ROMA (21 ottobre) - I figli guadagnano meno dei padri. Cominciano con uno stipendio più basso ma non hanno poi modo, andando avanti con gli anni, di recuperare con aumenti di salario. Nel 2002 gli stipendi d'ingresso sono così tornati a vent'anni prima, diminuendo del 35%. Il quadro sulla situazione dei salari emerge da uno studio della Banca d'Italia, dal titolo "Il divario generazionale: un'analisi dei salari relativi ai lavoratori giovani e vecchi d'Italia". Un'analisi che rende giustizia a quei giovani che, definiti "bamboccioni" dal ministro dell'Economia, con una battuta ritenuta dai i più infelice, spiegherebbe il perché i ragazzi non ce la fanno economicamente a staccarsi dalla famiglia d'origine.
«Il salario dei lavoratori dipendenti più giovani si è ridotto negli anni Novanta rispetto a quello dei lavoratori più anziani. In particolare, il calo del salario d'ingresso non è stato controbilanciato da una carriera e, quindi, una crescita delle retribuzioni più rapida. La perdita di reddito nel confronto con le generazioni precedenti risulta dunque in larga parte permanente», sottolinea lo studio, osservando come «in un quadro di moderazione salariale», come quello degli ultimi anni, sembra che «l'aggiustamento delle retribuzioni sia stato asimmetrico e abbia penalizzato maggiormente le prospettive dei lavoratori neoassunti rispetto a quelle dei lavoratori impiegati».
Alla fine degli anni Ottanta le retribuzioni nette medie mensili degli uomini fra i 19 e i 30 anni «erano del 20% più basse di quelle degli uomini fra i 31 e i 60 anni. Nel 2004 la differenza era quasi raddoppiata in termini relativi, salendo al 35%», osserva lo studio, mettendo in evidenza che un andamento simile è osservato anche per le retribuzioni orarie, «che non risentono della crescente diffusione del lavoro part-time, ed è riscontrabile a tutti i livelli di istruzione». La dinamica del differenziale generazionale - prosegue lo studio - riflette il «declino dei salari d'ingresso, presumibilmente connesso ai mutamenti della legislazione sul mercato del lavoro». Per favorire il calo del tasso di disoccupazione tra i giovani, infatti, negli anni passati è stato introdotto un nuovo tipo di contratto che ha consentito alle imprese di pagare meno i neoassunti, come «compensazione per gli obblighi di training» dei giovani.
Gli autori dello studio stimano che «nel decennio 1992-2002 il salario mensile iniziale sia diminuito di oltre l'11% per i giovani entrati sul mercato del lavoro fra i 21 e i 22 anni, presumibilmente diplomati (da 1.200 euro mensili a meno di 1.100 euro); il calo è dell'8% per i lavoratori fra i 25 e i 26 anni, potenzialmente laureati (da 1.300 a 1.200 euro mensili). per entrambe le classi di età, i salari d'ingresso, sono tornati nel 2002 ai livelli di 20 anni prima».
A rendere ancora più evidente il divario generazionale, anche in termini previdenziali oltre che di busta paga, sono poi intervenute le riforme delle pensioni. «I giovani lavoratori sembrano dover sopportare elevati contributi sociali e alte tasse, un rallentamento della crescita dei salari reali e una bassa copertura pensionistica, insieme a una carriera instabile. Questo è abbastanza - conclude lo studio - per giustificare crescenti preoccupazioni, anche in presenza di una crescita dell'occupazione».
fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=11523&sez=HOME_ECONOMIA
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«Il salario dei lavoratori dipendenti più giovani si è ridotto negli anni Novanta rispetto a quello dei lavoratori più anziani. In particolare, il calo del salario d'ingresso non è stato controbilanciato da una carriera e, quindi, una crescita delle retribuzioni più rapida. La perdita di reddito nel confronto con le generazioni precedenti risulta dunque in larga parte permanente», sottolinea lo studio, osservando come «in un quadro di moderazione salariale», come quello degli ultimi anni, sembra che «l'aggiustamento delle retribuzioni sia stato asimmetrico e abbia penalizzato maggiormente le prospettive dei lavoratori neoassunti rispetto a quelle dei lavoratori impiegati».
Alla fine degli anni Ottanta le retribuzioni nette medie mensili degli uomini fra i 19 e i 30 anni «erano del 20% più basse di quelle degli uomini fra i 31 e i 60 anni. Nel 2004 la differenza era quasi raddoppiata in termini relativi, salendo al 35%», osserva lo studio, mettendo in evidenza che un andamento simile è osservato anche per le retribuzioni orarie, «che non risentono della crescente diffusione del lavoro part-time, ed è riscontrabile a tutti i livelli di istruzione». La dinamica del differenziale generazionale - prosegue lo studio - riflette il «declino dei salari d'ingresso, presumibilmente connesso ai mutamenti della legislazione sul mercato del lavoro». Per favorire il calo del tasso di disoccupazione tra i giovani, infatti, negli anni passati è stato introdotto un nuovo tipo di contratto che ha consentito alle imprese di pagare meno i neoassunti, come «compensazione per gli obblighi di training» dei giovani.
Gli autori dello studio stimano che «nel decennio 1992-2002 il salario mensile iniziale sia diminuito di oltre l'11% per i giovani entrati sul mercato del lavoro fra i 21 e i 22 anni, presumibilmente diplomati (da 1.200 euro mensili a meno di 1.100 euro); il calo è dell'8% per i lavoratori fra i 25 e i 26 anni, potenzialmente laureati (da 1.300 a 1.200 euro mensili). per entrambe le classi di età, i salari d'ingresso, sono tornati nel 2002 ai livelli di 20 anni prima».
A rendere ancora più evidente il divario generazionale, anche in termini previdenziali oltre che di busta paga, sono poi intervenute le riforme delle pensioni. «I giovani lavoratori sembrano dover sopportare elevati contributi sociali e alte tasse, un rallentamento della crescita dei salari reali e una bassa copertura pensionistica, insieme a una carriera instabile. Questo è abbastanza - conclude lo studio - per giustificare crescenti preoccupazioni, anche in presenza di una crescita dell'occupazione».
fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=11523&sez=HOME_ECONOMIA
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13 commenti:
Pensa come saranno le pensioni!
Franca, Franca, le pensioni??
Chi le sta a pensare!
Sai che i giovani (e comunque anche i precari meno giovani) stanno pensando a cose più urgenti.
Precario: "La pensione? Per ora faccio bene a non pensarci" - ti risponderebbe.
Non precario: "Perchè? Sei giovane... devi pensarci ora!"
Precario: "Vabbè allora vuoi che uccida qualcuno subito.... meglio che stai zitto".
;)
Non so se ho reso l'idea :) e :(
Ricordatevi che se volete vedere, di esempi quotidiani di sopravvivenza o "vivacchiamenti" vari ce ne sono a bizzeffe intorno a noi... se li vogliamo vedere.
Ciao.
Giusto Edgar, prima bisogna togliersi dalla...... cacca.
Troverei stimolante diffondere sui blog tutti i politici e manager che hanno pensioni d'oro o multiple. Iniziando dagli ex presidenti della repubblica.
Mat
Perchè per Elena i comunisti sono solo quelli "buoni"?
E lei è "buona".
Mat
Togliere ai ricchi per dare ai precari:
http://www.pmli.it/liquidazionitrombati.htm
http://www.mclink.it/assoc/malcolm/economia/italia/pensionidoro.htm
http://liberopensiero.blogosfere.it/2006/01/politici-le-pen.html
Mat
Mat, non credo di aver capito bene la domanda... (così siamo pari!)
Ti rispondo così, sperando di soddisfarti... ma son sempre pronta a chiarimenti, ove necessario.
Per me è logico che i comunisti sono sempre buoni. Perché i comunisti "cattivi" non mi servono. E poi, siccome cerco (CERCO!) di giudicare le persone da quello che dicono più che da quello che fanno (si fa alla svelta a dire "son pacifista", mentre poi magari ammazzi di botte i figli per la minima scemenza - ma è solo un esempio), i comunisti per me sono quelli che hanno un'etica altissima e che la mettono in pratica. Questo ovviamente non vuol dire che non mi renda conto che esistono figuri, nel presente come nel passato, che si dicono/dicevano comunisti pur essendo solo laidi e biechi. Ma quelli per me non sono comunisti. Semplice, no?
Quanto a me, mi sembrava di averlo già detto: io non sono buona, con o senza virgolette. Mi limito a cercare di fare del mio meglio - anche se a volte non ci riesco.
Suerte.
Concordo con te Ele (anche perchè un pò di vantaggio su Mat, per quanto ti concerne, credo di avercelo ;) )
Per il fatto che dici di essere cattiva, non l'ho mai capito fino in fondo.
Desumo che intendi "rompiballe" o "casinista".... insomma una persona cattiva non apre e gestisce un blog parlando a favore dei precari, delle nazioni oppresse, delle minoranze non ascoltate, ecc. ec..
Quindi deduco che sei buona dentro (tiè!).
:)
E cosa ho detto io?
Solo che elena è buona, ma lo sarebbe di sicuro anche se fosse cattolica o democristiana o socialista.... o no?? :-)))
Perchè per Elena comunista debba essere sinonimo di buono, leale, solidale, ecc.. Mi sembra troppo!
Mat
OPS! Ho sbagliato tutto... Freud potrebbe avere qualcosa da dire in proposito... ho scritto "cerco (CERCO!) di giudicare le persone da quello che dicono più che da quello che fanno" mentre intendevo esattamente il contrario... Com'è che vi è sfuggito??? :)
Comunque: tra le (poche, hahaha!) doti che non ho c'è la modestia. Sono egocentrica e megalomane, sia nei pregi che nei difetti. Quindi potete fidarvi. Da giovane ho sconvolto più di un professore di religione con le mie belle trovate... tipo quando affermavo convinta - cosa che del resto sono tuttora - che il mio motore è l'egoismo. O, se preferite (che tanto non cambia) l'autogratificazione. Non è che quando andavo a tenere compagnia alle anziane ospiti del più famoso (per tanti motivi) ospizio milanese lo facessi perché ero buona. Semplicemente, questo gratificava il mio io. Forse perchè non riesco a pensare che uno se ne possa stare bello tranquillo a godersi i frutti (parlo di allora, ma tutto sommato anche di adesso) delle fatiche altrui mentre altri non hanno nemmeno un cane che gli legga un giornale o gli regali un pacchetto di caramelle... e non mi sembra di dire cose così sagge. Ma ripeto, il fatto di fare qualcosa "di buono" va a vantaggio mio... e del mio ego smisurato. E siccome già Machiavelli l'aveva detto, che il fine giustifica i mezzi, ed il fine non mi sembra neppure così malvagio, contenti tutti. Poi ho incontrato Kropotkin (fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te nelle stesse circostanze, più o meno) e... il cerchio s'è quadrato.
Ma intendiamoci: questa è la MIA versione del mondo... se fossi cattolica non so se direi che sono buona: bisogna vedere se prevarrebbe la parte modesta o la parte diciamo savoranolesca - nel senso di "missionaria" - mentre se fossi democristiana credo non avrei dubbi: penserei di essere la bontà personificata e... mi ritroverei all'inferno. Dopo però!
Se fossi socialista (ma in fondo, che differenza sostanziale c'è con i comunisti, o pure con gli anarchici, cui mi sento di assomigliare maggiormente?) penso sarei come sono. Sono sempre le parole a dividere... e gli atti scellerati di qualcuno.
E adesso piantatela tutti. Odio arrossire e oltretutto non ho nessuna intenzione di diventare santa... già ce n'è una con il mio nome e detesto arrivare seconda... :)
Ok la pianto.... bugia! :)
...forse forse il tuo non è tanto egocentrismo o cieca autogratificazione, ma forse... è più semplicemente: determinazione.
Bye.
P.S.: l'autogratificazione la cerchiamo un pò tutti e non è un'atto vergognoso.
Elena se scrivi un altro commento come questo ti querelo per diffamazione e mobbing :-)
Io non ho nessuno dei tuoi "difetti"
Mat
Mat, perché diffamazione e mobbing? Non mi sembra di aver detto che tutti mi devono assomigliare... anche perché a volte non mi sopporto da sola.
Comunque: non ti conosco così bene da poter appoggiare la tua affermazione sul non avere alcuno dei miei "difetti". Ma, anche fosse, sicuramente ne avrai altri... e non necessariamente "peggiori" dei miei. La bellezza del mondo sta anche (o forse proprio) nelle diversità che ci sono. Non trovi?
PS x Mat: se proprio vuoi denunciarmi, vai sul sicuro: considerata la mia veneranda età, con il millantato credito non temi di essere smentito!!! :)
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