"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

lunedì 12 marzo 2007

GUARDIE E LADRI ALL’OMBRA DELLA MOLE


Cosa succede se la guardia che dovrebbe difendere, proteggere, tutelare i diritti di tutti finisce per essere un ladro? Cosa succede se, contemporaneamente, colui a cui il ruolo di ladro è stato assegnato da uno stereotipo becero quanto incivile si scopre vittima di un furto? Cosa succede se quattro poliziotti decidono di arrotondare lo stipendio derubando alcuni immigrati, sfruttando la propria divisa da ufficiali dello Stato per entrare nelle case di chi i soldi che guadagna li accumula per spedirli a famiglie lontane?

Cosa succede se costoro, approfittando della ricattabilità e della debolezza che contraddistingue l’immigrato post Bossi-Fini, si permettono anche il “lusso” di ammanettare le proprie vittime, così, tanto perché a volte è bello giocare fino in fondo al Giano bifronte, guardia e ladro contemporaneamente? Succedono tante cose, ma poche di quelle che ci si aspetterebbe accadessero in una società civile che, per potersi a ragione dire tale, dovrebbe attaccare, emarginare,comunque denunciare eventi del genere.

Ma andiamo con ordine. Venerdì, a Torino, quattro poliziotti (tre agenti e un assistente capo) non iniziano bene la loro giornata: vengono arrestati dai loro colleghi della squadra mobile. Le accuse che il procuratore aggiunto Francesco Saluzzo muove loro sono pesanti: rapina ai danni di alcuni immigrati della città. Quando finivano il loro turno, i quattro indossavano la loro divise, bussavano alle case delle loro vittime e si facevano aprire con la scusa di dover perquisire l’abitazione alla ricerca di droga, armi o refurtiva. Mandato di perquisizione, ovviamente, assente. Ma che problema c’è? Difficile che uno straniero sia a conoscenza delle garanzie che lo Stato gli offre. E anche nel caso dovesse fare qualche obiezione, cosa ci vuole a sventolare la minaccia dell’espulsione? Così i malcapitati finivano per vedersi portar via quello che avevano in casa, senza avere modo di difendersi.








Secondo gli investigatori, inoltre, sarebbe coinvolta una quinta persona. Era quest’ultima ad indicare ai poliziotti i soggetti più “adatti”, quelli che non avrebbero sporto denuncia, perché, probabilmente, più facilmente ricattabili. Eppure, nonostante le raffinate precauzioni messe in atto dai quattro, qualcuno - una coppia di stranieri - ha sporto denuncia, facendo così partire le indagini della Procura di Torino. La certezza di tutti, inizialmente, era che si trattasse di finti poliziotti, di ladri qualsiasi con addosso false divise e falsi tesserini. Poi, dai racconti, un dubbio si trasforma in certezza: non si tratta di ladri che giocano a fare le guardie, ma viceversa. Una certezza confermata non solo dal fatto che due degli indagati sono stati colti in flagranza di reato, ma anche dalle confessioni che alcuni di loro hanno fatto nelle ore successive all’arresto. Venerdì sera, in due stavano “perquisendo” le case di un romeno e un albanese, ignari di essere attesi, fuori dal portone, da alcuni colleghi, pronti ad arrestarli. Di colpi ne sarebbero stati fatti almeno cinque, tra questi uno di 70mila euro ma, per il resto, pochi spiccioli e qualche oggetto vecchio. Quasi insignificanti per molti, ma vitali per chi, invece, con un salario magari da operaio deve mantenere se stesso in Italia e i propri parenti nel paese d’origine.

Chi sono i quattro lo scrive “La Stampa”. C’è il capopattuglia della volante “Dora 2”, che ogni notte controlla Porta Palazzo, zona non facile della città. C’è il suo vice, 24 anni, arrivato due anni fa da Napoli. I 30mila euro che ha raggranellato nelle case degli immigrati in parte li ha spesi per comprarsi un’auto. I restanti 17mila li aveva lasciati nel suo armadietto: non aveva neanche provato a nasconderli, tanto era sicuro che nessuno lo avrebbe scoperto. Sono loro due ad essere stati presi con le mani nella marmellata.
Gli altri due cercano di arrampicarsi sugli specchi, negando quello che i fatti e le confessioni dei colleghi dimostrano. C’è un ragazzo di 27 anni che pensava “fosse un’operazione fuori servizio, non autorizzata”, e che ha un computer portatile da giustificare. E infine c’è il centralinista di un commissariato della parte nord della città, che preferisce non parlare.
Un episodio del genere non può che essere considerato una vera e propria sconfitta per la società civile italiana. Possibile che nessuno, tra i colleghi dei quattro poliziotti, sapesse niente, o magari avesse anche solo qualche sospetto? Possibile che a nessuno di loro sia mai sfuggita qualche allusione, anche solo per goliardia? Certo, una volta arrivata la denuncia, indagini, intercettazioni non sono mancate, insieme allo sdegno espresso in modo unanime dai colleghi. Eppure il dubbio rimane.

E poi, possibile che una notizia del genere rimanga confinata dai media in posizioni secondarie? Certo, la manifestazione a Roma sui Dico e il rapimento di Daniele Mastogiacomo occupavano il primo piano, inevitabilmente. Ma non basta questo a spiegare la poca rilevanza data a un episodio così grave. Sabato, il giorno in cui la notizia è stata divulgata, la prima agenzia è l’Agr, alle 13.46. Un’ora dopo arriva anche l’Ansa. In serata nessuno dei siti web delle tre più importanti testate nazionali (Corsera, Repubblica, La Stampa) ha un articolo su questa notizia. Il corriere.it si limita giusto a riportare il lancio dell’Agr. Sia il Tg1 sia il Tg5 la inseriscono nella scaletta. Se però il telegiornale di Rossella sceglie di metterla come terzo servizio del sommario, il Tg1 glissa, preferisce non richiamarlo nei primissimi minuti. Il servizio del telegiornale Rai è inserito al 24° minuto, giusto prima di quello trionfale sull’Italia del rugby.

Peccato che di fronte a casi come le rapine in villa, tutti si trovino invece d’accordo e pronti ad additare gli immigrati, a creare paura e diffidenza nei loro confronti, a sparare titoli a sei colonne e a non lesinare servizi d’apertura. Ma quando la guardia è anche il ladro e ad essere derubati non sono italiani del ricco Nord Italia ma immigrati qualsiasi, allora a chi interessa?


Agnese Licata
, 12 marzo 2007





fonte: http://www.altrenotizie.org/


1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma perchè a chi lavora nello Stato non gli insegnano, attraverso corsi specifici e mirati, cos'è la corruzione e a cosa porta?

Per il garantismo della sinistra, (aihmè una volta mi piaceva il garantismo statale, lo vedevo come una conquista) chi lavora alle dipendenze statali, poliziotto o pubblico impiegato, è facilmente portato alla corruzione proprio perchè sente protetta la propria "poltroncina" e si sente una specie di dio in terra per i poteri che nel tempo acquisice (non certo per i meriti).