"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

sabato 28 marzo 2009

Perché in politica non vince chi punta sulla ragione




Leggo a pagina 13 de Il Venerdì di Repubblica del 20 marzo l’articolo il cui titolo ho già citato, di Curzio Maltese:

“La sinistra si illude ancora che i cittadini votino sulla base di ragionamenti e non di emozioni. Purtroppo non è così, non lo è mai stato né in Italia né altrove. Le ricerche più serie dicono, in estrema sintesi, che un terzo dell’elettorato “nasce” orientato a sinistra e un terzo a destra.

Questi due zoccoli duri, nei sistemi democratici, non cambiano idea quasi mai, quale che sia l’offerta politica, l’ideologia vincente, i leader. Il rimanente terzo, decisivo per la vittoria, è composto da persone poco interessate alla politica, che scelgono di volta in volta. Quasi mai per interesse o convincimento razionale, ma esprimendo col voto innanzitutto un sentimento.

Naturalmente, in una democrazia esistono dei correttivi all’”anzitutto”. Buone istituzioni, buone scuole e soprattutto una libera informazione danno un contributo importante nello spostare il campo delle decisioni politiche dall’irrazionale al razionale. Con tv e giornali liberi e indipendenti, o anche solo un po’ decenti e non servili, sarebbe facile per l’opposizione dimostrare l’inettitudine del premier e dei suoi ministri più popolari.


Berlusconi solo un paio di mesi fa ha invitato i risparmiatori a investire tutto nell’acquisto delle azioni Eni ed Enel. Il malcapitato che avesse preso sul serio il consiglio, oggi vedrebbe il suo capitale ridotto di un terzo in poche settimane. L’anno scorso Tremonti si è presentato all’onore delle cronache con un’idea geniale, la Robin Tax: tassare gli eccessivi utili delle banche. Oggi è lo stesso che vuole salvarle dal crac con tonnellate di danaro pubblico. I dati sugli sbarchi clandestini e sulla criminalità dicono che la legge Bossi-Fini è stata la peggiore d’Europa in questi anni.

Ma una libera informazione in Italia non esiste, dunque bisogna rassegnarsi a una lotta politica tutta fondata sul consenso emotivo. In questo Berlusconi è un maestro, in perenne sintonia con gli umori profondi, e cangianti, del Paese. Il politico percepito come affidabile non è chi mantiene le promesse, ma chi promette ciò che la gente vuole in quel preciso momento.

D’altra parte, il bravo politico non disdegna la comunicazione emotiva, al contrario sa usarla per un buon fine. E’ un concetto piuttosto semplice, ma da sempre ostico ai leader della sinistra. Molto meno a quelli di cultura cattolica, come Prodi in passato e Franceschini ora. Per ovvie ragioni. Se gli uomini agissero fidando nella sola ragione, la religione non esisterebbe da un pezzo.”



Giorgio Bocca poco sopra conclude la sua analisi sulla banalizzazione dell’italiano scrivendo: “…puoi dire le sciocchezze che vuoi, affermare tutto e smentire tutto, dalla crisi all’energia nucleare, alla sacralità della vita, perché, come insegna Silvio, le parole non contano, conta la faccia, purché appaia sulla lanterna magica.”


Come dar loro torto? Io appartengo allo zoccolo duro, quello degli irriducibili della sinistra (ma che novità!!!) ed il dover prendere atto che ci tocca subire il governo decretato dagli “emotivi” è un insulto alla ragione. Anche perché, davvero: qualsiasi panzana venga loro detta, questi ci cascano peggio dei polli!


Una volta Montanelli ebbe a dire: “tappiamoci il naso e votiamo DC”. Ovvio che non ero d’accordo… ma anche trasformandolo in un più moderno “votiamo PD”, non ci riesco proprio. Il mio collo si può obtorcere, ma fino ad un certo punto (diciamo fino all’arcobaleno). Non riesco a pensare che il PD sia “il meno peggio”. In fondo, quando era al governo, che ha fatto di così clamoroso? Ha per caso pensato (non dico di portare il discorso alle logiche conseguenze, che probabilmente sarebbero mancati i voti in parlamento) di affrontare la questione del conflitto di interessi? Ha sbattuto Rete4 fuori dalle frequenze che occupa abusivamente? Ha eliminato il precariato? Ha modificato la legge elettorale? Ha pensato ai diritti dei malati e/o dei cosiddetti “diversi”? Oppure ha anche solo eliminato qualche privilegio e qualche spreco? No, perché una volta c’era Mastella, poi c’era De Mita, poi c’era Rutelli e la Binetti e chi più ne ha più ne metta. Ma invece di prendere atto della pessima compagnia, i nostri hanno pensato bene di buonizzare la destra e dare tutte le colpe ai massimalisti della sinistra, tant’è che alle elezioni si son presentati da soli (ma evidentemente non sono capaci di ballare…). E meno male, dico io: perché forse, se avessero lasciato uno spiraglio ed avessimo presentato liste comuni, mi sarei ritrovata a votarli (che tanto poi, con questo sistema di non-preferenze, il voto andava a loro). Obtorto collo, anzi, decisamente fracto.

Perché io penso che la sinistra sia entrata in crisi quando ha cercato di cambiare faccia. Dopo la caduta del muro di Berlino, qualsiasi cosa avesse una vaga somiglianza anche solo con la parola “comunismo” doveva essere epurata. Non dico fosse solo smania di arrivare – finalmente! – al governo e/o stanchezza di fare opposizione. Ma farsi crocifiggere perché il comunismo ha commesso crimini infami mi è sembrato – e mi sembra tuttora – assurdo. Ho già detto non so dove che qualsiasi dottrina s’è macchiata di infamie – e per dottrina intendo sia quelle di tipo filosofico/sociale che le religioni: pensate all’Inquisizione… - perché comunque una dottrina è teoria, la pratica la fanno gli uomini. Anzi, specifichiamo meglio: gli individui (che poi potrebbe sembrare che il problema si risolve mettendo tutto in mano alle donne: guai!). E gli individui sono fallaci, quindi ci sta anche che alcuni comunisti abbiano sbagliato. Embé? Forse che essere comunista significa essere automaticamente masochista? Non credo proprio…

Dobbiamo tornare ad essere quello che di autentico abbiamo nel nostro patrimonio, e non solo nelle parole.

Altrove ho detto che un bel programma non mi basta, che bisogna anche fare. Qui aggiungo che – alla luce anche dell’articolo riportato – mi rendo conto che non sarà solo il “fare” a sbilanciare la bilancia degli emotivi, che anzi, se guardiamo ai risultati delle elezioni sarde vien da pensare che tutto è perduto.

Certo, la strada è difficile e l’informazione è… diciamo faziosa (eufemismo). Un esempio per tutti: mentre Berlusconi inaugurava la tratta Bologna-Firenze a bordo del Freccia Rossa e tutti i giornali ed i TG gli davano ampio spazio (questo è un articolo a caso), solo l'Unità diceva che un altro Freccia Rossa perde i pezzi… e noi? Un paio di giorni prima, Solleviamoci ha pubblicato questo. Ma qualche TG ha detto qualcosa? Evidentemente era una notizia irrilevante… tipica della cultura disfattista dei comunisti.

Ma torniamo al discorso iniziale. Che ce li abbiamo tutti contro ce ne siamo accorti, credo. Che decidiamo o anche solo pensiamo di valutare la possibilità di ammorbidirci, di venire a patti per un pugno di visibilità (per il cadreghino, direbbero dalle mie parti) non credo sia ipotizzabile, per fortuna!, dico io.


Non ci resta che… tornare sul territorio. Con i poveri, gli ultimi, gli umili. Detto da me, che in questo momento non sto facendo alcunché di utile, suona provocatorio. Lo so. Ma è anche – a mio avviso – l’unica strada percorribile.

Nessuna concessione agli emotivi (d’altra parte, chi ce lo vede per esempio Oliviero Diliberto a promettere barche a tutti? Chi gli crederebbe, a parte gli emotivi? Che ci promettesse di ricostruire il PCI – senza compromesso storico ed unità nazionale – come ha già fatto: quello sì, anche se a quelli di cui sopra non piacerà, perché c’è da sporcarsi le mani, non da incassare premi…)

Uniti - come si sottolineava anche in alcuni siti che frequento abitualmente - perché anche le lotte a chi è più duro-e-puro non pagano.

domenica 22 marzo 2009

L'anca sbilenca fa due mesi...


Lo so: non è notizia degna di assurgere agli onori di cronaca. Infatti, nonostante l’egocentrismo che mi contraddistingue, ho intenzione di usarla solo come spunto (anche perché a tutt’oggi non serve a molto altro… l’anca, intendo) per parlare di sanità e salute.

Ho letto questa notizia da adnkronos:

BIOETICA: COMMISSIONE SANITA' APPROVA ARTICOLO 2 DDL CALABRO'

Roma, 10 mar. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - La Commissione Sanità del Senato ha approvato l'articolo 2 del Ddl Calabrò. Si tratta dell'articolo, il numero 4 nel testo originario, che entra nel vivo del consenso informato, stabilendo che il dichiarante debba essere informato in maniera completa e comprensibile, su diagnosi, prognosi, natura, rischi e benefici del trattamento proposto. E che stabilisce che il consenso dato dal paziente possa essere sempre revocato, anche solo parzialmente. "Sono stati accolti alcuni emendamenti dell'opposizione - spiega il relatore del provvedimento Raffaele Calabrò - che introducono miglioramenti solo formali, perché la sostanza dell'articolo resta invariata".

Dacché sono stata direttamente coinvolta di recente e lo sarò ancora, vorrei condividere alcune considerazioni, prendendo per buono quanto riportato nella notizia perché il testo originale io non l’ho trovato…

Ad un lettore che non bazzica ospedali e medici, dovrebbe sembrare una buona innovazione: sapere cosa e come ti propinano una cura ed i rischi/benefici che ne puoi trarre non può che aiutare a decidere con più cognizione di causa se affrontare intervento o terapia, o meno.

Però… come sempre, la teoria è una cosa e la pratica un’altra. E’ un po’ come quando si stipula una polizza assicurativa o si apre un conto corrente in banca: chi ha mai letto tutte le clausole ed i codicilli, ma soprattutto: a chi sono mai state spiegate?

Facciamo un caso a caso: sono stata ricoverata la mattina in cui sarei stata operata. Tra una preparazione ed una visita è passato pure l’anestesista con una cartella di fogli da firmare.
Non riporto il dialogo preciso, non me lo ricordo e ovviamente non l’ho registrato… ma il senso è stato:

“Firmi qui”
“Che cos’è?”
“Il consenso ad eventuali trasfusioni di sangue proveniente da donatori altri da lei, se le sue autodonazioni non dovessero bastare”
“E se io non fossi d’accordo? Ho un paio di cugine che si sono prese l’epatite, grazie ad una trasfusione di sangue subita in ospedale…”
“Be’, in caso di necessità la trasfonderemmo lo stesso, solo che avremmo bisogno dell’autorizzazione del giudice (cito a memoria, potrei sbagliare carica preposta ma non la sostanza) e perderemmo solo un po’ di tempo in più”
“Va bene, allora però specifichiamo i donatori ammessi: ho parecchie persone compatibili disposte a versare il loro sangue per me”
“Non si può. Il donatore dev’essere anonimo; non sono consentite donazioni ad personam, perché altrimenti i pazienti che non hanno amici disponibili potrebbero restare a secco”
“Incredibile: ho fatto la donatrice per anni, finché le nuove regole restrittive mi hanno escluso dal giro, e non ho mai sentito di donatori egoisti… Ma se vengo contagiata dall’epatite, mi rimborsate?”
“E’ molto difficile perché i controlli oggi sono molto più severi, comunque no perché ha acconsentito”
“Quindi, qualsiasi cosa succeda sono fatti miei”
“…”
“E queste carte che sono?”
“Il consenso informato- L’accettazione dell’intervento proposto, nonché la dichiarazione di consapevolezza che qualcosa potrebbe andare storto”
“Mi faccia un po’ leggere…”
“Senta, è parecchio materiale… Io è dalle 8 che sono in giro per le camere a far firmare gli operandi, e se tutti avessero deciso di leggere dall’inizio alla fine e magari chiedere anche spiegazioni sarei ancora dal primo…”
“Sì vabbé, ma se vuole il consenso informato dovrò pure sapere cosa firmo! Altrimenti non firmo”
“In tal caso, la dimetto immediatamente e non se ne parla più”
“Ma il mio intervento?”
“Salta: non possiamo operarla se non firma”
“… a scatola chiusa. E se davvero qualcosa va male la responsabilità di chi è?”
“Sua, perché ha firmato”
“Ma senta un po’: io mi prendo la responsabilità delle mie attività di cittadina, madre e lavoratrice. Perché debbo essere io la colpevole di un’anestesia sbagliata o di un taglio troppo profondo o che ne so?”
“Be’ ma la struttura deve tutelarsi, se tutti decidessero di far causa per qualcosa che va storto… Ma poi è solo burocrazia”
“Già, però è burocrazia sulla mia pelle…”

e finiamola così. Quei fogli erano ovviamente pieni di paroloni incomprensibili ai non addetti ai lavori, quindi “consenso informato” è una parola grossa. Presupporrebbe che qualcuno – magari non una parte in causa – spiegasse in dettaglio ed in modo comprensibile cosa può succedere, ma chi ha il tempo di farlo, anche volendo? Ci vorrebbe un esercito di medici-informatori… che se però son pagati dalla struttura in ci lavorano, sono di parte ed il rischio – reale – è che raccontino solo la parte positiva… quindi temo che anche questo emendamento migliorativo sia destinato a restare lettera morta.

E parliamo poi di medici. Ne ho una certa esperienza: per mia sorte ne ho conosciuti parecchi… molti seri, bravi, impegnati ed umani. Qualcuno superficiale, pressappochista, arrogante e persino ignorante. Come in tutte le “categorie”, del resto.
Quello che però mi ha sempre lasciato perplessa è la tendenza generale a considerare il paziente “una parte”. Se ti vai a fare un’artoprotesi all’anca, sei “l’anca”, non sei la persona con un’anca operata. Se l’intervento va bene e per caso in sala operatoria ti becchi un’infreddatura, per farti dare anche solo un’aspirina devi metterti ad urlare. Dal punto di vista del medico, l’anca sta bene, quindi che vuoi?

Certo i miei studi classici non aiutano… ma mi sembrava di aver sentito parlare dell’uomo nella sua totalità, dell’influenza della psiche sul corpo… c’è stato persino uno che paragonava il funzionamento dello stato a quello di un corpo umano in cui tutti gli organi debbono contribuire, ciascuno per la parte che gli compete, in armonia e salute… altri tempi?

E come non spendere due parole sulla cartella clinica, quell’insieme di informazioni cui il paziente non ha accesso mentre è ricoverato (ma basta farsi venire a trovare da un medico amico che improvvisamente te la ritrovi su un vassoio d’argento, consultabilissima anche da te…). Quando vieni dimesso, se ne vuoi una copia, devi pagarla (ma se il tuo medico la volesse visionare e non avesse tempo di andarsela a consultare in ospedale- cosa peraltro non difficile, visto il numero di pazienti che ha? Se l’assicurazione te ne facesse richiesta, perché, visto che è ROBA TUA, devi pagare per sapere cosa ti hanno fatto?).

Che poi, non è che leggerla sia così edificante: non so le ultime (non l’ho ancora sottomano). Quelle che mi ricordo erano scritte in modo incomprensibile (tipica grafia medica, la chiamo io: una via di mezzo tra i geroglifici e gli scarabocchi). Oltretutto, le informazioni sono di una banalità sconcertante: “il paziente sta bene” – e magari tu eri lì che rantolavi con l’emoglobina a zero, però ti avevano operato un osso, mica stavi facendo una cura per il sangue!

Qualcuno vuole e/o può spiegarmi cosa mi è sfuggito? Perché, per me, delle due l’una: o sono un individuo consapevole e responsabile (e allora non devo essere tenuta all’oscuro di alcunché mi riguardi), oppure sono un numero, una cosa, un pezzo (ma allora non richiedi il mio consenso informato).

domenica 8 marzo 2009

Buon 8 marzo a chi?





























Non ho mai capito questa festa.

E' un po' come Carnevale: semel in anno licet insanire, come dire che domani si torna alla serietà ed allo status quo.
Da ragazza, trovavo abbastanza ridicoli i caroselli intorno a quei poveretti dei nostri compagni che - per quella data - si dovevano lasciar fare di tutto guardandoci spesso con tolleranza, tanto poi il giorno dopo saremmo rientrate nei ranghi, al ruolo consueto di "angeli del ciclostile"... Mica tutti, certo!, e per fortuna...
Oggi, da vecchierella, questa data mi fa solo tristezza.
E allora, i miei auguri vanno:

a tutte le donne, di qualsiasi classe, i cui mariti son tornati a casa con un mazzo di rose ed i pasticcini, tanto poi domani la musica cambia e si torna agli schiaffi, ai pugni ed ai calci

alle lavoratrici preparate ed agguerrite che si sentono rispondere da "alti personaggi" con battute indegne di un cabaret di quarto livello se rivendicane lavoro, rispetto e parità

alle studentesse che passeranno l'esame se saranno gentili con il professore - beninteso, con un voto inferiore ai colleghi uomini

alle lavoratrici il cui datore di lavoro oggi ha regalato la mimosa, e domani chiamerà il loro collega maschio per proporgli un aumento di stipendio ed una mansione più interessante

a tutte le donne che fanno due/tre lavori, vengono pagate - e pure poco! - per uno ma ciò nonostante tutti i giorni fanno andare avanti questo paese delle banane... in tutti i sensi

alle bambine stuprate in famiglia, che dovrebbero cristianamente sopportare e portare avanti gravidanze che mettono a rischio quantomeno la loro salute in nome di uno strano "diritto alla vita"... quella altrui, ovviamente

alle donne violentate - a qualsiasi categoria appartengano - fisicamente e/o psicologicamente

alle ragazze igenue, cui un maschio promette un avvenire migliore e si ritrovano sulla strada

...

potrei continuare l'elenco, ma credo abbiate capito. Auguro a tutte queste donne - ma anche alle altre, tranne quelle che io chiamo "donne per caso", quelle che educano figli maschilisti e razzisti, quelle che proteggono il partner anziché i propri figli, quelle che ti fanno vergognare di essere donna - di trovare la forza di ribellarsi, e, tutte insieme, anche con gli uomini di buona volontà, arrivare finalmente ad essere "soltanto" esseri umani.

Detesto i discorsi ufficiali che oggi si sono sprecati, sono anni che li sento ma le pubblicità non cambiano, la cultura è sempre androcentrica e la disciminazione impazza.

Che ce ne facciamo dell'otto marzo, se resta un giorno all'anno? Tenetevi le vostre mimose e dateci quello che la Costituzione sancisce. Una volta per tutte.

lunedì 2 marzo 2009

Masochismo e sinistra

Per qualche strano motivo il layout da ieri fa i capricci... quindi questo post è senza foto - come avrebbe dovuto essere lo potete vedere qui: http://solleviamoci.wordpress.com/2009/03/02/masochismo-a-sinistra/)

Beccatevelo così, in attesa che riesca a ridurre questo blog alla ragione... :)



ROMA- Segretario Paolo Ferrero, il suo ex compagno di partito Nichi Vendola vi lancia un appello: per le europee mettiamo da parte le ragioni di bottega e uniamo tutte le forze di sinistra. Che cosa risponde?
“No grazie, non saprei come fare la campagna elettorale per un cartello che tiene insieme socialisti, verdi , comunisti. E’ un guazzabuglio, una scorciatoia per essere eletti. Non vorrei essere offensivo ma rilevo lo scarso spessore politico della proposta di Nichi, che mi pare simile a quella del Pd: alla sconfitta si risponde allargando a destra, si fanno coalizionio fumose, eterogenee, rissose, che non sconfiggono nessuno. Un pastrocchio.”
Dividere la sinistra non significa rischiare di sprecare i voti, visto che c’è lo sbarramento?
“L’obiettivo è il 5%.”
E come pensate di raggiungerlo?
“Abbiamo proposto di lavorare per costruire attorno a Rifondazione un progetto di aggregazione di una sinistra alternativa. Non vedo oggi la possibilità di proporre alleanze.”
Cosa proponete per le europee?
“Noi abbiamo proposto una lista i cui eletti vadano nel gruppo della sinistra unita, il Gue. Il simbolo sarà quello di Rifondazione, perché, detta un po’ brutalmente, tirare via i simboli del movimento operaio o abbandonare la parola comunismo non è né un obbligo né un’idea utile.”
E ci sarà anche Diliberto sotto il vostro simbolo?
“La lista è aperta a tutti quelli che ci staranno. Avremo candidati del mondo politico e sociale, del movimento sindacale e dei consumatori, del movimento ambientalista. Si parla tanto della Linke o di Besancenot in Francia. Questo è il nostro modello”.

Estratto dall’intervista a Ferrero del Corriere della Sera del 26 febbraio 2009, Gianna Fregonara -
tratto da tastorosso


DILIBERTO RISPONDE A FERRERO

La linea esposta da Paolo Ferrero nell'intervista al Corriere della Sera, è sbagliata e suicida e rischia di far saltare la lista unitaria. Ferrero postula l'autosufficienza di Rifondazione che così si rinchiude in se stessa rifiutando sia l'unità della sinistra più larga, sia la proposta di una lista comunista e anticapitalista sulla base della pari dignità fra coloro che vi potrebbero concorrere. Così non si va da nessuna parte. Non è sbandierando una propria identità minoritaria peraltro largamente sotto la soglia di sbarramento, come dimostrano le elezioni abruzzesi e sarde, che si ricostruisce una autonoma forza politica comunista degna di questo nome. La proposta del Pdci è chiara ed è nota: una unica lista comunista ricca ed aperta al contributo di tutti, che potrebbe rappresentare una speranza per tutti coloro che mantengono viva una critica radicale all'attuale sistema economico e sociale. Ferrero, così, rischia di far saltare tutto.

Da la Rinascita


Sto cercando di dimenticarmi da che parte sta il mio cervello, per evitare di essere influenzata da preconcetti.
Certo che, a leggere le dichiarazioni di Ferrero… su parecchi blog che frequento abitualmente è in corso un dibattito su come affrontare le prossime elezioni, gli appelli da firmare per arrivare ad un programma condiviso si sprecano, e qui stiamo ancora ad arroccarci su posizioni difensive… la crisi sta massacrando il mondo del lavoro, non passa giorno che il governo non approvi leggi liberticide, l’informazione è quanto di meno pluralistico e libero si possa immaginare… e Ferrero pensa che il mondo ruoti attorno a Rifondazione. Poi è ovvio che Diliberto gli risponda come ha fatto! Intendiamoci: non è che voglia sostituire il PdCI a RC, sarebbe stupido ed altrettanto inutile e dannoso, ma se invece di parlare di simboli ci confrontassimo sulle idee? Sui progetti? Insomma, su qualcosa di concreto? Perché poi, così facendo, temo che molti simpatizzanti continuino (come dalle ultime politiche) a votare IdV, che così non si perdono voti e qualcuno che faccia un po’ di opposizione c’è… Ben venga quello che sta facendo il partito di Di Pietro, molte iniziative sono condivisibili e condivise… ma vogliamo proprio lasciare in mano a lui tutta l’opposizione???
Bene, benissimo. Continuiamo a farci del male!
A parte il fatto che non mi sembra che l’attuale Rifondazione sia poi così maggioritaria, se parliamo di simboli allora – dato che quello del PCI è in mano PD e quindi inutilizzabile – perché non torniamo a quello di DP? Che la falce ed il martello ci sono, un bel pugno chiuso pure, c’è pure il mondo… e, quello sì, non aveva problemi di quorum da raggiungere. Oltretutto ai tempi si vociferava che molti anziani, leggendo “Democrazia” come prima parola, avessero messo la loro crocetta lì, pensando di votare DC… sarà anche stata una battuta, ma se riusciamo ad arrivare primi nella lista dei simboli (che un po’ di visibilità non guasta…) e magari anziché DP decidiamo di chiamarci Democrazia Comunista (DC), vuoi vedere che sfondiamo?
Non ci siamo.
L’idea comunista, in Italia ma non solo, non è più vincente per molti motivi – che analizzerò prossimamente, salute permettendo – ma mi pare piuttosto evidente che il principale è il nostro masochismo.
Allora approfittiamone fino in fondo: chiediamo ad Aldo Giovanni e Giacomo di prestarci il copyright e presentiamoci così: (immagine di Tafazzi che si martella)