Non parliamo del 50 e 50, della parità. Basterebbe almeno sfiorare quel 30% che «rappresenta il minimo indispensabile per una democrazia che possa dirsi veramente paritaria», dicono da Arcidonna. Ma è ancora un sogno: l’Italia – con il 17,4 di elette alla Camera e il 13,6 al Senato – si ferma al 63° posto nella classifica mondiale della rappresentanza femminile nei parlamenti nazionali. Pari merito con il Nepal.
E dobbiamo anche consolarci: qualche anno fa eravamo pure messi peggio. Le ultime rilevazioni, successive alle regionali del 2005, dicono che «si è passati nei consigli dall'8,8% all'11,1, nelle giunte dal 12,8 al 17,5, mentre la media delle donne elette nelle giunte e nei consigli è adesso il 12,2% contro il 9,9% precedente». Magra consolazione. Il fatidico trenta per cento, è solo sfiorato dalla giunta della Regione Lazio, quella con la migliore prestazione che si ferma al 29,4% (cinque donne e dodici uomini). Maglia nera a Basilicata, Calabria e Valle d’Aosta che, in giunta, non hanno nemmeno una donna. Vince invece la Toscana se, oltre alla giunta, si considera anche il Consiglio regionale, seguita da Umbria e Trentino Alto Adige.
Ma certo, non è colpa delle regioni. Al Governo la media delle donne è dl 24%, ovvero sei ministri donna su 25: ma cinque di loro, quasi tutte quindi, sono senza portafoglio. Quindi ministeri con pure funzioni di supporto, senza possibilità di spendere nulla di propria iniziativa.
Non brilliamo nemmeno in Europa: sono donne il 17,9% delle europarlamentari italiane, contro una media del 30,4%: vanno peggio di noi solo la Polonia, Cipro e Malta. Cresce, invece, la presenza femminile nei Comuni, probabilmente, punzecchia Arcidonna, «a causa della minore “appetibilità” delle cariche comunali rispetto a quelle di organismi di maggiori dimensioni».
Pubblicato il: 02.11.07
Modificato il: 02.11.07 alle ore 17.03
fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=70283
1 commento:
Io non sono per le quote rosa per legge perchè si rischia che per raggiungere la quota di legge si butti dentro "brodo ed acini". E una presenza non qualificata delle donne farebbe del male solo alle donne.
Il fenomeno andrebbe analizzato anche partendo da dati statistici.
Se persino un partito come il mio (PRC,) che alla presenza femminile ci tiene un po' più degli altri, conta un tesseramento femminile intorno al 20% (sulla percentuale non sono precisissima), come possiamo pensare di poter avere il 50% delle donne nelle istituzioni? Chi dovremmo metterci?
Donne, sveglia!
Posta un commento