15/10/2007 13:44
L’inviato Onu ha iniziato dalla Thailandia un nuovo tour asiatico, cercando sostegno contro la giunta. Nei giorni scorsi altri arresti e notizie di torture.
L’inviato Onu ha iniziato dalla Thailandia un nuovo tour asiatico, cercando sostegno contro la giunta. Nei giorni scorsi altri arresti e notizie di torture.
I democratici birmani commentano con delusione l’immobilismo mondiale. L’Ue adotta nuove sanzioni con valore soprattutto simbolico.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Dalla Thailandia l’inviato speciale delle Nazioni Unite Ibrahim Gambari definisce “estremamente inquietanti” le notizie degli arresti di leader studenteschi e democratici effettuati dalla giunta nel fine settimana. Ma la popolazione si sente sempre più sola e disperata, constatando il sostanziale immobilismo della diplomazia mondiale.
Gambari visiterà Thailandia, India, Cina, Malaysia, Indonesia e Giappone cercando sostegno contro la giunta, il cui commercio è per il 90% con questi e altri Paesi della regione ed è proseguito, indifferente alla repressione di queste settimane.
Il 12 ottobre il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha infine detto che “deplora con forza” la repressione in corso e ha chiesto alla giunta “un dialogo” con l’opposizione democratica. Ma il leader Thant Shin è comparso alla tv di Stato e ha liquidato la dichiarazione rispondendo che il Paese deve seguire la propria strada per una lenta riforma democratica, da tempo indicata delineata ma con scadenze mai precisate. Ha persino espresso “profondo rammarico che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu abbia rilasciato una dichiarazione contraria ai desideri della popolazione”.
Intanto popolazione e dissidenti esprimono “delusione”. “Cina e Russia – commenta Han Thar Myint, portavoce della Lega nazionale per la democrazia, principale partito d’opposizione - hanno impedito una risoluzione più vincolante per il Myanmar”, mentre proseguono “arresti, detenzioni e torture” dei dimostranti non violenti.
Dalla Thailandia, Aung Htoo del Consiglio dei legali birmani osserva che la giunta ha commesso “crimini contro la popolazione” e che l’Onu “deve adottare azioni concrete verso il Myanmar, se vuole davvero aiutare la popolazione”. Più duro Soe Tun, leader del gruppo Studenti generazione 88, che commenta che la dichiarazione Onu non offre alla popolazione “alcuna protezione legale” contro la violenza dei militari e la gente ha sempre più paura, mentre “dissidenti e monaci sono torturati in carcere e nemmeno la Croce Rossa può visitarli”. Si parla di “violenze sessuali” dei soldati contro le donne arrestate.
Intanto oggi i ministri degli Esteri dell’Unione Europea discutono sanzioni più dure verso la giunta: si attende un divieto di importazioni di metalli, gemme e legno e una dichiarazione di sostegno a Gambari. L’Ue già ha vietato i viaggi e congelato le attività finanziarie verso il Paese. Non sarà vietato però alla compagnia petrolifera francese Total di sfruttare il gas del Paese.
fonte: http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=10560&size=A
...
India, Cina e Asean, gli “amici” del regime birmano
27/09/2007
I crescenti scambi commerciali coi Paesi confinanti, rendono improbabili le sanzioni contro le violenze della giunta birmana. Thailandia, India e Cina, interessati alle riserve di gas naturale, preferiscono generiche esortazioni ad abbassare i toni, per mantenere “la stabilità” della dittatura e del loro traffico.
Roma (AsiaNews) – Mentre l’Onu, gli Usa, l’Unione Europea si affannano a trovare mezzi per fermare l’escalation di violenza nel Myanmar, i Paesi confinanti sono solo preoccupati che i loro rapporti economici con il regime non subiscano troppe scosse. La Cina ha chiesto oggi alle due “parti” , l’esercito e la folla, di abbassare i toni ed evitare di compiere gesti che possono mettere in crisi “la stabilità e il progresso” del Myanmar.
La preoccupazione per la “stabilità”, unico elemento che garantisca “il progresso” economico e gli scambi, è alla base anche degli interventi dell’Asean (Associazione dei Paesi del sud est asiatico) e dell’India.
Da 10 anni il Myanmar è parte dell’Asean, e questo ha permesso alla dittatura di aprire il suo Paese al turismo e al commercio, ricevendo in cambio un trattamento molto tollerante. L’Asean infatti ha sempre preferito un atteggiamento di “non interferenza” negli affari interni dei membri e nel caso del Myanmar ha addirittura coniato l’espressione “impegno costruttivo”. Questo ha permesso ai Paesi membri dell’Asean di mettere mano alle risorse forestali e al gas naturale, di cui è ricco il Myanmar. In cambio, i Paesi dell’Asean hanno revocato ogni appoggio e ospitalità alle ribellioni etniche contro la giunta. La Thailandia in particolare, grazie alla sua tolleranza verso la giunta e l’intolleranza verso i ribelli, ha un volume di affari ai confini col Myanmar pari a 104, 3 miliardi di bath (circa 2,3 miliardi di euro). Il commercio, cresciuto del 5% dallo scorso anno, vede la Thailandia esportare benzina, attrezzature per la pesca, motocicli, materiale da costruzione in cambio di gas naturale.
Le grandi riserve di gas naturale (circa 2500 miliardi di metri cubi), pari all’1,4% delle riserve mondiali, rendono appetibile la compagnia della giunta, al di là della sanguinosa immagine internazionale. Il Paese, oltretutto, manca di capitali e di infrastrutture per l’estrazione e la diffusione. Questo è il motivo fondamentale per cui l’India continua a mantenere uno stretto rapporto con il governo del Myanmar, fin dagli anni ’90, quando la giunta ha soppresso le elezioni vinte dalla leader democratica Aung San Suu Kyi. A tutt’oggi l’India invia tecnici, ingegneri, esperti e ha perfino il 30% delle azioni in diverse pattaforme di estrazione off-shore.
New Delhi progetta da tempo un gasdotto di 950 chilometri attraverso il Bangladesh, ma finora le difficoltà esistenti con Dhaka hanno convinto Yangon a vendere il gas alla Cina. La spesa prevista per il gasdotto è di 1 miliardo di dollari.
Proprio mentre questa settimana andava rafforzandosi la protesta dei monaci e dei civili a Yangon, Murli Deora, ministro indiano del petrolio, ha visitato la ex capitale e la nuova, Naypydaw, per discutere con la giunta militare nuove occasioni di cooperazione e firmare nuovi contratti di esplorazione in mare.
L’India, conosciuta come la più grande democrazia al mondo, ha subito le critiche di molti attivisti anche a Delhi che chiedevano a Murli Deora di sostenere “non il petrolio, ma la democrazia”.
Per accattivarsi la giunta – e per cercare di far concorrenza alla Cina, anch’essa affamata di energia, anch’essa in buonissimi rapporti con la dittatura militare – l’India offre al Myanmar anche armamenti anti-guerriglia.
Un diplomatico indiano, interrogato ieri sulle vie per influenzare la giunta a non compiere un massacro contro la popolazione, ha dichiarato: “Non possiamo interferire negli affari interni del Paese… E poi, ci sono anche nostri interessi nazionali in gioco”.
fonte: http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=10418&geo=&theme=&size=A
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Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Dalla Thailandia l’inviato speciale delle Nazioni Unite Ibrahim Gambari definisce “estremamente inquietanti” le notizie degli arresti di leader studenteschi e democratici effettuati dalla giunta nel fine settimana. Ma la popolazione si sente sempre più sola e disperata, constatando il sostanziale immobilismo della diplomazia mondiale.
Gambari visiterà Thailandia, India, Cina, Malaysia, Indonesia e Giappone cercando sostegno contro la giunta, il cui commercio è per il 90% con questi e altri Paesi della regione ed è proseguito, indifferente alla repressione di queste settimane.
Il 12 ottobre il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha infine detto che “deplora con forza” la repressione in corso e ha chiesto alla giunta “un dialogo” con l’opposizione democratica. Ma il leader Thant Shin è comparso alla tv di Stato e ha liquidato la dichiarazione rispondendo che il Paese deve seguire la propria strada per una lenta riforma democratica, da tempo indicata delineata ma con scadenze mai precisate. Ha persino espresso “profondo rammarico che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu abbia rilasciato una dichiarazione contraria ai desideri della popolazione”.
Intanto popolazione e dissidenti esprimono “delusione”. “Cina e Russia – commenta Han Thar Myint, portavoce della Lega nazionale per la democrazia, principale partito d’opposizione - hanno impedito una risoluzione più vincolante per il Myanmar”, mentre proseguono “arresti, detenzioni e torture” dei dimostranti non violenti.
Dalla Thailandia, Aung Htoo del Consiglio dei legali birmani osserva che la giunta ha commesso “crimini contro la popolazione” e che l’Onu “deve adottare azioni concrete verso il Myanmar, se vuole davvero aiutare la popolazione”. Più duro Soe Tun, leader del gruppo Studenti generazione 88, che commenta che la dichiarazione Onu non offre alla popolazione “alcuna protezione legale” contro la violenza dei militari e la gente ha sempre più paura, mentre “dissidenti e monaci sono torturati in carcere e nemmeno la Croce Rossa può visitarli”. Si parla di “violenze sessuali” dei soldati contro le donne arrestate.
Intanto oggi i ministri degli Esteri dell’Unione Europea discutono sanzioni più dure verso la giunta: si attende un divieto di importazioni di metalli, gemme e legno e una dichiarazione di sostegno a Gambari. L’Ue già ha vietato i viaggi e congelato le attività finanziarie verso il Paese. Non sarà vietato però alla compagnia petrolifera francese Total di sfruttare il gas del Paese.
fonte: http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=10560&size=A
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India, Cina e Asean, gli “amici” del regime birmano
27/09/2007
I crescenti scambi commerciali coi Paesi confinanti, rendono improbabili le sanzioni contro le violenze della giunta birmana. Thailandia, India e Cina, interessati alle riserve di gas naturale, preferiscono generiche esortazioni ad abbassare i toni, per mantenere “la stabilità” della dittatura e del loro traffico.
Roma (AsiaNews) – Mentre l’Onu, gli Usa, l’Unione Europea si affannano a trovare mezzi per fermare l’escalation di violenza nel Myanmar, i Paesi confinanti sono solo preoccupati che i loro rapporti economici con il regime non subiscano troppe scosse. La Cina ha chiesto oggi alle due “parti” , l’esercito e la folla, di abbassare i toni ed evitare di compiere gesti che possono mettere in crisi “la stabilità e il progresso” del Myanmar.
La preoccupazione per la “stabilità”, unico elemento che garantisca “il progresso” economico e gli scambi, è alla base anche degli interventi dell’Asean (Associazione dei Paesi del sud est asiatico) e dell’India.
Da 10 anni il Myanmar è parte dell’Asean, e questo ha permesso alla dittatura di aprire il suo Paese al turismo e al commercio, ricevendo in cambio un trattamento molto tollerante. L’Asean infatti ha sempre preferito un atteggiamento di “non interferenza” negli affari interni dei membri e nel caso del Myanmar ha addirittura coniato l’espressione “impegno costruttivo”. Questo ha permesso ai Paesi membri dell’Asean di mettere mano alle risorse forestali e al gas naturale, di cui è ricco il Myanmar. In cambio, i Paesi dell’Asean hanno revocato ogni appoggio e ospitalità alle ribellioni etniche contro la giunta. La Thailandia in particolare, grazie alla sua tolleranza verso la giunta e l’intolleranza verso i ribelli, ha un volume di affari ai confini col Myanmar pari a 104, 3 miliardi di bath (circa 2,3 miliardi di euro). Il commercio, cresciuto del 5% dallo scorso anno, vede la Thailandia esportare benzina, attrezzature per la pesca, motocicli, materiale da costruzione in cambio di gas naturale.
Le grandi riserve di gas naturale (circa 2500 miliardi di metri cubi), pari all’1,4% delle riserve mondiali, rendono appetibile la compagnia della giunta, al di là della sanguinosa immagine internazionale. Il Paese, oltretutto, manca di capitali e di infrastrutture per l’estrazione e la diffusione. Questo è il motivo fondamentale per cui l’India continua a mantenere uno stretto rapporto con il governo del Myanmar, fin dagli anni ’90, quando la giunta ha soppresso le elezioni vinte dalla leader democratica Aung San Suu Kyi. A tutt’oggi l’India invia tecnici, ingegneri, esperti e ha perfino il 30% delle azioni in diverse pattaforme di estrazione off-shore.
New Delhi progetta da tempo un gasdotto di 950 chilometri attraverso il Bangladesh, ma finora le difficoltà esistenti con Dhaka hanno convinto Yangon a vendere il gas alla Cina. La spesa prevista per il gasdotto è di 1 miliardo di dollari.
Proprio mentre questa settimana andava rafforzandosi la protesta dei monaci e dei civili a Yangon, Murli Deora, ministro indiano del petrolio, ha visitato la ex capitale e la nuova, Naypydaw, per discutere con la giunta militare nuove occasioni di cooperazione e firmare nuovi contratti di esplorazione in mare.
L’India, conosciuta come la più grande democrazia al mondo, ha subito le critiche di molti attivisti anche a Delhi che chiedevano a Murli Deora di sostenere “non il petrolio, ma la democrazia”.
Per accattivarsi la giunta – e per cercare di far concorrenza alla Cina, anch’essa affamata di energia, anch’essa in buonissimi rapporti con la dittatura militare – l’India offre al Myanmar anche armamenti anti-guerriglia.
Un diplomatico indiano, interrogato ieri sulle vie per influenzare la giunta a non compiere un massacro contro la popolazione, ha dichiarato: “Non possiamo interferire negli affari interni del Paese… E poi, ci sono anche nostri interessi nazionali in gioco”.
fonte: http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=10418&geo=&theme=&size=A
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1 commento:
"Non sarà vietato però alla compagnia petrolifera francese Total di sfruttare il gas del Paese".
Il problema sta tutto in questa frase...
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