"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

martedì 2 ottobre 2007

Birmania, prime crepe nel regime

Il ministro U Nyan Win

Rimosso un generale

Dopo tre giorni di anticamera l'inviato speciale delle Nazioni Unite nel Myanmar, il nigeriano Ibrahim Gambari, è stato alla fine ricevuto dal capo della giunta militare al potere nell'ex Birmania, il generale Than Shwe. A riferire dell'incontro, avvenuto martedì mattina nella capitale ufficiale del paese - Naypyidaw - è una fonte ufficiale ma anonima del ministero per l'Informazione.

Il colloquio si sarebbe dovuto concludere intorno alle 7 del mattino italiane, ma le fonti non sono state in grado di precisare se esso sia effettivamente terminato a quell'ora. Nessun dettaglio sui contenuti della discussione è stato reso noto. Gambari, che è anche lui un militare - un generale a riposo già ministro degli Esteri nigeriano - ha il delicato compito di manifestare alla giunta l'indignazione della comunità internazionale, indicendola ad accettare una soluzione negoziata per la sanguinosa crisi in cui è precipitato il Myanmar, ufficialmente costata almeno sedici morti e circa seimila arresti in cinque mesi di manifestazioni popolari represse dalla polizia e dall'esercito.

Domenica Gambari aveva potuto parlare per un'ora con la leader dell'opposizione, Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace e leader dell'opposizione che la giunta ha messo agli arresti domiciliari dal 2003: una condizione in cui è stata costretta a vivere per ben dodici degli ultimi diciotto anni. Stando a indiscrezioni filtrate negli ambienti della dissidenza, prima di lasciare l'ex Birmania l'emissario dell'Onu potrebbe rivedere una seconda volta San Suu Kyi e forse altri dirigenti del suo partito: la Lega Nazionale per la Democrazia. Facendo a tutti gli effetti da intermediario.

Aung San Suu Kyi fu arrestata dopo aver vinto le elezioni nel 1990, rimessa in libertà nel 1995, nuovamente arrestata nel 2000, liberata nel 2002, e nuovamente arrestata nel 2003. Dal 2006 è tornata a casa dopo una malattia trascorsa in carcere e vive agli arresti domiciliari avendo scelto di non accettare l'esilio per rimanere vicina al suo popolo.

Il ministro degli affari esteri della Birmania ha accusato ieri «attori interni e esterni» di tentare di impedire la transizione del paese verso un sistema democratico e ha difeso la repressione dei manifestanti «indisciplinati e provocatori», necessaria secondo lui per ristabilire l'ordine. «La normalità è di ritorno in Birmania» ha dichiarato U Nyan Win (nella foto) nella riunione ministeriale dell'assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Senza citarli esplicitamente il ministro generale ha puntato il dito contro gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e altri paesi occidentali accusando i «neocolonialisti» di condurre una campagna contro il regime birmano imponendo sanzioni economiche e diffondendo false informazioni su abusi dei diritti dell'uomo.

Per reprimere le manifestazioni di massa del 1988 la giunta militare non esitò a sparare sulla folla provocando un massacro spaventoso: tremila morti.

Secondo i dissidenti esuli all'estero però ora il regime, dopo la protesta che questa volta ha portato in piazza 30mila monaci buddisti, trema. Gli oppositori dicono che i sindacati hanno convocato uno sciopero generale. E che nel frattempo la moglie e la figlia del generale Than Shwe leader della giunta militare birmana, hanno lasciato il Paese la scorsa settimana. La consorte, Kyaing Kyaing, è volata a Singapore, mentre la figlia Ma Shwe Aye e il marito, l'imprenditore Teza avrebbero cercato rifugio a Dubai. La notizia è stata diffusa dalla radio degli esuli birmani che ha sede in Norvegia, Democratic Voice of Burma, e riportata oggi dal Times di Londra.

Via i parenti e rimozione per il generale birmano responsabile della città di Rangoon, Hla Htay Win, congedato ieri perchè si suppone considerato «troppo moderato» con i manifestanti scesi in piazza nelle ultime settimane contro il governo. Il suo allontanamento alimenta le voci di una possibile spaccatura all'interno della giunta militare sulla gestione delle proteste popolari. Hla Htay Win è infatti legato al numero due della giunta militare, il generale Maung Aye, che secondo alcune voci circolate la scorsa settimana si sarebbe opposto all'uso della forza contro i manifestanti.


Pubblicato il: 02.10.07
Modificato il: 02.10.07 alle ore 10.57

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=69308

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