"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

giovedì 1 febbraio 2007

MAYDAY USTICA


Copio integralmente (mi sono solo permessa di unificare il formato e ridurre le spaziature) ed impunemente dal sito di Nilde (posso!) e ne approfitto per ricordarvi, se ancora non l'avete fatto, di prenotare il libro di Mario. E' ancora in cerca di editore, ma davanti alla possibilità di sapere ancor prima di andare in stampa che un certo numero di copie è già venduto, magari qualcuno (tra gli editori) si lascia allettare.
Se prima di prenotarlo ne volete leggere un capitolo, basta chiedere. O a me, oppure andando direttamente nel sito di Nilde (calinde.ilcannocchiale.it), nei post meno recenti.
Buona lettura!

MAYDAY MAYDAY MAYDAYMayday Mayday Mayday

Mayday is an emergency code word used internationally as a distress signal in voice procedure radio communications, derived from the French m'aider. It is used to signal a life-threatening emergency by many groups, such as police forces, pilots, the fire brigade, and transportation organizations. The call is always given three times in a row ("Mayday Mayday Mayday") to prevent mistaking it for some similar-sounding phrase under noisy conditions, and to distinguish an actual mayday call from a message about a mayday call.

Caro Generale,
è un'emergenza. Chi meglio di lei può dare il giusto significato al nostro MAYDAY?... Non l'ho ripetuto tre volte, come prevede la vostra prassi ... bensì ,sei volte. Le inoltro questa lettera, come Cittadina (ex sovrana).

Lucca, data dell’inoltro
Alla Cortese Attenzione de
IL CAPO DI STATO MAGGIORE
Pro tempore
Della AERONAUTICA MILITARE ITALIANA
Gen. r.n.n. Pil. in SPE Vincenzo CAMPORINI

SUA SEDE ISTITUZIONALE - ROMA


e p. c.

Altri destinatari in Indirizzo


Da Ciancarella Mario Cittadino

Gia’ Cap. Pil. Della Aeronautica


Oggetto: Alcune considerazioni su quanto da Lei dichiarato - per come tali dichiarazioni sono state riportate dalla Agenzia Ansa - in occasione della presentazione del libro dell’ex senatore ed ex Generale Vincenzo Ruggero Manca sulla vicenda Ustica.

Egregio Signor Generale,

Sono il “certamente noto” Mario Ciancarella, gia’ Ufficiale Pilota dell’Arma che oggi Lei ha l’onore di dirigere. E dico “noto” non per vanesia presunzione; ma perche’ nonostante i provvedimenti di esclusione e radiazione, di cui ho sempre contestato la legittimita’ e la sostanzialita’, ho perseguitato con i miei scritti su Ustica e sulle altre nefandezze consumate, ai miei tempi, nell’Arma quasi tutti i Comandanti che si sono succeduti nella funzione da Lei oggi rivestita.


Come Lei ben sa io sono forse l’unico ad aver sostenuto l’ipotesi di una strage determinata da un progetto volontario consapevole e premeditato, eseguito da uomini e mezzi della nostra Forza Armata in nome e per conto di altre volonta’ straniere, con l’obiettivo – mancato – di destabilizzare il regime di Gheddafi attraverso quello che in gergo viene chiamato “Attacco alla fattoria”.


Poiche’ io sono stato definito come “inconsapevole portatore di elementi inquinanti”, nella stessa sentenza ordinanza del Giudice Priore che disponeva il rinvio a giudizio dei Generali, oggi prosciolti dalle contestate imputazioni, vorra’ convenire con me che io possa sentirmi dunque legittimato, proprio per l’esito della sentanza definitiva di proscioglimento, ad insistere nel sostenere invece che uomini dell’Arma, con funzioni rilevanti nella Organizzazione in quei giorni della strage, abbiano compiuto atti criminosi indegni dell’onore militare e che le loro responsabilita’ non siano state accertate solo per la “incertezza ed il poco coraggio della Magistratura Inquirente” nell’indagare il livello della consociazione politica militare che ne dispose e consenti’ la consumazione, garantendo la impunita’. E possa legittimamente auspicare che Magistrati piu’ determinati di quanto non fu il Giudice Priore vogliano e sappiano riconsiderare alcuni aspetti trascurati per una imputazione di strage e di Alto Tradimento piu’ aderente alle dinamiche dei fatti.


Mi sento ancor piu’ legittimato oggi quando e’ stata scritta la definitiva sentenza, proprio perche’ avevo gia’ duramente contestato a suo tempo al Magistrato quelle sue poco argomentate affermazioni su di me e gli avevo prefigurato la sentenza di proscioglimento ineludibile in un Paese fondato sulla garanzia costituzionale di presunzione di innocenza in assenza di contestazioni fondate e provate da riscontri ineludibili.


Provero’ dunque a rinnovare anche alla Sua attenzione una serie di considerazioni che certamente non saranno esaustive di tutta la dinamica della strage e del terribile depistaggio che fu predisposto fin dalla sua ideazione, come eventuale “soluzione alternata” su cui dirigersi e verso cui orientare gli investigatori, se qualcosa nel “piano di volo originario” non fosse andata (come poi e’ avvenuto) come era stato pianificato.


Lei, essendo - come ha ricordato - un Ufficiale Pilota, oltre a conoscere perfettamente “la procedura di indagine degli incidenti aerei”, conosce perfettamente anche tutte le altre procedure per le attivita’, comunque legate al volo, ovvero che siano proprie della cultura ed operativita’ militare, cui dovro’ riferire in questa serie di considerazioni non certo leggere e che non potranno essere sintetiche.


E dunque Lei, se lo riterra’, potra’ smentirmi piu’ facilmente di altri e chiedere eventualmente che io risponda nelle sedi deputate di questa mia fastidiosa insistenza ad “infierire” sulle sole vittime che Lei abbia voluto ricordare nel citato intervento (“Coloro che sono morti nella tragica caduta del velivolo; chi ha patito ingiustamente per decenni accuse infamanti, e i familiari di quelli che hanno perso la vita nel disastro”.)


Ce ne sono state un’altra ventina, di vittime, Sig. Generale, come anomalo strascico di quella strage E mi sconcerterebbe non poco che Lei non abbia ritenuto di ricordarLe nel suo intervento - benche’ la maggior parte di quelle vittime “suppletive” facessero parte della sua stessa Arma -, se non avessi memoria di quanto e come l’Arma seppe e volle coalizzarsi a tutela di se stessa e dei crimini commessi da suoi alti funzionari gia’ nella vicenda della strage negata del Monte Serra, o di come organizzo’ la terribile sceneggiata degli onori ai funerali di Sandro Marcucci, ucciso da mani rimaste ignote e non indagate, dopo averne massacrato con cinismo e determinazione la carriera professionale e averne aggredito ferocemente l’onore e la dignita’ umana e di Ufficiale.


Vittime - ha detto Lei, Sig. Generale - che “qualcuno ha cercato con pervicacia di ingannare, seminando menzogne sapendo di mentire, non voglio nemmeno pensare a quale scopo. Sono decine e decine di persone che non hanno potuto darsi pace, cercando sempre un colpevole di un qualcosa che li ha colpiti così profondamente, ma cercandolo dalla parte sbagliata. Lo dico - ha proseguito - con l'amarezza del cittadino italiano, dell'aviatore, dello specialista della sicurezza del volo, che quindi sa come si fa un'indagine per un incidente di volo”.


Non entrero’, per questa occasione, nel merito del libro del generale ed ex senatore Manca, solo perche’ la distribuzione del libro non l’ha ancora diffuso nelle librerie. Dunque mi e’ stato fino ad oggi impossibile acquistarlo e leggerlo con la estrema attenzione che da sempre dedico a scritti di simile argomento. Ed e’ comunque a Lei, come massimo esponente e responsabile dell’Arma, che intendo rivolgermi a partire proprio dalle Sue parole.


Tuttavia ho potuto partecipare, qualche anno addietro alla iniziativa pubblica organizzata in Carrara dal partito di riferimento del senatore – Forza Italia – e posso ricordare come la sua esposizione, oltre a sostenere sostanzialmente la “versione bomba” secondo gli schemi ed addirittura utilizzando le diapositive della “Commissione” voluta e costituita dalla Associazione Arma Aeronautica, al tempo presieduta dal Gen. Nardi Catullo, cercava di ricondurre le “quasi menzogne” (come le defini’ lui stesso) rilasciate dai Comandi Militari dell’Arma, alle condizioni di “insicurezza interna” che sarebbero state determinate, a dire del senatore, dalla presenza e dalla attivita’ di discredito della stessa Arma poste in essere da quel Movimento dei Militari (evito’ di citare l’attributo di “Democratico”, che pure quel Movimento si era dato) in quei tempi fortemente presente nell’Arma.


Certo potrebbe stupire, quanti leggeranno con Lei questa mia lettera, che oggi il senatore Manca rivesta proprio la carica di Presidente di quella Associazione Arma Aeronautica di cui sostenne e sposo’ con tanto ardore, pur essendo senatore della Repubblica al servizio esclusivo del Popolo e della Nazione, le tesi fuorvianti e le affermazioni perentorie con presunzione, immotivata, di insindacabile autorevolezza. Ma cosi’ va la vita. E se tanti Generali, dopo aver caldeggiato durante il servizio (al Popolo ed alla Nazione, e con doveroso obbligo di fedelta’ ed esclusivita’) la accettazione di commesse di armamenti di questa o quella Ditta, si sono poi ritrovati da pensionati a rivestire funzioni direttive, gratificate da lauti compensi, in quelle medesime Aziende, perche’ stupirsi del salto della quaglia operato dal Generale Manca, nella certamente meno remunerativa funzione di Presidente di una Associazione d’Arma di cui gia’ aveva sponsorizzato le tesi?


Ricordo inoltre che, in occasione del dibattito carrarino, dopo il primo ed unico intervento dal pubblico – il mio –, fortemente critico verso le tesi del relatore e svolto provocatoriamente richiamando all’omicidio di Marcucci consumato a poche centinaia di metri in linea d’aria dal luogo in cui si svolgeva l’incontro -, quella riunione fu tempestivamente e precipitosamente sospesa, anche per le boccheggianti risposte del senatore che ammetteva di “non aver potuto materialmente leggere tutta la imponente mole di documentazione raccolta precedentemente alla sua entrata in Commissione, e di non conoscere alcune questioni da me poste relativamente alla vigilanza democratica esercitata dal Movimento, di cui avevo rivendicato la nobilta’ di intenti ed il pieno riferimento al dettato costituzionale”.


Di quella vicenda, come potra’ verificare se lo riterra’ utile ed opportuno, e’ rimasta traccia nell’iniziale carteggio successivo avviato con la segreteria viareggina del Partito di Forza Italia, che mi aveva sollecitato a rappresentare con maggiori dettagli le posizioni che avevo espresso e sostenuto nel mio intervento di Carrara. Tacero’ anche del precedente libro del senatore “La verita’ non voluta” del Novembre 2004, perche’ e’ alle Sue sole dichiarazioni di oggi che intendo riferire, Sig Generale, benche’ esse siano state pronunciate proprio in occasione della presentazione dell’ultima fatica letteraria dell’ex senatore Manca.


Dunque, Sig. Generale, cominciamo dall’inizio. Da quella prima ed immediata dichiarazione dello Stato Maggiore Aeronautica, non appena avuta conoscenza della incriminazione di molti suoi Ufficiali e Sottufficiali nelle indagini sulla strage.


Era il 16 Gennaio 1992 quando fu emanato un comunicato di solidarieta’ che cosi’ recitava:


La Aeronautica è vicina e solidale con i suoi uomini chiamati in causa dall'inchiesta sulla tragedia di Ustica.


Dunque ammettera’, Sig. Generale, che non solo i sostenitori di una “fantomatica ipotesi stragista”, vollero anticipare pregiudizialmente i propri convincimenti, ma fu il vertice stesso dell’Arma a pre-scrivere non solo la sentenza, ma tutta la evoluzione della inchiesta e della indagine giudiziaria. Perche’ non riconoscere dunque il medesimo diritto e la stessa legittimita’ anche ad altri, in assenza di uno scenario provato delle dinamiche della strage?


E mi dica: Non Le sembra piuttosto gravido di problemi - etici e di prassi - di non poco conto, che i vertici della Aeronautica esprimessero quella solidarieta’ preventiva e quella vicinanza agli indagati, fin dall’insorgere delle contestazioni? Solidarieta’ e vicinanza nella mia accezione, ma anche nella cultura specifica militare, non sono atti di vacuo formalismo. Non e’ forse vero che esse sono ordinariamente intese e promosse come azioni attive e concrete finalizzate ad evitare o allontanare i pericoli che si addensano sul commilitone o comunque sull’oggetto della nostra solidale vicinanza?. Dunque non e’ legittimo pensare che fin da quel momento l’Arma assumeva il compito della difesa occulta quanto efficace di quegli uomini incriminati? Quali consenguenze potrebbe aver determinato una simile ouverture?


Ma, in quella stessa circostanza, ci fu un’altra e ben diversa dichiarazione (17 Gennaio 1992), che veniva pur sempre dall’interno dell’Arma e cioe’ dall’organismo centrale della Rappresentanza Elettiva – Co.Ce.R. - voluta dalla Legge di riforma dei Principi sulla Disciplina Militare, che con ben altri toni e prospettive sosteneva:

Il Co.Ce.R. (della Aeronutica) esprime solidarietà ai parenti delle vittime del DC9 Itavia (ed esprime la speranza che) sia fatta piena luce sulle responsabilità politico-militari della strage di Ustica (e sottolinea infine ) l'opera quotidiana della Aeronautica a difesa delle libere istituzioni".

Ora dovra’ convenire che le due dichiarazioni sono in aperta dissonanza, e sara’ ben difficile argomentare che la Rappresentanza fosse ancora un covo di sovversivi dopo che erano state fatte carte false per liberarsi, fin dai primi anni ’80, di tutti noi animatori del Movimento Democratico di riforma costituzionale e democratica delle Forze Armate.


Eppure mai nessuno ha chiesto, ne’ altri ha ritenuto di spiegare come mai, a dodici anni dalla strage ci fossero da organismi dell’ordinamento militare dichiarazioni tanto discordanti e perche’ quella del Co.Ce.R. parlasse espressamente e addirittura di “responsabilita’ politico-militari”. Non e’ legittimo pensare che la consegna al silenzio, se pur aveva funzionato verso il Paese, era stata ripetutamente violata all’interno dell’ambiente militare sicche’ ormai la conoscenza delle dinamiche stragiste era molto piu’ vasta dei primi venti o trenta personaggi partecipi dello scellerato delitto?


E’ vero i familiari superstiti delle vittime della strage sono stati spesso ingannati, come Lei dice, durante questi dolorosi anni. Ma forse l’astuta ed ingannevole affabulazione potrebbe essere venuta proprio dai luoghi e dalle persone piu’ interessate ad avvelenare ogni notizia ed ogni risultanza investigativa come quelle “polpette” che solo uomini adusi all’arte militare del depistaggio possono saper costruire. Come ben ci ha insegnato il sig. Edward Luttwak nel suo libro sulla “Tecnica del colpo di Stato”. E andiamo a vederlo allora, questo processo inquinante ed inquietante attraverso alcune questioni tecniche abbastanza stringenti, non prima pero’ di averLe posto un altro interrogativo pregiudiziale.


Io non so quanto Lei conosca della sentenza ordinanza di rinvio a giudizio del Giudice Priore. Ma qualora avesse quantomeno la curiosita’, torni a guardarla tra le pagine 70 e 80, le primissime di un testo che spazia su oltre 5000 pagine.


Lei converra’ che, come e’ per le indagini in un caso di incidente di volo, in cui Lei e’ certamente esperto, le prassi di accertamento possano e debbano essere altrettanto rigide ed ineludibili anche in campo giudiziario. Ora in quelle pagine si da’ atto che il Giudice Santacroce, al tempo incaricatoo delle indagini, nel Dicembre 1980 decidesse di recarsi lui stesso a Palermo per eseguire il sequestro dei nastri del controllo aereo e farsi dunque consegnare dalla Aeronautica quei nastri. Un ordine di sequestro gia’ disposto e notificato fin dal Luglio precedente, ma che l’Aeronautica, fino a quel momento, si era dimostrata renitente ad eseguire.


Esiste, scriveva il Giudice Priore, una relazione delle modalita’ del sequestro “ma si tratta di una ben strana e singolare relazione”. In essa non e’ il Magistrato ad intestrasi il verbale, ma l’Ufficiale della Aeronautica cui era stata richiesta la consegna. Questi da’ atto che si era a lui presentato il Sig. Santacroce, “qualificandosi con il grado (sic!) [cosi’ nel testo della sentenza] di Giudice Istruttore”. E dopo aver descritto in maniera che sarebbe esilarante se non fosse tragica, le resistenze opposte dall’Ufficiale alla consegna del materiale richiesto dal Magistrato, il verbale da’ atto che, solo dopo aver consultato i propri superiori, l’Ufficiale verbalizzante consente alla consegna dei nastri richiesti “ammonendo il suo interlocutore che il materiale consegnato avrebbe potuto essere soggetto a vincoli di secretazione e dunque la responsabilita’ per la eventuale violazione di tali vincoli sarebbe ricaduta sul Magistrato stesso”.


Ora mi sarebbe piaciuto molto essere alla presentazione nella quale Lei ha trovato modo di fare quelle dichiarazioni cui riferiamo, per chiederLe, nella forse vana speranza di avere una risposta, per quali arcane ragioni fossero stati consentiti simili atteggiamenti di disprezzo e vilipendio istituzionale. Per conoscere il suo personale parere attuale su quei comportamenti e per sapere perche’ a Suo giudizio la Magistratura non intervenne con il medesimo rigore che Lei avrebbe certamente utilizzato qualora fosse stato incaricato di svolgere una indagine tecnico formale sui reperti di un incidente aereo e fosse stato trattato alla medesima stregua che il Magistrato dovette subire da un semplice Maggiore della Aeronautica.


Avrebbe forse il garbo e la disponibilita’ per spiegarmelo ora, fuori dal contesto politico e salottiero in cui sembra essersi svolta la presentazione del libro?


Non e’ forse vero che un simile atteggiamento potrebbe ricollegarsi alla radice di alterita’ rispetto alla Societa’ Civile, in cui si cerca di educare ogni futuro quadro dirigente delle Forze Armate? Al punto che il Generale Corcione, primo militare a rivestire le funzioni di Ministro per la Difesa ma pur sempre esponente di questa “veterocultura militare”, in occasione della audizione di fronte alle Commissioni Difesa, dove era chiamato a dar conto delle vicende di truffa ai danni dello Stato consumate da centinaia di Ufficiali e Sottufficiali, ebbe l’ardire di affermare:


“Se il mondo militare non viene trattato con quella cura particolare che esso richiede; se come spesso accade si tende a ricondurne i valori specifici a quelli sicuramente onorevoli ma affatto diversi del mondo civile (…)”.


E mi fermo qui nella citazione del Generale Corione, che ho invece puntigliosamente analizzato nel Capitolo “Fatti di Mafia” della faticosa memoria – ancora in cerca di un editore - delle vicende mie personali e degli Uomini del Movimento Democratico (una stucchevole serie di scritti che se fosse interessato potrei comunque inviarLe).


Per chiedere invece a Lei: Lei pensa di poter condividere quelle affermazioni? Pensa davvero sia lecito ritenere che possano esistere valori militari altri e “diversi da quelli pur nobili della Societa’ Civile”, o non crede sarebbe piu’ giusto che i soli valori condivisi e condivisibili da tutte le compenenti della Societa’ Nazionale, siano essi civili o militari, dovrebbero essere quelli del dettato Costituzionale e quelli del suo spirito democratico cui “l’ordinamento militare e’ chiamato ad informarsi”, secondo l’art. 52 della stessa Costituzione?


O ritiene forse accettabile quell’adagio citato dal Procuratore Generale Militare nella prima relazione tenuta dalla Magistratura Militare alla apertura dell’anno giudiziario 2000, in cui si pensava all’ambiente militare come una “beata insula incontaminata dal contagio costituzionale e democratico”?


Per vostra fortuna i rappresentanti delle altre funzioni dello Stato non hanno mai inteso porvi interrogativi stringenti su queste questioni insidiose. Ma che c’entra infatti Ustica con tutto questo, direbbero ancora oggi i miei interlocutori? Ebbene c’entra, Sig. Generale, oh si’ se c’entra!


Infatti il reato di Alto Tradimento e’ consumabile solo se perpetrato nei confronti del proprio riferimento principale, del proprio Stato e Governo, non certamente se si usano artifici per ingannare e sviare il nemico e l’avversario, non Le pare?


Ebbene il Suo predecessore Gen Mario Arpino, convintosi infine nel 1999 ad offrire una “leale collaborazione” al Parlamento italiano ed alla Magistratura, “ammette”, ad esempio che siano state riferite al Parlamento per ben diciannove anni notizie non vere relative al rinvenimento del MIG, anche se non precisa quali sarebbero documentalmente le notizie vere riferibili a quell’avvenimento e non motiva su quali basi di credibilita’, dopo aver ammesso le menzogne, le sue dichiarazioni eventuali avrebbero dovuto essere ritenute attendibili.


Ammette” quasi gaglioffamente tutta una serie di sconcertanti delitti di falso alle Autorita’ politiche e giudiziarie come le risultanze alterate degli statini del personale in servizio nei vari siti interessati ai rilevamenti sul volo Itavia IH870 e sul controllo della Difesa Aerea in quel giorno della strage.


Ammette”, dunque, ma conclude con una delirante affermazione che qui riporto a memoria nonostante la virgolettatura: “Vorrei che Voi capiste signori che in quel tempo per larga parte degli ambienti militari una percentuale significativa del Parlamento italiano era costituita dal nemico”. Ed e’ su questa base di presunzione autoreferenziale o di doppio e prevalente giuramento ad altre fedelta’ extranazionali, sconosciute tuttavia alla nostra Costituzione, come attivita’ lecite o consentite, che dunque si fondava quella dichiarazione di vicinanza solidale con gli uomini indagati per la strage.


Ecco perche’ tutto quello che stiamo dicendo c’entra, Sig. Generale. Perche’ e’ stato il vertice stesso di quell’Arma che oggi Lei dirige ad ammettere che i suoi uomini, al tempo di Ustica, consideravano il Parlamento costituito in larga parte dal nemico (cioe’ tutta la parte politica di tradizione comunista). E dunque ritenevano ”quasi un dovere, mentire al Parlamento intero”, considerandolo colluso con un nemico del quale non sapeva imporsi di liberarsi, estromettendolo a forza dalle Istituzioni rappresentative. E la attivita’ di inganno e sviamento del nemico, “anche solo potenziale” perche’ adiacente o compiacente con il nemico, e’ considerata attivita’ lecita da tutti gli accordi di Diritto Internazionale (oggi divenuto una specie di bestemmia grazie alle nuove prospettive statunitensi di “Nuovo Ordine Mondiale”), fino agli accordi dell’Aja di inizio del secolo scorso a partire dal testo classico “De Iure Belli ac Pacis Libri tres” su cui tutti noi Ufficiali siamo stati formati.


E al nemico si mente con un solo ed unico obiettivo: quello di sviarne la attivita’, alterarne la capacita’ di intelligenza, e renderne inoffensive le attivita’ che voglia porre in essere contro le nostre truppe e le nostre iniziative. Dunque c’entra tutto questo con Ustica, perche’ rappresenta il brodo culturale nel quale si sono consumate stragi come Ustica per servire i desiderata di un dominus estraneo, e con essa tutte le altre nefandezze che i “re-clienti ed i loro vassalli” andavano perpetrando per sentirsi confermati nel proprio piccolo ma smisurato potere di reggenti delle “provincie di confine”.


E’ dunque lecito, a Suo parere, aver considerato per 19 anni il Parlamento Italiano, liberamente eletto dal Popolo, come “covo del nemico”, al punto di mentire per sviarne la attivita’, depistarne la intelligenza, disinnescarne la potenzialita’ “aggressiva”? Dovrebbe dirmelo, cortesemente, come dovrebbe dirlo a tutti noi italiani quale che sia la collocazione del nostro cuore, per poter essere legittimato a pronunciare le frasi che ha pronunciato.


Sentirsi garantito da una sentenza di proscioglimento non e’ sufficiente, perche’ quella sentenza e’ solo frutto, come ho scritto al Generale Tricarico, di una dinamica democratica e di certezza del diritto che non poteva definire in processo la costituzione delle prove di accusa (essendo svolto il processo ancora in regime inquisitorio) e doveva necessariamente riferire alle sole conclusioni istruttorie, che si sono purtroppo fermate “sull’orlo dell’indicibile” solo per la mancanza del coraggio estremo che sarebbe stato necessario a chi aveva intravisto la Verita’ ma non ha avuto cuore per illuminarla fino in fondo per ragioni di Giustizia, e si e’ lasciato vincere da ragioni di opportunita’ e convenienza.


Una sentanza scontata, aveva scritto questo Ciancarella a quel Giudice, ma una sentenza che non cucira’ la bocca di questo Ciancarella di fronte allo straparlare di vertici militari “rei confessi” e di politici “destri e sinistri” seduti allo stesso tavolo con chi “ha ammesso di aver loro mentito per anni con spudoratezza e presunzione di impunita’, semplicemente perche’ li considerava come immagine del nemico”.


Mi dica, comunque od almeno, chi stava, in ralta’, sviando e tradendo quelle povere vittime da Lei citate: coloro che ritenevano un dovere mentire al Parlamento, oppure coloro che cercavano e cercano ancora anche a rischio della propria vita?


Ricordiamo allora qui, ancora una volta, quel brano del suo discorso riportato dalle agenzie qualcuno ha cercato con pervicacia di ingannare, seminando menzogne sapendo di mentire, non voglio nemmeno pensare a quale scopo”. Ma quel qualcuno, e lo abbiamo appena visto, erano proprio i vertici dell’Arma, organizzata in discesa a difesa della propria impunita’. E lo scopo scellerato e’ sguaiatamente davanti agli occhi di tutti. Questa e’ la misera e triste realta’ che emerge dagli esiti del processo, egregio Generale. Non quella che Lei, come i Suoi predecessori, vorreste far baluginare davanti agli occhi creduloni di un Parlamento senza dignita' e di un popolo espropriato di dignita’ e sovranita’ e reso sempre piu’ simile a bande di tifosi da bar sport o di voyeur di falsi come “Il Grande Fratello”, oppure davanti a quelli incapaci di vedere, perche’ offuscati dalle lacrime, dalla incompetenza e dall’ansia tradita di ottenere Verita’ e Giustizia, dei familiari delle vittime.


Perche’, Lei potrebbe chiedersi, tanta astiosa ostinazione in un personaggio gia’ classificato come portatore di elemnti inquinanti? Perche’ non c’e’ scampo di fronte ad uno dei pochi reduci di quel meraviglioso Movimento Democratico, di Cittadini con le stellette che in nome della Costituzione si contaminarono con la Democrazia popolare. Voi dovrete costringerlo a rispondere delle sue accuse nelle sedi deputate, accettando il rischio di confrontarvi con le sue competenti e stringenti domande, ovvero dovrete tacere e rimanervene immoti, come e’ stato da parte del Gen Tascio, del Gen Arpino e del Gen. Tricarico, sperando che la assenza di attenzione e di memoria che avete seminato nel nostro Popolo porti i suoi frutti di oblio e di indifferenza alle sorti di chi sara’ sempre un implacabile avversario di ogni corruzione e di ogni tradimento della fedelta’ costituzionale.


Cosi’, anche a rischio di giocare in anticipo qualche carta residua rimasta tra le mie mani, Le chiedo ora conto di altri due semplici particolari che solo la incompetenza o la ignavia hanno potuto trascurare di approfondire, inchiodando i responsabili alle loro responsabilita’ accertabili.


Prendiamo ad esempio il codice di criptazione Nato dei tracciati radar. Per anni si era negata al Magistrato la loro disponibilita’, poi improvvisamente – come “confessa” il Gen. Arpino - quel codice, contenuto in un dischetto non meglio precisato, viene ritrovato in circostanze non meglio precisate, da qualcuno non meglio precisato, all’interno di un cassetto, non meglio precisato, dove qualcun altro, non meglio precisato, lo avrebbe abbandonato, piuttosto che distruggerlo, per la nota sciatteria italica. Cosi’ si pronuncio’ il Generale Arpino davanti alla Commissione Parlamentare sul fenomeno del terrorismo e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili di strage. Arrivava a dire, l’ineffabile Generale, davanti ad un silente consesso politico: “Sia benedetta per una volta la italica sciatteria che ci ha consentito di rinvenire quel codice che avrebbe dovuto essere stato distrutto”.


Ma qui, si dice nel mio dialetto, casca l’asino che vuole strafare. Almeno per orecchie ed occhi competenti e vigili.


Lei infatti Sig. Generale e’ Ufficiale ed uomo esperto di Sicurezza, dunque ricordera’ senz’altro la ferrea educazione che tutti ricevevamo sul trattamento di documenti riservati. Ricordera’ certamente le famose “buste Charlie” (aspetto su cui mi dilungo un po’; ma solo per agevolare i lettori collaterali della presente comunicazione).


Erano quelle buste che ogni Comandante di velivolo comandato in missione riceveva dall’Ufficio “I”, ovvero dall’Ufficiale di picchetto, se veniva chiamato al volo dopo l’ordinario orario di lavoro della base, e che conteneva le istruzioni ed i codici da utilizzare in caso che, durante la permanenza lontano dal proprio comando, fossero avvenuti fatti sociali (insurrezioni) o internazionali (invasioni) che avrebbero reso insicuri i collegamenti con i propri comandi sulle ordinarie frequenze e con gli ordinari mezzi di contatto.


Ogni busta aveva un proprio numero di riferimento, e ciascun capoequipaggio cui venisse consegnata doveva firmare per ricevuta, sotto la specifica indicazione di quel numero di busta assunto. Alla rientro in base una procedura inversa prevedeva la registrazione della avvenuta riconsegna e la riassunzione in carico della specifica busta ad opera dell’Ufficiale di picchetto o dell’Ufficale “I” che eseguiva la restituzione. Fin qui mi sembra tutto giusto, vero Sig. Generale?


Io ho sempre temuto che quelle buste potessero contenere piuttosto istruzioni per comportamenti da adottare in caso di colpo di stato durante lo svolgimento della missione, ma ne’ il mio grado mi consenti’ di poterne conoscere la reale natura, ne’ i miei colleghi incaricati di quegli Uffici, pur stuzzicati al riguardo, lasciarono mai trapelare alcuna informazione a conforto o smentita dei miei timori.


Non ho mai capito se cio’ dipendesse da un’alta professionalita’ o da una totale insipienza dei medesimi colleghi e dalla totale inconsapevolezza delle condizioni e del clima in cui si viveva in quegli anni. Ma che c’entrano le buste “Charlie” con Ustica? C’entrano, c’entrano, oh se c’entrano. Vediamo assieme.


Bene, Lei certamente sapra’ che come accade anche della “parola d’ordine” che quotidianamente viene assegnata a ciascuna sentinella, e che viene mutata quotidianamente, anche i codici “Charlie” andavano mutati quotidianamente o periodicamente e dunque le buste andavano riconsegnate tassativaemente non appena rientrati alle proprie basi, e successivamente andavano distrutte, quando i codici fossero cambiati, a cura degli Ufficiali “I” con verbali appositi redatti da una Commissione. E cosi’ su su fino ai codici di criptazione dei tracciati di volo.


E dovra’ convenire che siccome tutto ha un senso, deve averlo, in un ambiente in armi, se lo si vuole affidabile, quella necessita’ di distruzione si collega strettamente alla natura stessa di intelligenza di simili metodi e meccanismi di criptazione. Ed il termine di riferimento e’ sempre “il nemico”. Il cambiamento e’ frequente infatti perche’ il nemico non possa essere agevolato nella sua attivita’ di interpretazione dei codici utilizzati. La distruzione e’ necessaria perche’ ogni rinvenimento ed acquisizione di codici, ancorche’ obsoleti, consentirebbe al nemico di intuire e capire i processi di formazione dei nuovi codici sostitutivi di quello acquisito.


Lei sa bene che esistono direttive rigidissime sulle modalita’ di raccolta e distruzione di tutte le chiavi di letura dei codici cripto superati e sostituiti. Una rigidita’ addirittura feroce, fino a configurare l’Alto Tradimento per chi non rispetti scrupolosamente l’ordine della riconsegna, e della distruzione dei codici cripto. Ad Ustica questa rigidita’ sembra sciogliersi invece come neve al sole.


Infatti, in questo quadro di condizioni militari di filosofia, di cultura e di operativita’, qualcuno vorrebbe farmi credere che sia possibile reperire improvvisamente un codice obsoleto e che avrebbe gia’ dovuto essere distrutto in tutti gli esemplari esistenti delle chiavi interpretative, “abbandonato in un cassetto” da uno sciatto non si sa chi, e li’ rinvenuto da non si sa chi, in circostanze imprecisate, e riconosciuto per arcani motivi, finendo col pervenire finalmente a quei giudici che cosi’ disperatamente avevano cercato di acquisirlo ed ai quali fino a quel giorno era stata opposta la impossibilita’ di esibizione per intervenuta distruzione.


Cosa fa quel Magistrato? Si affretta ad utilizzare il codice, arrivando quasi a ringraziare per la collaborazione e beccandosi, con i Parlamentari referenti, la “laude alla italica sciatteria”.


Neppure per un attimo si ferma per risalire a ritroso la catena di quell’incomprensibile rinvenimento tardivo. Era stato il Capo di Stato Maggiore a consegnarlo? Bastava chiedergli, costringendolo sotto minaccia di incriminazione, di dire da chi gli era stato consegnato, e cosi’ via via procedendo a ritroso si sarebbe arrivati a quell’anonimo rinvenitore al quale sarebbe stato possibile chiedere: “In quale cassetto esattamente lo ha trovato, e cosa conteneva d’altro il cassetto che lei stesse cercando?” Perche’ e’ ovvio che se il codice e’ stato rinvenuto solo fortuitamente e non in una sua caccia disperata, quel cassetto deve essere stato aperto per altri motivi.


Ma ancora gli si sarebbe potuto chiedere: “Cosa le ha fatto intuire, pensare, ritenere che potesse trattarsi proprio del codice cripto che ritenevamo ormai disperso perche’ distrutto per intervenuta sostituzione?”. I contenitori dei codici infatti non recano in chiaro ed a caratteri cubitali il rispettivo contenuto, ma solo quei numerini di riferimento che abbiamo visto per le buste Charlie. E poiche’ certamente il nostro uomo non aveva possibilita’ di utilizzare su qualche consolle radar il codice, onde poterlo riconoscere, avrebbe dovuto preconoscere quel numero identificativo (di un codice obsoleto) o essere affiancato all’atto di aprire il cassetto da qualcuno che potesse averne memoria (memorie di ferro, in certi casi, signori. In altri solo qualche mesto e meschino “non ricordo”).


L’eventuale sicurezza dell’interessato nel riconoscimento del codice avrebbe inoltre potuto facilmente essere messo alla prova chiedendogli di fornire altri elementi identificativi di contenitori diversi del medesimo codice obsoleto, o di altri simili. Di fronte ad eventuali incertezze gli si sarebbe potuto chiedere di rivelare chi gli avesse ordinato di guardare proprio in quel cassetto proprio in quel giorno, e forse anche di ricordare proprio quel numero identificativo.


A me non risulta che una simile attivita’ investigativa sia stata svolta; ma questo non mi impedisce di affermare che essa fosse necessaria per evitare il rischio di aver ottenuto tardivamente un codice di decriptazione opportunamente “adeguato” che consentisse cioe’ di vedere, leggere ed interpretare solo cio’ che era piu’ utile e funzionale agli interessi dei responsabili della strage.


Ed e’ molto sospetta, mi lasci dire, la inerzia disciplinare di un Comandante che, rinvenuto un pur prezioso codice cripto che avrebbe gia’ dovuto essere stato tassativamente distrutto, si compiacesse della “italica sciatteria”, piuttosto che lavorarare per individuare il responsabile della mancata riconsegna (cosa estremamente semplice perche’ come abbiamo visto esiste una precisa procedura di consegna di ciascuna chiave cripto a precisi e rintracciabili Ufficiali responsabili), cosi’ come il responsabile della non rilevazione di quella mancanza di una delle chiavi di lettura consegnate al momento del loro richiamo per sostituirle, e dunque responsabile della sucessiva distruzione di un lotto di chiavi cripto verbalizzando che riferisse alla totalita’ degli esemplari ricevuti quando in realta’ ne sarebbe mancato uno.


Via Signor Generale, sia comprensivo, questo non e’ affatto credibile in una organizzazione di uomini in armi, non ne conviene?


Ho sperimentato sulla mia pelle l’essere accusato di sciacallaggio sul dolore dei parenti delle vittime, quando ho voluto investigare un delitto molto piu’ semplice e solarmente interpretabile come la vicenda del giovane paracadutista Scieri, ucciso nella Caserma Gamerra. Un caso rimasto tuttavia avvolto nella ovattata indefinibilita’ degli esecutori, dei metodi e dei moventi. Ma Le assicuro che la vicenda nella sua turpe azione di depistaggio e’ assolutamente speculare alla vicenda stragista di Ustica. La stessa medesima volonta’ di fingere collaborazione alle indagini nella totale assenza di quelle attivita’ tipiche della operativita’ militare che si sarebbero attivate alla grande, invece, anche se fosse esploso solo un petardo sotto l’ultima jeep dismessa ed abbandonata nell’ultimo garage stiva di rottami della base. La medesima incompetenza e reverenzialita’ dei Magistrati nei confronti di un potere che non riescono a fronteggiare con la schiena dritta e guardandolo negli occhi, come dovrebbero, se fossero consapevoli della propria personale dignita’ e di quella delle funzioni che esercitano. La medesima e servile soddisfazione della politica che si reca in delegazione a fare le scuse al Reparto, senza mai fare le proprie scuse alla famiglia.


Gia’ le famiglie. Chi ha usato del loro dolore e della loro condizione inerme ed incompetente: coloro che li hanno convinti che non si possa leggere una “targa” di un aeroplano, quindi sia impossibile identificarlo, solo perche’ abbia l’IFF staccato, o chi ha insistito nel dire che nulla di cio’ che attraversa un cielo puo’ essere invisibile, a meno di un accecamento determinato da aggressione e contromisure elettroniche, e che tutto cio’ che viene rilevato nel cielo, se non viene o non puo’ essere identificato, deve essere, e pertanto viene, tempestivamente intercettato da una pattuglia di caccia; e che, laddove la difesa si convinca che tale “UFO (= Unidentified flight object, oggetto volante non identificato)” possa costituire una minaccia ed un pericolo, quell’oggetto volante non identificato potrebbe anche essere abbattuto qualora non eseguisse gli ordini perentori del capopattuglia?


Non ho letto domande sul sistema di Difesa, sui fondamentali della metodica militare in questa indagine. Non ho letto domande sulla esercitazione aeronavale “Devil’s Jam (= Marmellata di Diavolo)” che forze Alleate Nato, con la partecipazione di reparti e mezzi francesi, svolse il 18 Luglio per valutare la capacita’ alleata di respingere tentativi di penetrazione da Sud. Domande che avrebbero immeditamente svuotato di senso e significato la datazione al 18 Luglio della precipitazione del velivolo MIG i cui resti furono rinvenuti sulla Sila.


Non ho letto domande sui fondamentali delle “Clearence Internazionali” che consentono ad un velivolo straniero di attraversare i nostri cieli, non ho letto domade sui livelli di responsabilita’, sugli Uffici addetti ed i criteri di rilascio per tali “Clearence”. Non ho letto domande sulla situazione internazionale in quel momento e sui riflessi che essa poteva avere sulle attivita’ dei singoli Uffici Militari. Ivi compresi quelli addetti al rilascio delle “Clearence internazionali (o diplomatiche come vengono chiamate)”. E questo significa non aver voluto comprendere il perche’ ed il come fosse possibile quella richiesta di attraversamento del velivolo di Gheddafi, il famoso Zombie 56, ne’ di chiedere conto del come mai fosse stata autorizzata una rotta tutta interna al nostro territorio spazio aereo, piuttosto che quella richiesta che rimaneva tangenziale al nostro sistema di difesa.


Senza quelle domande e le tante altre che ho qui proposto e che avrei potuto proporre, la assoluzione degli imputati era scontata e dovuta. Ma la assoluzione giudiziaria non accerta la non colpevolezza nel delitto di strage, se pur attesta che in quel processo, per come era stato costruito, non si potesse agire contro il potere militare senza agganciarsi ai poteri poltici che avevano preordinato quel progetto stragista e ne avevano dato l’ordine esecutivo.


L’Alto tradimento contro il Parlamento e’ stato certamente consumato per ammissione dei vertici del’Arma, ma di esso gli indagati non erano imputati secondo le ammissioni del Generale Arpino, ma solo per una costruzione artificiosa della accusa e senza riferimento ad un preciso quadro esecutivo di un delitto, e dunque era giusto non costruire in corsa una responsabilita’ che la indagine istruttoria non aveva saputo, voluto, potuto definire limpidamente.


Ma il mio amico De Andre’ avrebbe detto: “Per quanto voi vi sentiate assolti, siete per sempre coinvolti”. Per quanto Lei dunque si affanni a ribadire, in continuita’ con quella “vicinanza solidale con gli imputati” dichiarata dal vertice dell’Arma sin dal primo insorgere delle contestazioni penali, che tra le vittime andrebbero inclusi chi ha patito ingiustamente per decenni accuse infamanti” essi sono comunque responsabili, se non delle imputazioni malamente costruite e peggio sostenute e dalle quali sono stati giustamente prosciolti, diretti ed indiretti della strage che si e’ consumata, per averla ordita in obbedienza a disposizioni politiche ed in ossequio ai desiderata statunitensi, per averne disposto la esecuzione ad opera di mezzi e attraverso uomini dell’Arma, e per aver vigilato sulla costante deviazione delle indagini sulle responsabilita’ mentendo costantemente al Parlamento, e dunque al Popolo italiano.


E questo e’ tutto, Sig Generale, e non mi dica che e’ troppo. Perche’ troppo e’ stato il dover cercare di contrastarvi da soli e senza alcuna attenzione dello Stato formale (ma con tanta attenzione dello Stato sostanziale che e’ il Popolo) in questa consegna all’omerta’ ed alla colplicita’ omicida. Troppo e’ stato il dover raccogliere i resti di un amico fraterno divenuto eccessivamente pericoloso per i responsabili. Troppo e’ stato il dover vedere l’onore ed il prestigio dell’Arma calpestati da quei “cialtroni”, come li defini’ il Generale Arpino davanti alla Commissione Stragi, che si annidavano nell’Arma.


La nostra differenza, che avremmo accettato volentieri come colpa se come tale fosse contestata e che Sandro ha assunto in piena consapevolezza anche quando ha avuto la sensazione che essa fosse ormai divenuta sentenza esecutiva pur senza processo, e’ quella che contrariamente al Gen Arpino che lasciava nel silenzio ovattato dell’anonimato gli eventuali cialtroni cui voleva riferire, noi abbiamo sempre lavorato per dare nomi e fisionomie ai responsabili di ogni nefandezza compiuta all’ombra della divisa, insozzandola, pretendo impunita’ pretoriana per via di quella divisa e tradendo la fedelta’ giurata al Popolo ed alle Istituzioni del Paese.

Accolga, se lo ritiene, i miei saluti di rispetto istituzionale.

Mario Ciancarella



FORZA MARIO

14 commenti:

Unknown ha detto...

Grazie Elena (opssss, scusa, tra di noi il "grazie" è un'offesa!) per avermi citata ( senza grandi meriti, per la verità...). Come mi scrisse tempo fa Mario, hai stuzzicato la mia vanità. Che bello, leggere il proprio nome... Spero solo, con te e con gli altri compagni di "strada" di riuscire a svegliare le coscienze sopite di molti e non solo virtualmente.

Messaggio di servizio:
Ti avverto che da oggi tu e Mauro avete una pagina sul mio blog.
Ve la siete guadagnata sul campo!

Vi amo

( si può fare un PACS a tre a quattro a cinque???)

elena ha detto...

Ecco brava... lascia perdere i ringraziamenti! Altrimenti ti toccherà ricordartene quando ci oscureranno i siti... :)
In fondo il discorso è sempre lo stesso: facciamo poco, ma almeno facciamo quello che possiamo! Sempre controcorrente, poi: si è mai visto che due "concorrenti" si scopiazzano gli articoli e si ringraziano pure, invece di querelarsi etc.? Ma a noi piace così.
Quanto ai PACS multipli, per me si possono fare anche a 12! Anche di più, volendo... :)
Ma poi fammi sapere dove trovo la pagina sul campo che me la vado a vedere e, se di mio gusto, me la terrò tra i promemoria per quando sono depressa...E ora basta, lasciamo questo spazio a chi ha da dire qualcosa su Ustica - dubito molto che arriveranno risposte dai personaggi a cui sono state rivolte le domande... ma chissà!
Suerte a tutti ed un abbraccio a te (ed a Mario, che ammiro per la sua indefessa attività).

elena ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
ska ha detto...

Ho prenotato il libro di Mario: ne voglio sapere di più (confesso la mia quasi totale ignoranza su quanto esuli dal fatto in sé e per sé).
In bocca al lupo!

elena ha detto...

Brava Skak. L'unica cosa che a noi deve fare paura è l'ignoranza.... la verità è solo salute! Se non altro, per le nostre coscienze... :)

Anonimo ha detto...

Cara Elena sono Laura Picchi, ho visto il post del 2/2/07. Non so se saprai che proprio quel giorno del 1992 è stato ucciso Sandro Marcucci. Egli ha combattuto dal 1980 al 1992 assieme a Mario Ciancarella affinchè le vittime della strage di Ustica e i loro parenti avessero verità e giustizia. Sandro Marcucci se fosse ancora vivo ci direbbe che si la sappiamo la verità storica su Ustica che dobbiamo cercare ancora quella giudiziaria e quella politica, che non è vero che è finita perchè è nostro preciso dovere fare ognuno la nostra parte.Spero che sulla testimonianza della sig.Lachina si possa riflettere ed essa ci porti a chiedere al Governo Italiano e alla magistratura di dare alle vittime e alle loro famiglie la verità giudiziaria e politica che gli è stata negata per 27 anni anche in memoria di chi è stato ucciso come Sandro Marcucci nel 1992. No non è finita, facciamo ognuno il nostro dovere!!!

Laura Picchi

elena ha detto...

Ciao Laura, benvenuta e grazie per le informazioni aggiunte.
Quanto al fare il proprio dovere... per quanto mi riguarda , ci sono. Mi sento, onestamente, abbastanza impotente. Ma, come disse il colibrì... "faccio quello che posso" - che è sempre e comunque meglio del nulla.
Spero di avere presto altre novità interessanti... se raggiungono prima te, tienimi informata! Grazie.
Suerte.

Anonimo ha detto...

Cara Elena,
fare il proprio dovere per me significa anche non lasciarsi dal potere condizionare a tal punto da pensare di essere impotenti. Fino a quando sono le famiglie delle vittime a dirlo è comprensibile, ma noi c'è sempre qualcosa che possiamo fare. A volte è poco, pochissimo quello che possiamo fare, ma va sempre fatto con grande serenità e gioia di poter essere in qualche modo utili al fine di dare Verità e Giustizia a quelle Vittime.
Non sarà possibile raggiungere questo fine se ognuno non si impegna a mettere il proprio mattoncino nella costruzione di una matura democrazia nella nostra terra, a costruire questo immaginario edificio sulle fondamenta solide della Costituzione. Per me questo è il cero rispetto della memoria di ciascuna vittima. Laura picchi

elena ha detto...

Eccomi qui, Laura.
Il tuo ultimo commento non mi ha indisposto, offeso, indignato o che so io. Semplicemente, non ho trovato nulla da aggiungere...
Continuo a sentirmi abbastanza impotente, ma sono assolutamente d'accordo sul fatto che tutti dobbiamo fare quello che possiamo (e l'avevo anche scritto prima).
Ti dirò di più: quelli che scoprono nuove vie o sanno di iniziative in corso perché verità e giustizia trionfino, dovrebbero informare gli altri che magari ne sono all'oscuro. Spesso diamo per scontato che, siccome noi sappiamo che una cosa esiste, lo sappiano automaticamente tutti... ma non sempre è così.
E' un invito, Laura... a spartire le conoscenze ed a fare un pezzo di strada insieme.
Buon lavoro! Ti aspetto ancora, qui o dove vorrai.
suerte!

Anonimo ha detto...

D'accordo Elena sono disponibilissima a fare un pezzo di strada insieme e nel scambiarci informazioni. Grazie di avermi tranquillizzato... Sei un'amica. Laura

elena ha detto...

Laura, sei disposta a darmi il tuo indirizzo e-mail? Lo puoi fare "in via riservata" cliccando su "i vostri suggerimenti": appare una schermata che viene spedita ad un mio indirizzo di posta. Grazie! A presto.

Anonimo ha detto...

te l'ho inviato l'indirizzo email giorni fa, spero tu l'abbia ricevuto. laura

elena ha detto...

L'ho ricevuto Laura, tranquilla... e lo userò non appena ci saranno iniziative da divulgare/opinioni da confrontare/suggerimenti da dare, d'accordo?
Ciao!

Anonimo ha detto...

Da mario(ho provato a mandarlo alla tua email ma è troppo lungo). Laura

Rieccoci ancora una volta in mezzo al guado, senza certezze e sicurezze (se mai le avessimo cullate) di poter continuare ad avere dei referenti politici e governativi, con un minimo di “cultura di sinistra” e credibili da vari punti di vista.









Abbiamo assistito ad un continuo titubare dei governanti “di questa sinistra” sui grandi temi dei diritti civili, della immigrazione, di una politica che sapesse riappropriarsi del ruolo guida di indirizzo e controllo della Politica sulla economia e per il welfare o per la sovranità nazionale capace di difendere i Diritti Fondamentali della Persona Umana contro ambizioni di negazione e pratiche di tortura, come fossero spaventati, e di più terrorizzati non solo delle controffensive vaticane, dei tassisti o dei professionisti dell’evasione fiscale, dei cittadini timorosi di ogni diversità, ma anche dai grandi interessi dei potentati economico finanziari (in cui certi suoi esponenti sono stati trovati collusi alla medesima cultura di profitto senza regole) e dallo strapotere minaccioso del Governo Statunitense, negazionista delle minimali e fondamentali conquiste della Democrazia, nata nel suo stesso Paese.









Per poi trovarci a veder battuto questo Governo, e con lui cadere ogni speranza di resistere alla delicatissima situazione di governabilità determinata da una legge elettorale che i suoi stessi estensori avevano definito “una porcata”, per una “incredibile rigidità” su temi di politica estera ed internazionale che sarebbe ignobile non riconoscere avevano invece cominciato ad assumere (in un,per me, inaspettato intervento del Ministro D’Alema) i toni sperati dalla base di sinistra di una discontinuità dal servilismo berlusconiano e dal massimalismo della destra verso le attese del dominus statunitense (che e’ altra cosa dal Popolo e dalla Civiltà statunitense)









E questa volta – vedrete - si andrà alle elezioni subito o saremo costretti in nome di una governabilità caricata del ricatto di questa sciocca ed inaudita caduta ad ingoiare, nei prossimi due o tre anni di tormento, rospi ben peggiori di quelli per i quali abbiamo issato il vessillo del “non possumus”. E comunque ad assistere a grandi e sotterranee manovre per ricostruire quel “grande centro” che potrà, vorrà e saprà fare a meno dei residui della cultura comunista, in nome di un apparente e contestuale distacco dalle destre trionfalistiche, integraliste e massimaliste (come dice Follini “parlare con Bertinotti non e’ meno pesante che parlare con Calderoli”.Grazie infinite della considerazione, signor prossimo Ministro).









Si vorrà punire questa “inaffidabile sinistra, incapace a garantire stabilità di Governo” esponendola al ludibrio degli elettori, ma si ricostruirà forse una alternativa a Berlusconi molto più solida e tuttavia priva dell’anima sociale e solidale che solo una cultura comunista poteva installare in Governi animati dalla affabulazione del neoliberismo selvaggio. E noi, la base, dovremo ricominciare tutto daccapo, un’altra volta, tornando a cucire dal basso, se avremo capacità e consapevolezza del compito e dell’obiettivo, la tenue tela della politica solidale ed antiliberista di una cultura di sinistra che ha saputo fare i conti, molto più e molto prima dei suoi rappresentanti istituzionali, con un passato di deludenti mistificazioni di un pensiero comunista autentico e che si sta battendo (deve continuare a battersi) perchè la sua nobiltà non muoia per le colpe dei suoi piccoli e grandi Stalin. Ne abbiamo o no il diritto ed il dovere?









E’ stato forse dichiarato morto il Vangelo per le colpe storiche della Chiesa? Per i Papi simoniaci e nepotisti, per quelli lussuriosi ed incestuosi, per il terrore dei roghi e delle torture, per lo sterminio dei popoli indigeni, per la colpevolizzazione della donna e la insignificanza in cui vennero relegati i bambini? E’ forse stato dichiarato morto il Vangelo per i preti pedofili e pornografi, per quelli iscritti nelle più torbide congregazioni massoniche o simili, per i Marcinkus e per i traffici illeciti dello IOR per garantire riciclaggio di denaro sporco e costituzione di fondi neri finalizzati alla corruzione politica (collegati ad efferati delitti), per le connivenze con la mafia fino ad ospitare in una cattedrale il feretro di uno dei capi più sanguinari della criminalità organizzata?









E’ forse morto il Vangelo per i funerali negati a Welby ma celebrati con grande enfasi e retorica per i grandi suicidi di Stato? Forse sono stati negati a Giovanni Paolo II per aver chiesto anche lui di “interrompere l’accanimento terapeutico”, con quella frase che nel suo caso è stata celebrata come ansia di riunirsi al Padre celeste “Lasciatemi andare!”?









Perchè dovrebbe morire la nostra idea di comunismo, allora, per le colpe di chi pretese di impersonarne con violenza ed unilateralismo le attese e le speranze? E dovremmo farlo proprio oggi quando i signori delle guerre e del mondo globalizzato dell’economia selvaggia e del primato esclusivo del profitto sulla dignità umana stanno affamando milioni di Persone Umane, stanno costringendo migliaia di bambini a diventare killer sanguinari, stanno defraudando di diritti e di futuro la più larga parte dell’umanità. NO, e’ nostro dovere rivendicare, qui ed ora, la insostituitibilità di quei principi di civiltà nati nella rivoluzione francese, confermati dalla rivoluzione americana e rinsaldati dalla rivoluzione sovietica. Principi superiori a qualsiasi distorsione storica e banalizzazione interessata dei loro antagonisti feroci ed avidi di insaziabile ed insindacabile potere.









Ma per fare questo non basta essere animati da quei principi, se poi non sappiamo declinare i compiti ed i ruoli che competono a ciascuno: alla base quello di rivendicarli costantemente, denunciandone i ritardi, ai rappresentanti quello non solo di essere dei megafoni acefali dei desiderata della base ma di divenire anche gli artefici dei percorsi e degli strumenti politici perchè quegli obiettivi siano perseguiti con la costanza e la progressività che sempre sono necessari alla crescita della civiltà.









Perchè il “nuovo” Governo, per costruzione artificiosa o per esito elettorale, si farà, vedrete. Se non da subito lo si costruirà con costanza ed abnegazione, forse proprio utilizzando i “sensi di colpa di una sinistra puerile ed insipida”, fino a divenire coautrice della sua marginalizzazione. Da Casini fino a D’alema, si farà, come ieri dal PLI fino al PSI. Gli applausi di certi settori del Parlamento alle pur sofferte dichiarazioni di D’Alema la dicono lunga su quello che si va costruendo. Anche per colpa e responsabilità di nostri rappresentanti istituzionali.









Il paradiso di una umanità solidale, non più conflittuale secondo logiche sanguinarie ma solo secondo regole di convivenza e di dialogo, cari compagni, dovremmo ormai saperlo o averlo imparato, non ci verrà più regalato gratuitamente da nessuno, in specie da qualche signore e demiurgo della storia. Sarà solo il frutto di ciò che avremo saputo costruire, ed ancor prima seminare, con la fatica quotidiana dell’impegno e della militanza e pagando il prezzo di questa necessaria fatica. E soprattutto con quella lucidità che faccia tornare la Politica alla dignità del suo ruolo e compito, quello di portare a sintesi l’analisi che solo dalla base può venire, per intercettare possibili obiettivi, individuare percorsi condivisi e praticabili di avvicinamento progressivo, inventare gli strumenti attraverso cui rendere l’utopia sempre più come un traguardo perseguibile.









Dovremmo provare allora, io credo, a valutare se non sia necessario ripartire da quell’intervista del 1981, di quel grande leader comunista che fu Enrico Berlinguer, sulla questione morale. Sapendo coniugare su di essa la analisi delle collusioni funzionali al sistema di sudditanza atlantica, delle complicità con il sistema di corruzione e di criminalità organizzata, della negazione di vera Democrazia e del riconoscimento dei Diritti Fondamentali, delle garanzie e delle tutele che caratterizzano la vera Democrazia.









Perchè, invece di lasciare che si costruiscano nuovi “pensatoi” (come fabbriche di programmi molto simili a batterie di allevamenti del pollame) dove si elaborano gli improbabili programmi di impossibili convivenze tra anime incompatibili della cultura politica, non proviamo a scriverlo dal basso un nuovo programma politico della nuova sinistra, orgogliosamente comunista e consapevolmente antitetica al “socialismo reale” di sovietica o cinese memoria, ma al tempo stesso ostinatamente antifascista e portatrice di una nuova ansia di solidarietà internazionale incompatibile con lo sposalizio infausto con le attese egemoni del dominus statunitense e con le teorie di un liberismo selvaggio renitente ad ogni assoggettamento alle politiche sociali in nome del puro e solo profitto?









Proviamo, compagni. Proviamo a darci delle scadenze. Che so, una settimana per la individuazione dei punti fondamentali di un simile programma, poi una suddivisione in gruppi che si scambino in rete analisi, diagnosi e propongano terapie per ciascuno dei punti emersi, un mese per sottoporre a tutti i risultati organici e sistematici di questi studi di settore, un mese di tempo per un vero dibattito in rete (e non per le esternazioni apocalittiche o narcisistiche di qualcuno) e per la stesura di un progetto condiviso sul quale convocare i candidati a nuove future, più o meno prossime, tornate elettorali ovvero esprimerne di nostri, di candidati al Parlamento, se lo riterremo necessario ed utile.









Ma e’ necessario, compagne/i, che noi abbiamo un’idea condivisa di partenza sui diversi compiti e ruoli della base, cioè di ciascuno di noi nel suo ambiente di vita e di lavoro, e dei rappresentanti politico-istituzionali che avremo saputo esprimere.









E ritengo necessario, per questo, aprire una parentesi sulla mia esperienza di “militare”, cioè di Ufficiale formato in una Accademia, perchè sia a tutti chiaro come a volte il potere sia in grado di condizionare anche i compagni più in buona fede per renderli inconsapevolmente funzionali ai propri interessi ed obiettivi, come potrebbe essere accaduto anche al nostro compagno Turigliatto, convinto che portare e rappresentare i valori della base possa significare anche rompere senza aver valutato conseguenze, alternative e prospettive politiche.









Ebbene in quei momenti di “formazione” ci veniva insegnato con assoluta trasparenza cosa significhi essere “gli specialisti”, coloro che sono chiamati ad intervenire efficacemente e risolutivamente di fronte all’insorgenza di virus sociali inusitati e pericolosi per la stabilità.









Uno “specialista” e’ certamente colui che può e sa intervenire “chirurgicamente” su una nuova e sconosciuta “infezione”; ma il vero specialista e’ colui che sa trasformare il virus, isolandolo e studiandolo con assoluta scientificità, in vaccino manipolandolo a sua insaputa. Per questo studia approfonditamente ogni insorgenza sconosciuta fino a riconoscerne il virus e capirne i meccanismi di riproduzione, e poi per manipolarlo a sua insaputa perchè si trasformi in “vaccino”. Cioè quando quel “virus manipolato e ridotto in vaccino” sarà reinoculato nel corpo sociale, dopo l’isolamento ed il trattamento, egli si agiterà convinto di generare la sua stessa moltiplicazione (e rivendicandola come sua insopprimibile natura), ma così facendo svilupperà esso stesso gli anticorpi necessari e sufficienti ad ucciderlo.









Badate, amici ed amiche, compagni e compagne, spesso ho trovato compagni insofferenti a valutare che questa prospettiva e queste tecniche potessero essere state utilizzate nei loro personali confronti o con appartenenti al proprio ambito sociale e politico, ma la scientificità del metodo medico (da Plinio in avanti) e’ stata assunta in tutta la sua complessità solo dalla destra e dalla logica del potere, mentre a sinistra ce ne siamo rimasti a discutere delle sole possibili “infiltrazioni” e mai delle “manipolazioni” che avremmo potuto subire e dei processi inconsapevoli cui saremmo stati necessariamente esposti. “L’infiltrazione” infatti e’ tutta un’altra cosa dalla “manipolazione”, in politica come in medicina dove la branca della chirurgia e’ tutta un’altra cosa dalla branca della biologia e della ricerca che accompagna quest’ultima. Entrambe si sviluppano attraverso il progresso di metodologie e di tecnologie come di strumentazione e di dottrina, entrambe si fondano sulla sempre più minuziosa conoscenza della fisiologia e della anatomia del corpo, ma l’una e’ invasiva e in qualche misura sempre violenta, l’altra e’ astuta e spesso subdola, perchè studia processi di aggressione del male che a volte possono trasformarsi in armi di attacco, come gli strumenti della guerra batteriologica.









E’ con questa consapevolezza che il nostro studio dovrebbe saper porre con limpidezza anche le modalità con cui un rappresentante istituzionale dovrebbe saper interpretare le attese della base. Infatti, tornando al caso della malattia di un familiare, e’ evidente che le attese dei parenti siano quelle di un pieno e pronto ristabilimento in salute, ma e’ altrettanto evidente che il “medico” dovrà sapersi accontentare di progressi, per quanto lenti, di un processo che guardi alla salubrità come punto di approdo e non come aspirazione di immediatezza. Saremmo forse così sciocchi da chiedere l’interruzione delle cure solo perchè a nostro giudizio i progressi sarebbero troppo lenti, e senza avere nessuna alternativa in mano che quella di affidarci a qualche sciamano o “maghetto” televisivo?









Vedete la presa di coscienza di nuovi diritti, come quello alla salute o alla dignità del malato, sono stati fondamentali per la mutazione della medicina tradizionale da baronia insindacabile e potere devastante sulla persona in modalità di servizio alla sanità e di rispetto del paziente, ma nessuno potrà pretendere di sostituirsi al medico in sala operatoria o quale terapeuta medico per il solo fatto di aver contribuito a questa nuova cultura della medicina. Dovrà, se vorrà sostituire quanti egli ritiene siano dei “baroni”, aver acquisito tutte le competenze specifiche per operare con una cultura diversa ed in un’ottica diversa e nuove della professionalità medica, ma le competenze di base dovranno essere state assolutamente acquisite. A pena di dover diversamente abbandonare il campo alla prima appendicite, per aver distribuito budella in tutta la sala operatoria senza sapere come rimediare. Con buona pace di tutte le intenzioni buoniste di saper esercitare una “medicina dolce e rispettosa della persona umana”.









Perciò al Parlamento dovrà entrare e dovremo mandare certamente gente che abbia una storia che ne certifichi la condivisione delle nostre aspettative., ma che abbia anche studiato e voglia di perfezionarsi nella specifica professione della Politica, che non e’ l’arte del compromesso, ma l’arte del possibile in vista dell’auspicabile.









Beh, io penso che nessuno di noi lascerebbe che a costruire la sua casa provvedessero in assoluta indipendenza geometri o muratori. Chiunque abbia avuto la ventura e la fortuna di poter scegliere la propria casa sa di aver imparato e dovuto imparare molte competenze per le quali si riteneva assolutamente inidoneo: da muratore ad idraulico, da elettricista ad imbianchino. E soprattutto di aver preteso che i “professionisti” realizzassero un modello di casa il più vicino possibile al “sogno” che ciascuno di noi aveva pensato. Abbiamo poi cercato gli strumenti finanziari per realizzare il sogno, abbiamo accettato di ridimensionarlo quando abbiamo capito che non potevamo “ottenere tutto e subito”, abbiamo accettato di sottometterci ai sacrifici che il “possibile ed il praticabile” rendevano comunque necessari.









E chi di noi, avendo un familiare ammalato in casa, non e’ divenuto un “piccolo esperto” di terapie, effetti collaterali di medicinali, “esperto infermiere” del degente, consulente ed interlocutore del luminare di medicina al quale nessuno pensava di potersi sostituire, ma dal quale pretendere rispetto e pari dignità nella diversità di ruolo e competenze ci appariva cosa del tutto legittima e scontata?









In certi casi l’ordinarietà della vita, passa normalmente in secondo piano, le ferie e le vacanze divengono un piccolo rimpianto ma al quale si rinuncia con serenità per la consapevolezza del “dovere” di dover stare “al pezzo”. Che si tratti del progetto casa o della salute del familiare. E’ vero o no?









Perchè non farlo allora, molto umilmente, ma con la stessa determinazione per la Politica, per la nostra casa comune, che e’ il Paese Italia, e per il nostro futuro comune la cui natura, violenta e frantumata o pacifica e solidale, dipende solo da noi e da quanto avremo saputo seminare perchè possa avere speranza di crescita?









Fatemi sapere quel che ne pensate. Domani e’ un altro giorno, ma dipende da noi se partecipare o meno alla costruzione del volto con cui questo futuro ci si presenterà.









Mario