Quel Soldato tra veleni e polverone politico
di GIUSEPPE D'AVANZO
Le accuse contro Vincenzo Visco sarebbero state presto archiviate. Il generale Roberto Speciale deve aver fiutato che la Procura di Roma lo avrebbe lasciato presto con un pugno di mosche in mano. Da più di un mese è manifesto il disegno di quel soldato, già comandante della Guardia di Finanza "di dubbia lealtà" (Tommaso Padoa-Schioppa). L'obiettivo, che si è assegnato o che gli è stato assegnato, è "giudiziarizzare" il conflitto con il governo Prodi.
Alimentare con la sua testimonianza (aggiustata per l'occasione) un'indagine penale e, nel solco dell'inchiesta, disseminare veleni, notizie mezze vere e mezze false o del tutto manipolate, capaci di creare una costante fibrillazione politica, l'opportunità per l'opposizione di aggredire l'esecutivo in Parlamento. Per farla corta, il generale vuole provocare con testardaggine, nell'interesse suo e dei suoi "consiglieri", l'occasione di un possibile evento traumatico per il governo. Archiviata l'indagine della Procura di Roma, il progetto si sarebbe sgonfiato come un soufflè. Necessario rimetterci le mani, quindi.
Ecco allora che il generale, che ha coltivato la "separatezza della Guardia di Finanza" (Padoa-Schioppa), spara un'altra fucilata, ancora più in alto. Contro il Capo del governo e il ministro dell'Economia. Li accusa di diffamazione e calunnia per aver illustrato - "in difesa della legge" e delle "mura della democrazia", come sostenne Padoa-Schioppa in Senato - "la gestione personalistica e anomala", "le gravi manchevolezze", "i comportamenti opachi" del suo comando.
L'iniziativa giudiziaria di Speciale non avrà alcuna fortuna. Le valutazioni del governo, espresse in Parlamento e nelle sue funzioni, ricadono in parametri politici totalmente insindacabili. Il soldato e i suoi "consiglieri" non possono non saperlo e tuttavia la mossa raccoglie due risultati immediati. Attarda e condiziona la conclusione dell'inchiesta romana. Che si potrebbe "chiudere" oggi stesso, ma la proverbiale prudenza dell'ufficio romano consiglierà di non farlo in coincidenza del polverone politico che già si leva. Lasciato aperto il caso, diventerebbe concreto un ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio che, con le sue imprevedibili e discusse decisioni, potrebbe complicare ancor di più la questione.
Il secondo risultato del passo di Speciale è, appunto, il polverone politico. Da destra, già si chiede di riaprire "il caso" e si propone una mozione di sfiducia che costringa Vincenzo Visco alle dimissioni. Dunque, si annunciano nuove risse parlamentari con grida e cartelli agitati in diretta tv a discredito delle istituzioni.
È la conferma - non ci voleva poi mago Merlino per prevederlo - che l'opposizione ritiene di usare questo ferro per disarcionare il governo.
È la conferma che il programma immediato dell'opposizione prevede la sostituzione del confronto politico con una "guerra" di rivelazioni scandalistiche, notizie manipolate, campagne di stampa alimentate da segmenti di apparati dello Stato che si mettono al servizio di un interesse politico.
C'è un doppio errore in questa manovra, e un autoinganno. L'opposizione continua a coltivare una strategia che non le ha portato molta fortuna. Le bufale Telekom Srbija e Mitrokhin sono lì a dimostrarlo. E tuttavia nel centro-destra c'è chi crede di potersi ancora avvantaggiare del "lavoro sporco" di un "agglomerato oscuro" (Roberto Speciale n'è un protagonista) che raccoglie nel sottosuolo del "mercato della politica" muffe e tossine e si propone alla politica, a una parte della politica, con il suo potere di pressione, condizionamento, ricatto da usare contro l'altra metà. È un errore e un autoinganno perché quell'agglomerato è oggi autoreferenziale e privatizzato.
Offre oggi i suoi servigi a chi può proteggerlo riservandosi domani di far prigioniero il suo protettore. L'errore maggiore è però politico. È credere di poter affrontare ogni passaggio critico del dibattito pubblico con lo "scandalo", distillando umori maligni, preparando una stagione infetta che soltanto una decisione irresponsabile può consentire all'opposizione di sposare e soltanto alle timidezze della maggioranza di non prevenire con energia.
Vale la pena di ripetere quanto è stato detto in occasione dell'avvilente dibattito al Senato per il "caso Speciale". Il sistema politico, prigioniero di una litigiosità autoreferenziale, appare sordo e cieco dinanzi al pericolo di non incontrare in queste baruffe l'attenzione e la comprensione dell'opinione pubblica, il bene pubblico e l'interesse generale. Il destino di Speciale, i suoi maneggi del passato, il suo disegno del presente non hanno alcun valore per il Paese, alle prese con troppe tasse e troppa evasione fiscale. Eppure, nei prossimi giorni, non si parlerà altro che di quel soldato dalla "dubbia lealtà" allargando la forbice tra le attese del Paese e le risposte della politica.
Pochi attori politici sembrano comprendere che la radicalità del conflitto, ingaggiato in ogni passaggio del dibattito pubblico, non avrà un solo vincitore, ma tutti perdenti. La crisi di credibilità verso le élite di governo può spingere il Paese verso una deriva dove sempre più larga sarà la sfiducia per una politica che spinge gli uni contro gli altri a testa bassa in un confronto vissuto quotidianamente come uno "scontro tra civiltà". Dove i due schieramenti si ritengono e si propongono come il solo luogo abitato da opinioni politiche compatibili con il quadro democratico. Una convinzione che lascia immaginare la propria sconfitta come un evento catastrofico. Questa contesa che non prevede prigionieri caccia in un canto ogni responsabilità pubblica, le sfide e le urgenze del Paese. Lascia emergere soltanto il peggio. Fino a lasciarsi tentare - come è avvenuto appena qualche settimana fa e avviene ancora al centro-destra - dalle rivelazioni truccate di un generale per abbattere un governo.
Dinanzi allo spettacolo non decoroso offerto dal Senato della Repubblica alle prese con l'affare Visco/Speciale, ci si chiedeva se il livello di guardia non fosse ormai pericolosamente vicino. Se non ci si dovesse fermare, nell'interesse di tutti, dei cittadini e di chi li governa. A quanto pare, nessuno ha voglia davvero di farlo.
(2 luglio 2007)
3 commenti:
Chi mi conosce da tanto sa benissimo che la fantapolitica è il mio pane... peccato però che le mie "fumose ipotesi complottistiche" si siano rivelate vere (anzi, a volte persino troppo blande) più spesso di quanto mi sarebbe piaciuto.
E allora... azzardo un'altra ipotesi. Tutto questo polverone sollevato ad arte, cui prodest? Ad una prima occhiata, giova fortemente alla destra (tanto si sa, il popolo dimentica in fretta - e se anche domani Speciale o chi per lui dovesse ritirare in gran fretta la querela, ai più resterebbe solo memoria del fatto che la querela c'è stata. Con buona pace del fango gettato inutilmente e/o strumentalmente). Ma a scavare un po', si potrebbe ipotizzare che tanto male non fa nemmeno al governo. Tanto, per i motivi citati nell'articolo, né Prodi né Padoa Schioppa si dimetteranno per questo... in compenso, quella sinistra radicale e riottosa e fermamente decisa a continuare ad usare il suo cervello ed il suo spirito critico, si trova inchiodata a dover difendere entrambi - anche se magari di motivi per essere critici, se non questo, ce ne sarebbero a iosa... e intanto il programma, quelle famose tot pagine di belle parole, resta sulla carta.
Ma davvero pensiamo ancora, a parte le debite eccezioni, che a qualcuno in parlamento importi ancora del bene dell'Italia e degli Italiani? Mah! Io sono sempre più scettica...
Benvenuta nel P.S.I. (!) Partito Scettici Italiani... che dici ci allarghiamo con il P.S.E.? (Partito Scettici Europei).
E così, purtroppo gli intrugli di potere sono per i più avveduti, duri da digerire, ma è ciò che l'uomo compie ai vertici della politica per il proprio tornaconto.
Ma io caspita, voglio sperare!... e lottare :| ogni giorno.
Prove generali del "governissimo" d'alleanza tra il futuro Partito Democratico con il futuro partito di fusione tra FI e AN...
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