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sabato 10 novembre 2007

Uranio impoverito, si litiga sul numero dei malati

Uranio impoverito


di Davide Madeddu



Dopo il dramma degli "invisibili" la guerra dei dati sull'uranio impoverito e le sue vittime. Le associazioni dei militari malati contro il ministero della difesa. La nuova polemica scoppia il 9 ottobre quando il ministro della Difesa Arturo Parisi viene ascoltato dalla commissione d'inchiesta che indaga sull'uranio impoverito al senato. «La direzione di Sanità Militare ha operato la raccolta e l'analisi dei dati in questo periodo e oggi mi riferisce le seguenti cifre- dice il ministro-: I militari che hanno contratto malattie tumorali, che risultano essere stati impiegati all'estero nei Balcani, Afganistan, Iraq e Libano, nel periodo 1996-2006 risultano essere un totale di 255: (161 per l'Esercito, 47 per la Marina, 26 per l'Aeronautica e 21 per i Carabinieri). Di questi malati la Direzione di Sanità dichiara un esito letale della malattia per 37 soggetti (29 dell'Esercito, 1 dell'Aeronautica e 7 dell'Arma dei Carabinieri)».

Nella sua esposizione il ministro spiega che «a fronte di questi dati che si riferiscono agli impieghi nei teatri operativi stanno quelli relativi ai militari che si sono ammalati nello stesso periodo 1996-2006 pur non avendo partecipato a missioni internazionali». Ossia, «1427 militari (604 dell'Esercito, 45 della Marina, 49 dell'Aeronautica, 729 dell'Arma dei Carabinieri)». Non è comunque tutto. «La Direzione Generale di Sanità - prosegue ancora Parisi- non è al momento in grado di verificare quanti di questi militari estranei alle missioni all'estero abbiano operato in poligoni di tiro nazionali. Mentre l'elenco dei militari all'estero risulta dai documenti di invio in missione, per il dato nazionale è infatti necessario analizzare i libretti personali. Questa operazione è in corso».

Spiegando poi che non è possibile «desumere un dato sugli esiti letali dei militari che non hanno partecipato alle missioni» il ministro aggiunge che «è di prossima acquisizione» benché nonostante qualche variazione «mi viene riferito che questo è l'ordine di grandezza». Le risposte che il ministro fornisce alla commissione presieduta dalla senatrice Lidia Menapace non convincono però le associazioni che da anni assistono i militari ammalati e le loro famiglie. «È chiaro che nei dati forniti dal ministero c'è un errore - dice Domenico Leggiero - perché su quelle fonti abbiamo lavorato anche noi e abbiamo scoperto nel totale, ripetizioni e situazioni che non rientrano nell'elenco». Leggiero fa una precisazione sul dato sui militari morti. «A noi risulta siano 156 - aggiunge - e si tratta di dati veri già verificati e riscontrati». Pur contestando i dati forniti dal ministero, il rappresentante dell'osservatorio militare non perde le speranze. «In questo momento si sta giocando una grande occasione - aggiunge - e il ministro Parisi ha mostrato tutta la sua volontà per riuscire a trovare una soluzione a questi drammi». E mentre il ministro nel corso della sua audizione dice che «l'Italia non ha mai fatto uso di armamento ad uranio impoverito, né risulta che nel nostro poligono possa essere stato utilizzato da altri, a meno di dichiarazioni mendaci degli utilizzatori stranieri, che non voglio neppure ipotizzare. Tuttavia anche qui siamo interessati a stabilire se esistano altri fattori, oltre l'uranio impoverito, che possano causare danni ambientali».

Non si fa attendere la replica di Falco Accame ammiraglio in congedo, ex deputato e presidente dell'associazione Anav Faf che decide si esprimere il suo dissenso con una lettera di sei pagine inviata direttamente al ministro. «I casi sospetti iniziano da ben prima del 1996 e non terminano nel 2006 – scrive Accame -. I casi sospetti, per quanto riguarda attività all´estero, credo debbano essere fatti risalire alla guerra del Golfo del 1991. Successivamente vanno considerati quelli verificatisi in Somalia nel 1993, poi in Bosnia nel 1994. In tutte queste aree operative abbiamo avuto morti e malati». La presa di posizione dell´ammiraglio non si ferma qui. «Dopo il 2006 vi sono stati altri casi. Per quanto riguarda l´'attività in Italia vi sono stati rischi per il personale che ha operato nei poligoni e nei depositi. Per quanto riguarda questa attività, si può risalire indietro nella data a metà degli anni 80 e probabilmente a metà degli anni 70, epoche in cui sono iniziate in molti Paesi le sperimentazioni sull´uranio impoverito. Il primo caso sospetto vi è stato nel 1977 e riguarda il militare Lorenzo Michelini. In proposito vi è anche stato un processo in cui è stato deciso un risarcimento». Quanto all´uranio impoverito Accame scrive che «risulta che le corazze e le blindature dei nostri mezzi siano state testate con armi all´uranio, in Italia, come ovviamente del tutto necessario.

Tempo fa è stato dato risalto, sui giornali, della presenza di uno stock di armi all´uranio, acquistati da Israele nell´85, che venne depositato in parte nel deposito di Bibbona presso Cecina. Presso il poligono di Nettuno è stata sospettata la presenza di armi all´uranio». E dopo le prese di posizione delle associazioni arriva la replica conclusiva del ministero che respinge al mittente le contestazioni. «Riguardo le continue illazioni sulle cifre dei malati delle Forze Armate che hanno partecipato alle missioni all'estero nei quattro teatri principali di Balcani, Iraq, Afghanistan e Libano, - si legge nel comunicato diffuso dal ministero della Difesa - il Ministero della Difesa ribadisce che i casi nel periodo del 1996-2006 non hanno superato l'ordine di grandezza di qualche centinaio di unità. L'elenco nominativo di detto personale, soggetto alle ultime verifiche per la precisione delle diagnosi, è in corso di trasmissione alla Commissione parlamentare di inchiesta». Non è tutto: «Le altre cifre che spesso compaiono sulla stampa, superiori al migliaio attribuite alle missioni, citando fonti della Difesa, si riferiscono alla totalità di malati che hanno prestato servizio nelle Forze Armate, anche mai inviati all'estero e quindi mai stati a contatto con i particolari ambienti operativi di dette missioni.

Il Ministero ribadisce anche che non vi è alcuna classifica di segretezza militare su tale elenco se non le procedure previste dalla tutela della privacy, che consentirà l'accesso agli elenchi a chi ne abbia titolo. La continua disinformazione sulle cifre risulta sconfortante per chiunque abbia a cuore la chiarezza sul fenomeno delle gravi malattie che non è una questione di numero. Infatti anche se i numeri risultano molto più contenuti di quelli a volte esaltati dalla stampa, la Difesa intende proseguire in un'opera di attenta e approfondita indagine su circostanze e cause delle malattie. Il Ministero della Difesa per primo ritiene indispensabile un'opera di chiarezza per la salvaguardia del proprio personale».

Dal web viene la solidarietà
La petizione di Franca Rame
La petizione del sindacato forze armate
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La commissione d'inchiesta
Morto per lo Stato, combatte ancora il tumore

Pubblicato il: 10.11.07
Modificato il: 10.11.07 alle ore 17.55

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=70502

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1 commento:

Franca ha detto...

E' sconcertante che in Italia non si sappia mai la verità su nulla