PKK - photo: Mustafa Ozer
Talabani: tregua
«Non abbiamo bisogno del permesso di nessuno»: mostra i muscoli il premier turco Erdogan tornando a minacciare un intervento armato oltreconfine contro le basi del Pkk nel Kurdistan iracheno. Erdogan accusa il governo iracheno di proteggere i ribelli e addirittura gli Usa di armarli. Così lunedì dalle colonne del Times di Londra il premier Recep Tayyip Erdogan torna a minacciare un'invasione.
Brucia l'agguato in cui domenica 17 soldati turchi sono stati uccisi dai guerriglieri curdi. E la prova di forza è pronta per essere innescata. Secondo l'agenzia Associated Press una cinquantina di veicoli, carichi di soldati e di armi, provenienti dalla città di Sirnak (sud-est dell'Anatolia) si sarebbero già messi in marcia verso Uludere, al confine iracheno. Ma potrebbe anche trattarsi di un'estrema forma di pressione affiché altri intervengano per liberare gli ostaggi.
Già, perchè nel corso dell'imboscata avvenuta alla fine della notte tra sabato e domenica, i miliziani fedeli a Ocalan che hanno assaltato una pattuglia turca nella regione montuosa sudorientale di Hakkari, al confine con Iraq e Iran, non solo hanno ucciso 17 soldati turchi ma hanno anche fatto otto prigionieri. «Dispersi», secondo quanto conferma l'esercito turco.
L'attacco, con armi pesanti, nei pressi del villaggio di Daglica, ha scatenato la reazione dei militari di Ankara e nei combattimenti almeno 32 guerriglieri del Pkk avrebbero trovato la morte. Ma Ankara non è affatto soddisfatta. Anche perché si intensificano le pressioni per una repressione più estesa. Domenica diverse manifestazioni anti-curde si sono svolte in varie città della Turchia. Anche lunedì a Istanbul alcune migliaia di manifestanti si sono riuniti nel quartiere di Kadikoy nella parte asiatica della città sul Bosforo, su appello del Partito Repubblicano del popolo (Chp, socialdemocratico) all'opposizione per gridare slogan contro il Pkk e invocare un intervento armato più deciso.
Erdogan pur minacciando l'attacco e accusando gli Usa, in realtà non sembra ancora disposto a farsi trascinare in una vera guerra con i curdi fuori dal territorio nazionale. Così l'ambasciatore di Turchia negli Usa, Nabi Sensoy, è rientrato domenica di gran corsa a Washington, da dove era stato richiamato dal governo di Ankara per consultazioni subito dopo l'approvazione in Commissione esteri del Congresso della mozione in cui si definiscono «genocidio» i massacri degli armeni del 1915-16. Mentre il ministro degli Esteri turco, Ali Babacan, è atteso domani - martedì - a Baghdad proprio per colloqui sulla spinosa questione delle basi dei ribelli separatisti.
Questione che nei giorni scorsi aveva fatto entrare in gioco Damasco in appoggio alla Turchia, facendo innervosire il presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani. Il presidente siriano Assad, la settimana scorsa, aveva affermato infatti che la Siria «appoggia le decisioni del governo turco per quanto riguarda la lotta al terrorismo». Dopo le proteste di Talabani, ora il ministro degli esteri iracheno Hoshiyar Zebari, citato lunedì dal quotidiano governativo siriano Tishrin, ha ringraziato «le autorità e il popolo della Siria per l'attenzione che dedica alla questione». Dopo un colloquio telefonico avvenuto domenica tra Zebari e il suo collega siriano Walid al-Muallim, quest'ultimo ha ribadito che bisogna «trovare una soluzione politica alla situazione sul confine turco-iracheno e mettere un limite alle attività terroristiche del Pkk in territorio turco». E ora su questa linea si cerca un'intesa per evitare l'invasione di truppe turche in territorio iracheno.
Anche la Giordania ora è preoccupata di un possibile escalation dello scontro sui curdi, un altro tassello che rischia di saltare nel complicato e tellurico puzzle mediorientale. Il portavoce del governo di Amman, Nasser Judeh, ha definito la Turchia un protagonista «importante» della scena politica regionale, ma «noi siamo preoccupati per la sicurezza, l'unità e l'integrità dell'Iraq». «Siamo molto preoccupati per quanto sta avvenendo nell'area - ha aggiunto - e invitiamo tutti ad astenersi dal ricorso alla violenza e a preferire il dialogo, per risolvere in modo pacifico questa crisi. Sebbene la Giordania sia attenta alla questione della sicurezza in Iraq, è altrettanto attenta alla sicurezza dei suoi Paesi vicini».
Intanto il presidente dell'Iraq, il curdo nordiracheno Jalal Talabani ha affermato di avere avuto assicurazioni dai dirigenti del Pkk che l'organizzazione separatista curda sospenderà le sue azioni armate da stasera. Lo ha affermato la rete tv turca Ntv.«Il Pkk sospenderà le sue azioni da stasera» - ha affermato Talabani, citato dalla Ntv.
Pubblicato il: 22.10.07
Modificato il: 22.10.07 alle ore 18.46
fonte: http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=69931
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Talabani: tregua
«Non abbiamo bisogno del permesso di nessuno»: mostra i muscoli il premier turco Erdogan tornando a minacciare un intervento armato oltreconfine contro le basi del Pkk nel Kurdistan iracheno. Erdogan accusa il governo iracheno di proteggere i ribelli e addirittura gli Usa di armarli. Così lunedì dalle colonne del Times di Londra il premier Recep Tayyip Erdogan torna a minacciare un'invasione.
Brucia l'agguato in cui domenica 17 soldati turchi sono stati uccisi dai guerriglieri curdi. E la prova di forza è pronta per essere innescata. Secondo l'agenzia Associated Press una cinquantina di veicoli, carichi di soldati e di armi, provenienti dalla città di Sirnak (sud-est dell'Anatolia) si sarebbero già messi in marcia verso Uludere, al confine iracheno. Ma potrebbe anche trattarsi di un'estrema forma di pressione affiché altri intervengano per liberare gli ostaggi.
Già, perchè nel corso dell'imboscata avvenuta alla fine della notte tra sabato e domenica, i miliziani fedeli a Ocalan che hanno assaltato una pattuglia turca nella regione montuosa sudorientale di Hakkari, al confine con Iraq e Iran, non solo hanno ucciso 17 soldati turchi ma hanno anche fatto otto prigionieri. «Dispersi», secondo quanto conferma l'esercito turco.
L'attacco, con armi pesanti, nei pressi del villaggio di Daglica, ha scatenato la reazione dei militari di Ankara e nei combattimenti almeno 32 guerriglieri del Pkk avrebbero trovato la morte. Ma Ankara non è affatto soddisfatta. Anche perché si intensificano le pressioni per una repressione più estesa. Domenica diverse manifestazioni anti-curde si sono svolte in varie città della Turchia. Anche lunedì a Istanbul alcune migliaia di manifestanti si sono riuniti nel quartiere di Kadikoy nella parte asiatica della città sul Bosforo, su appello del Partito Repubblicano del popolo (Chp, socialdemocratico) all'opposizione per gridare slogan contro il Pkk e invocare un intervento armato più deciso.
Erdogan pur minacciando l'attacco e accusando gli Usa, in realtà non sembra ancora disposto a farsi trascinare in una vera guerra con i curdi fuori dal territorio nazionale. Così l'ambasciatore di Turchia negli Usa, Nabi Sensoy, è rientrato domenica di gran corsa a Washington, da dove era stato richiamato dal governo di Ankara per consultazioni subito dopo l'approvazione in Commissione esteri del Congresso della mozione in cui si definiscono «genocidio» i massacri degli armeni del 1915-16. Mentre il ministro degli Esteri turco, Ali Babacan, è atteso domani - martedì - a Baghdad proprio per colloqui sulla spinosa questione delle basi dei ribelli separatisti.
Questione che nei giorni scorsi aveva fatto entrare in gioco Damasco in appoggio alla Turchia, facendo innervosire il presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani. Il presidente siriano Assad, la settimana scorsa, aveva affermato infatti che la Siria «appoggia le decisioni del governo turco per quanto riguarda la lotta al terrorismo». Dopo le proteste di Talabani, ora il ministro degli esteri iracheno Hoshiyar Zebari, citato lunedì dal quotidiano governativo siriano Tishrin, ha ringraziato «le autorità e il popolo della Siria per l'attenzione che dedica alla questione». Dopo un colloquio telefonico avvenuto domenica tra Zebari e il suo collega siriano Walid al-Muallim, quest'ultimo ha ribadito che bisogna «trovare una soluzione politica alla situazione sul confine turco-iracheno e mettere un limite alle attività terroristiche del Pkk in territorio turco». E ora su questa linea si cerca un'intesa per evitare l'invasione di truppe turche in territorio iracheno.
Anche la Giordania ora è preoccupata di un possibile escalation dello scontro sui curdi, un altro tassello che rischia di saltare nel complicato e tellurico puzzle mediorientale. Il portavoce del governo di Amman, Nasser Judeh, ha definito la Turchia un protagonista «importante» della scena politica regionale, ma «noi siamo preoccupati per la sicurezza, l'unità e l'integrità dell'Iraq». «Siamo molto preoccupati per quanto sta avvenendo nell'area - ha aggiunto - e invitiamo tutti ad astenersi dal ricorso alla violenza e a preferire il dialogo, per risolvere in modo pacifico questa crisi. Sebbene la Giordania sia attenta alla questione della sicurezza in Iraq, è altrettanto attenta alla sicurezza dei suoi Paesi vicini».
Intanto il presidente dell'Iraq, il curdo nordiracheno Jalal Talabani ha affermato di avere avuto assicurazioni dai dirigenti del Pkk che l'organizzazione separatista curda sospenderà le sue azioni armate da stasera. Lo ha affermato la rete tv turca Ntv.«Il Pkk sospenderà le sue azioni da stasera» - ha affermato Talabani, citato dalla Ntv.
Pubblicato il: 22.10.07
Modificato il: 22.10.07 alle ore 18.46
fonte: http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=69931
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8 commenti:
Nooo! Un'altra volta contro sti curdi! Ma poverini qual'è la loro colpa? Quella di vivere al confine o cosa??
Forse la loro colpa più grossa è di vivere sul petrolio che fa gola a tutti i vicini... ma ovviamente questa è solo la mia opinione...
Concordo con l'opinione di Elena.
Per gli USA i curdi sono patrioti o terroristi?
Nooo! Ho appena sentito al TG che U.S.A. e Turchia attaccheranno il Pkk curdo!!
Mi viene un gran voglia di....
Ma non erano tutti a favore dei curdi quando era Saddam ad ucciderli con i gas?
Non ci capisco più niente!
E' spuntato pure l'amico di Bush (Bin Laden) con un proclama contro gli U.S.A. (è ovvio a questo punto che Bin Laden viene strumentalizzato dagli U.s.a. perchè appare ogni volta che, in qualità di "grande" terrorista, non dovrebbe apparire).
Porca p......!!!!!
Uomini imbecilli che non si arrabbiano davanti a queste cose!
Aiutiamo i curdi!
Ele, Franca, organizzamoci e andiamo sul posto come barriere umane!
Leggete questo "coppia-incolla" e ditemi chi ha interesse o intenzione alkla creazione di uno stato curdo:
http://italy2.peacelink.org/conflitti/articles/art_14329.html
"Per Kurdistan si intende un'area vasta circa 450.000kmq, abitata dalla popolazione di etnia curda, ma divisa tra Turchia, Iraq ,Siria ed Iran. La maggior parte del Kurdistan è situata all'interno dei confini turchi per un'area di circa 230.000kmq (30% del territorio turco).
È un territorio strategicamente rilevante per la ricchezza di petrolio e le risorse idriche, ma si trova in una situazione di sottosviluppo a causa dell'assenza di un'unità politico-amministrativa. Il 75% del petrolio iracheno proviene dal Kurdistan, gli unici giacimenti della Turchia ed i più importanti della Siria si trovano in Kurdistan, anche nella zona di Kermanshah, territorio iraniano ma abitato da curdi, si produce petrolio."
A prescindere dagli USA, vi sono Siria, Iraq e Turchia molto più interessati a mantenero lo "status quo".
Mat
Certo Mat, purtroppo questo è accaduto anche con la questione palestinese, dove certe nazioni arabe (tra cui l'Egitto), non vollero "prendersi" i profughi dopo la guerra dei sei giorni contro Israele.
Da allora il popolo palestinese viene strumentalizzato da queste nazioni arabe contro Israele, che preferiscono lo status quo per poter colpire la nazione da loro odiata, sia a livello di immagine politica che a livello militare.
Tant'è che Israele fa sempre la figura dello stato feroce e pseudo-fascista.
Edgar convinci tu, se ci riesci, certi tipini a pensare che tutto il male non è solo mady in USA :-)
Mat
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