"Prove inquinate"
La procura: sui giovani pressioni e ricatti. Indagati alcuni collaboratori della comunità
GUIDO RUOTOLO
ROMA
Ancora sulla graticola, ancora nessuno scampato pericolo. Anzi, la posizione processuale di don Pietro Gelmini, il fondatore della comunità di recupero Molino Silla di Amelia (Terni), indagato per presunti abusi sessuali (compiuti nell’arco degli ultimi dieci anni) nei confronti di diversi giovani tossicodipendenti ospitati nella comunità, si starebbe aggravando al punto che la procura di Terni starebbe valutando di contestargli anche il ruolo avuto nell’inquinamento delle prove. Non solo, nel registro degli indagati sarebbero finiti alcuni collaboratori di don Gelmini.
Gli inquirenti e gli investigatori umbri, che hanno ottenuto dal gip la proroga delle indagini, stanno coltivando nuovi spunti investigativi, verificando nuove accuse: altre decine di ex ospiti della comunità si sarebbero prenotate per raccontare gli abusi subiti.
I soldi
I filoni dell’inchiesta umbra sono due. Il primo, quello delle denunce degli abusi sessuali subiti dagli ex ospiti di Molino Silla. Si sarebbero consumati non solo nella famosa «stanza del silenzio» della comunità - dove avvenivano i primi colloqui (collegiali) dei ragazzi che volevano entrarvi - ma anche nell’abitazione di don Gelmini.
Agli inizi di agosto, dopo che La Stampa aveva rivelato l’esistenza dell’inchiesta a Terni, don Gelmini si era difeso sottolineando che cinque dei suoi «accusatori» erano stati cacciati dalla comunità perché scoperti (e poi denunciati) mentre rubavano.
Il fondatore della comunità di Amelia aveva raccontato che uno di essi, «uno che fa le rapine», uscito dal carcere con l’indulto, gli scrisse una lettera invocando il «perdono» e chiedendo aiuto («voleva che gli trovassi un lavoro»). E quel lavoro l’ottenne salvo poi finire di nuovo in carcere, dove ritrattò le sue accuse nei confronti di don Gelmini.
Ma la storia che ha raccontato il ragazzo «che fa rapine» agli inquirenti di Terni è diversa. La lettera del perdono sarebbe stata suggerita da don Gelmini in cambio non solo di un lavoro ma anche di 60 mila euro. Una promessa non mantenuta, il ragazzo avrebbe ricevuto 2000 euro. Nel suo interrogatorio don Gelmini avrebbe ammesso di avergli dato dei soldi.
L’inquinamento
Ora l’inchiesta si starebbe orientando - ed è il secondo filone - a trovare conferme ai sospetti di dichiarazioni concordate a suon di migliaia di euro, di pressioni e ricatti. Tutti elementi che portano indiscutibilmente al tentativo d’inquinare le indagini.
C’è un altro ex ospite della comunità di Amelia che aveva accusato il prete, con una lettera poi ritrattata, spiegando che quando attaccò don Gelmini era sotto gli effetti degli psicofarmaci. Sentito di nuovo dagli inquirenti, il giovane ha invece confermato le accuse, negando di aver ricevuto dal sacerdote un contributo di 200 euro, così come aveva dichiarato don Gelmini.
Gli investigatori umbri hanno più di un sospetto che in realtà il «ragazzo» prima dell’interrogatorio abbia parlato con don Gelmini per ottenere soldi: 4000 euro gli sarebbero stati regalati da un prete amico di Gelmini, uno della «squadra» di Amelia gli indicò addirittura quale psicofarmaco dichiarare di aver assunto nel momento in cui scrisse la lettera (sotto dettatura) della ritrattazione. Sono elementi che gli investigatori hanno ottenuto anche con le intercettazioni.
La «squadra»
La squadra di don Gelmini sarebbe scesa in campo per tentare di tamponare la falla, di ridurre gli effetti delle dichiarazioni dei testi d’accusa. La procura di Terni sta verificando i rapporti che il legale di don Gelmini, Lanfranco Frezza, avrebbe avuto con alcuni testimoni. Ancora da chiarire è il ruolo di un altro della squadra, un volontario che sarebbe andato a Torino per capire che cosa avesse denunciato un’altra presunta vittima degli abusi sessuali.
Non solo, questo volontario sarebbe andato anche all’Aja per incontrare il rappresentante italiano presso Eurojust, Cesare Martellino, l’ex procuratore di Terni che archiviò nel maggio 2002 l’inchiesta su don Gelmini, accusato di abusi sessuali da due ospiti di Amelia. Dichiarazioni che invece la nuova inchiesta ha ritenuto meritevoli di approfondimento. Il volontario avrebbe chiesto consigli a Martellino, che avrebbe parlato anche con don Gelmini suggerendogli di trovarsi un buon avvocato.
Ancora sulla graticola, ancora nessuno scampato pericolo. Anzi, la posizione processuale di don Pietro Gelmini, il fondatore della comunità di recupero Molino Silla di Amelia (Terni), indagato per presunti abusi sessuali (compiuti nell’arco degli ultimi dieci anni) nei confronti di diversi giovani tossicodipendenti ospitati nella comunità, si starebbe aggravando al punto che la procura di Terni starebbe valutando di contestargli anche il ruolo avuto nell’inquinamento delle prove. Non solo, nel registro degli indagati sarebbero finiti alcuni collaboratori di don Gelmini.
Gli inquirenti e gli investigatori umbri, che hanno ottenuto dal gip la proroga delle indagini, stanno coltivando nuovi spunti investigativi, verificando nuove accuse: altre decine di ex ospiti della comunità si sarebbero prenotate per raccontare gli abusi subiti.
I soldi
I filoni dell’inchiesta umbra sono due. Il primo, quello delle denunce degli abusi sessuali subiti dagli ex ospiti di Molino Silla. Si sarebbero consumati non solo nella famosa «stanza del silenzio» della comunità - dove avvenivano i primi colloqui (collegiali) dei ragazzi che volevano entrarvi - ma anche nell’abitazione di don Gelmini.
Agli inizi di agosto, dopo che La Stampa aveva rivelato l’esistenza dell’inchiesta a Terni, don Gelmini si era difeso sottolineando che cinque dei suoi «accusatori» erano stati cacciati dalla comunità perché scoperti (e poi denunciati) mentre rubavano.
Il fondatore della comunità di Amelia aveva raccontato che uno di essi, «uno che fa le rapine», uscito dal carcere con l’indulto, gli scrisse una lettera invocando il «perdono» e chiedendo aiuto («voleva che gli trovassi un lavoro»). E quel lavoro l’ottenne salvo poi finire di nuovo in carcere, dove ritrattò le sue accuse nei confronti di don Gelmini.
Ma la storia che ha raccontato il ragazzo «che fa rapine» agli inquirenti di Terni è diversa. La lettera del perdono sarebbe stata suggerita da don Gelmini in cambio non solo di un lavoro ma anche di 60 mila euro. Una promessa non mantenuta, il ragazzo avrebbe ricevuto 2000 euro. Nel suo interrogatorio don Gelmini avrebbe ammesso di avergli dato dei soldi.
L’inquinamento
Ora l’inchiesta si starebbe orientando - ed è il secondo filone - a trovare conferme ai sospetti di dichiarazioni concordate a suon di migliaia di euro, di pressioni e ricatti. Tutti elementi che portano indiscutibilmente al tentativo d’inquinare le indagini.
C’è un altro ex ospite della comunità di Amelia che aveva accusato il prete, con una lettera poi ritrattata, spiegando che quando attaccò don Gelmini era sotto gli effetti degli psicofarmaci. Sentito di nuovo dagli inquirenti, il giovane ha invece confermato le accuse, negando di aver ricevuto dal sacerdote un contributo di 200 euro, così come aveva dichiarato don Gelmini.
Gli investigatori umbri hanno più di un sospetto che in realtà il «ragazzo» prima dell’interrogatorio abbia parlato con don Gelmini per ottenere soldi: 4000 euro gli sarebbero stati regalati da un prete amico di Gelmini, uno della «squadra» di Amelia gli indicò addirittura quale psicofarmaco dichiarare di aver assunto nel momento in cui scrisse la lettera (sotto dettatura) della ritrattazione. Sono elementi che gli investigatori hanno ottenuto anche con le intercettazioni.
La «squadra»
La squadra di don Gelmini sarebbe scesa in campo per tentare di tamponare la falla, di ridurre gli effetti delle dichiarazioni dei testi d’accusa. La procura di Terni sta verificando i rapporti che il legale di don Gelmini, Lanfranco Frezza, avrebbe avuto con alcuni testimoni. Ancora da chiarire è il ruolo di un altro della squadra, un volontario che sarebbe andato a Torino per capire che cosa avesse denunciato un’altra presunta vittima degli abusi sessuali.
Non solo, questo volontario sarebbe andato anche all’Aja per incontrare il rappresentante italiano presso Eurojust, Cesare Martellino, l’ex procuratore di Terni che archiviò nel maggio 2002 l’inchiesta su don Gelmini, accusato di abusi sessuali da due ospiti di Amelia. Dichiarazioni che invece la nuova inchiesta ha ritenuto meritevoli di approfondimento. Il volontario avrebbe chiesto consigli a Martellino, che avrebbe parlato anche con don Gelmini suggerendogli di trovarsi un buon avvocato.
DON GELMINI STORY (parziale..)
fonte: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200709articoli/25656girata.asp
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Frasi del giorno
“La castità è quella virtù che i preti si tramandano di padre in figlio.”
fonte: http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Pagina_principale
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1 commento:
Sempre peggio!
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