"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

venerdì 19 ottobre 2007

Bhutto, Pakistan sotto shock



Aumentano i morti: almeno 139

Forti sospetti sui servizi segreti

Si fa di ora in ora più pesante il bilancio del duplice attentato dinamitardo di giovedì sera a Karachi contro il corteo di Benazir Bhutto, rientrata in patria insieme alla famiglia dopo oltre otto anni di esilio volontario.

Il numero dei morti accertati è salito infatti ad almeno 139, e con ogni probabilità è destinato a peggiorare ancora: lo ha reso noto Ishratul Ebad Khan, governatore del Sindh, la provincia meridionale pakistana di cui è capitale Karachi, la città più importante del Paese.

I feriti ammontano a 550, anche se tra essi centocinquanta lamentano soltanto lesioni di minore entità e, dopo aver ricevuto le prime cure, sono stati già dimessi dagli ospedali; molti tuttavia versano in condizioni critiche.

L'ex premier del Pakistan si è salvata soltanto perchè al momento delle due esplosioni, che hanno investito in pieno il suo auto-carro modificato, si trovava all'interno dell'abitacolo per riposare, protetta dalla blindatura dei cristalli anti-proiettile; pochi istanti prima era tuttavia ancora sulla piattaforma mobile montata sul veicolo, intenta a salutare i sostenitori che l'acclamavano: se vi fosse rimasta, Bhutto non avrebbe avuto scampo.

Stando alla ricostruzione preliminare degli inquirenti, dapprima qualcuno ha scagliato una bomba in mezzo alla folla, proprio mentre transitava il camion dell'ex esiliata; quindi, sul lato opposto della stessa strada, un kamikaze si è fatto saltare in aria.

Due auto di scorta della polizia sono saltate in aria, colpite da un kamikaze, dopo la mezzanotte locale (21 italiane) a meno di cinquanta metri dal blindato a bordo del quale viaggiava la Bhutto, festeggiata dagli attivisti del suo Partito popolare pachistano (Ppi).

La polizia pakistana ha annunciato il ritrovamento della testa mozzata del kamikaze autore dell'attentato. «Abbiamo trovato la testa troncata di un uomo sul luogo dell'esplosione», ha dichiarato un portavoce degli inquirenti, Raja Omar Khatab, «e siamo certi che si tratti di quella dell'attentatore». Dal reperto, ha spiegato il funzionario, sono stati prelevati campioni di tessuto, che sono quindi stati inviati a laboratori della scientifica perchè siano sottoposti al test del Dna e ad altre analisi di medicina legale.

Un altro ufficiale impegnato nelle indagini, Manzoor Mughal, ha confermato che una prima deflagrazione è stata provocata da una bomba a mano, lanciata in mezzo alla folla che acclamava Bhutto. Poi è entrato in azione il terrorista: «si è scaraventato tra la gente e si è fatto saltare», ha spiegato.

Fonti del ministero dell'Interno pakistano hanno precisato che la carica esplosiva nascosta addosso al suicida era stata "arricchita" con chiodi, viti, bulloni e biglie metalliche, onde scatenare un vero e proprio effetto-mitraglia, e accrescere così la micidiale potenzia distruttiva dell'ordigno. Impiegati tra i 15 e i 20 chilogrammi di sostanze detonanti, ha specificato Mughal.

Sulla testa dei responsabili della strage è stata posta una taglia da 5 milioni di rupie, pari a poco meno di 58.000 euro, per chiunque fornirà informazioni utili a identificarli.

Prima del rientro dell'ex premier in Pakistan, al-Qaeda e i Talebani afgani avevano minacciato di colpire Karachi, a causa dell'appoggio espresso da Bhutto all'alleanza tra il suo vecchio nemico, il generale-presidente Pervez Musharraf, e gli Stati Uniti; di recente lei e Musharraf hanno peraltro stipulato un accordo di "riconciliazione", preludio a una probabile spartizione dei poteri, che le ha tra l'altro permersso di tornare.

Il marito di Benzir, Asif Ali Zardari, ha peraltro puntato il dito contro settori deviati dei servizi segreti pakistani, da sempre sospettati di connivenza con la galassia dell'integralismo islamico ultra-radicale; e molti nel Paese asiatico condividono le accuse di Zardari, anch'egli costretto a espatriare dopo essere stato raggiunto da pesanti imputazioni per corruzione e malversazione, al pari della moglie, tutte però ormai cancellate in forza del patto raggiunto con il presidente pakistano.

Tra le vittime del massacro ci sono soprattutto attivisti e simpatizzanti del Partito Popolare del Pakistan, guidato dalla stessa Bhutto, ma pure numerosi poliziotti, come minimo venti, e semplici passanti; feriti non meno di un tele-operatore e parecchi giornalisti.

Il corteo della Bhutto, tra musiche e danze, stava percorrendo con estrema lentezza il centro della metropoli del Sud del Pakistan diretto al mausoleo del padre della patria Muhammed Ali Jinnah, dove la ex premier avrebbe dovuto tenere il primo discorso dopo il ritorno in patria. La Bhutto, che per gran parte del percorso era rimasta su una piattaforma sul tetto del veicolo da dove salutava la folla, al momento degli attentati si stava riposando all'interno del blindato. Le violente esplosioni hanno disseminato brandelli di carne su una vasta aerea. Le televisioni hanno mostrato le immagini di corpi coperti di sangue portati via dal luogo dell'attentato, dove le due auto hanno continuato a bruciare a lungo.

Ventimila agenti erano stati dispiegati per la giornata, dopo le minacce di attentati dei terroristi di al Qaida e di filo-Taleban. Fra i morti ci sono anche molti poliziotti. Il ministro dell'Interno Aftab Sherpao ha detto che obiettivo degli ''attacchi terroristici'' era la Bhutto e che probabilmente si tratta di un attentato suicida. La ex premier, giunta sana e salva nella residenza di famiglia sul lungomare di Karachi, ha chiesto le dimissioni del capo dei servizi segreti. Il presidente Pervez Musharraf, in una dichiarazione resa pubblica dall'agenzia statale, ha detto che gli attentati sono «una cospirazione contro la democrazia». A Washington, la Casa bianca ha condannato l'attacco, uno dei più sanguinosi nella storia pur violenta del Pakistan.

Erede dell'uomo politico più stimato in Pakistan, Zulfiqar Ali Bhutto impiccato nel 1979, Benazir è rientrata per guidare il partito nelle prossime elezioni, con in tasca un patto di spartizione del potere con un presidente dimezzato, Musharraf, la cui rielezione, il 6 ottobre, è sub judice. La Corte suprema è riunita per convalidare, forse fra una decina di giorni, la legittimità di un presidente che è ancora capo delle forze armate e potrebbe, se la sentenza gli fosse sfavorevole, imporre la legge marziale. Una scommessa, quella della Bhutto, sulla cui testa pende anche il pericolo del carcere per corruzione, se gli stessi giudici dichiarassero invalida l'amnistia concessa da Musharraf alla sua vecchia nemica e rivale.


Pubblicato il: 19.10.07
Modificato il: 19.10.07 alle ore 10.54

fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=69823

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