"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

mercoledì 24 ottobre 2007

"Non ho più soldi né lavoro posso solo rubare o morire"


Disoccupato salvato dalla polizia prima di gettarsi nel Po
"Ero disperato e pieno di vergogna, ho perso tutto"


di NICCOLO' ZANCAN

TORINO - Ha sempre lavorato. Magazziniere, portinaio, aiuto cuoco, artigiano. Non è tossicodipendente. Non ha problemi di alcolismo. Non è un pregiudicato. "Sono semplicemente un uomo disperato che ha perso tutto" dice Gianni Giliberti, 39 anni, tre camicie da lavare in un borsone nero e niente altro.

Lunedì pomeriggio alle quattro gli agenti delle Volanti, agli ordini del vicequestore Michelangelo Gobbi, lo hanno trovato sul Ponte della Gran Madre. Piangeva e stava per buttarsi giù: "Mia figlia compie 18 anni e io non ho un euro per farle un regalo". Aveva già annunciato il suicidio con un messaggio nella segreteria di Telefono Amico: "Sono arrivato alla fine. Ricevo solo porte in faccia, non reggo più. Avvisate le mie bambine". Gli operatori hanno immediatamente chiamato la polizia. Gli agenti sono riusciti a tenerlo al telefono il tempo necessario per arrivare: "Con me sono stati pieni di umanità". Alla fine l'hanno convinto a desistere. Gli hanno offerto un tè caldo, l'hanno accompagnato in ospedale per un controllo. Ma il giorno dopo Gianni Giliberti è di nuovo solo. Sul ponte della Gran Madre racconta la storia di un uomo normale precipitato all'inferno.

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Quando è iniziata la caduta?
"Il mio grande sbaglio è stato mollare il lavoro da magazziniere. Mi ero lasciato con mia moglie. Anche lei lavorava per la stessa ditta. Non mi sembrava il caso di continuare a vederci tutti i giorni".

Quindi?
"Ho cercato di fare l'ambulante al mercato, due anni di incertezza, ma alla fine il nuovo lavoro non ha funzionato".

Qual è stato il passo successivo?
"L'8 ottobre sono partito per cercare fortuna a Barcellona come aiuto cuoco. Avevo 400 euro in tasca, tutto quello che mi restava. Il primo giorno ho perso il portafoglio. Il consolato mi ha prestato i soldi per tornare in Italia".

Cosa ha fatto per cercare lavoro?
"Ho battuto in rassegna tutte le fabbriche della cintura di Torino, hanno il mio curriculum ma nessuno mi chiama".

Altri tentativi?
"Ho cercato di inventarmi un posto da lavavetrine. Ho fatto tutti i negozi di corso Francia: qualcuno aveva accettato di pagarmi il servizio. Ma al terzo negozio i vigili urbani mi hanno bloccato. Volevano la licenza".

Si è arreso?
"No. Mi sono presentato alla cooperativa Arcobaleno che si occupa di raccolta differenziata, ma mi hanno detto che assumono solo tossicodipendenti ed ex carcerati".

Dove dorme?
"Per adesso mi appoggio a una pensione a quaranta chilometri da Torino. Mi fanno 30 euro per letto e cena, ma mi sto indebitando. Ho già dormito tre notti fuori".

Solidarietà?
"Nessuna. Sono andato a chiedere aiuto al Sermig, mi hanno detto di mettermi in coda giovedì per sperare di aver un posto letto martedì. Davanti a me c'erano almeno duecento immigrati".

Come fa a mangiare?
"Chiedo aiuto ai miei parenti, con grande vergogna. Mi figlia l'altro giorno mi ha portato delle sigarette perché ero rimasto senza. È tutto molto penoso".

Come pensa di cavarsela?
"Ho davanti soltanto due vie d'uscita. O mi suicido o commetto un reato. Nel secondo caso denuncerò il Comune per istigazione a delinquere".

Perché?
"Perché se tutti ti sbattono la porta in faccia non restano alternative".

Signor Giliberti, cosa vorrebbe regalare a sua figlia?
"Un tetto. Un piccolo alloggio per passare un po' di tempo insieme. Mi sono iscritto al bando per la casa popolare, aspetto...".

(24 ottobre 2007)

fonte: www.repubblica.it

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9 commenti:

elena ha detto...

Ho una rabbia addosso... sono mesi ormai che lo ripeto, ma nessuno mi dà retta. Dal silenzio stampa all'accusa di fomentare guerre tra poveri.
Ma questo signore ridotto in miseria, rientra nella categoria dei bamboccioni, alias giovani-precari-problema-strategico? Forse sì, visto che non ha quarant'anni.
Ma mi piacerebbe che qualcuno contasse anche i precari "diversi"... tra l'altro: precario, stando al mio fido Devoto-Oli, significa principalmente "contrassegnato da una provvisorietà costantemente minacciata dal sopraggiungere di eventi pericolosi o addirittura catastrofici" (ridicolo che derivi dal latino "ottenuto con preghiere", no? uno con preghiere chiede magari qualcosa di stabile...) e solo come terzo significato fa riferimento a "dipendente assunto... con contratto a termine". Allora: perché tanti, quasi tutti, si ostinano a contare come precari solo questa terza categoria? Sono forse meno precari quelli che hanno un contratto a tempo indeterminato ma senza "il paracadute" dell'articolo 18 perché lavorano in realtà microscopiche? Sono meno precari i soci delle cooperative nell'ambito dell'assistenza? Ovviamente così i precari sono solo circa 3 milioni (cito a memoria). Tutti gli altri non li conta nessuno...
Ma per tornare a bomba: il problema dei giovani e della ricerca di un'occupazione dignitosa (anche solo in termini economici) è grandissimo. Ma lo è altrettanto quello dei lavoratori vecchi-ma-non-abbastanza. Diceva bene l'amico Diliberto ieri sera a Ballarò: smettiamola con queste contrapposizioni fasulle giovani contro anziani. La lotta è di tutti per tutti, se vogliamo ottenere qualcosa.
Fermate il mondo, voglio scendere. Tranquilli: solo per qualche giorno. Poi torno, più cattiva che mai... :)

Anonimo ha detto...

Sono con te in questa guerra (collaborazione a distanza ;) ).

Brava, non perdere mai di vista il problema.... pure a novant'anni ;)

Se all'improvviso divenissi (o mamma! l'ho scritto bene il verbo?) ricca, e ti costruissi un presente agiato e felice con la tua famiglia... ti ricorderesti del problema?

Ciao.

elena ha detto...

Tranquillo, il verbo l'hai scritto giusto. Parola di maestrina con la piuma rossa... e mica solo quella.
Quanto alla domanda, non mi piace lavorare sulle ipotesi perché sono come le promesse elettorali: a farle siamo bravissimi tutti.
D'altra parte non mi piace neanche parlare troppo di me e di quello che faccio. Ma hai chiesto... e ti rispondo: ritengo che continuerei a ricordarmi del problema. Primo, perché non sono mai stata una che si occupava del suo orticello soltanto (ebbene sì, sono un'impicciona!) e secondo perché, per quanto possa suonare incredibile, sono anche stata... diciamo benestante (intendo dire che mantenevo comodamente me e mia figlia, senza patemi da metà mese, vacanze e pizze e qualche extra compreso, nulla di eclatante ma per me era più che abbastanza) e ho sempre fatto qualcosa per gli altri. Meno di quanto avrei potuto indubbiamente, e quello è uno dei miei rimorsi. Adesso posso fare veramente poco. Ma lo faccio lo stesso. Non sono buona e non mi ergo a modello da imitare - semplicemente, per mia fortuna, l'ignavia non è geneticamente presente nel mio DNA...
Ti racconterò uno dei miei sogni: diventare proprietaria di un progetto - e tu potresti immaginare quale - e togliere dalla strada tutti quelli che posso, coinvolgendoli a lavorare con me. Lo so: vivo nell'utopia. Ma se mi togli anche i sogni, che mi resta???

Anonimo ha detto...

Basterebbe che in europa nessuno comprasse più "beni" made in cina, india, ecc..
Solo questa è la soluzione, l'altra richiede barriere doganali, un'altra ancora e abituarci ai lavori più umili e fare concorrenza agli immigrati.

Brava Elena, hai detto bene alla fine, ogni soluzione al globalismo mondiale è un'utopia. nopn resta che una rivoluzione alla Francese e ghigliottinare chi fa colazione con briosche.

Mat

Anonimo ha detto...

Non proprio Mat, mi piacciono le ultime parole di Elena, al di là se poi, il progetto riesca o meno... E' bello sentire ancora che qualcuno sogna per gli altri. Ed io ci credo.

Anonimo ha detto...

"Parola di maestrina con la piuma rossa... e mica solo quella".

Finalmente ci sono arrivato Elena! Intendevi il cuore e comunque ciò che riguarda l'ambito politico... fiuuuu!
Avevo pensato a male!

Ciao :)

elena ha detto...

Edgar, ma che mai avevi pensato??? Proprio non ci arrivo... cmq la tua ultima interpretazione direi che è corretta... :)

Mat: non pretendo da sola di trovare la soluzione al liberismo imperante. Non ci riuscirei. Penso solo che, se ciascuno nel suo piccolo si desse una mossa... quanto al non comprare prodotti made-in-china o india, non è così semplice e/o risolutivo. Perché per me il problema non sono solo cina ed india che si instradano nel capitalismo: il problema è ANCHE e magari soprattutto, visto che "hanno cominciato loro", nelle multinazionali tipo coca-cola che per produrre veleno inquinano le terre altrui, o quelle che fanno lavorare i bambini del terzo mondo per una misera ciotola di riso etc etc. Allora, direi di cominciare a boicottare quelle... anche se so già che "un mondo senza coca-cola, che mondo sarebbe?" Personalmente, uso lo sciroppo di guaranà con acqua frizzante. Lo stomaco ringrazia. Ed il commercio equo e solidale pure... :)

E poi, niente ghigliottina. Spreco immane di risorse. Lavoro socialmente utile mi sembra più... produttivo! :)

Franca ha detto...

La situazione di coloro che escono dal mercato del lavoro è sicuramente più tragica dei giovani che non vi riescono ad entrare perchè per loro non c'è una famiglia che bene o male possa aiutarli.
Siamo alla guerra tra poveri?

elena ha detto...

Franca, hai messo il dito nella piaga.
Siamo alla guerra tra poveri se perfino alcuni dei rappresentanti della sinistra "radicale" la vogliono scatenare sottacendo il problema degli over40. Che non sono e non vogliono essere in contrapposizione con i giovani... ma vogliono essere considerati (anche perché molti over40 hanno figli che non sono ancora precari perché troppo giovani, ma lo diverranno, se non invertiamo la tendenza).
Personalmente, ho rinunciato a farmi capire da persone tipo Bertinotti. Che quando gli ho parlato mi ha dato del "caso umano" (come se fossi l'unica...) e mi ha, appunto, accusato di voler fomentare la suddetta guerra.
Lungi da me. Io lotto per me (over40), per i giovani e per mia figlia e la sua generazione, che ancora giovane non è.
Se tu riesci a farti sentire e a fargli capire questa elementare verità... siamo tutti nella stessa barca e remiamo tutti (almeno dovremmo) nella stessa direzione, che è quella dei diritti salvaguardati per TUTTI. Pensionati compresi.