Pubblichiamo il pezzo pur non condividendolo in toto. La critica alle sinistre cosiddette “radicali” a noi pare ingenerosa e inopportuna. Ingenerosa perché non hanno certo risparmiato, fin qui, critiche e opposizioni, quand’era il caso, e non crediamo possano essere accusate di essersi “appiattite” tout-court su preordinati disegni politici. Inopportuna perché la sinistra radicale (o quel che è) ha dato finora segni di lungimiranza politica riconoscendo nel Governo Prodi il minore dei mali, dato che all’orizzonte non vi è altra alternativa che una ripresa di possesso del potere da parte di Berlusconi e soci. Insomma, possiamo discutere del sesso degli angeli, ma non disconoscere una realtà ineluttabile (per ora) per quanto indigesta.
Questo è quanto passa il convento.
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Sinistre e sinistri
lunedì 02 luglio 2007
C'è una sinistra che erra, che sbaglia di brutto. Una sinistra che si ostina a non guardare in faccia il mondo che la circonda. Che teme il cambiamento tanto da preferire il cedimento. Che insegue la destra, ovunque, sulla guerra, sulla sicurezza, sulle tasse, su ogni cazzata resa solenne dall'amplificazione mediatica.
Ci chiediamo se tutto ciò derivi da confusione, corruzione, estraniamento o miopia. Ma a questo punto, poco importa.
Ciò che è certo è che il liberismo ha saputo sferrare un'offensiva che ha corrotto profondamente i valori e i riferimenti di tutte le istituzioni progressiste, da quelle sindacali a quelle politiche. I dirigenti di queste ultime usano ormai gli stessi linguaggi degli arrampicatori della finanza, anelano e gioiscono per gli stessi risultati, si comportano come imprenditori in tutti gli ambiti che attraversano, si rassegnano a fare da portavoce alle trasformazioni economiche imposte dal capitale, cercando, con ciò, di sopravviverne. Comprano la "partecipazione" popolare, seguendo una pratica che è sempre stata propria della destra liberista, perché i loro dirigenti sono diventati incapaci di muovere qualunque passione. Il partito democratico e i sindacalismo confederale sono questa sinistra. E Veltroni è il suo leader. Rappresenta l'ultima speranza di proporre una versione "centrosinistra" del controllo dei flussi speculativi, finanziari e comunicativi. Cash, cocaina e cazzate, per dirla sbrigativamente.
C'è un'altra sinistra che erra, che vaga senza meta. Vive di sbalzi, di contraddizioni fatali. Si guarda intorno smarrita, certa di attaccarsi a tutto quello che i movimenti producono. Ma lo fa superficialmente. Non ha l'età, né le risorse e neanche quell'esperienza intima della modernità che - in un'epoca di profondi cambiamenti - solo i giovani posseggono. Incapace di mutare veramente, vincolata da infinite piccole lobby interessate al mantenimento delle proprie posizioni, ad arraffare piccoli finanziamenti, è costretta a diventare nemica dei movimenti stessi nel momento in cui questi si esprimono in tutta la loro potenza. E' fatta dai partiti della "sinistra radicale" (?) e dal sindacalismo alternativo, e da quasi tutto l'ensamble mediatico sorto trent'anni fa come voce di altre forze in altri tempi.
Eppure, esistono ben altre sensibilità, altre opportunità. Il 9 giugno, di fronte alla calata del barbaro Bush, è apparso palese. Piazza del popolo, la piazza della sinistra Partitocratica Radicalmoderata è rimasta vuota, distante anni luce da un corteo popolato da mille sentimenti. Qualche mese prima, a Milano, capitale economica d'Italia, centro culturale, faro ideologico e polo mediatico del liberismo nostrano, il primo maggio dei precari/e, la Mayday, ha conquistato "la piazza", mentre la sfilata confederale della mattina ha richiamato poche persone, rigorosamente over 50. Che sia chiaro: non abbiamo niente contro costoro. Altro non sono che quegli spaccaballe/ovaie dei nostri genitori. Ma il futuro in gioco è il nostro, e le energie e le capacità per giocarcelo sono le nostre. Ci muoviamo per noi ma anche per loro.
Siamo consapevoli che queste arcane sinistre, per quanto nefaste, costituiscono semplicemente una disgrazia. E che il vero avversario, l'antagonista di ogni precario, lavoratore e migrante, resta l'impresa intesa in senso allargato come agente non solo economico ma anche culturale, sociale e politico. Siamo coscienti che la fine di un'IDEA di sinistra non implica per forza di cose il sorgere di un'altra IDEA. Ma - c'è sempre un ma - siamo convinti, che anni di mobilitazioni abbiano prodotto importanti risultati, sia nelle pratiche che nella comprensione del fenomeno della precarizzazione sociale, che sta sulla bocca di tutti/e ma regolarmente banalizzato e minimizzato. La crisi dell'informazione e l'avvento della produzione cognitiva, costituiscono due punti critici - non gli unici - delle trasformazioni che hanno investito il modo d'essere e di prodursi di questa società. Ancora una volta, nodi su cui si avviluppa la crisi della sinistra tradizionale, il suo patetico inseguimento ai modelli della destra.
City of gods, o meglio, la Città degli Dei, nasce da queste riflessioni.
fonte: http://intelligence.precaria.org/content/view/204/28/
1 commento:
"il liberismo ha saputo sferrare un'offensiva che ha corrotto profondamente i valori e i riferimenti di tutte le istituzioni progressiste, da quelle sindacali a quelle politiche"
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