di NADINE GORDIMER
AL PRINCIPIO fu il Verbo. Il Verbo che era Creazione. La sua trasformazione nella parola scritta giunse quando per la prima volta fu inciso su una pietra sotto forma di geroglifico o di ideogramma, o tracciato su un papiro, e quando dalla pergamena trasmigrò alla stampa, in Gutenberg. Quella fu la genesi successiva: la genesi dell'alfabetizzazione, che fu ed è quella capacità miracolosa che gli esseri umani soltanto possiedono all'interno del miracolo della creazione. (Noi abbiamo escogitato gli strumenti per alzarci in volo.)
Il nostro nuovo millennio, che si dice impegnato a definire e sostenere i diritti umani, non dovrebbe inserire senza esitazioni l'alfabetizzazione nell'elenco di quelli inalienabili?
Eppure l'Unesco riferisce che più di 700 milioni di adulti, nella nostra epoca, non sono in grado di leggere o di scrivere, e che più di 72 milioni di bambini non vanno a scuola, privati del loro giusto patrimonio ereditario, l'alfabetizzazione. In Sudafrica, dove scrivo queste parole, l'analfabetismo, in alcune aree rurali, tocca punte quasi del 50 per cento.
Quali sono le ragioni, a livello mondiale o più vicino a casa vostra (dovunque sia casa vostra)? La povertà e la mancanza di strutture scolastiche sono le ragioni ovvie nei Paesi poveri e in via di sviluppo. L'effetto disastroso dell'analfabetismo sull'economia è visibile anche ai livelli più modesti: in un'officina di assemblaggio di automobili, in Sudafrica, delle ricerche hanno scoperto che molti operai potevano eseguire solo ordini espressi a voce, non essendo in grado di leggere nessuna istruzione scritta.
A un livello più alto, nel campo dell'istruzione superiore per le attività professionali, le università si trovano a dover fare i conti con il problema di studenti apparentemente in possesso dei requisiti necessari per iscriversi, ma che non possiedono il vocabolario o le competenze nell'uso della parola scritta ritenute necessarie per frequentare i corsi universitari. La mancanza di candidati dotati delle competenze adeguate per rivestire posizioni fondamentali per lo sviluppo dell'amministrazione pubblica, dei servizi sociali, dell'industria e del commercio, risulta perciò palese.
Il presidente Mbeki ha detto recentemente che per rispondere alle esigenze di un'economia in forte crescita (il Sudafrica è la principale potenza economica del continente in termini di risorse e infrastrutture) dovremo importare lavoratori qualificati da altri Paesi, per coprire i posti vacanti, aiutando al tempo stesso i sudafricani a migliorare la capacità della nazione di produrre queste figure professionali, in particolare nel campo dell'industria. Una versione aggiornata del vecchio metodo each one teach one: arruolare persone già formate per insegnare agli altri.
Ma ritorniamo all'assoluto. Non dovrebbe esserci bisogno di dirlo ma c'è bisogno di dirlo, a quanto pare: l'alfabetizzazione è la base di ogni apprendimento. Anche se poi si prosegue verso altri assoluti, le conoscenze numerico-ideogrammatiche del sapere scientifico.
E risalendo verso quella sorgente che è la parola scritta arriviamo a una condizione intermedia dell'alfabetizzazione, che attualmente è quella prevalente: la semialfabetizzazione. È un fenomeno indiscutibilmente più accentuato nei Paesi con più lingue nazionali, dove, in conseguenza di una lunga colonizzazione, un idioma straniero è diventato e continua a essere la lingua franca, la seconda lingua, non la lingua madre, il Verbo natio dell'abitante.
Sarebbe accettabile che tu non sappia leggere e scrivere la lingua franca con la stessa sicurezza e accuratezza con la quale, una volta padrone dell'alfabeto, sapresti indubbiamente leggere e scrivere la tua lingua madre. Ma un illustre scrittore e accademico, il professore Es'kia Mphahlele, mi dice che i neri, in Sudafrica, escono dalla scuola semialfabetizzati, a livello di lettura e di scrittura, nella propria lingua madre, proprio come i sudafricani bianchi e di altre origini etnolinguistiche sono semialfabetizzati nelle loro. Saper leggere la scritta di un cartellone pubblicitario e le nuvolette coi dialoghi di un fumetto degli Spacemen, ma non saper comprendere il lessico di un poema, o non essere in grado di seguire, in un testo di prosa, le significative variazioni della sintassi, l'uso delle parole che apre vie nuove alla comprensione di sé, questa non è alfabetizzazione. Non è ciò che ogni individuo dovrebbe possedere come diritto inalienabile dell'essere umano.
I Paesi in via di sviluppo, pur avendo migliori ragioni per non saper fare di meglio che produrre un'alfabetizzazione a metà, non sono i soli a trovarsi in questa situazione culturale. I college americani riscontrano gli stessi risultati nel loro sistema educativo, un riflesso dei valori culturali correnti nella loro società. In Gran Bretagna c'è lo stesso sgomento di fronte a ragazzi e ragazze, nati e istruiti nella culla della lingua inglese, incapaci di leggere o di scrivere sfruttando le grandi risorse della loro lingua madre.
E allora: se povertà e mancanza di opportunità di istruzione sono le responsabili di quel grande buco nero nel nostro mondo che è l'analfabetismo, tale tragica situazione non rappresenta la causa primaria, né tanto meno la giustificazione, del diffuso fenomeno della semialfabetizzazione.
La realtà è che siamo uniti, tutti i Paesi, quelli da tempo sviluppati o quelli che cercano faticosamente di colmare l'abisso di sviluppo che separa le nazioni ricche da quelle povere, dalla comune minaccia dell'Immagine contro la Parola Scritta. A partire dai primi trent'anni del XX secolo, l'immagine ha sfidato il primato della parola scritta nella simulazione dell'immaginazione, la porta aperta sulla ricettività umana. La favola della buonanotte, per i bambini delle famiglie borghesi, è stata sostituita dall'ora serale di televisione; nelle baraccopoli sparse per tutti i Paesi poveri del pianeta, l'antenna segnala la presenza di un televisore a batterie, là dove non c'è neanche un libro. Le biblioteche scolastiche e di quartiere non esistono nei villaggi e nelle cittadine dove si possono noleggiare le videocassette. Sì, le immagini televisive sono accompagnate dalla parola parlata, a volte dal testo, ma è l'immagine a decidere quanto secondario dovrà essere il ruolo della Parola.
Lo scrittore americano William Gass dà la migliore definizione della Parola Scritta, nella sua casa, il libro: "Noi non riusciremo a capire che cos'è un libro, e perché un libro abbia il valore che ha per tante persone [...] se dimenticheremo quanto è importante per esso il suo corpo, l'edificio che è stato costruito per tenere insieme senza pericolo, le sue righe di linguaggio [...] Le parole su uno schermo hanno qualità virtuali, questo è sicuro [...] ma non hanno materialità, sono solo ombre, e quando la luce si sposta altrove scompaiono. Fuori dallo schermo non esistono in quanto parole. Non aspettano di essere riviste, rilette: aspettano solo di essere rifatte, ri-illuminate".
Sì, l'immagine del testo, della Parola, scompare dallo schermo; per richiamarla, insieme agli altri elementi visivi, devi avere un apparecchio, una pila, un batteria, la possibilità di accedere alla rete elettrica. Il libro non ha bisogno di nulla di tutto ciò. Basta tenerlo in mano per leggere, voltato e rivoltato, su un autobus, in metropolitana, in bagno, sulla cima di una montagna, mentre si sta in coda.
Non si tratta di voltare le spalle al progresso, di essere antiquati. I grandi progressi delle tecnologie delle comunicazioni sono una rivoluzione dell'informazione che apre grandi possibilità allo sviluppo sociale se usata come si deve, il che significa resa economicamente accessibile a quei milioni di persone nel mondo le cui vite, in caso contrario, rischierebbero di finire sotto lo schiacciasassi dell'oligarchia finanziaria della globalizzazione.
Ma l'informazione non può, non potrà mai, sostituire, rendere antiquata l'illuminazione, la conoscenza esploratrice dell'intelletto e dello spirito dell'uomo, che, tutti i lettori lo sanno, entra in comunicazione con la Parola nella sua dimora, trasportabile e fruibile all'infinito, tra copertine cartonate o brossurate.
Prima diventò il libro del film.
Ora è il libro del sito.
Non lasciamo che accada.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
(8 settembre 2007)
fonte: http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/esteri/gordimer-analfabetismo/gordimer-analfabetismo/gordimer-analfabetismo.html
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