Stati Uniti - 07.2.2006
Lunga, ma soprattutto costosa
Combattuta malvolentieri la Grande, vinta la Fredda, per la “guerra al terrorismo” gli Stati Uniti hanno già trovato l’aggettivo giusto: sarà, se non si era ancora capito, lunga. Dichiarazioni bellicose di Bush a parte, “La lunga guerra” è il titolo con il quale il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ha presentato il rapporto quadriennale del Pentagono, un documento che traccia le linee guida della difesa statunitense per i venti anni successivi.
Il documento.
Il rapporto, reso pubblico sabato scorso a Washington, prevede la necessità di dispiegare truppe Usa, spesso clandestinamente, in decine di Paesi in contemporanea. Meglio dimenticare conflitti tradizionali fatti di carri armati e bombardieri: il nemico previsto dagli Usa non è uno Stato dotato di un proprio esercito ma, con le parole usate da Rumsfeld, “terroristi con un’ideologia militante che glorifica l’omicidio e il suicidio senza un territorio da difendere, e con poco da perdere”. Sconfiggerli è il primo obiettivo del Pentagono. Gli altri tre sono contrastare la diffusione di armi nucleari, chimiche e biologiche; dissuadere stati come la Cina, l’India e la Russia dal porsi come avversari degli Usa; irrobustire la difesa del territorio nazionale. La priorità è quella di essere flessibili, sguscianti, pronti a intervenire dovunque. Con Forze speciali più numerose di adesso, aumentate del 15 percento. Servendosi anche di truppe alleate appositamente addestrate dai militari statunitensi. Con minore impatto dai cieli, dato che l’Air Force verrà ridotta di 40mila uomini. Ma con il doppio di aerei-spia senza pilota, per raccogliere informazioni utili all’intelligence in territorio ostile. Se nel rapporto di fine 2001 i possibili fronti erano quattro (Europa, Medio Oriente, “litorale asiatico” e Asia nord-orientale), gli ultimi quattro anni hanno dimostrato che gli Usa devono “essere operativi su tutto il globo”.
Più fronti.
Il pericolo, nella visione del Pentagono, può venire da dovunque. “Nel prossimo decennio le forze americane saranno con ogni probabilità impegnate in qualche parte del mondo dove non sono impegnate al momento. Ma nessuno può dire con sicurezza dove, quando e come”, ha detto alla presentazione del rapporto Ryan Henry, un sottosegretario alla Difesa. Detto questo, il rapporto non prevede un aumento del numero delle truppe – già ora diverse sezioni delle forze armate faticano a raggiungere gli obiettivi di reclutamento previsti – né particolari aggiunte di armi all’arsenale già in programma. La Lunga guerra, com’è ovvio preveda Washington, la vinceranno gli Usa. Ma non si concluderà improvvisamente, piuttosto “si spegnerà nel tempo, quando sempre più Paesi nel mondo l’avranno vinta”, ha spiegato Rumsfeld. Perché gli Usa continueranno a cercare alleati: "E' una guerra che non possiamo vincere da soli", ha concluso il segretario alla Difesa.
L’Iraq.
Questo, per gli Usa, è il futuro. Il presente è l’Iraq. I terroristi islamici ne hanno fatto “il fronte centrale della loro guerra al mondo civilizzato”, secondo Rumsfeld. Anche per questo, l’amministrazione Bush ha appena presentato al Congresso la richiesta supplementare di 70 miliardi di dollari per le guerre in Iraq e in Afghanistan, oltre ai 50 già previsti. E’ scontato che il Congresso glieli conceda. A quasi tre anni dall’invasione che ha deposto Saddam Hussein, la guerra in Iraq è già costata 250 miliardi di dollari, ben più delle previsioni. Prima del conflitto Lawrence Lindsey, un consulente economico della Casa Bianca, fu licenziato per aver previsto che il costo della guerra sarebbe schizzato fino a 200 miliardi. Ora, senza una fine in vista, in Iraq il Pentagono sta pompando 4,5 miliardi di dollari al mese. Calcolatrice alla mano, fanno poco più di 100mila dollari al minuto. O 1.700 dollari al secondo. Se sarà lunga, si vedrà. Di sicuro, questa guerra è costosa.
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fonte: http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=2&ida=&idt=&idart=4620
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