"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

lunedì 1 ottobre 2007

Diritto al cuore, un sms per sostenere l'ospedale di Emergency a Khartoum

Sul letto Sunia, la prima paziente operata al centro cardiochirurgico di Emergency a Khartoum
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Da oggi al 31 ottobre si può dare un contributo per il centro cardiochirurgico in Sudan con un messaggio
La responsabile del progetto: "Una provocazione per il mondo: una struttura eccellente nel cuore dell'Africa"


di ALESSIA MANFREDI

ROMA - "Diritto al cuore": è questo il nome della campagna di Emergency che parte oggi per sostenere il centro di cardiochirurgia "Salam" in Sudan, che dalla sua inaugurazione ad aprile a Khartoum, offre assistenza gratuita a bambini e adulti affetti da patologie cardiache, in particolare malformazioni congenite e patologie valvolari da febbre reumatica.

Si può dare una mano anche con un messaggio telefonico: da oggi fino al 31 ottobre gli utenti Tim, Vodafone, Wind e 3 Italia, potranno contribuire mandando un SMS al numero 48587 per donare 1 euro oppure chiamare lo stesso numero dalla rete fissa Telecom Italia per un valore di 2 euro. I gestori devolveranno l'intero ricavato ad Emergency.

E fino al 28 ottobre a Siena saranno in mostra le immagini del centro chirurgico sudanese scattate dal fotografo Marcello Bonfanti. L'esposizione, sponsorizzata da Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Regione Toscana e Telecom, è a Palazzo del Capitano e successivamente toccherà altre città italiane. (Guarda la gallery)

Il Centro "Salam" è stato costruito ed è gestito interamente da Emergency. In questi pochi mesi nella struttura sono stati effettuati 168 interventi a cuore aperto, oltre 3.500 visite ambulatoriali e più di 1.700 specialistiche: "Un'idea nata un po' come una provocazione" racconta Rossella Muccio, coordinatrice del progetto. "Il diritto alla salute dev'essere uguale per tutti e allora abbiamo voluto scandalizzare il mondo creando nel cuore dell'Africa, in una zona difficile e vasta come quella del Sudan, che vive anche il dramma del Darfur, un centro cardiochirurgico che non avesse nulla da invidiare alle migliori strutture occidentali. I lavori sono durati due anni e mezzo e abbiamo aperto ad aprile di quest'anno".

Qual è stato il primo intervento che avete fatto?
"E' stato il 19 aprile. Abbiamo operato Sunia, una ragazza di 14 anni che veniva da un campo profughi vicino alla capitale. Le abbiamo sostituito la valvola mitrale. E proprio lei è diventata il volto della nostra campagna".

Le malattie cardiovascolari sono un'emergenza in questa zona: per l'Oms sono diventate la seconda causa di morte infantile.
"I dati dell'Oms si riferiscono alle cardiopatie congenite e a quelle acquisite in età pediatrica, che qui sono la seconda causa di mortalità infantile. L'emergenza riguarda tutta l'Africa, perché in questi paesi la febbre reumatica è endemica. Non ci sono stime certe sulla mortalità e mancano anche strutture diagnostiche adeguate. La febbre reumatica è legata allo streptococco, che se non curato adeguatamente, invece di causare un mal di gola magari banale arriva ad attaccare i tessuti delle valvole cardiache. Qui le malattie cardiovascolari legate alla febbre reumatica sono molto frequenti".

Che bilancio fa di questi primi mesi di attività?
"Il centro è l'unica struttura specializzata gratuita disponibile in Sudan e nei nove paesi confinanti. In media abbiamo due interventi al giorno su pazienti che non arrivano solo dal Sudan ma anche da paesi vicini, anche non confinanti: abbiamo operato recentemente due bambine dal Ruanda. Ma noi vogliamo arrivare a 1.500 interventi l'anno, obiettivo ambizioso se si pensa che i centri cardiochirurgici italiani ne fanno in media 400 o 500. Vogliamo crescere al Salam, ma anche creare cliniche satellite nei paesi limitrofi per lo screening dei pazienti cardiopatici e l'assistenza postoperatoria".

Chi viene da voi a farsi curare e com'è il vostro rapporto con la gente locale?
"Molti giovani: l'età media è sui 20 anni, ma ci sono anche molti bambini di 4-5 anni e adulti. Il rapporto con la gente ha del miracoloso: c'è un passaparola immediato, loro sanno che qui da noi possono essere curati gratis e vengono. Arrivano anche dal sud e dal Darfur e si fanno 3-4 giorni di viaggio per arrivare qui da noi".

La crisi in Darfur si aggrava costantemente: ieri sono stati uccisi 10 caschi verdi africani e i rifugiati - soprattutto donne e bambini continuamente in fuga da villaggi rasi al suolo - non ricevono assistenza sanitaria.
"E' una situazione tragica e molto complessa, difficile da giudicare con la nostra ottica del bianco o nero. In Darfur come Emergency siamo stati operativi un anno e mezzo e posso confermare che le condizioni di vita della gente nei campi profughi sono pesantissime".

Quali sono le difficoltà maggiori che incontrate?
"Il personale: è quella la nostra vera emergenza. C'è bisogno di infermieri, medici, cardiologi, chirurghi. La maggior parte di loro ora vengono dall'Italia: si mettono in aspettativa dagli ospedali per cui lavorano e noi paghiamo loro lo stipendio. Ma quelli che ci contattano non sono mai sufficienti, e anche tra quelli che fanno domanda magari sorgono difficoltà all'ultimo momento che impediscono loro di partire".

(1 ottobre 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/esteri/emergency-sudan/emergency-sudan/emergency-sudan.html

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1 commento:

Franca ha detto...

Da socia di Emergency non posso che apprezzare ed aderire