"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

mercoledì 24 gennaio 2007

IL MIGLIOR MODO DI DIRE UNA COSA E' FARLA


Ultimamente mi sento un po' oppressa dalla quantità di informazioni negative che mi arrivano e/o diffondo.
Pare che al mondo ci siano solo guerre, disastri ecologici più o meno naturali (meno, meno... più prodotti dall'uomo che altro), psicosi collettive antiqualcosa, economie che non tirano e famiglie che non campano, scuole allo sfascio, lavoratori precari/licenziati/abusati/mobilitati (purtroppo solo nel senso di "messi in mobilità...), disoccupati cronici e sanità sporca. Molto sporca, soprattutto se si scava un po' in rete e si riesce a mettere le mani su "cose-che-è-meglio-non-far-sapere" (ma di questo parlerà a breve Mauro, che è l'esperto del settore).
D'altra parte, è ormai difficile distinguere chi effettivamente urla nel deserto per aprirci gli occhi da chi invece strepita per interessi suoi.
Allora potrebbe venire la tentazione di rinchiudersi nel proprio privato e coltivarsi il proprio orticello.
NON POSSIAMO. E' giusto quello che qualcuno aspetta per imbavagliarci definitivamente. Ma non possiamo neppure vivere in un mondo nero di ottimismo e senza speranza.
Ho pensato di segnarlarvi - e di linkare, ove non già fatto - qualche sito che (fino a prova contraria quantomeno) trasmette l'ottimismo del fare. Cose piccole magari, cose "insignificanti". Ma fatti e non le solite belle parole.
Comincio con questi tre (in ordine alfabetico perché scegliere mi è difficile) Alce Nero, Cesvi ed Oltretutto.
Alce Nero, la comunità di Montebello voluta e realizzata da Gino Girolomoni, si occupa di agricoltura biologica ed eco-compatibile, nonché di recupero del territorio e delle tradizioni locali.
Il Cesvi (acronimo di Cooperazione e Sviluppo) ha a che fare con l'aiuto a paesi del terzo mondo in gravi difficoltà, sia sanitarie (lotta all'AIDS con farmaci antiretrovirali in Africa) che per emergenze fisico-economiche (ricostruzioni dopo la guerra nella ex Jugoslavia e perfino in Corea del Nord finché gliel'hanno permesso, costruzione di case sorriso per bambini orfani o comunque poverissimi anche tramite l'adozione a distanza di comunità, costruzione e messa in opera di scuole, pozzi, fabbriche per la lavorazione di prodotti locali. Il tutto addestrando personale indigeno ed emancipando le popolazioni dal bisogno di aiuti stranieri).
Oltretutto è una testata che ho conosciuto l'anno scorso e che riporta, tra l'altro, storie di persone che "ce l'hanno fatta" a cambiare la loro vita e quella di chi sta loro vicino. Una ventata di aria fresca in mezzo a tanto fumo.
Già ho detto troppo. Andate e leggete...

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Ricordo quando studiai Leopardi a scuola, la professoressa mi diceva che nel pessimismo di Giacomo Leopardi vi era in realtà, una grande speranza che apriva il cuore ad un grande ottimismo.

Ho sempre condiviso questa interpretazione della mia insegnante di allora. Per esempio questo stesso post, comincia triste e pessimista ma pian piano si apre ad un desiderio di speranza ed infine trova alcune soluzioni pratiche per un ottimismo da riversare agli altri.

Dato che, personalmente, non ho trovato nulla da riversare in questo blog, riverso a tutti i blogger una BUONA NOTTE ;)

Val ha detto...

Ciao Ele,
come sai seguo quando posso e,tra l'altro di sfuggita.
Devo dire che,i tuoi post sono veramente incisivi a tal punto da rendere impossibile ogni commento da parte nostra,anche perchè servirebbe molto più che un commento.
In questo post, dal magnifico titolo,ci sono due cosette che mi hanno incuriosito, perchè entrambe indirizate nella direzione del lavoro che porto avanti(non entro nei particolari e sai bene il perchè).
Quel "cose-che-è-meglio-non-far- sapere" vale per tantissime cose che,se fossero portate a conoscenza di tutti,porterebbero Durruti a superare nella preveggenza Nostradamus stesso,con le inimmaginabili conseguenze del caso.
Quelle urla nel deserto sono quelle dei contenuti, che vanno convogliate nel contenitore non della speranza ma,della nostra riscossa.
Per il momento mi sono accontentato di smetterla di fare il militonto(come ama definirci Piero Ricca)ma,già da tempo sono attivato per quello che tu sai. Trovarmi fianco a fianco con gli under 20,quando ero abituato al gerontocomio della mia sezione, mi rende ancora più fiducioso della possibilità di riuscita della missione(chiamiamola così).
Suerte.
Un abbraccio
Val

elena ha detto...

Ricevo da Kengaku - e pubblico. Ma è l'ultima volta (avviso per tutti): io non faccio censure preventive, non mi interessa leggere in anteprima quello che pensate per poi decidere se inserirlo o meno. Voi scrivete liberamente: se io non sono d'accordo, rispondo. Mi sembrava di averlo già detto... ma a volte vale la pena di ripetersi!



Troppo facile prendersela con il sistema.
Ogni sistema sociale ha la sua origine nella mente dell’uomo, nelle sue aspirazioni e nelle sue idee, che si basano sì, sul profitto personale, ma anche sul tentativo di vivere meglio questa vita, renderla più confortevole, più longeva e sicura sia a noi che agli altri.
Non tutti i sentimenti e desideri umani sono malvagi, mi sembra.
Il punto è che poi, appunto, poi, cioè quando il sogno diventa realtà, quando il progetto si trasforma in realizzazione, la teoria in pratica, si deve necessariamente fare i conti con l’umano.
La vera minaccia del pianeta non sono le atomiche o le basi nucleari o gli esperimenti scientifici sul DNA, ma sta negli uomini che ci lavorano, che utilizzano queste cose e come le utilizzano.
Le cose in se non sono mai malvagie, lo è spesso l’uomo che le utilizza.
L’essere umano trasforma le cose. A Dio l’onore di averle create, all’uomo il dono di saperle trasformare.
Lo stesso vale per le leggi sociali.
Certo che assistiamo a vere e proprie ingiustizie sia nel campo sanitario, politico, giuridico ecc. ma le leggi sono fatte per tutti, per una società composta da individui, non possono tener conto dei singoli casi. Anche se, la verità sta proprio nei singoli casi.
Per questa ragione c’è necessità di uomini e donne preparati, educati a fare questo o quel lavoro.
Sia nel campo sanitario, politico e spirituale.
Non solo dei tecnici, degli specialisti addetti ai lavori che il più delle volte conoscono solo la loro realtà e perdono il contatto con una realtà assai più immediata, ma persone con un forte sentimento umanitario, sociale e individuale.
Persone che abbiano fatto un percorso formativo sia di carattere sociale che spirituale.
Individui che possano capire la natura del problema e utilizzare la cura appropriata.
Proprio come un buon medico sa usare la medicina giusta per la malattia specifica.
Un mio maestro diceva:
”Il vero problema di questo secolo sta nel fatto che si vogliono curare le malattie di questo secolo con le medicine del secolo scorso…. Vale a dire cercare di risolvere i problemi di questa società in continua espansione con i rimedi che andavano bene il secolo scorso.”
Con mie parole dico che una coscienza obsoleta e resa vecchia dalle tante frustrazioni della vita, e dal tempo, non può vedere le sempre nuove problematiche dei giovani che a giusta ragione sentono il desiderio di cavalcare questa loro epoca.
Perché questa epoca è di questi giovani, e questi giovani sono i figli della loro epoca.
La sola colpa a mio parere che si può fare a questo sistema, è che vuole intervenire su tutti e tutto, privando l’uomo della sua saggezza e sapiente discriminazione.
Certamente i vecchi dovrebbero farsi da parte e prepararsi a morire, perché così è il naturale corso della vita, ma evidentemente non accade, anzi è proprio l’opposto. Assistiamo a vecchi sclerotici che insozzano la società con i loro viscidi desideri di potere e così facendo sporcano tutto quello che toccano, e il guaio è che sono loro ai posti di comando.
Ma i giovani dove stanno?
Chi è riuscito ad assopire (e spero solo assopire) il senso di libertà, di ribellione di avventura che da sempre ha caratterizzato lo spirito dei giovani?
Chi ha ucciso l’ardore proprio del coraggio e dell’abnegazione che da sempre ha fatto la storia dell’uomo?
Se nel corpo nuove cellule non spingono via le vecchie, il corpo invecchia e giunge la morte (non solo quella fisica che è naturale, ma quella dello spirito, dell’energia vitale, che è saggezza).
Allora, non verso il sistema va indirizzata la nostra attenzione, ma verso gli uomini, verso la pigrizia e la negligenza che fa andare in malora cose e attrezzature costosissime alla società, cioè a noi tutti.
Ora mi ritrovo ad avere quasi sessantanni e parlando di queste cose mi rammento quando ne avevo solo ventuno di anni e cercavo il mio posto di lavoro ‘sicuro’.
Finii alla Breda di Saronno come operaio specializzato. Un giorno, trenta minuti prima del suono della sirena che annunciava la fine della giornata di lavoro, cioè alle 17, vidi molti miei colleghi, ma proprio i più anziani di fabbrica, nascondersi dietro le varie attrezzature in attesa della fine del lavoro.
Vengono chiamati ancora oggi “ gli imboscati” ricordo molto bene cosa mi passò nella testa: “ Ed io devo vivere quarantanni della mia vita in questo posto per finire ad imboscarmi in questo modo?” Mi licenziai subito e andai a lavorare sulle navi passeggere e da carico.
Per quanto si viaggi su questo pianeta, gli uomini sono sempre gli stessi, portano in se i loro propri punti di vista, i loro condizionamenti, le loro proprie frustrazioni, le loro gioie e i loro dolori.
Anche lì, ho visto persone indurite dai tanti anni di lavoro saccheggiare e rompere valvole e materiale costoso che, solo con un po’ di buona volontà si poteva riparare.
Le persone non cambiano mai! Da sempre disprezzano la proprietà altrui.
Sono passati da allora quarantanni e non vedo nulla di nuovo. Certo mio figlio ha il computer e và in internet, e anch’io mi sono ormai arreso e ho scelto la tastiera alle lotte di classe, ma è triste constatare che anche se la tecnologia ti fa sembrare e sperare in una emancipazione della specie umana, a mio modo di vedere stiamo attraversando un periodaccio.
Un periodo dove non si fa altro che criticare gli altri, e intanto i nostri matrimoni vanno a rotoli, i nostri figli vengono inghiottiti dal dio denaro, dall’idolo di turno, dal nuovo pagliaccio televisivo.
La realtà non è più cosa hai nel piatto, o come sta il tuo vicino, o il sole che sorge e che poi tramonterà, ma nella telenovela…..dio mio, e anche mia madre che ha ottantadue anni la guarda rapita…
Mi rivolgo quindi all’uomo, non al sistema. Il sistema non può amare, non può aiutare la madre straziata dal dolore perché il figlio gli è morto in guerra, il sistema non può curare il malato di tumore, capite questo?
Il sistema protegge se stesso e per far questo crea guerre, malattie, frustrazioni di ogni genere, bisogni di ogni genere.
E’ l’uomo che sapientemente sa usare i mezzi idonei che può fare. Certo si può fare, ma si deve partire dallo sconfiggere il modello ipocrita, assenteista, irresponsabile che si è annidato come un parassita nella mente dell’uomo. Il pensiero parassita che ti dice “cosa mai potrò fare io ???”
Sono questi parassiti che prendono le sembianze a volte di ideali, a volte di convinzioni religiose, altre politiche che ti mangiano la vita e mostrandoti l’immagine della felicità, ti fanno vivere una vita da miserabile.
Quando l’uomo non guarda in faccia un altro uomo, quando la parola data non è più presa in considerazione perché la menzogna è più vera della verità, allora dove andremo a finire, a chi lascerò i miei figli. Sarà forse il Caos il regnante su questo pianeta ?
No, io non credo, ma occorre stare bene in guardia sui falsi obiettivi, sulle false promesse.
M’indigno quando penso ai nostri nonni, e TUTTI ne hanno avuti, che sono morti sulle montagne, sui mari, nelle pianure per darci un fazzoletto di terra su cui crescere i nostri figli, e i figli dei nostri figli, e noi, loro discendenti, sangue dello stesso sangue ci lasciamo distruggere non solo la terra, e l’aria che entra nei nostri polmoni e in quelli dei nostri cari, ma lasciamo che ci strappino quei valori che sono lealtà-onore-rispetto.
Costruire un uomo nuovo è sempre stata la sfida di tutti i tempi.
Ci ha provato il Cristo con l’amore e il sacrificio, lo hanno ammazzato.
Ci ha provato il Buddha con saggezza e compassione, lo hanno ignorato.
Ci hanno provato i potenti con la violenza e l’odio, li hanno ammazzati.
Tanti, di buona e cattiva volontà ci hanno provato, hanno tentato, qualcuno ci ha creduto.
Tutti sono passati.
Noi cosa facciamo in attesa di morire?
Come impegniamo la nostra vita?
Un caro Maestro diceva:
” Gli uomini si ammazzano di lavoro per avere un salario.
Cercano un salario per andare a divertirsi per poi ritornare ad ammazzarsi di lavoro ..
Si fanno un mucchio di illusioni riguardo la loro vita, ma noi non siamo altro che un sacco di pelle puzzolente riempito di ossa.
Tuttavia quest’uomo è Dio, Buddha se solo lo volesse “
Finisco qui e non so se queste riflessioni siano valse a qualcosa, detesto il parlare solo per parlare.
Comunque sia, vi rinnovo i miei più cari auguri.
Kengaku

Anonimo ha detto...

Kengaku, il tuo parlare non è stato solo per parlare, ho 34 anni è concordo appieno con te.
Vorrei dirti molto altro, ma ultimamente (proprio ultimamente) credo che la rete ci disperda e non ci unisca, come pensavo prima.
E' vero, il sistema tralaltro è composto da unità umane, quindi è chiaro il tuo concetto.
E' altrettanto vero quello che dici sul rapporto giovane/anziano (anche se provocatorio l'ho compreso bene).
Ultimamente il "mondo" anziano si impone per inerzia su quello giovanile che dovrebbe "rinnovarlo". Ma purtroppo non accade così e il giovane invecchia mentalmente (mi secca da morire questa situazione! Nulla contro gli "anziani saggi", ovvio!)
Personalmente non mi ritrovo in questo sis e comincio ad interrogarmi, ma poi alla fine non farò in tempo a trovare nessuna risposta e morirò.
La risposta sarebbe nell'eternità, in qualcosa o Qualcosa che sia oltre la nostra miope visione sul mondo.
Non credo invece alla collocazione di persone etiche nel proprio lavoro, a meno che non cominci a credere nelle utopie e anche se così fosse, etico quando vogliamo, l'uomo tende più facilmente a far del male che del bene.
Quindi, concludendo, credo che bisogna essere sempre vigili contro ogni sistema che si autodefinisce "giusto" e "democratico".
La guerra è con noi stessi caro Kengaku.
Sognamo una svolta, ed è giusto, ma raccogliamo solo tristezza e preoccupazioni.
Guardiamoci in volto e sorridiamo.
Ciao.

kengaku ha detto...

Da kengaku: Di fronte a tanti problemi non ho poi molto da dire.

“Occorre fare,
senza preoccuparsi troppo, anche se ci sembra che il mondo vada male…”
Ribadisco:” Troppo facile guardare fuori dalla finestra e restare impressionati dagli scandali che piovono da tutte le parti.
” Ma, ciò che vedo è poi reale ? O sono le impressioni, che sono contenute nei neuroni della mia memoria, ad influenzare la mia vista e la mia vita?
Non nego il sentimento di smarrimento che m’invade alla visione delle tante ingiustizie, non desidero ripetermi, ne ho già parlato ampiamente, ma so, che tutto può cambiare se si parte dall’uomo.
Rivolgersi all’essere umano non è mai sbagliato, anche se, spesso questi agisce solo per interesse personale, o per ideale, o anche solo per necessità. Dobbiamo tendere ad un ideale, e quello che m’ispira è:” lavoriamo insieme con energia per un benessere condiviso”.

Per cercare di far comprendere meglio il mio pensiero, mi aiuterò con qualche aneddoto. Nel mondo Zen si dice: “Per la rana che vive nel pozzo, il pezzo di cielo che vede è tutto il suo cielo.”
E :” Per il pesce che vive in una brocca d’acqua, quella è tutto il suo oceano”.
Ognuno di noi vede il mondo con gli occhi che gli sono propri.
Proprio come il portare un paio di scarpe.
Anche se tutti portassimo il 41 di piede, ciascuno ha delle caratteristiche così particolari che riconoscerebbe le proprie scarpe in mezzo a 500 paia, al solo tatto e ad occhi chiusi
Andiamoci piano con il generalizzare sulle imperfezioni del sistema.
Ho gia cercato di spiegare di come e perchè il sistema mantiene se stesso.
Ogni ideale, (per questo si chiama cosi) quando si cerca di metterlo in pratica, deve adattarsi ad una situazione preesistente, un certo tempo e luogo.
Si chiamano ”circostanze”.
Anche la mia mamma desiderava che quel bimbo in grembo fosse bello, magari biondo e con occhi azzurri…. Ma poi sono nato io….”brutto come il peccato” mi diceva.

Ricordo una storia interessante.
Ad un noto ingegnere milanese (di cui non faccio il nome per ovvie ragioni) seguace di Sai Baba ( Maestro spirituale contemporaneo che vive in India) venne dato il compito di progettare una città ideale dove tutti potessero vivere in armonia.
L’ingegnere si mise subito all’opera e dopo tre anni di lavoro portò a Sai Baba il suo progetto.
Sai Baba lo guardò attentamente poi, dopo qualche minuto alzò lo sguardo e chiese all’ingegnere:” Dove hai previsto le carceri che non le vedo nei tuoi disegni ?”
“Maestro” rispose stupefatto l’ingegnere “Nella vostra città non ci saranno delinquenti, è ovvio !”

Scoppiò a ridere il grande Sai Baba.
“Non hai proprio compreso nulla. Devi, nel progettare una città, pensare a tutto, ai bambini, ai vecchi, ai malati, a quelli che lavorano e a quelli che non lavorano. Ai soldati, ai poliziotti ai ladri agli assassini ecc.”.

Questa è una visione universale della realtà!
Il grande Gandhi-Dji chiamava questo “la bellezza del compromesso.”
Aggiungendo:
” Fai che il compromesso di domani, sia più piccolo di quello di oggi”.

Mettere insieme le nostre diversità, le nostre caratteristiche senza antagonismo, ma per ottenere un proficuo impiego dell’energia per un mutuo benessere dovrebbe essere lo scopo di ciascuno.
Il punto è: “Come fare ?” Quali proposte ?

Nel Judo-Educazione, s’insegna a lavorare con il compagno per migliorarsi.
Si combatte anche, e il più delle volte molto duramente, ma senza mai scostarsi dai principi di rispetto e lealtà.
Rispetto e lealtà per l’avversario caratterizzano uno sport da competizione da uno di ‘educazione’.
Non è facile avere la meglio su un avversario mantenendo saldi nel nostro modo di fare, ‘rispetto e lealtà’, ma è quello a cui dovremmo tendere e insegnare, nelle attività ricreative come in quelle lavorative.
Naturalmente, occorre averne fatta esperienza personale.
Ho fatto esperienza nel mondo delle arti marziali per molti anni, conosco bene il problema dell’antagonismo, della rivalità, dell’aggressività e della prevaricazione.
Nel mio pezzo precedente, ho accennato al termine EDUCAZIONE.
L’espressione “Educazione” viene erroneamente intesa come l’inculcare nell’altro principi morali, spirituali e comportamentali. Ma l’autentico significato di Educazione è: Tirar fuori dall’altro le sue potenzialità e metterlo in grado di maturarle, svilupparle e migliorarle per il benessere della sua vita e per la società.
Anche nello Zen che oggi insegno sono presenti questi principi.
Se lo star seduti ore a gambe incrociate con lo sguardo rivolto in se stessi, non diventa il metodo pratico per vivere una vita altruistica, o quanto meno il tendere a dare il meglio di se in ogni situazione, allora è meglio evitare di farlo.

Vorrei concludere questa tiritera dicendo che, ho fiducia nell’uomo che s’impegna in quello che fa, meglio ancora se ha praticato una disciplina: ….scusate ma non mi interessa chiamarla “sportiva”, visto il pessimo esempio che sta dando lo sport, la chiamerei piuttosto: Un percorso di vita dove una disciplina morale, spirituale e fisica abbia fatto vivere quei valori di rispetto, lealtà, coraggio e amore senza i quali, (il che se ne dica) la razza umana non sarebbe arrivata sino qui.
Grazie

Anonimo ha detto...

"Educazione è: Tirar fuori dall’altro le sue potenzialità e metterlo in grado di maturarle, svilupparle e migliorarle per il benessere della sua vita e per la società."

Ma guarda un pò? Più o meno uno stesso concetto espresso all'interno del blog linkato da questo e che prende il nome di "Attuazionista", ti consiglio di darci un'occhiata con calma Kengaku.
Ciao.

kengaku ha detto...

Grazie del consiglio, guarderò.
Ma è uno slogan usato da molti, ed è anche un principio del Judo-educazione.
Un vecchio amico mi diceva:" Non è mai difficile sapere cosa si dovrebbe fare, il problema è farlo!"
Amiamo sempre cose eclattanti, che facciano notizia e scalpore, amiamo il rumore, il movimento e assai poco la silente operosità.
Mi son fatto violenza per rispondere all'invito di dire qualcosa sul Blog, perchè, come si sarà già notato, l'arte dello scrivere non è, purtroppo per me, la mia arte.
Cosa posso dire ? cosa posso fare ?
Null'altro che invitarvi in una giornata primaverile a visitare non il mio sito, ma il Centro Zen in cui vivo e pratico, come ospiti naturalmente, e a questo proposito chi ne fosse interessato può richiedermi le coordinate...
Praticare insieme è assai più gratificante che discutere insieme, anche se si è d'accordo su tante cose.
A presto e.. buona giornata