuite. Già: peccato che stiamo parlando sempre di più di tre morti al giorno, e che nel frattempo crescano gli infortuni… “merito” anche dei lavoratori stranieri, quelli meno tutelati ancora. Quelli che sono ancora più carne da macello…


Scusami: lo so che non ti ho detto nulla di nuovo. Lo so che sono una sognatrice e sembro vivere nell’utopia… ma dato che nemmeno un governo amico è in grado di (o vuole) fare leggi a favore dei lavoratori (se non fanno parte dei suoi personali serbatoi di voti, beninteso), che ne dici se ce le facciamo noi?



E già che ci siamo, ricordo che c’è in rete una petizione popolare contro la crisi:

http://home.rifondazione.it/xisttest/component/option,com_wrapper/Itemid,491/



martedì 14 luglio 2009

Oggi SCIOPERO













Aderisco all'appello di
Diritto alla Rete contro il DDL Alfano che imbavaglia la rete Internet italiana.























... ma non temete: da domani...




giovedì 9 luglio 2009

Rizzo due - il ritorno?

Con tutto quello che sta succedendo – in Italia e nel mondo – parlare ancora dei mal di pancia che mi provoca l’”affaire Rizzo” può sembrare futile… ma siccome i post seri sono sul “Solleviamoci” serio, mi prendo un piccolo spazio qui e non rinuncio a dire la mia. Komir… non bacchettarmi di nuovo… almeno non prima di essere passato di là e verificato che penso anche a qualcos’altro… :)

Ho letto questo articolo di Nicola Tranfaglia (qui: http://www.antimafiaduemila.com/content/view/17678/78/):

Una storia ''sinistra'' – 4 luglio 2009
Ho esitato qualche giorno a raccontare ai miei lettori la piccola e triste storia che ha avuto come protagonisti due noti dirigenti della sinistra radicale: Oliviero Diliberto e Marco Rizzo. Sono stato amico di entrambi ma con Diliberto ho cessato ogni rapporto dopo che l’attuale segretario dei comunisti italiani ...
... mi ha criticato così duramente per aver io definito la Cuba di Castro “una dittatura” e deciso per questa ragione di candidarmi nell’aprile 2008 in un collegio impossibile come il Senato nel Veneto.
Con Marco Rizzo, invece, ho sempre discusso animatamente ma sia io che lui ci stimiamo e riusciamo a dialogare malgrado le nostre divergenze politiche. Rizzo insomma ha sempre accettato che io non sia mai stato comunista e non ambisca a diventarlo e che, malgrado ciò, io mi senta un uomo e uno storico di sinistra.
Le cose alla fine sono andate così.
Marco Rizzo è stato espulso dal PDCI perché, in una riunione della direzione del partito, ha criticato il segretario perché Di liberto ha partecipato molte volte a pubbliche manifestazioni con Giancarlo Elia Valori, noto imprenditore e dirigente di imprese che fu trovato tra gli iscritti alla P2 all’inizio degli anni ottanta e che non ha mai spiegato quella iscrizione.
Ora è indubbio che l’amicizia con i massoni poco si conviene a un dirigente della sinistra nel nostro paese ma se si aggiunge che la P2 guidata da Licio Gelli aveva al suo interno importanti personaggi della destra che ci governa a cominciare dall’attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la cosa è del tutto inaccettabile sul piano morale e politico.
Diliberto ha querelato Rizzo per l’accusa e saranno alla fine i giudici a decidere chi ha ragione.
Ma resta il fatto che l’accusa di Rizzo è documentata pubblicamente e che il segretario del PDCI non ha giustificazioni, a me pare, per quella sua incomprensibile amicizia.
A meno che si voglia dividere la vita pubblica da quella privata come tenta di fare da tempo proprio Silvio Berlusconi.

VISITA: nicolatranfaglia.com

e ovviamente dissento… non perché Diliberto è il mio segretario, come dire la luce della mia coscienza politica: non ho bisogno di Messia, io, altrimenti me ne stavo buona e tranquilla in CL... Se mai me ne fosse venuta la voglia, ma questa è un’altra storia.
Poi uno può essere amico di chi gli pare, è chiaro, ma se l’amicizia porta alla distorsione della realtà, allora a mio avviso è necessario pensarci.

Punto primo: Rizzo non è stato espulso dal PdCI perché ha osato chiedere conto a Diliberto delle sue “strane frequentazioni”, ma perché – e non da questa campagna elettorale – ha remato contro il suo partito. Che è un po’ diverso…

Punto secondo: le “strane frequentazioni” di Diliberto sono pubbliche e non da quando Rizzo le ha denunciate. Quindi, ribadisco: come mai ha aspettato proprio ora a denunciarle? Che non ne fosse a conoscenza prima mi sembra improbabile, e se davvero è così significa che il signor Rizzo alla vita del suo (ex) partito ha partecipato ben poco… visto che tra le altre ci sono anche feste di Rinascita. Ma poi, è possibile dire ad una delegazione straniera “Ci vediamo in privato perché io con quello lì non mi voglio far vedere in giro?” Ed il signor Rizzo è poi così sicuro che alle riunioni del parlamento europeo non ci fosse alcuno in odor di P2? O per lui le regole son diverse, perché lui è a prova di contaminazione? Comunque resta il fatto che le accuse a Rizzo di aver remato contro sono più che provate, mentre le accuse contro Diliberto vanno tutte dimostrate. Certo che c’era, Diliberto, in quelle occasioni: ma Rizzo non ha dimostrato che la sua (del segretario) presenza fosse sinonimo di qualche stortura. Tantomeno di amicizia. Se ha le prove, che le mostri: altrimenti, fino a prova contraria, continuo a ritenere che si tratti di una sterile ripicca.

Comunque, tanto per prendermi la mia parte di gloria, si è puntualmente verificato quello che avevo previsto. Rizzo ha fondato un partito: Comunisti – Sinistra Popolare, che ha lo stemma con falce e martello (manco a dirlo), però la novità è che è quadrato. Mi chiedo però cosa ci sia di popolare in un partito che parla di “vandea padronale”…


E che non abbia perso un grammo della sua smania di protagonismo è dimostrato dal fatto che, anche in occasione dell’appello della scuola per il sit-in del 15 luglio p.v. davanti a Montecitorio, dopo l’adesione di Proletari@ c’è la sua: on. Marco Rizzo. Ma onorevole di che?