"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

martedì 30 ottobre 2007

Nel GRANO il potere del futuro




di Pierluigi Paoletti http://www.centrofondi.it/


Uno degli effetti della disgregazione economica (http://www.centrofondi.it/report/report_10_03_06.pdf) attuata da chi veramente controlla attualmente il mondo è proprio l’aumento esorbitante del grano che ha fatto “lievitare”, è proprio il caso di dire, il prezzo di farina, pane, pasta.



Oggi, non bisogna essere dei complottisti per capire che la politica del liberalismo e della globalizzazione degli anni ’90 aveva come obiettivo la completa riduzione in schiavitù dell’intera popolazione mondiale. Attraverso le politiche imposte dal WTO http://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_Mondiale_del_Commercio organizzazione sovranazionale al quale obbediscono supinamente 150 stati (praticamente tutto il mondo industrializzato), si è arrivati alla distruzione completa dei mercati interni dei singoli paesi a favore delle importazioni in mano ai grandi gruppi.

La distruzione dei mercati interni, avvenuta in appena 12 anni (dalla nascita del WTO) e con una velocità che ha spiazzato numerosi imprenditori, ha portato i singoli stati ad essere completamente dipendenti dalle importazioni, specialmente in campo alimentare e soprattutto nel settore strategico per un paese, quello del grano. Fino agli anni ’80 la produzione di grano era simbolo di potere e Stati Uniti e Russia si confrontavano anche dalla quantità di grano prodotta e l’Italia era tra i maggiori produttori mondiali, vista anche la nostra dieta mediterranea. Oggi siamo costretti ad importare oltre il 40%, con la tendenza in aumento, mentre solo pochi anni fa avevamo praticamente l’autosufficienza.

Le ragioni di ciò sono facili da immaginare se pensiamo che solo nel 1985 il costo del grano al quintale era di 50.000 lire mentre solo qualche mese fa era arrivato a 12 euro (24.000 lire), o se pensiamo che la comunità europea elargiva contributi per non coltivare grano. Anche se oggi siamo arrivati a 22 euro al quintale pagato al produttore, siamo ancora lontani dal giusto prezzo che remunera i notevoli aumenti dei costi che gli agricoltori hanno dovuto sopportare dal 1985 ad oggi.

La politica dei biocarburanti poi rischia di far precipitare le cose, come ha già fatto in Messico dove il pane (la tortillas) è già aumentata di oltre il 400% in pochi mesi. A fronte di un prezzo del grano, pagato al produttore, di 22 euro al quintale (oggi!) abbiamo un prezzo del pane che come media costa 270 euro al quintale (2,7 euro al chilo) ovvero 12,27 volte (!!!) superiore al prezzo percepito dall’imprenditore agricolo, se non è speculazione questa…

Piccolo dato statistico dal 1985 il pane è aumentato del 419% mentre il prezzo ai produttori è costantemente sceso. Il problema agricolo e in special modo quello relativo al grano oltre ad avere un impatto sulle nostre finanze già allo stremo dai debiti e dalle voracità famelica di uno stato allo sbando, rischia di mettere in serio pericolo l’indipendenza e la nostra libertà (anche se oggi è già fortemente compromessa).

Una via di salvezza ovviamente c’è e adesso sta diventando imperativo metterla in atto. Stiamo parlando del risanamento delle economie locali e in particolar modo del progetto per l’agricoltura Il sapore del cuore http://www.centrofondi.it/articoli/sapore_cuore_progetto.htm un progetto aziendale che permetterebbe ai produttori di ottenere con l’accorciamento della filiera agroalimentare di poter ottenere un prezzo giusto dalla loro produzione e poter dare al consumatore finale un prodotto di qualità superiore ad un costo inferiore, visti i rincari odierni. Arrivare ad un prezzo del pane di 1,5 euro (150 euro al quintale) è possibile e consentirebbe a tutti la soddisfazione e lo stesso potrebbe accadere con l’ortofrutta, latte, carne ecc. La ricostruzione della filiera agroalimentare senza inutili e dannosi passaggi è l’unica strada che ci porta a riconquistare la sovranità alimentare che è anche il primo pilastro dell’economia locale e nazionale.

Il prezzo del petrolio oggi ai massimi storici quasi a 80$ (il dato attuale è 94 dollari a barile, n.d.m.) e la consapevolezza che il suo picco di produzione è già stato toccato http://www.centrofondi.it/report/report_03_05_07.pdf ci spingono verso la produzione locale. Le merci di fronte ad un costante aumento dei prezzi dell’energia petrolifera non potranno continuare a fare migliaia di chilometri prima di essere vendute e consumate o i loro prezzi schizzeranno alle stelle (e lo stiamo già vedendo). Rafforzare le economie locali, magari con l’ausilio di una moneta complementare come, Ecoroma, Scec, Tau ecc., ricostruire filiere produttive ormai quasi estinte, ci consentirà di avere economie locali più forti e autonome che potranno scambiarsi merci e servizi tra di loro (ri)costruendo così una economia nazionale.

Risanare il piccolo per guarire il grande sarà il motto dei prossimi giorni, mesi, anni, ovvero

Pensare globalmente e agire localmente
Questa situazione critica ha portato anche ai massimi dell’oro e a infrangere i minimi del dollar index (ma potrebbe essere una trappola), mentre l’euro ha toccato (anche lui) i massimi storici. Quindi massimi per petrolio, grano, oro e euro e minimi per il dollaro, un mix esplosivo che potrebbe portare a breve ad una crisi valutaria imponente. Siamo quindi ad un punto cruciale per tutto questo nostro pazzo, pazzo mondo e qualcosa di importante sta per succedere anche se secondo noi ora molto probabilmente ci sarà una reazione del dollaro che spengerà la miccia di questo momento esplosivo, ma come abbiamo detto nell’ultimo report sarà solo per poco…

Comunque sia sarà bene stare con gli occhi bene aperti e molto attenti.

That’s all folks
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fonte: http://www.disinformazione.it/

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1 commento:

Franca ha detto...

Il problema dei costi al consumo sono le filiere troppo lunghe. Meno passaggi = costi minori