Comitato Verità e Giustizia per la morte del signor Giuseppe Casu
“Coloro la cui vita rappresenta l’inferno della Società Opulenta sono tenuti a bada con una brutalità che fa rivivere pratiche in atto nel medioevo e all’inizio dell’età moderna. Per gli altri, meno sottoprivilegiati, la società prende cura del bisogno di liberazione soddisfacendo i bisogni che rendono la servitù ben accetta e fors’anche inosservata ...”
Hebert Marcuse, da “L’uomo ad una dimensione”
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I FATTI
Giovedì 15 Giugno 2006 in piazza IV Novembre a Quartu il signor Giuseppe Casu, accanto alla sua ape parcheggiata, come ogni giorno vendeva un poco della frutta e verdura contenuta nel cassone.
Nulla di notevole sino a quel momento in una giornata che sembra tranquilla. Poi, in tarda mattinata, il dramma. Tutto avviene molto rapidamente, intervengono i carabinieri con le guardie municipali, spunta fuori anche un’ambulanza. Gli agenti lo afferrano con la forza, di fronte a tutti, lo sbattono a terra, lo immobilizzano. Giuseppe Casu viene caricato, ammanettato, alla barella e portato via. È in atto un ricovero coatto in psichiatria.
“Sgombero Forzato: se ne va anche l’ultimo ambulante” titola trionfalmente l’Unione Sarda il giorno dopo, in un pezzo chiaramente ispirato dalla giunta comunale. È falso, Giuseppe Casu non è l’ultimo ambulante, ma è forse il più vulnerabile e viene colpito in maniera esemplare per ottenere il risultato di sgomberare finalmente la piazza dagli abusivi. Perché altrimenti tanta forza e tanta violenza è stata impiegata contro un individuo intento in una attività così pacifica?
Per completare il quadro di questa vicenda occorre fare qualche passo indietro.
Il fatto è che da qualche tempo la giunta comunale di Quartu ha intrapreso un’energica azione contro i venditori ambulanti privi di licenza, per il ripristino della “legalità”, dunque anche i venditori di piazza IV Novembre erano da tempo nel mirino della giunta.
Nell’ambito di questa “guerra agli ambulanti” però le guardie municipali di Quartu, per ragioni che andrebbero chiarite, si sono accanite, in maniera assurda e ingiustificabile, quasi esclusivamente contro il signor Giuseppe Casu. Questo accanimento selettivo viene ammesso anche dal vicesindaco di Quartu, Tonio Lai, che nel dibattito in giunta del 6 Settembre 2006 dice: “Siamo a conoscenza di un fatto certo, che la polizia municipale ha emesso numerosi verbali a carico del cittadino, signor Giuseppe Casu. Ne ha emesso soprattutto a partire da Maggio 2005, tantissimi …”. A questa persecuzione il signor Giuseppe Casu, benché preoccupato, ha reagito pagando le multe e continuando ad andare in piazza IV Novembre per vendere.
Ma torniamo al giorno prima dell’agguato, il 14 Giugno 2006. I vigili si presentano dal signor Casu. Come sempre gli elevano una contravvenzione, ma questa volta il verbale raggiunge la cifra stratosferica di 5000 euro per la vendita senza licenza di frutta e verdura in strada. Una cifra che, questa volta, il signor Giuseppe Casu non farà a tempo a pagare.
Evidentemente nelle stanze dell’amministrazione comunale qualcuno proprio non sopportava l’ostinazione del signor Casu. Pensando ai drammatici fatti dei giorni successivi l’imposizione di questa multa sproporzionata assume l’aspetto sinistro di un avvertimento e di una provocazione.
I medici psichiatri, che si son presi l’incarico di risolvere il problema dell’ultimo ambulante resistente di Quartu, sono stati dunque anche responsabili del destino del signor Giuseppe Casu, dalla mattina 15 Giugno sino alla sua morte. A pensarci è una ben strana cosa, visto che formalmente sono dei medici e, in teoria, il loro compito sarebbe quello di curare la gente e non quello di togliere le castagne dal fuoco al comune in lite con gli ambulanti.
Il ricovero coatto (Trattamento Sanitario Obbligatorio o TSO) viene giustificato da uno stato di agitazione psicomotoria: il signor Casu dava in escandescenze. Ma il semplice buonsenso ci dice che questo poteva essere casomai inteso come un segno di salute mentale. Vorrei sapere infatti chi di noi non darebbe in escandescenze dopo che, coloro che il giorno prima ti hanno messo 5000 euro di multa, si presentano, ti intimano di andartene, e, al tuo rifiuto, ti mettono altri 5000 euro di multa, poi ti saltano addosso e ti immobilizzano...
Cerchiamo di capire cosa hanno fatto davvero questi “medici” per la salute del signor Giuseppe Casu, all’interno del reparto di psichiatria dell’ospedale di Is Mirrionis a Cagliari, nella settimana in cui il paziente è riuscito a sopravvivere ai loro trattamenti.
Qualcuno si è preoccupato delle ferite che il signor Giuseppe Casu aveva subito durante le aggressioni di cui era stato vittima? Qualcuno si è preoccupato di quella mano gonfia ? Della presenza di sangue nelle urine? O piuttosto la loro unica preoccupazione è stata quella di iniettargli un potente sedativo che spegnesse il suo cervello per qualche giorno, di legarlo al letto, di metterlo in condizioni di non rompere le scatole?
I familiari del signor Giuseppe Casu, quando vanno a visitarlo, lo trovano sempre legato al letto, sedato, col panno e privo di coscienza. Nei momenti in cui riprende coscienza chiede di essere slegato. Gli stessi familiari segnalano l’evidente gonfiore ed il colore violaceo della mano destra, ma nessuno si preoccupa del suo stato di salute.
Dopo una settimana il signor Giuseppe Casu muore, all’improvviso, sempre legato a quel letto da cui nessuno lo ha ancora liberato. Aveva 60 anni e non soffriva di nessuna malattia che lo potesse portare ad una fine così rapida ed improvvisa.
Anche dalla relazione della commissione d’inchiesta della ASL, istituita in seguito ad una denuncia dell’ASARP, risulta che il signor Casu è stato vittima di un ‘trattamento inaccettabile’: nel reparto di psichiatria lo hanno sedato e immobilizzato, legandolo al letto mani e piedi per sette giorni, dal suo arrivo al momento della sua morte e non gli hanno fatto nessun esame per verificare il suo stato di salute. Nonostante le gravi responsabilità accertate la ASL si rifiuta però di prendere qualsiasi provvedimento.
Per noi la morte del signor Casu è la diretta conseguenza di una politica precisa, della prassi violenta delle “forze dell’ordine” e del trattamento pseudo-medico che gli è stato riservato. Lo hanno ammazzato loro.
Morti come queste, di solito, sono presto dimenticate. Per la magistratura e gli investigatori non sono certo casi degni di interesse. Familiari ed amici, quando vogliono insistere per accertare la verità e le responsabilità, incontrano difficoltà di ogni tipo. Il più delle volte la gente finisce per rassegnarsi e lasciar perdere. Questo le guardie e gli psichiatri lo sanno bene, anche su questo contano per garantirsi l’impunità. Le loro vittime sono destinate a essere sepolte in fretta e dimenticate.
Questo sarebbe stato anche il destino del signor Giuseppe Casu, se non fosse stato per l’insistenza della sua famiglia che non si è rassegnata all’esito della frettolosa autopsia effettuata dai medici dello stesso ospedale il giorno dopo il decesso, e sta cercando di far riaprire il caso.
Diverse procedure amministrative e giudiziarie sono attualmente in corso, ma, come spesso accade, queste rischiano semplicemente di fare da anticamera all’oblio.
Per questo è assolutamente necessario che l’attenzione su questo terribile caso non venga meno nei prossimi tempi, non deve essere liquidato come normalità della vita di ogni giorno.
L’orrore della vicenda, suo malgrado esemplare, del signor Giuseppe Casu non può scivolare via dalla memoria. Verità e giustizia sono dovute a lui e a noi. Non dimentichiamolo, né dimentichiamo che verità e giustizia reali non coincidono con la versione ufficiale dei fatti.
massimo.mailto:corraddu@ca.infn.it]
2 commenti:
...ma in che cavolo di paese siamo?
:(
Sembra incredibile: 40 anni or sono (dio mio, come passa il tempo!)con un gruppo di altri "facinorosi" come me sfondammo i cancelli dell'ospedale psichiatrico di Collegno (Torino) per tenere un'assemblea con i ricoverati. Ricordo un quarantenne fermato dalla "stradale" per eccesso di velocità... raccontò che correva perché quella sera aveva scoperto il tradimento della donna che amava. Diede in escandescenze di fronte alla polizia, esasperato... e fu ricoverato nel "reparto agitati". Era lì da tre anni! Ricordo il suo abbraccio, le sue lacrime e la supplica che mi rivolse: "Portami via di qui! In questo posto io impazzisco!" Era l'epoca in cui l'Illustrissimo Professor Coda, psichiatra di chiara fama, faceva legare gli amalati al termosifone con manette e li lasciava giacere nei loro escrementi; era l'epoca degli elettroshock "curativi"... Non potevo portare con me quell'uomo: tutto ciò che potevo fare era continuare a battermi per delle leggi che abolissero quell'orrore, appoggiare la "antipsichiatria" di Basaglia. Ad un certo punto credemmo d'avercela fatta. Ed oggi registriamo morti come quella di Casu. Dopo quarant'anni. Dio mio, come NON passa il tempo!
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