"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
Visualizzazione post con etichetta informazione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta informazione. Mostra tutti i post

martedì 7 dicembre 2010

Democrazia: per qualcuno è solo una parola

Avevo in mente tutt'altro argomento, per riaprire questo blog. Poi mi hanno informato di un fatto, anzi più d'uno, che mi han fatto cambiare le priorità.


Quello di oggi è un tema, temo, che non si può liquidare in quattro parole, anche se i fatti son pochi - e abbastanza chiari, per chi li vuole interpretare.


La sede di via Ferrini, che attualmente ospita FdS, SEL ed Insieme per Pavia, è stata presa a sassate nella notte tra il 24 e 25 novembre (già era successo a marzo dell'anno scorso, quando ospitava il solo PdCI).


La notte dopo è toccato alle vetrine della sede del PD.


Nella notte tra l'1ed il 2 dicembre di nuovo colpita via Ferrini.



Non mi piace. Non mi piace per nulla. La Provincia Pavese parla di "atti vandalici o gesti intimidatori", come dire che potrebbero anche essere le gesta di sfaccendati con poco cervello o di qualcuno che vuole provocare paura - e quindi inattività. Ma la Provincia Pavese non parla del secondo attacco alla sede di via Ferrini, e anche nell'articolo ad essa dedicato è, come dire, parziale (se dici che è la sede di tre forze politiche tre, perché poi fai parlare solo i rappresentanti di due, che tra l'altro sono anche quelli arrivati dopo?). E qui ci starebbe proprio bene una dissertazione sulla cosiddetta libertà di stampa, che, chissà perché, sembra essere sempre la libertà di dire quello che pare allo sponsorizzatore di turno, più che la realtà dei fatti. Già, perché anche sottacere le cose fa parte del fare informazione mirata.


Resta aperto anche il discorso
dei possibili autori: a mio avviso è abbastanza stramba l'ipotesi che si tratti di vandali per così dire "sciolti", visto che son stati colpiti solo e sempre partiti di opposizione (sì vabbé: più o meno), quindi resta l'ipotesi di atti a stampo politico. E chi potrebbe essere mai stato? Mah... Forse quelli di Forza Nuova potrebbero saperne qualcosa, visto che proprio venerdì 26 novembre a Voghera, nell'ambito della Festa dei Giovani di Sinistra, si sarebbe tenuta un'assemblea per discutere di una targa commemorativa affissa al Castello in ricordo dei caduti della RSI
.



La discussione non sembra essere terreno gradito a FN, che infatti finisce il suo comunicato (qui: http://www.forzanuovaforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=10711) con la frase: "Se la decisione sarà quella di concedere all’individuo Ferrari di prendere parola, Forza Nuova sarà lì ad impedirlo."


Non stupisce: è del 13 novembre la sentenza che condanna a 14 mesi Diego Di Sopra (di FN) per l'aggressione del 15 ottobre 2008 a danni di ragazzi che stavano andando al Barattolo (non si capisce perché solo lui sia stato incriminato, visto che non ha operato da solo!).


La precisione inoltre non sembra essere cosa nota al coordinatore di FN, che gioca su un cognome comune come Ferrari per dare del terrorista ad un giornalista che avrebbe poi partecipato all'assemblea: http://ricerca.gelocal.it/laprovinciapavese/archivio/laprovinciapavese/2010/11/25/PZ1PO_PZ104.html


Mi pare quindi quantomeno "originale" l'invocazione della democrazia da parte di personaggi che se ne riempiono la bocca per difendere i propri "diritti", ma che non si peritano di calpestare - troppo spesso impunemente o con la collusione di chi dovrebbe essere preposto alla sicurezza pubblica - quella altrui.


Non penso proprio di aver liquidato così rapidamente né libertà di stampa e ruolo dell'informazione, né fascismo, anzi. E' solo che io in via Ferrini ci ho passato del tempo, con delle gran belle persone, e questi episodi mi sdegnano. Esprimo quindi ai compagni di Pavia tutta la mia solidarietà.

per approfondire:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/11/07/la-targa-ai-repubblichini-il-festival-di.html

http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2010/11/21/news/targa-fascista-e-polemica-sulla-posizione-del-prefetto-2799844

http://www.giovanicomunistipavia.org/voghera-forza-nuova-minaccia-impediremo-lassemblea-contro-la-targa-fascista

http://ricerca.gelocal.it/laprovinciapavese/archivio/laprovinciapavese/2010/11/25/PC4PO_PC401.html?ref=search

AGGIORNAMENTO DELL'ULTIMA ORA: mi segnalano via e-mail da Pavia che durante la scorsa notte è stata distrutta la stele commemorativa del partigiano Cazzamali. Questo ennesimo gesto distruttivo dimostra senza ormai ombra di dubbio la sua chiara matrice politica - fascista, secondo il consueto codice d'onore di questi "signori" che parlano di democrazia ma altro non sanno fare che violenze e soprusi.


NO PASARAN! Continueremo a difendere i valori della Resistenza, loro malgrado.

martedì 2 giugno 2009

La denuncia penale e Mariastella Gelmini - il clima si fa sempre più pesante

Leggo su facebook e riporto, con preghiera di massima diffusione. Ovviamente i dati tecnici della manifestazione verranno inseriti non appena ne verrò a conoscenza. Grazie a tutti gli amici bloggers che si attiveranno per dare risalto al caso (che non è poi così “caso”, e nemmeno unico):














Buongiorno a tutt*,

vi scrivo per due motivi. Il primo è sicuramente più importante del secondo.

Ieri pomeriggio mi è stato comunicato che la Questura di Lecco mi ha denunciato per violazione degli articoli 650 e 654 del Codice Penale. Art. 650: Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità. Il 654: Grida e manifestazioni sediziose. Il tutto per essermi permesso di contestare il Ministro La Russa il pomeriggio del 22 maggio. Il massimo della pena prevista è di un anno e tre mesi.

Il paradosso è che l'unico ad aver subito un torto sono stato io: il Vice Questore infatti mi ha riservato particolari attenzioni come strattonarmi, tapparmi la bocca, minacciarmi, insultarmi e via discorrendo.

Questa denuncia non è che l'ennesimo episodio del progressivo inasprimento del trattamento nei confronti di ogni forma di dissenso nel nostro territorio. Il cittadino non suddito ogni giorno di più infastidisce i prevaricatori e i loro sgherri.
Quindi: repressione indiscriminata. E non è la prima volta che accade.
A detta di fonti interne alla Questura avrei altre tre denunce penali maturate a Milano. A breve arriveranno anche quelle.

Con alcuni amici si sta pensando di organizzare una manifestazione cittadina improntata non tanto al mio caso personale - gravissimo - quanto invece al fine di prendere una posizione netta di contrasto (aspro ma pacifico) verso questa cultura della paura e dell'intimidazione continua.

Spero che in breve possa comunicarvi la data e i tempi organizzativi. Sarebbe bello se si riuscisse a spargere la voce il più possibile.


In Italia, a Lecco e ovunque sopravvenga qualche potentucolo di peso, ogni forma di contestazione o dissenso è ritenuta fuori luogo e quindi da punire, perseguire, denunciare e possibilmente nascondere.


Sono accettate solo folle inginocchiate e mani spellate per gli applausi. Tipo il salottino di Bruno Vespa.

A questi link troverete alcuni riassunti delle "puntate precedenti" per comprendere meglio l'affaire La Russa.

http://www.quileccolibera.net/?p=652
http://www.quileccolibera.net/?p=658
http://www.quileccolibera.net/?p=661
http://www.quileccolibera.net/?p=664

Secondo punto: abbiamo incrociato Mariastella Gelmini. La furbetta del bresciano.
Qui il resoconto filmato dello spiacevole incontro: http://www.youtube.com/watch?v=8E6QrpYuBhc

A presto,
Duccio





















La libertà non è star sopra un albero...

venerdì 8 febbraio 2008

La foto dell'anno? Un soldato sfinito


Sapete qual'è la cosa tragica? E' che se prendete un qualsiasi disegno di un qualsiasi videogioco di guerra dell'ultima generazione e lo mettete a fianco di questa foto probabilmente non sapreste dire quale immagine rappresenti la realtà.. E avreste ragione, perché non vi è alcuna differenza. Purtroppo.
mauro
...

Lo scatto di Tim Hetherington mostra un militare americano in un bunker dell'Afghanistan


AMSTERDAM - Il soldato è stremato. Appoggiato al muro di un bunker, ha le mani sul volto che gli coprono gli occhi. Cerca un po' di riposo dopo uno scontro a fuoco, mostrando «lo sfinimento di un uomo, e lo sfinimento di una nazione». Con questa motivazione la giuria del World Press Photo 2007, uno dei più importanti riconoscimenti nell'ambito del fotogiornalismo, ha assegnato il primo premio allo scatto del fotografo britannico Tim Hetherington, realizzato il 16 settembre nell'enclave talebana Korengal Valley, teatro dei più violenti scontri in Afghanistan, e pubblicato sulla rivista «Vanity Fair".


GLI ALTRI PREMIATI - Oltre alla foto dell'anno 2007 la giuria del World Press Photo ha assegnato il primo, secondo e terzo premio in 20 diverse categorie. Il primo premio nelle categorie "Spot News Singles" e "Spot News Stories" è andato a Getty Images per l'immagine del fotografo americano John Moore scattata durante l'assassinio di Benazir Bhutto a Rawalpindi, in Pakistan, il 27 dicembre scorso. Getty Images conta anche una delle più ammirate foto della sua collezione: lo scatto di un gorilla morto trasportato a spalla, su una barella di legno, fuori dal Parko Nazionale del Virunga, nell'est del Congo. La foto, pubblicata da "Newsweek", opera del fotografo sudafricano Brent Stirton ha ottenuto il primo permio in "Contemporary Issues singles". Il fotografo ungherese Balazs Gardi, che lavora per il VII Network, si è aggiudicato il primo premio sia nella categoria "General News Singles" e "General News Stories" per le rispettive foto scattate in Afghanistan: un uomo che sorregge un bambino ferito e uno scatto in bianco e nero di un panorama di montagna intitolato "Operation Rock Avalanche" (Operazione valanga di sassi). Il National Geographic sbanca invece la categoria delle foto sulla natura. Il Time ha vinto nelle categorie dei ritratti con una foto del presidente russo Vladimir Putin, scattata dal fotografo britannico "Platon", e ella categoria "News", con una foto che mostra dei guerriglieri curdi nel nord dell'Iraq, firmata dallo svizzero Philippe Dudouit. Nella categoria sportiva "Sports Action Singles", il bulgaro Ivaylo Velev vince il primo premio per l'agenzia Bul X Vision con un'immagine che ritrae Philippe Meier inseguito da una valanga nel Flaine, in Francia.


GLI ITALIANI - Tra i premiati ci sono anche quattro italiani. Si tratta di Simona Ghizzoni, Francesco Zizola, Stefano de Luigi, Massimo Siragusa. La Ghizzoni, 30enne di Reggio Emilia che nel 2006 si aggiudicò il premio 'Attenzione talento fotografico Fnac', si è classificata terza nella categoria 'Ritratti individuali' con la foto di Chiara, una paziente ventunenne ricoverata in un centro per la cura di bulimia e anoressia. Non è il primo riconoscimento del World Press Photo, invece, per Francesco Zizola (che vinse il premio 'miglior foto dell'anno' nel 1996 e numerosi altre prestigiose segnalazioni dal 1995 al 2003). Il fotografo romano, fotoreporter da quasi vent'anni, si è aggiudicato il secondo premio nella categoria 'Gente nella notizia-storie' per l'immagine di una donna e un bambino colombiani'. De Luigi si è invece accaparrato il secondo posto nella categoria 'Arti e spettacolo-ritratti' per la foto di una attrice in un set cinematografico di Buenos Aires. Per il fotografo, nato a Koln nel 1954 (ma che attualmente vive a Milano), si tratta del primo riconoscimento del World Press Photo. Infine, secondo posto nella categoria 'Arti e spettacolo-storie' per il catanese Massimo Siragusa e la sua foto di un parco dei divertimenti.


08 febbraio 2008

fonte: http://www.corriere.it/cronache/08_febbraio_08/world_press_photo_2da9820e-d634-11dc-88e3-0003ba99c667.shtml

...

martedì 5 febbraio 2008

Al lavoro, non alla guerra!

Segnalo questa iniziativa di cui ho appena avuto notizia: leggete, diffondete e... partecipate se potete!

Sabato 1 marzo - ore 16
c/o Sala Superiore TOALDI CAPRA
Via Pasubio, SCHIO (VI)
e
Venerdì 14 marzo - ore 21
c/o Sala della CROCE VERDE
Via Capriglia, PIETRASANTA (LU)

AL LAVORO, NON ALLA GUERRA
per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro

Incontro con

CIRO ARGENTINO RSU THYSSENKRUPP (Torino)


La tragedia della ThyssenKrupp ha scosso i lavoratori di tutto il paese e ha squarciato, almeno per un "attimo", il velo di un'informazione troppo spesso intenta a parlare di cronaca nera o di politica con la "p" minuscola. Anche in questo, come in altri, rari, casi si è detto "ora basta". Ma la strage non finirà. Dopo quelli della ThyssenKrupp, altri lavoratori sono morti in Italia, ogni giorno. E dopo questi altri ne moriranno. Di queste morti noi conosciamo il colpevole. E questo colpevole è il profitto capitalistico, che non esita a mettere a repentaglio la sicurezza, la salute e infine la vita stessa dei lavoratori e delle lavoratrici.










Contro la quotidiana strage che si compie sui luoghi di lavoro le lacrime, la commozione, la solidarietà non bastano.
Quello che serve è che i lavoratori tornino ad essere protagonisti della propria vita e impongano con la lotta l'applicazione di regole che senza la loro forza e determinazione non verranno mai applicate.

Parlare direttamente con i lavoratori ThyssenKrupp sarà un'occasione importante per le lavoratrici e i lavoratori del nostro territorio; sarà un momento in cui testimonieremo, anche con la nostra semplice presenza, la nostra solidarietà nei confronti dei morti, dei feriti e dei tantissimi che ogni giorno rischiano la propria vita nei posti di lavoro, come se fossero in guerra.

PRIMOMAGGIO
http://xoomer.virgilio.it/pmweb - http://xoomer.alice.it/pmweb

Redazioni PM della Toscana
Via IV novembre 51 - VIAREGGIO (LU) – Apertura Sabato 17-18
Via stradella 57d - RONCHI - Marina di Massa (MS) - Apertura Lunedì 21.30-22.30
EMAIL:
primomaggio.toscana@alice.it
TEL: 339.6473677 - 339.4505810


Redazione PM del Veneto
Piazzetta San Gaetano 1, SCHIO (VI) – Apertura Sabato 17-18
EMAIL: primomaggio.veneto@libero.it
TEL: 348.2900511 - 340.4063172


lunedì 4 febbraio 2008

L'informazione e la censura





Pluralismo? Democratico confronto? Ma di che parlate... l'informazione in Italia dev'essere rigorosamente di regime! Talmente schierata che, quando si dà notizia dell’ultimo – illuminante per il futuro prossimo, peraltro in linea con il passato – intervento dell’Agcom, ovviamente non si riportano le prese di posizione contrarie, così i cittadini sono pronti a farsi un’idea obiettiva dei fatti... SIC!

Allora riporto io la dichiarazione di Manuela Palermi (PdCI) e un post di Antonio Di Pietro a proposito di Santoro e dell'ultima puntata di AnnoZero (ne avevamo già parlato qui)


Palermi: Anno Zero. Indegna campagna censoria

Ufficio Stampa

Roma 1 febbraio 2008

E' triste che in un paese che si proclama libero, si scateni contro Santoro una campagna censoria. Santoro fa il mestiere di giornalista e lo fa bene, racconta fatti non. Ma in un paese in cui si vuole cancellare la sinistra, la voglia di verità e di parola, proponendo governi assieme a Forza Italia e a Berlusconi che si è fatto leggi su misura per scampare alla galera è inevitabile che venga visto come un ostacolo da rimuovere.







L'indipendenza dell'Agcom

In Europa ci sanzionano perché non siamo trasparenti e obiettivi nell’informazione e non rispettiamo le regole di una corretta informazione. Guardate in Italia cosa succede: una trasmissione, Annozero, ha raccontato i fatti che hanno coinvolto il governatore della Sicilia Cuffaro, condannato a 5 anni di carcere per aver favorito dei mafiosi, una condanna seppur in primo grado che la legge prevede la sospensione, tanto che si è dovuto dimettere.

Un fatto gravissimo, un presidente della regione che viene condannato per aver favorito dei mafiosi qualcuno lo deve raccontare. Lo hanno raccontato un po tutti, ma tutti per far vedere con quanta dignità dopo la condanna offriva cannoli, meno Annozero, che invece ha raccontato chi è questo personaggio. Apriti cielo, ma non apriti cielo non contro Cuffaro per quello che ha combinato, ma contro la trasmissione che lo ha raccontato.

Addirittura, subito dopo sono partiti degli esposti verso l’organo di controllo del servizio pubblico, che si chiama “Autorità per le garanzie nelle comunicazioni” (Agicom). 24 ore dopo l’Agcom ha già punito Santoro e la trasmissione Annozero dicendo che non è stato obiettivo e che deve riparare il danno. Quale danno? Viene da chiedersi “ma cos’è questa grande autorità delle comunicazioni? Chi sono questi personaggioni?”

L’autorità per le comunicazioni è un’autorità che viene nominata dal sistema dei partiti, nel 2002 era stata nominata sotto il governo Berlusconi, e soprattutto ci vanno persone che sono legate al sistema dei partiti. In definitiva mi pare proprio che più di giudice sia un controllore che viene nominato dal controllato affinché nessuno disturbi il manovratore. Questa è la verità.

Voglio avere rispetto verso le autorità, però ci vuole indipendenza anche da parte loro, perché un’autorità per le comunicazioni che prende una decisione di questo genere nei confronti di una trasmissione soltanto perché racconta i fatti, si ha la certezza che lo scopo non sia quello di dare pari opportunità, ma sia quello di impedire che i cittadini conoscano i fatti.

Permettete anche a me di dare un’informazione su chi sono i componenti di questa autorità, poi giudicate voi.
Presidente è Corrado Calabrò, che ha già spiegato che si è mosso in base ad esposti, cioè qualcuno ha fatto un esposto se no non si muoveva, ma chi ha fatto l’esposto? Sempre dei politici. Da chi vengono nominati? Dal sistema politico. Chi è Calabrò? E’ del Tar Lazio, ma non è solo un magistrato: lo ha indicato il vice-premier Fini, è calabrese e ha 73 anni, è stato capo della segreteria di Aldo Moro, ha fatto parte di una dozzina d’incarichi ministeriali come capo di gabinetto all’industria, al bilancio, all’agricoltura, all’istruzione e alla sanità. Un uomo che è stato sempre al servizio delle istituzioni, cioè che ha conosciuto un mondo politico enorme. E’ amico di Maccanico, ma anche di Corrado Carnevale, il famoso giudice “ammazza-sentenze” come dice Travaglio quando racconta chi è questo signore. Calabrò sicuramente è una persona perbene, certo ha fatto parte di vari organismi, e insieme a lui hanno deciso anche vari commissari.

Lo aiutano in questo lavoro Giancarlo Innocenzi, era dirigente Fininvest e sottosegretario di Forza Italia: ma come? Questa è un’autorità e di questa fa parte un membro che viene da una struttura di partito, addirittura da una struttura da un’attività di quel genere?
C’è anche un certo Enzo Savarese, anche lui un ex deputato di AN, ex dirigente Alitalia. Chi fa parte di questo gruppo di giudici che hanno detto che Santoro non poteva raccontarci nulla su Cuffaro c’è anche un certo Gianluigi Magri, ex sottosegretario UDC. Trovassimo qualcuno che sia della cosiddetta “società civile”.
Poi “grazie a Dio” c’è Nicola D’Angelo, che è stato capo di gabinetto di Maccanico e capo ufficio legislativo di Fassino alla Giustizia. C’è anche un certo Michele Lauria, ex senatore della Margherita. Uno per ogni partito “non fa male a nessuno”, ma a proposito non poteva non esserci l’Udeur: Roberto Napoli, medico chirurgo, esperto in comunicazioni evidentemente, ex senatore Udeur. Ma non è che questo sia un luogo più d’ex o di qualche trombato di troppo?
Poi c’è Sebastiano Sortino, un tecnico di livello come lo è Calabrò, con un passato di direzione della federazione editori e grande esperto di pubblicità.

Dimenticavo la Lega: Stefano Mannoni, editorialista del Foglio e de Il Giornale, indicato appunto dalla Lega, noto per aver appoggiato le peggiori leggi vergogna, come quelle poi fatte a pezzi dalla consulta. A proposito, questo Mannoni è quello che, uscita la sentenza della corte di giustizia su Europa7, ha fatto un articolo su Il Giornale in cui ha detto che non ha sbagliato chi non ha dato le licenze ad Europa7, ma la corte di giustizia europea. Chiaro il concetto?

Morale della favola: chi controlla i controllori, ma chi nomina i controllori? Se a nominare i controllori sono il sistema dei partiti, e ogni partito ci mette il suo, di destra e di sinistra, indipendentemente dalla buona fede dei singoli partecipanti, è una Casta che si chiude. Si ha l’impressione che qualcuno voglia informare in un modo diverso i cittadini, vuole far conoscere l’altra verità, quella che piace ai partiti, quello che piace alla Casta.

Ci si chiude, scatta un organismo che condanna chi fa il proprio dovere. E’ successo in materia di giustizia con i vari De Magistris, Forleo e altri, succede con l’informazione, per questa informazione che vuole essere libera a tutti i costi, e succede nella politica per chi come l’Italia dei Valori, per me personalmente, cerca di non farsi condizionare dalle logiche della spartizione e della lottizzazione.

Ecco perché ho l’impressione che dopo questa crisi di governo, nella prossima legislatura, bisogna ritornare al “resistere, resistere, resistere”.

tratto dal blog di Antonio Di Pietro

...

sabato 2 febbraio 2008

Noi di Articolo21 (ma anche noi di Solleviamoci) stiamo con Michele Santoro


di Pino Finocchiaro


Punto uno: i politici, inquisiti o meno, non possono pretendere di dettare l’agenda delle notizie e la loro attualità. Punto due: l’autorità garante per le comunicazioni deve garantire ai giornalisti del servizio pubblico le garanzie previste dall’articolo 21 della Costituzione. Ovvero la libera espressione del pensiero. Soprattutto quando non si tratta di pensieri in libertà ma di fatti rilevanti per la pubblica opinione.

Ecco perché noi di articolo21 stiamo nettamente con Michele Santoro e la sua redazione. Non condividiamo per niente l’intervento dell’Autorità garante.
Come mai l’autorità di garanzia non ha avuto altrettanto da ridire sui processi paralleli di Cogne, Erba e Perugia messi su da assise mediatiche con tanto di plastici e perizie di parte?
Non è possibile usare due pesi e due misure per i delitti privati e per quelli che coinvolgono pubblici interessi oltre che pubblici funzionari.

Anzi, andrebbe garantita la privacy del presunto innocente, ma anche, per compassionevole e doverosa carità morale, quella dei parenti delle vittime.
Nel caso specifico della puntata di Anno Zero monitorata dall’autorità garante che ne ha stigmatizzato l’assensa del contraddittorio, basti ricordare che Santoro aveva invitato l’ex governatore di Sicilia, Totò Cuffaro - spinto alle dimissioni dopo aver festeggiato a suon di cannoli la condanna a cinque anni per favoreggiamento di personaggi vicini a Cosa Nostra – ma il politico ha chiesto che la puntata venisse spostata perché aveva un impegno ineludibile.

Bene ha fatto Santoro ad andare in onda lo stesso. Perché la rilevanza della notizia è determinata anche dall’attualità. Spostare di una settimana la notizia serviva solo a far sommergere l’evento da altri che inevitabilmente sarebbero emersi nel frattempo.
Secondo noi di articolo21 Michele Santoro è stato corretto ed equilibrato. Non ha superato alcun limite. Bene ha fatto a non farsi frenare non dalla ragionevolezza ma dalle ragioni difensive dell’ex governatore Cuffaro.

Ah, l’impegno ineludibile di Totò Cuffaro, detto “vasa vasa” (bacia, bacia), era una cena con gli ex allievi salesiani nel giorno di San Giovanni Bosco preceduta dalla messa in una piccola chiesa. Beh, la cena poteva essere rinviata. Oh, comunque avrebbe potuto tenersi anche in assenza del governatore. Peccato per tutti quei baci in meno. Quanto al diritto di partecipare alla messa in suffragio del sobrio don Bosco, nulla da dire. Ma le messe si iniziano a celebrare alle sei del mattino. Alle sette, le otto. Da quel momento, Totò Cuffaro aveva tutto il tempo di arrivare da Santoro, anche in treno. Ma già, Cuffaro preferisce gli autobus.

Il pubblico interesse, però,
non può attendere. Bene ha fatto, per noi di Articolo21, Michele Santoro a non attendere. E non ci piace proprio che qualcuno, autorità o meno, lo accusi solo per aver fatto il suo lavoro, bene.


fonte: http://www.articolo21.info/editoriale.php?id=3223

...


(foto Riccardo De Luca)
(foto Riccardo De Luca)

Intervista La collaboratrice del giornalista: è solo un pretesto

«A Michele accuse infondate
E la sinistra non lo difende»

La Borromeo: contestato perché attacca il potere

ROMA — «Ma è ovvio che sono pretesti! Creano accuse infondate per far parlare di queste e non delle cose dette in trasmissione che evidentemente sono scomode».

Beatrice Borromeo, figlia del conte Carlo e nipote di Marta Marzotto, aveva due anni quando Michele Santoro scatenava polemiche feroci con Samarcanda. E prima di Annozero ha lavorato solo come modella. Ma frantuma le accuse di faziosità ad Annozero con la stessa naturalezza con cui si annoda i lunghi capelli biondi. E replica senza esitazioni, con quel parlare diretto, severo e distaccato, scambiato all'inizio per cattiva capacità di leggere il gobbo (che invece non c'era): «Michele viene accusato di essere fazioso semplicemente perché fa le pulci a chi è al potere».

C'è chi non la pensa così.
«Veniva accusato quando c'era la destra al governo e l'opposizione la criticava. Poi quando al governo c'è andata la sinistra non lo ha difeso più. Questo perché quando qualcuno è toccato se la prende».

L'Authority dice che alcune puntate erano sbilanciate.
«Non è vero. Noi siamo ben felici di sentire tutte le parti in causa. La puntata sbilanciata è poco interessante. Invitiamo tutti e se ci dicono di no non lo prendiamo come alibi, cerchiamo fino all'ultimo momento utile di rimpiazzarli».

Vi accusano di non rispettare il contraddittorio.
«Non è vero. Semmai può accadere al contrario, come nella puntata di giovedì su Cuffaro che erano tutti ospiti in suo favore».

Alla puntata sul pm de Magistris per l'Agcom non c'era pluralismo.
«Avevamo invitato Mastella. Non è venuto e il suo staff ci ha indicato il sottosegretario Luigi Scotti che infatti c'era».

L'ex ministro Gasparri si era lamentato della puntata con solo il ministro Gentiloni ospite.
«Doveva venire il giornalista de Il Giornale Filippo Facci, che la Rai non ci ha lasciato invitare. Mi pare ci fosse Veneziani. Ma lì a dare fastidio sono state le intercettazioni tra Berlusconi e Saccà. Ma quello ...».

Quello?
«A parte che i tg le avevano già trasmesse, e i giornali già scritte. Penso che alcune cose sono talmente gravi che deve essere garantito ai cittadini il sacrosanto diritto di sapere ».

La fiction sulla Forleo al Csm ha sollevato i dubbi dell'Authority
«Figuriamoci. Le ricostruzioni sono ormai una prassi su cui si basano molte trasmissioni. Anche su cose inventate. Noi abbiamo trasmesso solo cose vere».

Contestano che dopo non c'è stato dibattito, ma solo il commento di Tabucchi.
«Ma se c'era Alfredo Mantovano. Trovo un po' frustrante dover giustificare ogni cosa. Ci contestano persino che in un servizio si vede un pacchetto di Marlboro. Ci facciano delle accuse circostanziate e noi risponderemo con la coscienza assolutamente a posto».

Niente gogne mediatiche?
«Mi incuriosisce che con una scusa o con l'altra siamo sempre noi a stare all'attenzione dell'Authority. Santoro, con il Raggioverde, è stato già chiuso una volta, non vorrei esserci se decidessero di farlo ancora».


V.Pic.
02 febbraio 2008

fonte: http://www.corriere.it/politica/08_febbraio_02/santoro_borromeo_57313d78-d158-11dc-af66-0003ba99c667.shtml

...

venerdì 1 febbraio 2008

L’ITALIA DEL TRUCCO: L’ITALIA CHE SIAMO



Sig. Direttore,

L’Associazione Contro Tutte le Mafie, nell’ambito della sua attività statutaria, intenta a dimostrare che in Italia nulla funziona, ha portato avanti inchieste ed approfondimenti, basandosi solo su un reportage di articoli di stampa pubblicati nel tempo e nello spazio, riconducibili ad autori citati, preparati e coraggiosi, a cui va il nostro riconoscimento di verità. Dati di fatto incontestabili e visionabili, pubblicati sul sito www.controtuttelemafie.it o www.ingiustizia.info .

Da questo studio d’insieme si delinea e si rileva un quadro desolante per tutta l’Italia e tutti gli Italiani, ancorché le istituzioni e i media cerchino di tacitare una verità scottante, dove finanche la magistratura è arrivata a sequestrare il sito dell’associazione, al fine di oscurarne la realtà.

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro che non c’è, e non sulla libertà, che tutti declamano, ma nessuno ha il coraggio di costituzionalizzare nei principi.

L’Italia è sfiduciata nelle Istituzioni, sfilacciata, mal governata; una mucillaggine sociale e una poltiglia di massa rassegnata all’inezia e che inclina verso il peggio, che si uccide e si ferisce nei festeggiamenti di capodanno: insomma: una caos organizzato.

L’Italia dove non c’è libertà di stampa e di parola. I media appartengono ad una casta foraggiata dallo Stato e dai partiti politici; con emolumenti stratosferici, sottoposti a dipendenza e servilismo, nepotismo e clientelismo. I giornalisti sono precari, censurati ed intimiditi dal potere politico e giudiziario.

L’Italia dove i servizi pubblici sono indecenti: emergenza idrica; posta ferma nei depositi; rifiuti ammassati e bruciati per le strade; telefonia in monopolio mal funzionante ed intercettata; ferrovie nel caos, con passeggeri abbandonati o congelati, con treni affollati, sporchi, con legionella, pulci, cimici e zecche.

L’Italia dove non c’è giustizia: con abusi nelle carceri pieni di gente indigente e presunta innocente; con meno carceri per i reati più gravi; con 4 milioni di vittime di errori giudiziari.

L’Italia dove c’è illegalità e malagiustizia; con le 31.353 richieste in 3 anni di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo; dove si spara nei tribunali o dove gli avvocati sono stressati.

L’Italia dove il fallimento di aziende sane è una fabbrica del reddito per gli operatori della giustizia.

L’Italia dove è impedita la difesa e l’accesso al gratuito patrocinio.

L’Italia dove tutti sono responsabili per le loro azioni, meno che i magistrati: casta impunita, ai quali il peggio che li può capitare è il trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale.

L’Italia dove è norma insabbiare i procedimenti penali contro gli stessi colleghi magistrati e i poteri forti e, nonostante tutto ciò, vi sia una marea di magistrati inquisiti.

L’Italia dove la magistratura è una casta con privilegi e segreti; definita come una lobby mafiosa, sovversiva ed eversiva, che influisce sul potere esecutivo e legislativo.

L’Italia dove vige l’impunità per i parlamentari, i magistrati, i commissari d’esame dei concorsi truccati; i funzionari pubblici non sono licenziati, pur condannati per gravi delitti.

L’Italia dove gli avvocati e i notai non sono stinchi di santo, abusando del loro status.

L’Italia dove la stessa magistratura, per la pseudo lotta alla mafia: usa l’incompatibilità ambientale per i magistrati scomodi o le lotte di potere per le carriere; o lincia Giovanni Falcone e Agostino Cordoba; o processa Sergio De Caprio, il Capitano Ultimo che arrestò Riina; o non confisca i beni sequestrati alla mafia.

L’Italia dove le indagini sulla massoneria e sulle stragi sono bloccate.

L’Italia dove risulta essere governata da politici drogati, ignoranti, pregiudicati, falsi, voltagabbana, puttanieri e mafiosi, assenteisti e costosi per la comunità.

L’Italia dove ci sono sprechi: aeroporti inutili, compagnie aeree e marittime inutili e dannose; opere pubbliche incompiute; voli di Stato; auto blu; pensioni faraoniche; privilegi faraonici ai parlamentari, ai magistrati, ai consiglieri regionali, ai funzionari pubblici, ai professori universitari, ai giornali.

L’Italia dove si “regalano” le case pubbliche ai politici.

L’Italia dove tutti e sempre sono in conflitto di interessi.

L’Italia dove le elezioni sono truccate.

L’Italia dove amministrare la cosa pubblica significa cadere in tentazione e delinquere.

L’Italia dove ci sono appalti pubblici truccati.

L’Italia dove gli impiegati pubblici sono malati, assenteisti e improduttivi.

L’Italia dove i militari sono condannati per tangenti, o segretano le morti per l’uranio impoverito o il vaccino.

L’Italia dove la polizia, l’arma dei carabinieri, la guardia di finanza sono accusati di violenza o altri reati, facendo fare i lavori sporchi ai vigilantes, considerati polizia di serie B.

L’Italia dove si elevano sanzioni amministrative truffa.

L’Italia dove ci sono collaudi falsi dei veicoli.

L’Italia dove ci sono abusi edilizi ed inquinamento atmosferico, inquinamento delle acque, inquinamento ambientale, inquinamento acustico.

L’Italia dove ci sono gli incendi boschivi redditizi.

L’Italia dove per trovare lavoro ti devi asservire e far raccomandare, dove è inconsistente il collocamento pubblico o privato, se non per creare precariato.

L’Italia dove i sindacati sono un’altra casta, con poteri e privilegi.

L’Italia dove c’è sfruttamento dei lavoratori, addirittura sfruttamento a danno dei giudici onorari, dei giudici di pace, degli assistenti parlamentari, dei medici specializzandi, dei praticanti avvocato, dei giornalisti.

L’Italia dove c’è il mobbing nelle istituzioni.

L’Italia dove non c’è tutela della salute dei lavoratori e prevenzione degli infortuni.

L’Italia dove sono truccati gli esami scolastici e delle patenti, oltre che i test di ammissione alle università.

L’Italia dove tutti occupano un posto di responsabilità che non merita, in quanto sono truccati tutti i concorsi pubblici, compresi quelli forensi, giudiziari, accademici, notarili, giornalistici, sanitari, televisivi, inps, postali, scolastici, sportivi, canterini; negli enti locali i concorsi sono truccati, o sono concorsi senza concorso, o sono concorsi a sorteggio, o sono concorsi parentali.

L’Italia dove ci sono compagnie assicurative riunite in cartello, rincari RCA ingiustificati e inadempienze risarcitorie, sinistri truffa e avvocati con magistrati collusi tra di loro, che assicurano il risarcimento.

L’Italia dove ci sono truffe bancarie, le mani della giustizia sui banchieri e la piovra delle banche sulla giustizia, le banche come la più grande rete di connivenza con la mafia, l’usura bancaria.

L’Italia dove tutti evadono le tasse.

L’Italia dove c’è il caro prezzi ingiustificato.

L’Italia dove c’è lo sciopero selvaggio, senza rispetto e tutela dei diritti altrui.

L’Italia dove ci sono i falsi invalidi e le barriere architettoniche.

L’Italia dove gli stranieri clandestini emulano gli italiani.

L’Italia dove i padri separati rivogliono i loro figli.

L’Italia dove di pedofilia si abusa parlando o accusando.

L’Italia dove la politica crea clientelismo nella sanità e, per gli effetti, crea malasanità.

L’Italia dove, addirittura, lo sport e insito di dubbi sulla sua correttezza e lealtà.

Questa è l’Italia che siamo. Possiamo anche nascondercelo, ma non si può negare l’evidenza.

Grazie dell’attenzione.


Presidente Dr Antonio Giangrande – ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE
099.9708396 – 328.9163996 – 348.1352344

www.controtuttelemafie.it

www.malagiustizia.eu

www.ingiustizia.info

www.illegalita.altervista.org


Autorizzati alla pubblicazione con citazione della fonte
antonio | altre lettere di antonio |


...

giovedì 31 gennaio 2008

L'Ue boccia la Gasparri: «Regime televisivo fuori legge»

Francesco Di Stefano Europa 7 tv
Francesco Di Stefano

Dopo anni di sentenze arriva da Bruxelles la parola definitiva sulle frequenze vinte da Europa 7 e usate da Rete 4. La Corte europea di giustizia ha condannato infatti il sistema italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione televisiva, nella sentenza sulla causa che opponeva l'emittente privata Centro Europa 7 al Ministero delle Comunicazioni. Secondo la Corte il regime di assegnazione delle frequenze non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.

La sentenza coinvolge direttamente Mediaset e la sua Rete 4 che da anni trasmette utilizzando, abusivamente stando a quanto stabilito dalla Corte, le frequenze che nel 1999 erano state acquistate ad un'asta dall'emittente Centro Europa 7. In una nota l'azienda televisiva di proprietà di Berlusconi sostiene che la sentenza «non può comportare alcuna conseguenza sull'utilizzo delle frequenze nelle disponibilità delle reti Mediaset», puntando sul fatto che «il giudizio cui la sentenza si riferisce riguarda esclusivamente una domanda di risarcimento danni proposta da Europa 7 contro lo Stato Italiano». Sulla vicenda, in realtà, era intervenuta anche la Corte costituzionale italiana che aveva fissato al 31 dicembre 2003 la data ultima entro la quale la rete berlusconiana avrebbe dovuto lasciare le frequenze. Ma un provvidenziale decreto legge preparato dal duo Gasparri-Berlusconi bloccò tutto.

«Sono soddisfattissimo», ha commentato Francesco Di Stefano, patron di Europa7, «Ma anche amareggiato perché ci è voluto così tanto tempo per una cosa chiara. Comunque siamo fiduciosi e lo siamo sempre stati sempre stati: ecco perché abbiamo resistito tutti questi anni». Ma la faccenda si fa seria per Mediaset. Per Ottavio Grandinetti, il legale che assiste Di Stefano, ora si apre la strada sia dell'assegnazione di frequenze che di un risarcimento dei danni da parte dello Stato italiano. «Non è vero, come affermato da Mediaset in una nota, che in gioco non c'è la riassegnazione di frequenze televisive. Mediaset dice una cosa doppiamente sbagliata - afferma il legale di Europa 7 - Prima di tutto non è vero che la domanda di Europa 7 è solo di risarcimento danni. Noi vogliamo le frequenze e in più il risarcimento. Il secondo motivo di errore è il fatto che non siamo né Mediaset né noi né la Corte di giustizia a decidere, ma il Consiglio di Stato. E questa sentenza europea peserà, eccome. Noi siamo andati davanti al Consiglio di Stato per far condannare l'Italia a darci una rete nazionale. Il Consiglio ha ritenuto che le giustificazioni addotte dal Governo per negare a Centro Europa 7 la consegna delle frequenze ponessero un problema di compatibilità di principio con le leggi comunitarie. E siccome questo accertamento lo fa la Corte di Giustizia ha rimandato tutto all'Europa. Che, alla fine, ci ha dato ragione».

Si delineano anche i passi futuri. «Ora la questione torna davanti al Consiglio di Stato, che deciderà in un senso o nell'altro. Se ci danno le frequenze il danno è quantificato in centinaia di milioni di euro... Avevamo detto 600 milioni ma è passato del tempo, quindi ora bisogna ricalcolare tutto. Invece se dovesse dare ragione a Mediaset, che dice che esiste solo la possibilità di un risarcimento, allora la richiesta è quantificabile in miliardi di euro».

Ora però anche il mondo politico chiede con forza di restituire le frequenze a Europa 7. Lo dicono Ferrero, Cuillo, Giulietti e Tana de Zulueta. «Finalmente si può portare un po’ di legalità», ha detto il ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero. «Adesso bisogna consentire a Di Stefano e ad Europa7 di trasmettere», ha detto il deputato del Pd Giuseppe Giulietti. «Sarebbe davvero grave se qualcuno stesse già pensando ad una nuova legge porcata, bisognerebbe piuttosto accettare -prosegue il deputato- i rilievi della Corte di Strasburgo per superare il duopolio. C'è per caso nel centro destra qualcuno che voglia fare qualche passo in questa direzione? La legge Gentiloni cercava di rimediare in qualche modo a questa situazione, ma devo con dispiacere constatare che fin dall'inizio nel centro sinistra hanno lavorato dei basisti che ne hanno impedito l'approvazione». «Dopo più di 8 anni la Corte di giustizia europea indica a parole chiare la strada per uscire dall'anomalia italiana – dice Roberto Cuillo, del Partito Democratico -. Europa 7 aveva e mantiene il diritto a trasmettere e questo diritto le deve essere restituito». «La sentenza della Corte europea di giustizia ha certificato inequivocabilmente che la legge Gasparri viola il diritto comunitario e che ai danni di Europa 7 vi è stata una espropriazione di diritti acquisiti». Lo dichiara, in una nota, Tana de Zulueta, presidente del Comitato per un’AltraTv.


Un percorso lungo 8 anni

La sentenza fa riferimento ad una causa intentata da Centro Europa 7, società attiva nel settore delle trasmissioni radiotelevisive che nel 1999 aveva ottenuto dalle competenti autorità italiane un'autorizzazione a trasmettere a livello nazionale in tecnica analogica, ma non è mai stata in grado di trasmettere, in mancanza di assegnazione di radiofrequenze. Una domanda della Centro Europa 7 diretta all'accertamento del suo diritto ad ottenere l'assegnazione di frequenze, nonché il risarcimento del danno subito, è stata respinta dal giudice amministrativo.

Il Consiglio di Stato, dinanzi al quale la causa pende attualmente, ha quindi interrogato la Corte di giustizia delle Comunità europee sull'interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario relative ai criteri di assegnazione di radiofrequenze al fine di operare sul mercato delle trasmissioni radiotelevisive. Il giudice del rinvio ha sottolineato che in Italia il piano nazionale di assegnazione delle frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni, nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni. Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l'effetto di non liberare le frequenze destinate ad essere assegnate ai titolari di concessioni in tecnica analogica e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale.

Nella sentenza pronunciata oggi, la Corte rileva che l'applicazione in successione dei regimi transitori strutturati dalla normativa nazionale a favore delle reti esistenti «ha avuto l'effetto di impedire l'accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze». Questo effetto restrittivo è stato consolidato «dall'autorizzazione generale, a favore delle sole reti esistenti, ad operare sul mercato dei servizi radiotrasmessi». Per i giudici della Corte, «tali regimi hanno avuto l'effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali.

Il limite al numero degli operatori sul territorio nazionale potrebbe essere giustificato da obiettivi d'interesse generale, ma - contestano i giudici - esso dovrebbe essere organizzato sulla base di «criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati», così come stabilisce il nuovo quadro normativo comune per i servizi di comunicazione elettronica. Di conseguenza, la Corte conclude che l'assegnazione in esclusiva e senza limiti di tempo delle frequenze ad un numero limitato di operatori esistenti, senza tener conto dei criteri citati, è contraria ai principi del Trattato sulla libera prestazione dei servizi.


Pubblicato il: 31.01.08
Modificato il: 31.01.08 alle ore 18.41

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=72539

...

mercoledì 30 gennaio 2008

Lo speciale di Ballarò, 23 gennaio 2008








Ne abbiamo già parlato qui: http://solleviamoci.blogspot.com/2008/01/non-ci-sto.html
ma ricevo oggi un articolo illuminante dall’impagabile Baro… e lo pubblico integralmente.

Perché la memoria o è obiettiva o non serve che a pochi… e siccome in questi giorni qualcuno rispolvera la marcia su Roma, cominciamo a fare chiarezza, invece che il solito revisionismo.


La notte più in là senza revisionismi
Enrico Campofreda
24 gennaio 2008

Fa male sentire che l'umano e profondo dolore che ha segnato le vite di orfani di vittime della lotta armata di fine Settanta prenda, pur negandolo, la via d'un'univoca rivisitazione di quegli anni com'è accaduto ieri sera su Rai Tre. La lettura in diretta di copiosi passi del libro di Mario Calabresi ''Spingendo la notte più in là'' ha offerto un sensibile spaccato di emozioni, immagini, sentimenti e sentimentalismi assolutamente personali e rispettabili, vissuti, nella bellezza e in un malessere a volte compassato altre straziante. Ma ha al tempo ricevuto una banalizzazione nell'operazione politica di utilizzare quel testo ben oltre la stessa giornata della memoria delle vittime del terrorismo già istituita nei mesi scorsi. Non sappiamo se le intenzioni del pacato Calabresi junior e di chi utilizza quei suoi ricordi emotivo-esistenziali vadano oltre la rivendicazione d'uno spazio pubblico nel nome dei propri cari richiesto più volte e a più voci.

Pensiamo che si dovrebbero scindere i due aspetti. L'elaborazione del lutto è questione privata e personale; collettivo e civile può essere il ricordo di periodi della storia politica ma attraverso una lettura né emotiva né di parte. E nella trasmissione di Floris questo distinguo non c'era. Si puntava a dare un'immagine dei Settanta basato sul dolore individuale del proprio vissuto. Partendo dall'omicidio Calabresi che - qualsiasi commentatore politico e lo stesso figlio Mario, oggi affermato giornalista de 'La Repubblica' dovrebbero sapere - non ha nulla a che vedere con la pratica dell'omicidio politico teorizzato nella seconda metà dei Settanta da Br e consimili. Solo la cattiva coscienza di chi fa presunta informazione come Giuliano Ferrara, praticando invece quell'aggressione e demonizzazione dell'avversario rinfacciata ad altri, può lanciare anatemi su quegli anni. Facendo finta di non conoscere un passato che appartiene anche al suo dna.

Dunque i Settanta, anni di passione e violenza, non furono solo questo. Furono lunghi attimi di speranza e di lotta e la deriva e il vicolo cieco dell'eliminazione fisica di avversari veri o presunti praticata dal 'partito armato' - strada sciagurata e improduttiva per quella classe che si voleva orientare a un rovesciamento dello Stato borghese - furono una deriva, non l'unica anima d'un periodo articolato e complesso. La trasmissione della Rai, che ospitava alcuni figli di servitori dello Stato le cui esistenze hanno subìto traumi sicuramente irreparabili e duraturi, sceglieva la scorciatoia d'uno spicciolo revisionismo. Fatto di confusione, pressappochismi, illazioni come affermare che chi sparava al commissario Calabresi era un potenziale terrorista e magari iniziava nel maggio '72 a praticare la lotta armata. Non si mescolano i sentimenti con la storia. E Calabresi, Tobagi, Alessandrini juniores risultavano emozionati e in certi passi impossibilitati al distacco. Parevano non comprendere che gli assassini dei padri erano ormai liberi e intervistati in tivù perché questo avevano deciso leggi d'uno Stato tanto difeso dai loro genitori.

Né il conduttore né un giornalista navigato come Ezio Mauro ricordavano che all'epoca c'era un'Italia fatta di movimenti d'opposizione ad ampia base proletaria - non erano solo gli studenti borghesi a manifestare - contro cui vennero scagliate la strategia della tensione e l'omicidio fascista. Sugli schermi passavano senza commento le immagini delle stragi, senza ricordare quelle vittime, né gli effetti di leggi liberticide come la Reale che diedero vita a un omicidio generalizzato da parte delle Forze dell'Ordine per le strade d'Italia, ben prima che montasse l'azione omicida dei gruppi armati. Insomma per ricordare la notte della Repubblica, spingerla più in là e magari vederla scomparire non serve revisionare l'accaduto. In vari casi i parenti delle vittime dello stragismo e di militanti politici uccisi in quegli anni non conoscono neppure i nomi degli assassini e non li hanno visti condannati. Non hanno scritto libri o se qualcuno l'ha fatto non ha pari diffusione e attenzione, hanno avuto vite spesso meno note e altrettanto dolorose. E non compiono un'elaborazione del lutto televisiva.

all'insaputa di:

http://www.reti-invisibili.net/giuseppepinelli/articles/art_13217.html



lunedì 28 gennaio 2008

Cara RAI, non mi assomigli!


Come tutti gli anni, puntuale come l’influenza, ecco la gabella da pagare: il canone RAI. E come tutti gli anni ecco che si inventano slogan accattivanti per convincere i riottosi come me. Quest’anno è toccato a “vogliamo assomigliarti”.

Be’, per quel che mi riguarda, cara RAI, ce n’hai di strada da fare prima di poter dire di essermi in qualche modo simile! Non tanto per i programmi che non guardo – ad essere onesti sono la maggior parte e già questo dovrebbe essere sconfortante per te – ma per il tipo di scalette che ci imponi.

Ripeto, lasciamo perdere per un istante le scelte ideologiche (perché siamo su pianeti evidentemente diversi). Parliamo di puro buon senso. Quanto ce n’hai, tu che programmi un film come Harry Potter in una qualsiasi serata infrasettimanale, ben sapendo che è un film da ragazzi? O forse pensavi di rivolgerlo esclusivamente ad un pubblico adulto, che non ha problemi ad alzarsi alla mattina? E poi: torna il grande Biagi, finalmente. Dopo un assaggio in prima serata, eccolo relegato a quando anche i più valorosi cominciano a dar segni di cedimento. Stessa cosa dicasi per Benigni che recita la Divina Commedia: siccome la prima puntata ha dimostrato l’interesse che il pubblico nutriva per i due toscanacci, mettiamolo come ultima scelta, così evitiamo il rischio che la cultura si impadronisca delle menti degli italiani e che magari comincino ad usare il cervello… e poi si sa, Benigni è irriverente e altamente pericoloso per la morale corrente. Quale morale? La tua, cara RAI…

E adesso parliamo del canone. Che nasce con la tassa sulle audizioni, il 21 febbraio 1938 tramite Regio Decreto del Re Vittorio Emanuele di Savoia, allo scopo di finanziare la PROPAGANDA del REGIME FASCISTA (dichiarazione copiata da un commento sul blog di Grillo, qui: http://www.beppegrillo.it/2008/01/lalbo_mussolini/index.html)

Ieri sera Fabio Fazio ci ha ricordato la necessità di metterci in regola, perché, dice lui, il canone è quello che permette a tutti di dire quello che pensano (lasciamo perdere le conseguenze). Mah! Qualche anno fa avevo scritto alla RAI chiedendo che mi venissero piombati i loro canali, che tanto non guardavo, e mi hanno risposto che la tassa non riguardava l’utilizzo del televisore in sé ma il suo possesso. Come dire che posso anche tenerlo spento o guardare un qualsiasi canale extra RAI che comunque devo pagare la RAI. Concetto astruso, per me. Come incomprensibili sono le scelte sulle notizie cui dare risalto. Sempre nella lettera già citata mi lamentavo di questo aspetto: mi è stato detto che la RAI, essendo di tutti, deve tener conto dei gusti – disparatissimi – dei suoi utenti. Sarà… ma possibile che la maggior parte degli italiani nutra un interesse così smodato per i fatti privati dei capi di stato esteri, tanto da farli assurgere a notizia fissa di tutti i TG? Ma io non credo proprio…

E almeno fosse vero quello che dice Fazio: possibile che abbia già scordato la scomparsa improvvisa dalle programmazioni RAI di personaggi del calibro di Santoro e Biagi, giusto per dirne due? E poi, diciamocela tutta: siamo sicuri che proprio tutti possano esprimersi? No perché io dalla RAI non ho mai sentito parlare di THOR, ad esempio… e non mi riferisco al dio nordico ma a qualcosa che perfino una imbranata come me è riuscita a trovare. Non in una chat qualsiasi: nel sito del CNR. Ma questo è far cultura, ed evidentemente non si può.

Cara RAI, l’informazione per te, nella maggioranza dei casi, è come l’AIDS: se la conosci la eviti. Tu confondi l’informazione con l’opinione: di quest’ultima ce ne propini a bizzeffe… ma nell’80% dei casi (ho deciso di essere ottimista), chissà perché, di quella di chi detiene il potere. Non necessariamente politico, anzi meglio: quello economico.

Anche quest’anno pagherò il canone, tranquilla… ma la certezza di essere bellamente presa in giro non me la leva nessuno.


lunedì 21 gennaio 2008

Witness Journal, così rivive il reportage





Witness Member



Che cos'è e come funziona


Witness Journal è un magazine di informazione e fotografia davvero nuovo, soprattutto perché sono veramente innovativi sia la formula editoriale, sia l'idea su cui si basa l'intero progetto.
Distribuito gratuitamente via Internet, Witness Journal racconta attraverso le immagini di fotografi, professionisti e appassionati, storie piccole e grandi, italiane e non. Basato su una logica aperta ai contributi di tutti, Witness offre agli autori un palcoscenico giornalistico adatto sia a esprimere le proprie capacità, sia a promuovere il proprio lavoro.
Ai lettori offriamo invece un'informazione diversa sotto numerosi aspetti. Innanzitutto perché poniamo le immagini e non le parole, al centro dell'attenzione. Le storie raccontate da Witness Journal sono infatti narrate esclusivamente attraverso i fatti, ossia le fotografie.
Gli articoli, redatti direttamente dai fotografi, raccontano il “backstage”, aggiungono informazioni relative al contesto, ma mai in alcun modo tendono a fornire un'analisi o un commento. Questo compito preferiamo lasciarlo al lettore, come è giusto che sia.
Per scelta precisa, ma anche per filosofia, la linea editoriale di Witness tende a dare spazio ai piccoli grandi eventi, alle storie locali e, perché no, soprattutto a ciò che trova difficilmente spazio sui principali organi di informazione.
Grazie a Internet siamo infatti in grado di vantare una rete di collaboratori che si estende in modo capillare su tutta la penisola. Una rete fatta di professionisti, ma anche e soprattutto di appassionati di fotografia che grazie al digitale e ai fenomeni del Web 2.0, primo fra tutti Flickr, hanno oggi la possibilità di far sentire la propria voce.
Ed è proprio questa voce quella che Witness Journal vuole raccogliere e farvi ascoltare.


COME PARTECIPARE


Witness Journal è un progetto aperto al contributo di tutti, ma si basa comunque su una serie di “regole” il cui rispetto permette di tutelare sia la redazione, sia il fotografo. Ecco quali sono.


Condividere i guadagni ma non le spese

MAM network, ossia l'editore di FotoUp e Witness, è titolare esclusivo dei diritti dei marchi e della testata. In quanto editore MAM network sostiene i rischi e i costi di impresa, si assume la responsabilità legale della pubblicazione e prevede e riconosce il diritto al pagamento degli autori in caso di vendita di spazi pubblicitari. Witness, nel pieno rispetto di una logica contributiva, propone ai fotografi il riconoscimento del 30% dell'incasso pubblicitario di ogni numero, equamente diviso in base al numero di servizi. Un meccanismo chiaro e trasparente che lega al successo commerciale dell'iniziativa ogni possibile guadagno degli autori come degli editori.
In caso di mancati incassi, l'editore sostiene i costi di hosting e download a fronte di nessuna entrata, mentre l'autore non vede riconosciuto economicamente il proprio lavoro, senza subire danni economici e ottenendo comunque la pubblicazione del proprio servizio.


Ogni proposta deve avere i seguenti requisiti:
- l'originalità delle opere
- la piena titolarità dei diritti d'autore e di ogni altro diritto
- la cessione dei diritti di pubblicazione in esclusiva per trenta giorni
- le eventuali liberatorie dei soggetti ripresi

Inviando le immagini, implicitamente, l'autore si assume ogni responsabilità circa la conformità del proprio lavoro ai suddetti requisiti, escludendo da ogni responsabilità in proposito l'editore.


Ogni progetto candidato dovrà essere composto da:
- almeno 20 immagini (i file originali con i dati EXIF)
- un testo in italiano di massimo 3.000 battute

I testi dovranno aiutare a fornire al lettore il contesto dei fatti, ma non devono contenere analisi o giudizi. Witness è un giornale di fotografia soprattutto quando fa giornalismo e informazione. La redazione svolge un compito esclusivamente tecnico di revisione dei testi in termini di forma, stile e impaginazione, e fa ciò senza mai intervenire sul significato dei contenuti veri e propri.


Diritto d'autore
I diritti d'autore delle immagini restano di totale proprietà del fotografo. All'editore è però concesso e riconosciuto il diritto di pubblicazione (in esclusiva per la durata – 30 giorni – del periodo di pubblicazione di ciascun numero).

Diritti di sfruttamento dell'immagine concessi all'editore
- utilizzo illimitato e gratuito delle immagini pubblicate a fini promozionali delle iniziative dell'editore
- utilizzo per riedizioni, monografie, speciali e raccolte di Witness, in questo caso senza il vincolo dell'esclusività e continuando a riconoscere il 30% del fatturato pubblicitario, equamente distribuito tra gli autori.
- ristampe cartacee o su altro supporto, libri e altro. Anche in questo caso l'editore è tenuto a riconoscere il 30% della -- raccolta pubblicitaria o degli utili derivanti da ciascuna operazione commerciale

Witness Journal


Aperte le selezioni per il numero 8 di WJ

Per candidare un servizio, dovete iscrivervi al Forum e lasciare un messaggio contenente una breve descrizione della storia/argomento e il link a max 2 immagini sul Forum stesso. Qualora non fosse possibile vedere le fotografie via Web, o nel caso in cui si voglia sottoporre all'attenzione l'intero servizio, potete mandarne l'anteprima a selezione{at}witnessjournal.net


Proponi ora il tuo Reportage

..

WJ numero 5Numero 7
Gennaio 2008





WJ numero 5Numero 6
Dicembre 2007





WJ numero 5Numero 5
Novembre 2007





WJ numero 4Numero 4
Ottobre 2007





WJ numero 3Numero 3
Settembre 2007





WJ numero 2Numero 2
Luglio / Agosto 2007






....