Medicinali nei supermercati, Federfarma invita a riflettere sul ruolo assegnato al farmaco
MEDICINALI CON FORTI EFFETI COLLATERALI NEI SUPERMERCATI. FEDERFARMA INVITA A RIFLETTERE SUL RUOLO ASSEGNATO AL FARMACO
2007-06-02 - Gli scaffali dei supermercati si riempiono anche di farmaci antitumorali, antipsicotici, stupefacenti, antidepressivi, antipilettici, estrogeni. A lanciare l’allarme è la Federfarma della provincia di Ascoli Piceno in quanto saranno messi in vendita tutti quei prodotti non solo di semplice uso comune che non hanno bisogno della ricetta medica, bensì di medicinali importanti, con pesanti effetti collaterali, destinati alla cura di malattie gravi. A seguito dell’emendamento approvato dalla Camera, infatti, gli utenti potranno acquistare nei vari esercizi commerciali medicinali di fascia C, ovvero con ricetta medica non ripetibile (ricetta che il farmacista deve ritirare e conservare per 6 mesi), cioè quei medicinali che “possono determinare, con l’uso continuato, stati tossici o possono comportare, comunque, rischi particolarmente elevati per la salute”. In fascia C, inoltre, rientrano anche i farmaci stupefacenti soggetti all’obbligo di registrazione su un apposito registro, dal quale risulti ogni movimento in entrata e in uscita del farmaco dalla farmacia. Questi farmaci, se l’emendamento sarà confermato dal Senato, potranno essere venduti in un supermercato o in una piccola parafarmacia di quartiere, che non sono certo strutturati per detenere medicinali che richiedono modalità di conservazione particolari (temperature diversificate, armadi chiusi a chiave, ecc.) e non sono sottoposti ai rigidi controlli sanitari condotti periodicamente nelle farmacie dalle ASL, dai NAS, dal Ministero della salute.
«Siamo stupefatti di quanto sta accadendo –ha dichiarato Pasquale D’Avella, Presidente di Federfarma di Ascoli Piceno - stanno distruggendo la funzione di un servizio apprezzato dalla collettività. In questo modo ci vogliono far chiudere, confidiamo nel Senato. Non è possibile snaturare il ruolo delle farmacie, tradizionale presidio del servizio sanitario». Per le farmacie italiane, rappresentate da Federfarma, questa forma di liberalizzazione rappresenta un ennesimo regalo ai grandi gruppi della distribuzione organizzata poiché si sono accorti che la vendita dei medicinali senza ricetta medica, consentita un anno fa dal primo decreto Bersani, non è poi così redditizia. E questo per vari motivi tra i quali: la presenza obbligatoria del farmacista nel supermercato, i margini di guadagno insufficienti per praticare i favolosi sconti promessi e il limitato interesse dei cittadini che continuano ad avere più fiducia nella farmacia. Da qui la richiesta al Governo e al Parlamento di ampliare la gamma di farmaci vendibili fuori farmacia.
Federfarma invita tutti coloro che mettono al primo posto la tutela della salute, operatori sanitari, associazioni dei malati e dei consumatori, a una profonda riflessione su quale ruolo deve essere assegnato al farmaco nella società italiana, prodotto di largo consumo o bene finalizzato alla tutela della salute.«In questo modo –continua il Presidente D’Avella- viene a crearsi un ulteriore problema nel nostro territorio dove le farmacie risentono di tutta una serie di difficoltà connesse alla caratteristiche rurali. Un ulteriore pseudo liberalizzazione, dunque, potrebbe comportare che in alcune località, soprattutto in quelle più piccole, la chiusura dell’unico servizio sanitario di cui dispongono, cioè la farmacia».
fonte: http://www.ilmascalzone.it/articolo.php?id=9954
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Le osservazioni a margine di Mauro
Le obiezioni degli amici di Federmarma mi sembrano risibili e volutamente allarmistiche. Mi spiace che questa vibrata protesta si sollevi dalla provincia di Ascoli (mia città natale), ma credo non si discosti dai toni usati in altri comunicati, che sbocceranno come fiori a primavera, provenienti dal resto d’Italia.I farmacisti vogliono difendere la loro professionalità, e fanno bene, ma pongono gli accenti in modo travisante e travisato. Invece che indignarsi per l’allargamento di vendita in altri spazi da loro non considerati deputati, sarebbe giusto indirizzare la loro preoccupazione sui metodi di gestione, conservazione e spaccio. Preoccupazione che, comunque trovo inutile, perché non è pensabile che Supermercati & C. possano vendere medicinali senza dover rispettare le stesse regole osservate dalle Farmacie: ci saranno anche lì armadi per la collocazione e conservazione (refrigerati), addetti alla vendita con i titoli adeguati ecc.
E in quanto all’argomento tossicità, ricordo ai signori Farmacisti che “Farmaco” è sinonimo di “Veleno”, per cui tutti i farmaci, nessuno escluso, sono da considerarsi prodotti tossici, con seri, ed a volte gravi, effetti secondari sull’organismo, e quindi da consigliare e somministrare con molta cautela. E poi, il consumatore potrà acquistarli senza presentazione di ricetta medica? Non credo.
E dunque, dov’è il torto?
Com’è intuibile, sta nell’allargamento del mercato distributivo, che paventa ai signori Farmacisti uno scenario di impoverimento delle proprie entrate. Casta intoccabile, quella dei Farmacisti, un po’ come i signori Notai.
Si rassegnino, vorrà dire che acquisteranno una villa in meno ma sono sicuro che non saranno ridotti alla fame.
O preferiscono andare a lavorare, come la stragrande maggioranza di noi, per meno di 1000 euro al mese?
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Farmacie: non fermiamo le liberalizzazioni
di Pietro Marino*
(fonte IBL) Il 29 maggio scorso la Camera dei Deputati ha approvato un emendamento che, se confermato al Senato, consentirebbe la vendita dei farmaci di fascia C - quelli cioè dispensabili solo dietro presentazione di ricetta medica, e non rimborsabili - anche negli esercizi commerciali.Questo emendamento ha suscitato la dura reazione dei farmacisti titolari di farmacia. Se approvato, sarebbe una rivoluzione copernicana nel sistema distributivo del farmaco ed in particolare sposterebbe definitivamente ed irreversibilmente l'asse dal binomio farmaco-farmacia sancito dall' art.122 TULS (testo Unico delle Leggi Sanitarie-1934), verso il più dinamico e funzionale binomio farmaco-farmacista. Val la pena di chiedersi: quando si acquista un farmaco chi garantisce il cittadino? Il Farmacista inteso come professionista abilitato alla professione (questa la tesi del Movimento nazionale liberi farmacista), o la Farmacia intesa come licenza o concessione regolamentata da rigidi criteri di programmazione territoriale (come sostiene Federfarma)? La positiva esperienza maturata ad un anno dall' approvazione della Legge 4 agosto 2006, n.248 - meglio conosciuta come "Decreto Bersani" - dimostra che i rischi paventati da Federfarma rispetto ad un allargamento dei circuiti distributivi - come l'aumento esponenziale delle malattie Iatrogene causate dall' eccessivo consumo dei farmaci - sono stati seccamente smentiti dai fatti, che vedono invece una diminuzione dei consumi dei farmaci da banco sia a valore che per numero di pezzi venduti (fonte ac Nielsen -30 maggio 2007) nonostante l'aumento dei punti vendita. Al contrario è vero che l'aumento dei punti vendita di circa 1000 unità, delle quali l’85% è costituito da esercizi di vicinato (per metà, sono nuove aperture) - ha avuto un impatto positivo sui prezzi dei farmaci OTC e SOP che sono scesi mediamente del 20-25%. L'apertura ai farmaci di fascia C quindi non è che l'evoluzione naturale del processo di liberalizzazione iniziato un anno fa. In questo caso si parla infatti di farmaci che possono essere dispensati solo dietro regolare prescrizione medica, e per i quali il consumo è dettato quindi dal numero di prescrizioni mediche e non dal numero dei punti vendita.
I meccanismi concorrenziali in questo caso non potendo agire sulla leva prezzo agirebbero positivamente sul fronte dei servizi, a tutto vantaggio dei cittadini. Federfarma ribatte, con poca fantasia, evocando il fantasma della chiusura delle piccole farmacie rurali - già paventata un anno fa, e mai avvenuta .Anche in questo caso i dati non le danno ragione. Dallo studio della Nielsen è emerso infatti che questo mercato vale grosso modo come quello dei farmaci di automedicazione, ovvero mediamente il 10% del fatturato di una farmacia. Considerando che dalle analisi fatte sui farmaci di automedicazione il 97,5 degli stessi sono rimasti nel canale-farmacia, la perdita di fatturato di tali esercizi è veramente risibile. Non vi è nessun pericolo reale, quindi, ma solo fantasmi evocati da una categoria iperprotetta che mal si adatta ai cambiamenti della società moderna e globalizzata. E poi, se effettivamente come affermano la farmacia è un presidio molto apprezzato dagli italiani, di che cosa hanno paura? Continueranno ad essere scelti sul mercato! Di ben diverso tenore sono gli argomenti del MNLF, che rappresenta 56.000 farmacisti non titolari e che da quindici anni continua a denunciare il perdurare della iniqua discriminazione fra farmacisti di serie A e farmacisti di serie B . Una “classifica”, questa, imposta per legge e non per titolo o merito - che si pone in aperto contrasto con l'Art. 3 della Costituzione Italiana che afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Pertanto qualsiasi norma tendente ad ostacolare l'accesso ad una professione, a parità di diritto conseguito nell'acquisizione della laurea e nella relativa abilitazione, ne viola il principio ispiratore.Varrebbe la pena poi ricordare che l'Art. 41 della Costituzione sancisce che l'iniziativa economica privata è libera e che l'attuale discriminazione si pone in contrasto anche con i principi di valorizzazione del capitale umano attraverso il lavoro (artt.l,4,35) e del perseguimento della salute pubblica (art.32). Cari politici di destra, di centro, di sinistra: vogliamo liberare dalla camicia di forza le energie positive di questo paese?
(*) Pietro Marino è Presidente della Federazione Esercizi Farmaceutici (http://www.esercizifarmaceutici.it/news.php).
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