"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

martedì 30 ottobre 2007

Evo Morales sale in cattedra a Roma

Morales con Zanotelli nella sede di Action



di Alessia Grossi


«Sono un po' sorpreso perché c'è un pubblico molto folto qui questa sera. Non immaginavo che in Italia ci fossero tante persone interessate al mio Paese». Esordisce così Evo Morales Ayma, presidente della Repubblica della Bolivia, lunedì sera di fronte alla giovane folla che lo acclama riunita nell'Aula Magna dell'Università La Sapienza di Roma. Un incontro voluto e sostenuto da molti movimenti sociali, uno su tutti l'Associazione "A Sud", dalle testate Carta, Liberazione e Il manifesto in accordo con la prima università romana. Ad introdurre il Capo di Stato boliviano il professor Luciano Vasapollo, militante intellettuale interessato alla rivoluzione dei popoli dell'America Latina e un Gianni Minà più commosso del solito. «Ernesto Che Guevara non doveva essere un visionario quando parlava del riscatto del popolo indigeno d'America se questa sera con noi abbiamo un presidente boliviano che viene dalla sua terra» dice Minà a gran voce.


«Io non ho finito il percorso scolastico. La mia è stata l'università della lotta insieme ai contadini e agli operai» inizia il racconto Morales rivolgendosi agli studenti. E lui stesso sembra essere ancora meravigliato di come sia diventato da giovane militante quale era colui che ha guidando il suo popolo alla liberazione. «Nel 1990 venni in Italia a partecipare ad alcune conferenze come cocalero ( i cocaleros sono contadini quechua e aymara coltivatori della foglia di coca che rivendicano il diritto degli indigeni a coltivare la «sacra foglia») e in quell'occasione cercavo di spiegare le ragioni del movimento indios e mai avrei pensato di diventare io stesso presidente» spiega Morales ricordando la sua storia di ex sindacalista e deputato dei cocaleros della Bolivia e la posizione dominante dell'Italia nel commercio della foglia di coca fin dall''800. «Poi - racconta divertito - la Chiesa e la Coca Cola degli Usa hanno rotto questo rapporto».

Ora da presidente della Bolivia Evo Morales sa che non è stato semplice cambiare le cose in Bolivia. Una volta al Governo bisognava affrontare mille problemi secolari come la lotta per la nazionalizzazione degli idrocarburi, quella per ottenere aiuti dal Fondo Monetario Internazionale, quella per difendersi dalla solidarietà condizionata degli Usa (che in cambio di 30milioni di dollari in aiuti per riconvertire le raffinerie di petrolio chiedevano il rispetto di tre condizioni: la privatizzazione delle miniere, l'eliminazione della coltivazione delle coca, e la lotta al terrorismo cioè ai cocaleros).

Poi Morales parla della piacevole scoperta dell'asse latinoamericano. La solidarietà vera di Cuba, del Venezuela di Chavez, dell'unione delle forze dei leader sudamericani e caraibici come aveva sperato fin da giovane e di come decise il suo percorso presidenziale grazie ad un suggerimento di Fidel Castro. «Durante un incontro a L'Avana con altri paesi del Sudamerica nel 2002 il comandante Castro ci disse di non fare come lui fu costretto a fare. Ma di seguire l'esempio di Chavez per riformare i nostri Paesi. Utilizzare lo strumento dell'Assemblea Costituente per riscrivere la Costituzione della Liberazione». E ora che la Costituzione si sta facendo in Bolivia Morales spiega anche quanto sia difficile far valere i diritti di tutti. «Ma - conclude - la Costituzione deve essere approvata dai due terzi dell'Assemblea altrimenti sarà il popolo a decidere con il referendum».

Morales si fregia di essersi ridotto il compenso da presidente. «Sono passato a 2mila euro contro i 25mila mensili dei miei predecessori - spiega. Ma poi ho dovuto rialzare il mio compenso dato che nessun funzionario pubblico può prendere uno stipendio superiore a quello del presidente». Ironia a parte Morales conclude con i numeri veri. Quelli che per gli indios boliviani stanno facendo la differenza. Come la riduzione del deficit in salita dal 1965. «Denaro impiegato nell'istruzione, negli asili nido, nei bonus per i bambini e nelle pensioni per gli anziani, l'80 per cento dei quali, in quanto contadini fino a poco tempo fa non ne aveva nemmeno diritto». E ancora la crescita delle riserve finanziarie del suo Paese, ultimo tra quelli dell'America Latina. «Siamo passati da 1,7 miliardi di dollari del 2006 a 5 miliardi di dollari del 2007. Per voi italiani non saranno molti ma per noi sono tanti e la sfida è quella di raddoppiare nei prossimi due anni.

La volontà di colmare un divario economico che va avanti da 500 anni. In Bolivia il rapporto è di 1 a 127 - racconta Morales - il che significa che il 90 per cento della popolazione, gli indios, i contadini, i minatori, vive con un boliviano (moneta nazionale) al giorno a fronte di un 10 per cento, le famiglie dell'ex oligarchia che ne spende 127. «La sfida - dice il contadino- presidente - è sanare il più possibile questo divario».


Pubblicato il: 30.10.07
Modificato il: 30.10.07 alle ore 13.43

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=70205

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3 commenti:

Franca ha detto...

Cambiare si può: un altro mondo è possibile

Fedepom ha detto...

Evo, un grande uomo,semplice ,onesto il cui obbiettivo fondamentale è realizzare una profonda revoluzione economico-sociale in Bolivia con strumenti pacifici e democratici.
Come mai i media italiani hanno ignorato questo avvenimento?

Anonimo ha detto...

Morales ha quattro elementi a favore:

- nelle condizioni in cui versa il popolo boliviano è difficile fare peggio;
- le ricchezze in idrocarburi e materie prime che ha la bolivia;
- poter gestire una crescita lineare dei processi industriali partendo da una società in maggioranza rurale;
- la prossima fine del mandato presidenziale di Bush.

Buon lavoro presidente.
Mat