"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

venerdì 1 giugno 2007

Fratelli Rosselli: un omicidio di Stato















Questo post, piuttosto corposo (ma necessario, non vogliatemene), si articola in quattro parti: la prima è a firma di Gaetano Salvemini, la seconda in un pezzo storico di Carlo Rosselli, che spero sollevi un ampio e approfondito dibattito, la terza è un bel ritratto della madre Amelia a cura di Marina Calloni; la quarta, ed ultima, è di stretta attualità, trattandosi di un documentario sull'esecuzione dei fratelli Rosselli.. con una sorpresa finale che porta il nome di François Maurice Adrien Marie Mitterrand. Armatevi di pazienza e
Buona lettura.
mauro


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Carlo e Nello Rosselli

di Gaetano Salvemini *

La banda di fascisti francesi che assassinò Carlo Rosselli a Bagnoles de l'Orne, in Francia, il 9 giugno 1937, non aveva nessuna ragione di volere la morte di un italiano la cui anima era tutta tesa verso l'Italia e che non prendeva nessuna parte nelle lotte politiche francesi. L'organizzazione cui gli assassini appartenevano preparava un colpo di stato in Francia. Mussolini le forniva i fondi e le armi. Il mercato fu: io vi do il denaro e le armi, voi datemi l'uomo.
Non appena l'assassinio fu conosciuto, tutti senza esitazione ne fecero risalire la responsabilità a Mussolini. A quella certezza morale si aggiunsero presto le prove materiali.
Carlo Rosselli era uno dei pochi capi che fossero sorti dalla generazione del dopoguerra. Aveva guadagnato la sua autorità nel carcere e nelle molteplici attività illegali. Il suo nome significava per centinaia di giovani in Italia coraggio e intransigenza morale.


La sua agiatezza gli consentiva di dedicare tutta la sua energia alla lotta politica, e con il suo patrimonio egli contribuiva largamente alle spese per il movimento antifascista. Mussolini facendolo assassinare sperava che il settimanale "Giustizia e Libertà", fondato e diretto da Carlo, avrebbe cessato di uscire quando l'opera e i contributi di Carlo fossero venuti meno. Poteva sperare che tutto il movimento che si era sviluppato intorno a lui in Italia si sfasciasse e che la sua morte seminasse il terrore fra gli antifascisti fuori d'Italia.
Colpisci il pastore e si disperderanno le pecore.


Ordinando l'assassinio di Carlo Rosselli, Mussolini intendeva schiacciare l'uomo che nel 1925, nell'ora del suo trionfo, lo aveva sfidato in Firenze insieme con Ernesto Rossi, pubblicando il "Non mollare", l'uomo che nel 1926, insieme con Ferruccio Parri, aveva condotto Filippo Turati a salvamento fuori d'Italia;- l'uomo che nel 1927, nel processo che ne seguì a Savona, si era trasformato da accusato in accusatore e aveva strappato una condanna che era un trionfo morale; l'uomo che nel 1929, insieme con Emilio Lussu e Fausto Nitti, gli era sgusciato fra le dita da Lipari, in un'evasione che è passata alla storia insieme con quella di Felice Orsini e di Pietro Kropotkine; l'uomo che, appena arrivato a Parigi, aveva ripreso contro di lui la lotta senza quartiere, forte solamente della volontà propria indomabile e della solidarietà fraterna e devota di pochi amici; l'uomo che nel 1930 aveva scoperto in Bassanesi un giovane capace di montare un aeroplano e, con poche ore di esercizio, partire dalla Svizzera e rimanere per mezz'ora nel cielo di Milano seminando manifestini antifascisti e sfidando la tanto strombazzata efficienza dell'aviazione fascista ; l'uomo che spargeva fermenti di rivolta nella gioventù universitaria italiana e così demoliva l'illusione che la gioventù educata nel clima fascista gli fosse tutta fedele.


In Carlo Rosselli, Mussolini volle sopprimere l'uomo che fin dai giorni più remoti era stato fra i primi e più tenaci a denunciare la gravità del pericolo fascista e la sua natura mostruosa, e che aveva previsto che una crisi così profonda non poteva non sboccare nella guerra.
Nei suoi scritti settimanali in "Giustizia e Libertà" e in tutta la sua attività battagliera, Carlo Rosselli affermava costantemente che la pace in Europa era una finzione e la guerra la realtà. Quella voce che preannunciava la guerra con lucida coscienza e ne fissava in precedenza la responsabilità con logica implacabile,Mussolini volle far tacere per sempre.
Facendo assassinare Carlo Rosselli, Mussolini volle infine, oltre che liberarsi del suo più attivo e temuto nemico, vendicare soprattutto le difficoltà da lui incontrate in quell'uomo che - di quelle difficoltà - era stato l'artefice primo.


Interventi individuali a difesa della repubblica in Spagna si erano manifestati subito, prima che Carlo Rosselli prendesse l'iniziativa di un intervento collettivo.
Ma quegli interventi individuali, pure essendo documento di generosità ammirevole, si disperdevano nel movimento generale della guerra civile spagnola e minacciavano di rimanere senza significato. Fu grande merito di Carlo Rosselli avere avuto immediatamente la visione chiara e netta della suprema importanza e dell'enorme significato, per la causa della libertà italiana, di un intervento collettivo antifascista con bandiera italiana nella guerra di Spagna. Fu suo merito l'aver compreso che quella eroica lotta di popolo per la sua libertà non era né doveva rimanere fatto nazionale della sola Spagna. Essa doveva dilagare al di là delle frontiere spagnole. Doveva esser portata in Italia e dovunque esistesse un regime fascista. Doveva essere il principio della guerra civile europea - guerra civile che non doveva essere giustificato, bensì voluta ed esaltata come legittima e sacrosanta.


Vincendo tutte le esitazioni, rompendo ogni indugio, con quella straordinaria vitalità che era la nota caratteristica della sua personalità, Carlo chiamò a raccolta gli antifascisti esuli e proscritti dall'Italia : battendosi valorosamente sul fronte di Huesca coi suoi compagni,come gruppo italiano, sollevò nella massa dell'emigrazione italiana un movimento di commozione e di entusiasmo che atti di eroismo individuale non avrebbero creato. Col suo gesto egli rese possibile, in un secondo tempo, la formazione di quella legione garibaldina che in sei battaglie condusse alla vittoria di Guadalajara.
Poca favilla gran fiamma seconda.


Carlo Rosselli aveva gettato il grido di battaglia "Oggi in Spagna, domani in Italia".
Soltanto otto giorni dopo che Carlo era stato ucciso dai sicari di Mussolini questi ammise il rovescio di Guadalajara sul Popolo d'Italia. Ora che si era preso la rivincita poteva confessare la sconfitta.

Insieme con Carlo, Mussolini fece assassinare suo fratello Nello. Quando fu preparato il delitto, Carlo era a Bagnoles de l'Orne, convalescente di una flebite dovuta agli strapazzi della guerra di Spagna. Nello era andato a trovarlo in una delle sue visite furtive che gli faceva non appena poteva uscire fuori d'Italia per i suoi studi.
Nello era anch'egli un antifascista convinto e irreducibile. Consigliato più volte dagli amici a stabilirsi fuori d'Italia non aveva mai voluto : diceva che era necessario che qualcuno rimanesse in Italia a dare l'esempio di non cedere. Era suo dovere di farlo.

Nello aveva saputo trovare forza e conforto negli studi. Il suo soggetto preferito era la storia del Risorgimento italiano. Egli pensava che la storia, investigata e raccontata con spirito di verità, compisse in Italia azione politica sia pure a lunga scadenza, come ogni opera di educazione morale e intellettuale. La storia italiana, specialmente quella del Risorgimento, era sistematicamente falsificata dai fascisti. C'era dunque in Italia ancora del lavoro per gli spiriti liberi: salvare dall'ondata delle falsificazioni fasciste il passato, per preparare l'avvenire. Nei suoi studi, Nello cercava di risolvere la contraddizione che tormentava la sua vita fra il desiderio di servire il suo paese e la impossibilità di servirlo in quelle condizioni. Si teneva in contatto con molti giovani ed esercitava su di essi un grande ascendente. L'indignazione che l'atto infame compiuto su di lui produsse in Italia diede appunto la misura dell' influenza ch'egli vi esercitava.

Gli uomini come Carlo, fuori d'Italia, squassarono la fiaccola della rivolta contro ogni vento ostile, in battaglie che sembravano, ma non erano, disperate.
Gli uomini come Nello, in Italia, tennero viva la fiaccola nascondendola sotto il moggio.
I due fratelli, associati nella vita e nella morte, simbolizzano le due Italie antifasciste : quella che si preparava nel silenzio e quella che apertamente lottava.
Nei suoi elementi più puri l'Italia mai si arrese ai fatti compiuti.


*Prefazione a: Carlo Rosselli, Scritti politici e autobiografici, Napoli 1944

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I MIEI CONTI COL MARXISMO


di
Carlo Rosselli
[da "Socialismo liberale"]


Li vado facendo da parecchi anni sotto la scorta di molti nemici e carabinieri dottrinali in compagnia di pochi eretici amici. Voglio renderne conto qui prima di tutti a me stesso, poi a quei miei compagni di destino che non credono terminate alle Alpi le frontiere del mondo -
Sarò chiaro, semplice, sincero e, poi che i libri mi mancano, procedendo per chiaroscuri senza i famosi “abiti professionali ” e i non meno famosi “sussidi di note ”.
Intanto, chi sono. Sono un socialista.
Un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolare nelle arterie e affluire al cervello. Un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi, né col ricordo della sconfitta, né col richiamo alle responsabilità del passato, né con le polemiche sulla guerra combattuta. Un socialista giovane, di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa capito della storia italiana lontana e vicina. E precisamente ha capito:

i.Che il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, e in secondo luogo trasformazione materiale.
ii. Che, come tale, si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori, senza bisogno di aspettare il sole dell'avvenire.
iii.Che tra socialismo e marxismo non vi è parentela necessaria.
iv.Che anzi, ai giorni nostri, la filosofia marxista minaccia di compromettere la marcia socialista.
v.Che socialismo senza democrazia è come volere la botte piena (uomini, non servi; coscienze, non numeri; produttori, non prodotti) e la moglie ubriaca (dittatura).
vi.Che il socialismo, in quanto alfiere dinamico della classe più numerosa, misera, oppressa, è l'erede del liberalismo.
vii. Che la libertà, presupposto della vita morale così del singolo come delle collettività, è il più efficace mezzo e l'ultimo fine del socialismo.
viii. Che la socializzazione è un mezzo, sia pure importantissimo.
ix. Che lo spauracchio della rivoluzione sociale violenta spaventa ormai solo i passerotti e gli esercenti, e mena acqua al mulino reazionario.
x.Che il socialismo non si decreta dall'alto, ma si costruisce tutti i giorni dal basso, nelle coscienze, nei sindacati, nella cultura.
xi.Che ha bisogno di idee poche e chiare, di gente nuova, di amore ai problemi concreti.
xii. Che il nuovo movimento socialista italiano non dovrà esser frutto di appiccicature di partiti e partitelli ormai sepolti, ma organismo nuovo dai piedi al capo, sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa della libertà e del lavoro.
xiii.Che è assurdo imporre a così gigantesco moto di masse una unica filosofia, un unico schema, una sola divisa intellettuale.

Il primo liberalismo ha da attuarsi all'interno.

Le tesi sono tredici.
Il tredici porta fortuna.
Chi vivrà vedrà.
[
Socialismo senza democrazia significa fatalmente dittatura, e dittatura significa uomini servi, numeri e non coscienze, prodotti e non produttori, e significa quindi negare i fini primi del socialismo]

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Amelia Pincherle Moravia in Rosselli
(Venezia 6/1/1870 - Firenze 26/12/1954)

di Marina Calloni

da un ciclo di lezioni tenute
in ottobre 2003
nell'ambito dei seminari di Dialogare

Amelia Rosselli fu la prima donna a scrivere per il teatro in Italia. Nei primi decenni del Novecento Amelia ebbe grande rinomanza come autrice di drammi e di commedie, scritte anche in dialetto veneziano. Fu inoltre nota come giornalista, scrittrice di racconti e di libri per l’infanzia, oltre che come direttrice di collana, attivista politica e interessata alla questione femminile.


Amelia era nata da una famiglia ebraica della buona borghesia veneziana, che aveva partecipato alla difesa della Serenissima durante la Repubblica di Manin e ai moti risorgimentali. Dopo essersi trasferita a Roma, Amelia sposa il musicista Giuseppe (Joe) Rosselli, con cui trascorre alcuni anni a Vienna, dal 1892 al 1896. La famiglia del marito, i Rosselli-Nathan, di tradizione repubblicana e liberale, aveva sostenuto Mazzini durante gli anni dell’esilio londinese. Mazzini morirà poi a casa Rosselli a Pisa sotto il nome di Mr. Brown, ospite di Pellegrino e Janet Rosselli.


Amelia ebbe da Joe tre figli: Aldo, Carlo e Nello. Tuttavia si separò dal marito nel 1903, trasferendosi coi figli da Roma a Firenze. I figli di Amelia crebbero in un ambiente culturalmente stimolante, politicamente attivo e socialmente impegnato. Aldo, studente di medicina, partì volontario per la prima guerra mondiale, morendo nel 1916 sul fronte carnico. Carlo, professore di economia, lasciò l’insegnamento per la lotta politica. Inviato al confino nell’isola di Lipari, riuscì a fuggire, riparando a Parigi, dove fondò il movimento di “Giustizia e Libertà”. Nello, storico del Risorgimento, dopo aver subito il confino, deciderà di restare a vivere in Italia, continuando - attraverso i suoi studi - la sua opposizione al regime fascista. Carlo e Nello vennero uccisi a Bagnoles-de-l’Orne in Francia nel 1937, per mano dei Cagoulard, sicari francesi assoldati dai fascisti italiani.


Dopo l’assassinio di Carlo e Nello, Amelia scelse volontariamente l’esilio assieme alle due nuore e ai sette nipoti. Dopo aver abitato in Svizzera, a Villars-sur-Ollon dal 1937 al 1939, andrà a vivere nel Regno Unito, a Quainton-Bucks dal 1939 al 1940, per poi spostarsi negli Stati Uniti, a Larchmont, dove visse dal 1940 al 1946. Morì a Firenze nel 1954.


Oltre ad articoli apparsi su Il Marzocco dal 1904 al 1914, fra le opere di Amelia Rosselli si ricordano i suoi drammi teatrali:
Anima, Torino: Lattes 1901; Illusione, Torino-Roma: Roux & Viarengo 1906; Emma Liona (Lady Hamilton), Firenze: Bemporad 1924.
Degne di menzione sono anche le sue commedie in dialetto veneziano: El réfolo, Milano: Treves 1910; El socio del papà, Milano: Treves 1912; San Marco, Milano: Treves 1914.
Fra i suoi racconti si vedano: Felicità perduta, Livorno: Belforte 1901; Gente oscura, Torino-Roma: Roux & Viarengo 1903; Fratelli minori, Firenze: Bemporad 1921. Si considerino anche i libri per l’infanzia: Topinino. Storia di un bambino, Torino: Casa Editrice Nazionale, 1905; Topinino garzone di bottega, Firenze: Bemporad 1910.
Per gli epistolari: Carlo, Nello e Amelia Rosselli, Epistolario familiare (1914-1937), a cura di Z. Ciufoletti, II ed., Milano: Milano: Mondadori 1997; M. Calloni e L. Cedroni (a cura di), Politica e affetti familiari. Lettere dei Rosselli ai Ferrero (1917-1943), Milano: Feltrinelli 1997; Carlo Rosselli, Dall’esilio. Lettere alla moglie 1929-1937, a cura di C. Casucci, Firenze: Passigli 1997. Non da ultimo si veda la sua (auto)biografia: Amelia Rosselli, Memorie, a cura di M.Calloni, Bologna: il Mulino 2001.


fonte: http://www.dialogare.ch/Dialo_Vocabo_testi/D_Stor07.htm


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DA NON PERDERE
Su History Channel un documentario a 70 dall'omicidio

Quando Ciano fece uccidere i Rosselli

I fratelli Rosselli, Carlo e Nello, furono uccisi in Francia settant'anni fa da un'organizzazione di estrema destra, su mandato del regime fascista italiano. Fu un'omicidio che scosse l'Europa, centocinquantamila persone accompagnarono i feretri fino al Père Lachaise.

Venerdì prossimo, 8 giugno, alle 21, History Channel propone il documentario girato per questa ricorrenza: Il caso Rosselli, un delitto di regime, diretto da Stella Savino e scritto da Vania Del Borgo per DocLab.

L'accurata ricostruzione tralascia nulla: la formazione dei due intellettuali, il Socialismo liberale (avversato dal fascismo ma anche dai comunisti), l'esilio in Francia, l'omicidio compiuto da La Cagoule, famigerata organizzazione fascista.
La squadraccia francese esegue, Mussolini incolpa i comunisti, ma il mandante è Galeazzo Ciano, come dimostreranno le indagini. Tutto viene ricostruito nei dettagli, compreso un episodio della vita dell'allora giovanissimo
François Mitterrand, all'epoca tutt'altro che socialista, ma amico invece di uno degli assassini, che avrebbe non solo visitato in carcere più volte ma di cui avrebbe favorito anche la fuga in Sudamerica.

http://www.historychannel.it/

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vedi anche: http://www.fondazionerosselli.it/



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