La guerra è madre di tutte le cose. Divagazioni semiserie di un cuore irriducibilmente anarchico
"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
lunedì 15 gennaio 2007
USTICA: verità e giustizia assenti
Come ho scritto in altro luogo, non ho intenzione di proporre nel mio blog dibattiti avviati già altrove, anche se li considero importanti e mi piacerebbe ospitarli. E Ustica, il suo mistero e la verità mai voluta palesare sono già argomento di riflessione nel blog dell'amica Nilde, cui vi rimando.
Non riporto nemmeno la lettera che il Capitano Mario Ciancarella ha inviato anche a me - la trovate nel sito di Nilde, insieme alla testimonianza di una ragazza i cui genitori sono morti nell'"incidente" aereo ed alla possibilità di prenotare il libro che non ha editore, perché fa paura.
Andate a leggere e commentare su http://calinde.ilcannocchiale.it perché è vero che poco possiamo fare, ma non è un buon motivo per non fare anche quel poco. Se si può considerare così continuare a pretendere verità e giustizia.
Buon lavoro Nilde (e buon lavoro anche e soprattutto a Mario!)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
Evito volutamente di commentare,anche perchè Nilde la conosco e ho avuto modo di leggere e commenteare i post di Mario e Linda.
Voglio invece soffermarmi sulla sensibilità dei nostri parlamentari,capaci di inciucare anche quello che appartiene al popolo.
Grazie"excompanero" ministro
,grazie di avermi liberato da quei fastidiosi weekend dedicati al voto.
Sono talmente contento che la informo di una chicca.
Non sono più un suo compagno e, cosa che le farà molto male,perde tre tessere e circa un migliaio di voti.
Forse se questi bei confettini si moltiplicherebbero per mille e più,magari ,un minutino di riflessione e memoria storica all'attenzione la portate?
Che miseria!
Da Laura Picchi
Il generale Arpino al senatore Pellegrino: " Per noi nel 1980 un terzo del parlamento italiano(il Pci n.d.r) era il nemico".
Quasi nessuno in parlamento e al governo, tranne i familiari delle vittime della Strage di Ustica, ebbe da ridire nulla quando il generale Arpino fu nominato Capo di Stato maggiore prima dell'Ami e poi delle Forze armate e quasi nessuno ha mai protestato e agito con responsabilità di cittadino sovrano nel suo Paese contro il silenzio dei nostri rappresentanti politici davanti a certe dichiarazioni dei nostri vertici dell'Aeronautica militare come queste. Anche per gli autorevoli esponenti della sinistra era ed è nel rispetto della Costituzione Italiana che nel 1980 i vertici dell'Ami avessero come nemico un terzo del Parlamento Italiano? Laura
Dalla rivista Avvenimenti Left pagina 14 Intervista di Paola Pentimella Testa al senatore Pellegrino
Si sta parlando della Strage di Ustica.
(...) Cioè?
Spiega ad esempio perchè l'Aeronautica non abbia parlato ai giudici di quell'iniziale sospetto che aveva sugli Stati Unit.
Può essere più esplicito?
Quando chiesi delucidazioni su questa ipotesi al generale Mario Arpino, che stava per essere nominato Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, lui rispose: "Che vuole che le dica? Per noi nel 1980 un terzo del parlamento italiano era il nemico. "
Dalla lettera di Mario Ciancarella all'ex Capo di Stato Maggiore generale Tricarico
"E’ facile ricordare infatti come un altro Generale, Capo di Stato Maggiore della Aeronautica prima e della Difesa poi – il Gen. Mario Arpino -, abbia ritenuto di poter confessare impunemente davanti alla cd Commissione Stragi (in realta’ “Commissione Parlamentare di Inchiesta sul fenomeno del terrorismo e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili di strage” – non sulle stragi tout court dunque -) come ancora negli anni recenti delle indagini giudiziarie su Ustica, una larga parte del Parlamento (e cioe’ segnatamente i partiti della tradizione Comunista) venisse considerata dagli ambienti di vertice della Aeronautica come “espressione del nemico”.
E dunque questo sentimento (“legittimo”, a Suo parere? Credo sia importante dichiararlo e prendere posizione) avrebbe giustificato le menzogne e le reticenze accertate nella vicenda Ustica, ed in particolare sulla circostanza del MIG libico rinvenuto sulla Sila.
Vicenda che avrebbe costituito, nelle parole del Gen. Arpino, una succulenta occasione di “trattativa commerciale” – da mantenere riservata e negata anche a Governo e Parlamento? (sic!) - con i corrispondenti servizi dei partners alleati.
Benche’ non venisse spiegato dal Generale come fosse possibile giustificare, alla luce della Costituzione e delle Leggi che ne discendono regolando il rapporto tra le Istituzioni e gli Apparati, un simile comportamento. Ed ancor meno come fosse possibile che la dichiarata e necessaria riservatezza su quella eventuale trattativa commerciale potesse essere mantenuta per ben 18 anni, e dunque ben oltre il suo ragionevole esaurimento!!
Come fosse possibile sostenere quella tesi anche dopo aver consentito che il nostro Governo concordasse con quello libico la riconsegna del cadavere del pilota ed alcuni “rottami strategici del MIG”.
E’ facile pensare che il corpo di quel pilota sia stato sottratto ad ulteriori accertamenti per evitare di poter fissare correttamente la data cui far risalire il decesso. E’ facile pensare che quei pylons restituiti non avrebbero piu’ potuto dire ad alcuno se avessero recato serbatoi supplementari o supporti di armamento, o “nulla” se non la farsa di aver recato missili mai montati.
Come si giustificava quindi quella sfrontata affermazione del Gen. Arpino, di fronte a Rappresentanti di quel Parlamento in cui, se mai qualcuno era stato considerato estraneo all’arco costituzionale (benche’ non mai “apertamente nemico”), cio’ era avvenuto solo nei confronti degli esponenti del MSI, figlio diretto e diretto della RSI di Salo’, e non certamente del PCI, coartefice con gli altri della architettura costituzionale?
La risposta a me sembra di una evidenza sconcertante: o in realta’ tutto, nella strage di Ustica, si era compiuto in assoluta obbedienza ad ordini politici superiori (comunque illegittimi ed ai quali era doveroso opporre disobbedienza e denuncia alle Autorita’ competenti), e dunque il silenzio verso il Parlamento si fondava sulla garanzia offerta dalla “complicita’ governativa” (e cio’ avrebbe costituito una insopportabile limitazione della attivita’ del Parlamento, per quanto tramata da uomini di Governo – e con questo si tornerebbe dunque pienamente nelle ipotesi di reato di “Alto Tradimento” configurato), o la consapevolezza di aver comunque commesso atti configurabili come “Alto Tradimento”, aveva suggerito a qualcuno dei responsabili di tacere la scomoda verita’ fino a “tempi politicamente migliori” (cioe’ quando l’ignavia e l’incompetenza di larga parte dei Rappresentanti Politici avrebbe consentito che l’oblio e l’indifferenza avessero prevalenza anche sulla dignita’ delle funzioni Parlamentari, se non sulle esigenze di Verita’ e Giustizia delle vittime). Condizioni che evidentemente si riteneva fossero maturate nel 1998-1999 quando il Gen. Arpino deponeva in un clima di rilassata e collaborativi serenita’ davanti alla cd Commissione Stragi.
Ma per il fatto che improbabili rappresentanti del Popolo - cosi’ poco consapevoli del proprio ruolo nonostante fossero componenti del Parlamento e di quella Commissione - non abbiano ritenuto di chiedere conto al Gen. Arpino di quelle affermazioni, sotto il profilo penale e disciplinare, non per questo la gravita’ di simili affermazioni, che aggredivano in modo talmente profondo le Istituzioni Democratiche del nostro Paese, le rende meno meritevoli di sprezzante censura.
Come ben vede, Sig. Generale, sarebbe bastato molto poco per confermare anche le sole responsabilita’ penalmente contestate di “Alto Tradimento” pur in assenza di uno scenario accertato della strage. Non si e’ voluto, e questo ci ha condotto alla ovvia sentenza di proscioglimento.
Lucca, data dell’inoltro
Alla Cortese Attenzione de
IL CAPO DI STATO MAGGIORE
Pro tempore
Della AERONAUTICA MILITARE ITALIANA
Gen. r.n.n. Pil. in SPE Vincenzo CAMPORINI
SUA SEDE ISTITUZIONALE - ROMA
e p. c.
Altri destinatari in Indirizzo
Da Ciancarella Mario Cittadino
Gia’ Cap. Pil. Della Aeronautica
Oggetto: Alcune considerazioni su quanto da Lei dichiarato - per come tali dichiarazioni sono state riportate dalla Agenzia Ansa - in occasione della presentazione del libro dell’ex senatore ed ex Generale Vincenzo Ruggero Manca sulla vicenda Ustica.
Egregio Signor Generale,
Sono il “certamente noto” Mario Ciancarella, gia’ Ufficiale Pilota dell’Arma che oggi Lei ha l’onore di dirigere. E dico “noto” non per vanesia presunzione; ma perche’ nonostante i provvedimenti di esclusione e radiazione, di cui ho sempre contestato la legittimita’ e la sostanzialita’, ho perseguitato con i miei scritti su Ustica e sulle altre nefandezze consumate, ai miei tempi, nell’Arma quasi tutti i Comandanti che si sono succeduti nella funzione da Lei oggi rivestita.
Come Lei ben sa io sono forse l’unico ad aver sostenuto l’ipotesi di una strage determinata da un progetto volontario consapevole e premeditato, eseguito da uomini e mezzi della nostra Forza Armata in nome e per conto di altre volonta’ straniere, con l’obiettivo – mancato – di destabilizzare il regime di Gheddafi attraverso quello che in gergo viene chiamato “Attacco alla fattoria”.
Poiche’ io sono stato definito come “inconsapevole portatore di elementi inquinanti”, nella stessa sentenza ordinanza del Giudice Priore che disponeva il rinvio a giudizio dei Generali, oggi prosciolti dalle contestate imputazioni, vorra’ convenire con me che io possa sentirmi dunque legittimato, proprio per l’esito della sentanza definitiva di proscioglimento, ad insistere nel sostenere invece che uomini dell’Arma, con funzioni rilevanti nella Organizzazione in quei giorni della strage, abbiano compiuto atti criminosi indegni dell’onore militare e che le loro responsabilita’ non siano state accertate solo per la “incertezza ed il poco coraggio della Magistratura Inquirente” nell’indagare il livello della consociazione politica militare che ne dispose e consenti’ la consumazione, garantendo la impunita’. E possa legittimamente auspicare che Magistrati piu’ determinati di quanto non fu il Giudice Priore vogliano e sappiano riconsiderare alcuni aspetti trascurati per una imputazione di strage e di Alto Tradimento piu’ aderente alle dinamiche dei fatti.
Mi sento ancor piu’ legittimato oggi quando e’ stata scritta la definitiva sentenza, proprio perche’ avevo gia’ duramente contestato a suo tempo al Magistrato quelle sue poco argomentate affermazioni su di me e gli avevo prefigurato la sentenza di proscioglimento ineludibile in un Paese fondato sulla garanzia costituzionale di presunzione di innocenza in assenza di contestazioni fondate e provate da riscontri ineludibili.
Provero’ dunque a rinnovare anche alla Sua attenzione una serie di considerazioni che certamente non saranno esaustive di tutta la dinamica della strage e del terribile depistaggio che fu predisposto fin dalla sua ideazione, come eventuale “soluzione alternata” su cui dirigersi e verso cui orientare gli investigatori, se qualcosa nel “piano di volo originario” non fosse andata (come poi e’ avvenuto) come era stato pianificato.
Lei, essendo - come ha ricordato - un Ufficiale Pilota, oltre a conoscere perfettamente “la procedura di indagine degli incidenti aerei”, conosce perfettamente anche tutte le altre procedure per le attivita’, comunque legate al volo, ovvero che siano proprie della cultura ed operativita’ militare, cui dovro’ riferire in questa serie di considerazioni non certo leggere e che non potranno essere sintetiche.
E dunque Lei, se lo riterra’, potra’ smentirmi piu’ facilmente di altri e chiedere eventualmente che io risponda nelle sedi deputate di questa mia fastidiosa insistenza ad “infierire” sulle sole vittime che Lei abbia voluto ricordare nel citato intervento (“Coloro che sono morti nella tragica caduta del velivolo; chi ha patito ingiustamente per decenni accuse infamanti, e i familiari di quelli che hanno perso la vita nel disastro”.)
Ce ne sono state un’altra ventina, di vittime, Sig. Generale, come anomalo strascico di quella strage E mi sconcerterebbe non poco che Lei non abbia ritenuto di ricordarLe nel suo intervento - benche’ la maggior parte di quelle vittime “suppletive” facessero parte della sua stessa Arma -, se non avessi memoria di quanto e come l’Arma seppe e volle coalizzarsi a tutela di se stessa e dei crimini commessi da suoi alti funzionari gia’ nella vicenda della strage negata del Monte Serra, o di come organizzo’ la terribile sceneggiata degli onori ai funerali di Sandro Marcucci, ucciso da mani rimaste ignote e non indagate, dopo averne massacrato con cinismo e determinazione la carriera professionale e averne aggredito ferocemente l’onore e la dignita’ umana e di Ufficiale.
Vittime - ha detto Lei, Sig. Generale - che “qualcuno ha cercato con pervicacia di ingannare, seminando menzogne sapendo di mentire, non voglio nemmeno pensare a quale scopo. Sono decine e decine di persone che non hanno potuto darsi pace, cercando sempre un colpevole di un qualcosa che li ha colpiti così profondamente, ma cercandolo dalla parte sbagliata. Lo dico - ha proseguito - con l'amarezza del cittadino italiano, dell'aviatore, dello specialista della sicurezza del volo, che quindi sa come si fa un'indagine per un incidente di volo”.
Non entrero’, per questa occasione, nel merito del libro del generale ed ex senatore Manca, solo perche’ la distribuzione del libro non l’ha ancora diffuso nelle librerie. Dunque mi e’ stato fino ad oggi impossibile acquistarlo e leggerlo con la estrema attenzione che da sempre dedico a scritti di simile argomento. Ed e’ comunque a Lei, come massimo esponente e responsabile dell’Arma, che intendo rivolgermi a partire proprio dalle Sue parole.
Tuttavia ho potuto partecipare, qualche anno addietro alla iniziativa pubblica organizzata in Carrara dal partito di riferimento del senatore – Forza Italia – e posso ricordare come la sua esposizione, oltre a sostenere sostanzialmente la “versione bomba” secondo gli schemi ed addirittura utilizzando le diapositive della “Commissione” voluta e costituita dalla Associazione Arma Aeronautica, al tempo presieduta dal Gen. Nardi Catullo, cercava di ricondurre le “quasi menzogne” (come le defini’ lui stesso) rilasciate dai Comandi Militari dell’Arma, alle condizioni di “insicurezza interna” che sarebbero state determinate, a dire del senatore, dalla presenza e dalla attivita’ di discredito della stessa Arma poste in essere da quel Movimento dei Militari (evito’ di citare l’attributo di “Democratico”, che pure quel Movimento si era dato) in quei tempi fortemente presente nell’Arma.
Certo potrebbe stupire, quanti leggeranno con Lei questa mia lettera, che oggi il senatore Manca rivesta proprio la carica di Presidente di quella Associazione Arma Aeronautica di cui sostenne e sposo’ con tanto ardore, pur essendo senatore della Repubblica al servizio esclusivo del Popolo e della Nazione, le tesi fuorvianti e le affermazioni perentorie con presunzione, immotivata, di insindacabile autorevolezza. Ma cosi’ va la vita. E se tanti Generali, dopo aver caldeggiato durante il servizio (al Popolo ed alla Nazione, e con doveroso obbligo di fedelta’ ed esclusivita’) la accettazione di commesse di armamenti di questa o quella Ditta, si sono poi ritrovati da pensionati a rivestire funzioni direttive, gratificate da lauti compensi, in quelle medesime Aziende, perche’ stupirsi del salto della quaglia operato dal Generale Manca, nella certamente meno remunerativa funzione di Presidente di una Associazione d’Arma di cui gia’ aveva sponsorizzato le tesi?
Ricordo inoltre che, in occasione del dibattito carrarino, dopo il primo ed unico intervento dal pubblico – il mio –, fortemente critico verso le tesi del relatore e svolto provocatoriamente richiamando all’omicidio di Marcucci consumato a poche centinaia di metri in linea d’aria dal luogo in cui si svolgeva l’incontro -, quella riunione fu tempestivamente e precipitosamente sospesa, anche per le boccheggianti risposte del senatore che ammetteva di “non aver potuto materialmente leggere tutta la imponente mole di documentazione raccolta precedentemente alla sua entrata in Commissione, e di non conoscere alcune questioni da me poste relativamente alla vigilanza democratica esercitata dal Movimento, di cui avevo rivendicato la nobilta’ di intenti ed il pieno riferimento al dettato costituzionale”.
Di quella vicenda, come potra’ verificare se lo riterra’ utile ed opportuno, e’ rimasta traccia nell’iniziale carteggio successivo avviato con la segreteria viareggina del Partito di Forza Italia, che mi aveva sollecitato a rappresentare con maggiori dettagli le posizioni che avevo espresso e sostenuto nel mio intervento di Carrara. Tacero’ anche del precedente libro del senatore “La verita’ non voluta” del Novembre 2004, perche’ e’ alle Sue sole dichiarazioni di oggi che intendo riferire, Sig Generale, benche’ esse siano state pronunciate proprio in occasione della presentazione dell’ultima fatica letteraria dell’ex senatore Manca.
Dunque, Sig. Generale, cominciamo dall’inizio. Da quella prima ed immediata dichiarazione dello Stato Maggiore Aeronautica, non appena avuta conoscenza della incriminazione di molti suoi Ufficiali e Sottufficiali nelle indagini sulla strage.
Era il 16 Gennaio 1992 quando fu emanato un comunicato di solidarieta’ che cosi’ recitava:
La Aeronautica è vicina e solidale con i suoi uomini chiamati in causa dall'inchiesta sulla tragedia di Ustica.
Dunque ammettera’, Sig. Generale, che non solo i sostenitori di una “fantomatica ipotesi stragista”, vollero anticipare pregiudizialmente i propri convincimenti, ma fu il vertice stesso dell’Arma a pre-scrivere non solo la sentenza, ma tutta la evoluzione della inchiesta e della indagine giudiziaria. Perche’ non riconoscere dunque il medesimo diritto e la stessa legittimita’ anche ad altri, in assenza di uno scenario provato delle dinamiche della strage?
E mi dica: Non Le sembra piuttosto gravido di problemi - etici e di prassi - di non poco conto, che i vertici della Aeronautica esprimessero quella solidarieta’ preventiva e quella vicinanza agli indagati, fin dall’insorgere delle contestazioni? Solidarieta’ e vicinanza nella mia accezione, ma anche nella cultura specifica militare, non sono atti di vacuo formalismo. Non e’ forse vero che esse sono ordinariamente intese e promosse come azioni attive e concrete finalizzate ad evitare o allontanare i pericoli che si addensano sul commilitone o comunque sull’oggetto della nostra solidale vicinanza?. Dunque non e’ legittimo pensare che fin da quel momento l’Arma assumeva il compito della difesa occulta quanto efficace di quegli uomini incriminati? Quali consenguenze potrebbe aver determinato una simile ouverture?
Ma, in quella stessa circostanza, ci fu un’altra e ben diversa dichiarazione (17 Gennaio 1992), che veniva pur sempre dall’interno dell’Arma e cioe’ dall’organismo centrale della Rappresentanza Elettiva – Co.Ce.R. - voluta dalla Legge di riforma dei Principi sulla Disciplina Militare, che con ben altri toni e prospettive sosteneva:
Il Co.Ce.R. (della Aeronutica) esprime solidarietà ai parenti delle vittime del DC9 Itavia (ed esprime la speranza che) sia fatta piena luce sulle responsabilità politico-militari della strage di Ustica (e sottolinea infine ) l'opera quotidiana della Aeronautica a difesa delle libere istituzioni".
Ora dovra’ convenire che le due dichiarazioni sono in aperta dissonanza, e sara’ ben difficile argomentare che la Rappresentanza fosse ancora un covo di sovversivi dopo che erano state fatte carte false per liberarsi, fin dai primi anni ’80, di tutti noi animatori del Movimento Democratico di riforma costituzionale e democratica delle Forze Armate.
Eppure mai nessuno ha chiesto, ne’ altri ha ritenuto di spiegare come mai, a dodici anni dalla strage ci fossero da organismi dell’ordinamento militare dichiarazioni tanto discordanti e perche’ quella del Co.Ce.R. parlasse espressamente e addirittura di “responsabilita’ politico-militari”. Non e’ legittimo pensare che la consegna al silenzio, se pur aveva funzionato verso il Paese, era stata ripetutamente violata all’interno dell’ambiente militare sicche’ ormai la conoscenza delle dinamiche stragiste era molto piu’ vasta dei primi venti o trenta personaggi partecipi dello scellerato delitto?
E’ vero i familiari superstiti delle vittime della strage sono stati spesso ingannati, come Lei dice, durante questi dolorosi anni. Ma forse l’astuta ed ingannevole affabulazione potrebbe essere venuta proprio dai luoghi e dalle persone piu’ interessate ad avvelenare ogni notizia ed ogni risultanza investigativa come quelle “polpette” che solo uomini adusi all’arte militare del depistaggio possono saper costruire. Come ben ci ha insegnato il sig. Edward Luttwak nel suo libro sulla “Tecnica del colpo di Stato”. E andiamo a vederlo allora, questo processo inquinante ed inquietante attraverso alcune questioni tecniche abbastanza stringenti, non prima pero’ di averLe posto un altro interrogativo pregiudiziale.
Io non so quanto Lei conosca della sentenza ordinanza di rinvio a giudizio del Giudice Priore. Ma qualora avesse quantomeno la curiosita’, torni a guardarla tra le pagine 70 e 80, le primissime di un testo che spazia su oltre 5000 pagine.
Lei converra’ che, come e’ per le indagini in un caso di incidente di volo, in cui Lei e’ certamente esperto, le prassi di accertamento possano e debbano essere altrettanto rigide ed ineludibili anche in campo giudiziario. Ora in quelle pagine si da’ atto che il Giudice Santacroce, al tempo incaricatoo delle indagini, nel Dicembre 1980 decidesse di recarsi lui stesso a Palermo per eseguire il sequestro dei nastri del controllo aereo e farsi dunque consegnare dalla Aeronautica quei nastri. Un ordine di sequestro gia’ disposto e notificato fin dal Luglio precedente, ma che l’Aeronautica, fino a quel momento, si era dimostrata renitente ad eseguire.
Esiste, scriveva il Giudice Priore, una relazione delle modalita’ del sequestro “ma si tratta di una ben strana e singolare relazione”. In essa non e’ il Magistrato ad intestrasi il verbale, ma l’Ufficiale della Aeronautica cui era stata richiesta la consegna. Questi da’ atto che si era a lui presentato il Sig. Santacroce, “qualificandosi con il grado (sic!) [cosi’ nel testo della sentenza] di Giudice Istruttore”. E dopo aver descritto in maniera che sarebbe esilarante se non fosse tragica, le resistenze opposte dall’Ufficiale alla consegna del materiale richiesto dal Magistrato, il verbale da’ atto che, solo dopo aver consultato i propri superiori, l’Ufficiale verbalizzante consente alla consegna dei nastri richiesti “ammonendo il suo interlocutore che il materiale consegnato avrebbe potuto essere soggetto a vincoli di secretazione e dunque la responsabilita’ per la eventuale violazione di tali vincoli sarebbe ricaduta sul Magistrato stesso”.
Ora mi sarebbe piaciuto molto essere alla presentazione nella quale Lei ha trovato modo di fare quelle dichiarazioni cui riferiamo, per chiederLe, nella forse vana speranza di avere una risposta, per quali arcane ragioni fossero stati consentiti simili atteggiamenti di disprezzo e vilipendio istituzionale. Per conoscere il suo personale parere attuale su quei comportamenti e per sapere perche’ a Suo giudizio la Magistratura non intervenne con il medesimo rigore che Lei avrebbe certamente utilizzato qualora fosse stato incaricato di svolgere una indagine tecnico formale sui reperti di un incidente aereo e fosse stato trattato alla medesima stregua che il Magistrato dovette subire da un semplice Maggiore della Aeronautica.
Avrebbe forse il garbo e la disponibilita’ per spiegarmelo ora, fuori dal contesto politico e salottiero in cui sembra essersi svolta la presentazione del libro?
Non e’ forse vero che un simile atteggiamento potrebbe ricollegarsi alla radice di alterita’ rispetto alla Societa’ Civile, in cui si cerca di educare ogni futuro quadro dirigente delle Forze Armate? Al punto che il Generale Corcione, primo militare a rivestire le funzioni di Ministro per la Difesa ma pur sempre esponente di questa “veterocultura militare”, in occasione della audizione di fronte alle Commissioni Difesa, dove era chiamato a dar conto delle vicende di truffa ai danni dello Stato consumate da centinaia di Ufficiali e Sottufficiali, ebbe l’ardire di affermare:
“Se il mondo militare non viene trattato con quella cura particolare che esso richiede; se come spesso accade si tende a ricondurne i valori specifici a quelli sicuramente onorevoli ma affatto diversi del mondo civile (…)”.
E mi fermo qui nella citazione del Generale Corione, che ho invece puntigliosamente analizzato nel Capitolo “Fatti di Mafia” della faticosa memoria – ancora in cerca di un editore - delle vicende mie personali e degli Uomini del Movimento Democratico (una stucchevole serie di scritti che se fosse interessato potrei comunque inviarLe).
Per chiedere invece a Lei: Lei pensa di poter condividere quelle affermazioni? Pensa davvero sia lecito ritenere che possano esistere valori militari altri e “diversi da quelli pur nobili della Societa’ Civile”, o non crede sarebbe piu’ giusto che i soli valori condivisi e condivisibili da tutte le compenenti della Societa’ Nazionale, siano essi civili o militari, dovrebbero essere quelli del dettato Costituzionale e quelli del suo spirito democratico cui “l’ordinamento militare e’ chiamato ad informarsi”, secondo l’art. 52 della stessa Costituzione?
O ritiene forse accettabile quell’adagio citato dal Procuratore Generale Militare nella prima relazione tenuta dalla Magistratura Militare alla apertura dell’anno giudiziario 2000, in cui si pensava all’ambiente militare come una “beata insula incontaminata dal contagio costituzionale e democratico”?
Per vostra fortuna i rappresentanti delle altre funzioni dello Stato non hanno mai inteso porvi interrogativi stringenti su queste questioni insidiose. Ma che c’entra infatti Ustica con tutto questo, direbbero ancora oggi i miei interlocutori? Ebbene c’entra, Sig. Generale, oh si’ se c’entra!
Infatti il reato di Alto Tradimento e’ consumabile solo se perpetrato nei confronti del proprio riferimento principale, del proprio Stato e Governo, non certamente se si usano artifici per ingannare e sviare il nemico e l’avversario, non Le pare?
Ebbene il Suo predecessore Gen Mario Arpino, convintosi infine nel 1999 ad offrire una “leale collaborazione” al Parlamento italiano ed alla Magistratura, “ammette”, ad esempio che siano state riferite al Parlamento per ben diciannove anni notizie non vere relative al rinvenimento del MIG, anche se non precisa quali sarebbero documentalmente le notizie vere riferibili a quell’avvenimento e non motiva su quali basi di credibilita’, dopo aver ammesso le menzogne, le sue dichiarazioni eventuali avrebbero dovuto essere ritenute attendibili.
“Ammette” quasi gaglioffamente tutta una serie di sconcertanti delitti di falso alle Autorita’ politiche e giudiziarie come le risultanze alterate degli statini del personale in servizio nei vari siti interessati ai rilevamenti sul volo Itavia IH870 e sul controllo della Difesa Aerea in quel giorno della strage.
“Ammette”, dunque, ma conclude con una delirante affermazione che qui riporto a memoria nonostante la virgolettatura: “Vorrei che Voi capiste signori che in quel tempo per larga parte degli ambienti militari una percentuale significativa del Parlamento italiano era costituita dal nemico”. Ed e’ su questa base di presunzione autoreferenziale o di doppio e prevalente giuramento ad altre fedelta’ extranazionali, sconosciute tuttavia alla nostra Costituzione, come attivita’ lecite o consentite, che dunque si fondava quella dichiarazione di vicinanza solidale con gli uomini indagati per la strage.
Ecco perche’ tutto quello che stiamo dicendo c’entra, Sig. Generale. Perche’ e’ stato il vertice stesso di quell’Arma che oggi Lei dirige ad ammettere che i suoi uomini, al tempo di Ustica, consideravano il Parlamento costituito in larga parte dal nemico (cioe’ tutta la parte politica di tradizione comunista). E dunque ritenevano ”quasi un dovere, mentire al Parlamento intero”, considerandolo colluso con un nemico del quale non sapeva imporsi di liberarsi, estromettendolo a forza dalle Istituzioni rappresentative. E la attivita’ di inganno e sviamento del nemico, “anche solo potenziale” perche’ adiacente o compiacente con il nemico, e’ considerata attivita’ lecita da tutti gli accordi di Diritto Internazionale (oggi divenuto una specie di bestemmia grazie alle nuove prospettive statunitensi di “Nuovo Ordine Mondiale”), fino agli accordi dell’Aja di inizio del secolo scorso a partire dal testo classico “De Iure Belli ac Pacis Libri tres” su cui tutti noi Ufficiali siamo stati formati.
E al nemico si mente con un solo ed unico obiettivo: quello di sviarne la attivita’, alterarne la capacita’ di intelligenza, e renderne inoffensive le attivita’ che voglia porre in essere contro le nostre truppe e le nostre iniziative. Dunque c’entra tutto questo con Ustica, perche’ rappresenta il brodo culturale nel quale si sono consumate stragi come Ustica per servire i desiderata di un dominus estraneo, e con essa tutte le altre nefandezze che i “re-clienti ed i loro vassalli” andavano perpetrando per sentirsi confermati nel proprio piccolo ma smisurato potere di reggenti delle “provincie di confine”.
E’ dunque lecito, a Suo parere, aver considerato per 19 anni il Parlamento Italiano, liberamente eletto dal Popolo, come “covo del nemico”, al punto di mentire per sviarne la attivita’, depistarne la intelligenza, disinnescarne la potenzialita’ “aggressiva”? Dovrebbe dirmelo, cortesemente, come dovrebbe dirlo a tutti noi italiani quale che sia la collocazione del nostro cuore, per poter essere legittimato a pronunciare le frasi che ha pronunciato.
Sentirsi garantito da una sentenza di proscioglimento non e’ sufficiente, perche’ quella sentenza e’ solo frutto, come ho scritto al Generale Tricarico, di una dinamica democratica e di certezza del diritto che non poteva definire in processo la costituzione delle prove di accusa (essendo svolto il processo ancora in regime inquisitorio) e doveva necessariamente riferire alle sole conclusioni istruttorie, che si sono purtroppo fermate “sull’orlo dell’indicibile” solo per la mancanza del coraggio estremo che sarebbe stato necessario a chi aveva intravisto la Verita’ ma non ha avuto cuore per illuminarla fino in fondo per ragioni di Giustizia, e si e’ lasciato vincere da ragioni di opportunita’ e convenienza.
Una sentanza scontata, aveva scritto questo Ciancarella a quel Giudice, ma una sentenza che non cucira’ la bocca di questo Ciancarella di fronte allo straparlare di vertici militari “rei confessi” e di politici “destri e sinistri” seduti allo stesso tavolo con chi “ha ammesso di aver loro mentito per anni con spudoratezza e presunzione di impunita’, semplicemente perche’ li considerava come immagine del nemico”.
Mi dica, comunque od almeno, chi stava, in ralta’, sviando e tradendo quelle povere vittime da Lei citate: coloro che ritenevano un dovere mentire al Parlamento, oppure coloro che cercavano e cercano ancora anche a rischio della propria vita?
Ricordiamo allora qui, ancora una volta, quel brano del suo discorso riportato dalle agenzie “qualcuno ha cercato con pervicacia di ingannare, seminando menzogne sapendo di mentire, non voglio nemmeno pensare a quale scopo”. Ma quel qualcuno, e lo abbiamo appena visto, erano proprio i vertici dell’Arma, organizzata in discesa a difesa della propria impunita’. E lo scopo scellerato e’ sguaiatamente davanti agli occhi di tutti. Questa e’ la misera e triste realta’ che emerge dagli esiti del processo, egregio Generale. Non quella che Lei, come i Suoi predecessori, vorreste far baluginare davanti agli occhi creduloni di un Parlamento senza dignita' e di un popolo espropriato di dignita’ e sovranita’ e reso sempre piu’ simile a bande di tifosi da bar sport o di voyeur di falsi come “Il Grande Fratello”, oppure davanti a quelli incapaci di vedere, perche’ offuscati dalle lacrime, dalla incompetenza e dall’ansia tradita di ottenere Verita’ e Giustizia, dei familiari delle vittime.
Perche’, Lei potrebbe chiedersi, tanta astiosa ostinazione in un personaggio gia’ classificato come portatore di elemnti inquinanti? Perche’ non c’e’ scampo di fronte ad uno dei pochi reduci di quel meraviglioso Movimento Democratico, di Cittadini con le stellette che in nome della Costituzione si contaminarono con la Democrazia popolare. Voi dovrete costringerlo a rispondere delle sue accuse nelle sedi deputate, accettando il rischio di confrontarvi con le sue competenti e stringenti domande, ovvero dovrete tacere e rimanervene immoti, come e’ stato da parte del Gen Tascio, del Gen Arpino e del Gen. Tricarico, sperando che la assenza di attenzione e di memoria che avete seminato nel nostro Popolo porti i suoi frutti di oblio e di indifferenza alle sorti di chi sara’ sempre un implacabile avversario di ogni corruzione e di ogni tradimento della fedelta’ costituzionale.
Cosi’, anche a rischio di giocare in anticipo qualche carta residua rimasta tra le mie mani, Le chiedo ora conto di altri due semplici particolari che solo la incompetenza o la ignavia hanno potuto trascurare di approfondire, inchiodando i responsabili alle loro responsabilita’ accertabili.
Prendiamo ad esempio il codice di criptazione Nato dei tracciati radar. Per anni si era negata al Magistrato la loro disponibilita’, poi improvvisamente – come “confessa” il Gen. Arpino - quel codice, contenuto in un dischetto non meglio precisato, viene ritrovato in circostanze non meglio precisate, da qualcuno non meglio precisato, all’interno di un cassetto, non meglio precisato, dove qualcun altro, non meglio precisato, lo avrebbe abbandonato, piuttosto che distruggerlo, per la nota sciatteria italica. Cosi’ si pronuncio’ il Generale Arpino davanti alla Commissione Parlamentare sul fenomeno del terrorismo e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili di strage. Arrivava a dire, l’ineffabile Generale, davanti ad un silente consesso politico: “Sia benedetta per una volta la italica sciatteria che ci ha consentito di rinvenire quel codice che avrebbe dovuto essere stato distrutto”.
Ma qui, si dice nel mio dialetto, casca l’asino che vuole strafare. Almeno per orecchie ed occhi competenti e vigili.
Lei infatti Sig. Generale e’ Ufficiale ed uomo esperto di Sicurezza, dunque ricordera’ senz’altro la ferrea educazione che tutti ricevevamo sul trattamento di documenti riservati. Ricordera’ certamente le famose “buste Charlie” (aspetto su cui mi dilungo un po’; ma solo per agevolare i lettori collaterali della presente comunicazione).
Erano quelle buste che ogni Comandante di velivolo comandato in missione riceveva dall’Ufficio “I”, ovvero dall’Ufficiale di picchetto, se veniva chiamato al volo dopo l’ordinario orario di lavoro della base, e che conteneva le istruzioni ed i codici da utilizzare in caso che, durante la permanenza lontano dal proprio comando, fossero avvenuti fatti sociali (insurrezioni) o internazionali (invasioni) che avrebbero reso insicuri i collegamenti con i propri comandi sulle ordinarie frequenze e con gli ordinari mezzi di contatto.
Ogni busta aveva un proprio numero di riferimento, e ciascun capoequipaggio cui venisse consegnata doveva firmare per ricevuta, sotto la specifica indicazione di quel numero di busta assunto. Alla rientro in base una procedura inversa prevedeva la registrazione della avvenuta riconsegna e la riassunzione in carico della specifica busta ad opera dell’Ufficiale di picchetto o dell’Ufficale “I” che eseguiva la restituzione. Fin qui mi sembra tutto giusto, vero Sig. Generale?
Io ho sempre temuto che quelle buste potessero contenere piuttosto istruzioni per comportamenti da adottare in caso di colpo di stato durante lo svolgimento della missione, ma ne’ il mio grado mi consenti’ di poterne conoscere la reale natura, ne’ i miei colleghi incaricati di quegli Uffici, pur stuzzicati al riguardo, lasciarono mai trapelare alcuna informazione a conforto o smentita dei miei timori.
Non ho mai capito se cio’ dipendesse da un’alta professionalita’ o da una totale insipienza dei medesimi colleghi e dalla totale inconsapevolezza delle condizioni e del clima in cui si viveva in quegli anni. Ma che c’entrano le buste “Charlie” con Ustica? C’entrano, c’entrano, oh se c’entrano. Vediamo assieme.
Bene, Lei certamente sapra’ che come accade anche della “parola d’ordine” che quotidianamente viene assegnata a ciascuna sentinella, e che viene mutata quotidianamente, anche i codici “Charlie” andavano mutati quotidianamente o periodicamente e dunque le buste andavano riconsegnate tassativaemente non appena rientrati alle proprie basi, e successivamente andavano distrutte, quando i codici fossero cambiati, a cura degli Ufficiali “I” con verbali appositi redatti da una Commissione. E cosi’ su su fino ai codici di criptazione dei tracciati di volo.
E dovra’ convenire che siccome tutto ha un senso, deve averlo, in un ambiente in armi, se lo si vuole affidabile, quella necessita’ di distruzione si collega strettamente alla natura stessa di intelligenza di simili metodi e meccanismi di criptazione. Ed il termine di riferimento e’ sempre “il nemico”. Il cambiamento e’ frequente infatti perche’ il nemico non possa essere agevolato nella sua attivita’ di interpretazione dei codici utilizzati. La distruzione e’ necessaria perche’ ogni rinvenimento ed acquisizione di codici, ancorche’ obsoleti, consentirebbe al nemico di intuire e capire i processi di formazione dei nuovi codici sostitutivi di quello acquisito.
Lei sa bene che esistono direttive rigidissime sulle modalita’ di raccolta e distruzione di tutte le chiavi di letura dei codici cripto superati e sostituiti. Una rigidita’ addirittura feroce, fino a configurare l’Alto Tradimento per chi non rispetti scrupolosamente l’ordine della riconsegna, e della distruzione dei codici cripto. Ad Ustica questa rigidita’ sembra sciogliersi invece come neve al sole.
Infatti, in questo quadro di condizioni militari di filosofia, di cultura e di operativita’, qualcuno vorrebbe farmi credere che sia possibile reperire improvvisamente un codice obsoleto e che avrebbe gia’ dovuto essere distrutto in tutti gli esemplari esistenti delle chiavi interpretative, “abbandonato in un cassetto” da uno sciatto non si sa chi, e li’ rinvenuto da non si sa chi, in circostanze imprecisate, e riconosciuto per arcani motivi, finendo col pervenire finalmente a quei giudici che cosi’ disperatamente avevano cercato di acquisirlo ed ai quali fino a quel giorno era stata opposta la impossibilita’ di esibizione per intervenuta distruzione.
Cosa fa quel Magistrato? Si affretta ad utilizzare il codice, arrivando quasi a ringraziare per la collaborazione e beccandosi, con i Parlamentari referenti, la “laude alla italica sciatteria”.
Neppure per un attimo si ferma per risalire a ritroso la catena di quell’incomprensibile rinvenimento tardivo. Era stato il Capo di Stato Maggiore a consegnarlo? Bastava chiedergli, costringendolo sotto minaccia di incriminazione, di dire da chi gli era stato consegnato, e cosi’ via via procedendo a ritroso si sarebbe arrivati a quell’anonimo rinvenitore al quale sarebbe stato possibile chiedere: “In quale cassetto esattamente lo ha trovato, e cosa conteneva d’altro il cassetto che lei stesse cercando?” Perche’ e’ ovvio che se il codice e’ stato rinvenuto solo fortuitamente e non in una sua caccia disperata, quel cassetto deve essere stato aperto per altri motivi.
Ma ancora gli si sarebbe potuto chiedere: “Cosa le ha fatto intuire, pensare, ritenere che potesse trattarsi proprio del codice cripto che ritenevamo ormai disperso perche’ distrutto per intervenuta sostituzione?”. I contenitori dei codici infatti non recano in chiaro ed a caratteri cubitali il rispettivo contenuto, ma solo quei numerini di riferimento che abbiamo visto per le buste Charlie. E poiche’ certamente il nostro uomo non aveva possibilita’ di utilizzare su qualche consolle radar il codice, onde poterlo riconoscere, avrebbe dovuto preconoscere quel numero identificativo (di un codice obsoleto) o essere affiancato all’atto di aprire il cassetto da qualcuno che potesse averne memoria (memorie di ferro, in certi casi, signori. In altri solo qualche mesto e meschino “non ricordo”).
L’eventuale sicurezza dell’interessato nel riconoscimento del codice avrebbe inoltre potuto facilmente essere messo alla prova chiedendogli di fornire altri elementi identificativi di contenitori diversi del medesimo codice obsoleto, o di altri simili. Di fronte ad eventuali incertezze gli si sarebbe potuto chiedere di rivelare chi gli avesse ordinato di guardare proprio in quel cassetto proprio in quel giorno, e forse anche di ricordare proprio quel numero identificativo.
A me non risulta che una simile attivita’ investigativa sia stata svolta; ma questo non mi impedisce di affermare che essa fosse necessaria per evitare il rischio di aver ottenuto tardivamente un codice di decriptazione opportunamente “adeguato” che consentisse cioe’ di vedere, leggere ed interpretare solo cio’ che era piu’ utile e funzionale agli interessi dei responsabili della strage.
Ed e’ molto sospetta, mi lasci dire, la inerzia disciplinare di un Comandante che, rinvenuto un pur prezioso codice cripto che avrebbe gia’ dovuto essere stato tassativamente distrutto, si compiacesse della “italica sciatteria”, piuttosto che lavorarare per individuare il responsabile della mancata riconsegna (cosa estremamente semplice perche’ come abbiamo visto esiste una precisa procedura di consegna di ciascuna chiave cripto a precisi e rintracciabili Ufficiali responsabili), cosi’ come il responsabile della non rilevazione di quella mancanza di una delle chiavi di lettura consegnate al momento del loro richiamo per sostituirle, e dunque responsabile della sucessiva distruzione di un lotto di chiavi cripto verbalizzando che riferisse alla totalita’ degli esemplari ricevuti quando in realta’ ne sarebbe mancato uno.
Via Signor Generale, sia comprensivo, questo non e’ affatto credibile in una organizzazione di uomini in armi, non ne conviene?
Ho sperimentato sulla mia pelle l’essere accusato di sciacallaggio sul dolore dei parenti delle vittime, quando ho voluto investigare un delitto molto piu’ semplice e solarmente interpretabile come la vicenda del giovane paracadutista Scieri, ucciso nella Caserma Gamerra. Un caso rimasto tuttavia avvolto nella ovattata indefinibilita’ degli esecutori, dei metodi e dei moventi. Ma Le assicuro che la vicenda nella sua turpe azione di depistaggio e’ assolutamente speculare alla vicenda stragista di Ustica. La stessa medesima volonta’ di fingere collaborazione alle indagini nella totale assenza di quelle attivita’ tipiche della operativita’ militare che si sarebbero attivate alla grande, invece, anche se fosse esploso solo un petardo sotto l’ultima jeep dismessa ed abbandonata nell’ultimo garage stiva di rottami della base. La medesima incompetenza e reverenzialita’ dei Magistrati nei confronti di un potere che non riescono a fronteggiare con la schiena dritta e guardandolo negli occhi, come dovrebbero, se fossero consapevoli della propria personale dignita’ e di quella delle funzioni che esercitano. La medesima e servile soddisfazione della politica che si reca in delegazione a fare le scuse al Reparto, senza mai fare le proprie scuse alla famiglia.
Gia’ le famiglie. Chi ha usato del loro dolore e della loro condizione inerme ed incompetente: coloro che li hanno convinti che non si possa leggere una “targa” di un aeroplano, quindi sia impossibile identificarlo, solo perche’ abbia l’IFF staccato, o chi ha insistito nel dire che nulla di cio’ che attraversa un cielo puo’ essere invisibile, a meno di un accecamento determinato da aggressione e contromisure elettroniche, e che tutto cio’ che viene rilevato nel cielo, se non viene o non puo’ essere identificato, deve essere, e pertanto viene, tempestivamente intercettato da una pattuglia di caccia; e che, laddove la difesa si convinca che tale “UFO (= Unidentified flight object, oggetto volante non identificato)” possa costituire una minaccia ed un pericolo, quell’oggetto volante non identificato potrebbe anche essere abbattuto qualora non eseguisse gli ordini perentori del capopattuglia?
Non ho letto domande sul sistema di Difesa, sui fondamentali della metodica militare in questa indagine. Non ho letto domande sulla esercitazione aeronavale “Devil’s Jam (= Marmellata di Diavolo)” che forze Alleate Nato, con la partecipazione di reparti e mezzi francesi, svolse il 18 Luglio per valutare la capacita’ alleata di respingere tentativi di penetrazione da Sud. Domande che avrebbero immeditamente svuotato di senso e significato la datazione al 18 Luglio della precipitazione del velivolo MIG i cui resti furono rinvenuti sulla Sila.
Non ho letto domande sui fondamentali delle “Clearence Internazionali” che consentono ad un velivolo straniero di attraversare i nostri cieli, non ho letto domade sui livelli di responsabilita’, sugli Uffici addetti ed i criteri di rilascio per tali “Clearence”. Non ho letto domande sulla situazione internazionale in quel momento e sui riflessi che essa poteva avere sulle attivita’ dei singoli Uffici Militari. Ivi compresi quelli addetti al rilascio delle “Clearence internazionali (o diplomatiche come vengono chiamate)”. E questo significa non aver voluto comprendere il perche’ ed il come fosse possibile quella richiesta di attraversamento del velivolo di Gheddafi, il famoso Zombie 56, ne’ di chiedere conto del come mai fosse stata autorizzata una rotta tutta interna al nostro territorio spazio aereo, piuttosto che quella richiesta che rimaneva tangenziale al nostro sistema di difesa.
Senza quelle domande e le tante altre che ho qui proposto e che avrei potuto proporre, la assoluzione degli imputati era scontata e dovuta. Ma la assoluzione giudiziaria non accerta la non colpevolezza nel delitto di strage, se pur attesta che in quel processo, per come era stato costruito, non si potesse agire contro il potere militare senza agganciarsi ai poteri poltici che avevano preordinato quel progetto stragista e ne avevano dato l’ordine esecutivo.
L’Alto tradimento contro il Parlamento e’ stato certamente consumato per ammissione dei vertici del’Arma, ma di esso gli indagati non erano imputati secondo le ammissioni del Generale Arpino, ma solo per una costruzione artificiosa della accusa e senza riferimento ad un preciso quadro esecutivo di un delitto, e dunque era giusto non costruire in corsa una responsabilita’ che la indagine istruttoria non aveva saputo, voluto, potuto definire limpidamente.
Ma il mio amico De Andre’ avrebbe detto: “Per quanto voi vi sentiate assolti, siete per sempre coinvolti”. Per quanto Lei dunque si affanni a ribadire, in continuita’ con quella “vicinanza solidale con gli imputati” dichiarata dal vertice dell’Arma sin dal primo insorgere delle contestazioni penali, che tra le vittime andrebbero inclusi “chi ha patito ingiustamente per decenni accuse infamanti” essi sono comunque responsabili, se non delle imputazioni malamente costruite e peggio sostenute e dalle quali sono stati giustamente prosciolti, diretti ed indiretti della strage che si e’ consumata, per averla ordita in obbedienza a disposizioni politiche ed in ossequio ai desiderata statunitensi, per averne disposto la esecuzione ad opera di mezzi e attraverso uomini dell’Arma, e per aver vigilato sulla costante deviazione delle indagini sulle responsabilita’ mentendo costantemente al Parlamento, e dunque al Popolo italiano.
E questo e’ tutto, Sig Generale, e non mi dica che e’ troppo. Perche’ troppo e’ stato il dover cercare di contrastarvi da soli e senza alcuna attenzione dello Stato formale (ma con tanta attenzione dello Stato sostanziale che e’ il Popolo) in questa consegna all’omerta’ ed alla colplicita’ omicida. Troppo e’ stato il dover raccogliere i resti di un amico fraterno divenuto eccessivamente pericoloso per i responsabili. Troppo e’ stato il dover vedere l’onore ed il prestigio dell’Arma calpestati da quei “cialtroni”, come li defini’ il Generale Arpino davanti alla Commissione Stragi, che si annidavano nell’Arma.
La nostra differenza, che avremmo accettato volentieri come colpa se come tale fosse contestata e che Sandro ha assunto in piena consapevolezza anche quando ha avuto la sensazione che essa fosse ormai divenuta sentenza esecutiva pur senza processo, e’ quella che contrariamente al Gen Arpino che lasciava nel silenzio ovattato dell’anonimato gli eventuali cialtroni cui voleva riferire, noi abbiamo sempre lavorato per dare nomi e fisionomie ai responsabili di ogni nefandezza compiuta all’ombra della divisa, insozzandola, pretendo impunita’ pretoriana per via di quella divisa e tradendo la fedelta’ giurata al Popolo ed alle Istituzioni del Paese.
Accolga, se lo ritiene, i miei saluti di rispetto istituzionale.
Mario Ciancarella
Posta un commento