"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

martedì 19 giugno 2007

Metà degli autonomi con guadagni da fame




Dossier Visco: oltre il 50% dichiara un quarto di chi sta negli studi di settore
Denunce sui redditi 2005. Boom dei non congrui, guadagni da 10-20mila euro

parametri del fisco estesi ai costi: così sale il numero di quanti non aderiscono

Le scorte dei macellai "non congrui" durano 75-199 giorni contro i 5-23 degli altri


di BARBARA ARDU

ROMA - Con 800 lire si comprava un bignè. Ottomila lire e te ne portavi a casa un vassoio. Oggi a meno di 80 centesimi non c'è pasticciere che te lo venda. Eppure nonostante il prezzo sia raddoppiato i pasticcieri continuano a fare una vita grama. È vero che anche lo zucchero è aumentato, che le mandorle costano, che il cioccolato, se lo vuoi buono, lo devi pagare, ma a leggere le loro dichiarazioni dei redditi sembra meglio entrare in Polizia che aprire una pasticcieria. Chi vende dolci elaborati, un artigiano a tutti gli effetti, dichiara meno di un poliziotto con dieci anni di servizio alle spalle, appena 25 mila euro lordi l'anno. E mica a tutti va così bene.

Solo coloro che hanno aderito agli studi di settore, che si sono dunque riconosciuti nei calcoli dell'Agenzia delle entrate, che stabiliscono quanto in base ai ricavi e ai costi sostenuti da un'impresa, si porta a casa, a fine anno, un lavoratore autonomo, dichiarano in media 25 mila euro. Gli altri, quelli che hanno valutato troppo elevato il reddito calcolato con gli studi di settore, sono sull'orlo della povertà, guadagnano 11 mila euro l'anno, la metà di quanto si porta a casa in media un lavoratore dipendente. O almeno quegli 11 mila euro è quanto dichiarano. Una vita amara nonostante tutto quello zucchero.

Gli autonomi sugli studi di settore hanno sempre puntato i piedi, nonostante a scriverne il contenuto ci siano anche loro. E quanto più agli studi vengono aggiunte sofisticazioni (è accaduto con la Finanziaria del 2006 e anche con quella del 2007), tanto più gli autonomi non vi si riconoscono. Nel 2005 meno del 40 per cento di commercianti e artigiani ha aderito, riconoscendo dunque che il reddito calcolato dallo studio era più o meno quello reale. Un anno prima però, nel 2004, le adesioni erano state più alte, il 60 per cento. Cosa è accaduto? Qualcuno se la sarà vista brutta, magari ha lavorato di meno. E gli altri? Forse l'aggiornamento degli studi di settore non li ha convinti troppo e si sono defilati.

Ma rimaniamo al 2005: meno del 40 per cento ha aderito, oltre il 50 per cento ne è rimasto alla larga, mentre il 10 per cento è rappresentato da lavoratori che operano in situazioni di marginalità economica. Dunque la metà dei lavoratori autonomi italiani (2milioni e 616 mila) nel 2005 non si è riconosciuto negli studi di settore. Avrebbe guadagnato di meno, parecchio di meno: il rapporto a volte è addirittura di uno a quattro. Se per esempio chi ha aderito ha dichiarato 25 mila euro, chi non lo ha fatto ne avrebbe guadagnati poco più di 6 mila, un reddito da fame. Meno di quanto si porta a casa una donna di servizio extracomunitaria o un lavoratore precario dei call center. Possibile? Assolutamente sì. Un ristoratore laziale nel 2005 ha dichiarato in media un guadagno di quasi 12 mila euro l'anno. Il titolare di una lavanderia lombarda che passa la giornata tra fumi e vapori guadagna in media 12 mila euro. Meno, sempre meno, di chi ha un lavoro dipendente, che in media si porta a casa a fine anno 22 mila euro lordi.

E la lista può continuare all'infinito, perché chi si ritiene non congruo ad aderire agli studi di settore (il 50 per cento degli autonomi) dichiara di guadagnare in media tra i 10 mila e i 20 mila euro. Non c'è da stupirsi dunque se l'evasione fiscale sfiora ormai i 270 miliardi (il 27 per cento del Pil). Tutta ricchezza prodotta, ma occultata o celata con sofisticati sistemi. Le scorte di magazzino per esempio. Un macellaio che rientra negli studi di settore dichiara una durata delle scorte che varia dai 5 ai 23 giorni. Per un macellaio che si sottrae agli studi di settore la durata delle scorte varia dai 75 ai 199 giorni. Dunque o la carne è marcia o è congelata o c'è qualcosa che non torna. Ci sono casi anche più palesi: panettieri che producono poco pane, ma acquistano molta farina. Parrucchieri che pagano bollette della luce e dell'acqua elevate, ma fanno poche messa in piega. I dati sconcertano eppure la protesta di commercianti e artigiani contro gli studi di settore cresce.


(19 giugno 2007

fonte: http://www.repubblica.it/2007/06/sezioni/economia/evasione-autonomi/evasione-autonomi/evasione-autonomi.html


5 commenti:

Anonimo ha detto...

Gli studi di settore sono una trappola governativa per succhiare il sangue agli autonomi.
Poi ci sono sempre i furbi però.

Dov'è? Dov'è lo stronzo che ha avuto questa idea diabolica?? Dov'è?
Succhiasangue!!

elena ha detto...

Siamo d'accordo, Edgar. Gli studi di settore a volte non fotografano la realtà reale... ed è anche vero che, se non ti ci riconosci e non ti adegui (me l'hanno detto alcuni interessati) sei soggetto a controlli a raffica, accertamenti incrociati e quant'altro. Ma siamo sempre lì: se tutti questi poveri artigiani e commercianti sono alla fame - e per tanti non metto in dubbio sia vero - ma chi glielo fa fare??? Non solo, ma perché io che sono una lavoratrice dipendente vengo tassata alla fonte, non ho la minima possibilità di protestare e anzi, nemmeno mi posso detrarre le spese, chessò, per l'auto o il cane? Perché non mi posso dedurre o detrarre (Fabio me l'ha spiegata e allora l'avevo capita, ma sai com'è... la vecchiaia...) l'IVA?
La risposta più ovvia è che, come sempre, ci sono i soliti due pesi e due misure. Non solo: c'è anche un certo qual egoismo diffuso, per cui pagare le tasse è giusto... se le devono pagare gli altri.

Anonimo ha detto...

Condivido Elena, ma il "che glielo fa fare" è sbagliatissimo... è una "sottotrappola" psicologica.
Conosco Ditte con la D maiuscola, che si stanno sfaldando sotto i miei occhi, piccole e medie aziende che non hanno i soldi per pagare gli operai e che questi sanno solo dire al "padrone": "ma io ho lavorato e mi devi pagare!".
Spesso ci si trova in balia di leggi inventate ad hoc.
Nel senso che certi controlli sono stati attuati quando il governo ha visto l'aumentare del lavoro autonomo... allora si è detto: "ragazzi! Qui è che ora dobbiamo incassare".
Conosco ancora, avvocati precari, ingegneri sfruttati, ma tutti in possesso di partita iva.
Finiamola di immaginare l'avvocato tipo con l'auto blue, il rolex e altre cose del genere.
La realtà è più complessa.
Pesce grande mangia pesce piccolo.
Ultima spiegazione:
Se diminuisce il pubblico impiego, il cosidetto posto fisso, se diminuiscono queste entrate "certe" per lo Stato, è ovvio che incompetente com'è, la cosa più facile è andare a guardare nelle tasce "particolari" degli autonomi e lo dico sinceramnete, le tasche degli autonomi sono sì piene di soldi, ma non per portarle sempre a casa.
Chiaro? Chi non lo è autonomo, non può capire.
Cosa consigliano i Commercialisti oggi?... "Fatevi una cassaforte", non per evadere ma per avere la certezza che quei soldi potete portarli a casa.
Un saluto.

Anonimo ha detto...

Ciao edgar..
non hai tutti i torti: non si possono fare discorsi semplicistici e qualunquistici.. certo è che l'economia non sta bene, come non sta bene il piccolo commerciante o il piccolo artigiano (ma quella dell'artigianato è una situazione endemica) come tutta una certa classe media (ma esiste ancora?), quindi non bisogna fare di tutta un'erba un fascio.. Onesti e disonesti ce ne sono dappertutto. Quanto agli operai che non sanno fare altro che dire "ho lavorato, mi devi pagare", beh, lasciamelo dire, che altro potrebbero fare? Non ci sono in giro molti stipendi grassi, la vita è cara (specie sa hai figli) e non mi risulta che in banca possano andare allegramente in rosso.. Se hai mille euro al mese e tua moglie lavora part time, ed uno o due ragazzini da crescere la vita è già dura così.. se ci aggiungi un ritardo nel pagamento dello stipendio la situazione diventa drammatica. Sei d'accordo con me?
E non credere che io non capisca i problemi di chi lavora in proprio: io ho avuto un'attività indipendente per più di vent'anni e conosco ogni tipo di problema che deve affrontare un imprenditore: dal fisco che ti alita sul collo, al cliente che non paga (o paga in ritardo), bidoni di varia natura..
Qualcosa deve cambiare: a costo di diventare tutti un po più poveri dobbiamo fare ciò che è giusto per tutti, recuperare un giusto senso civico e costruire una vera identità di Nazione..

Sai, negli anni 70 vivevo a Saluzzo (CN), una città d'arte piena di artigiani ebanisti e maestri del restauro del mobile antico.. Conoscevo un'artigiano che mi raccontava, allora, com'era difficile avere un'attività in proprio: aveva dei dipendenti, e c'erano mesi che si ritrovava a reddito zero perché anteponeva gli stipendi dei suoi operai alle sue esigenze. Capisci? Lui si sentiva responsabile di quelle famiglie che dipendevano dal suo ingegno e dalla sua abilità commerciale. Avevano lavorato, era giusto pagarli anche a costo di dover tirare cinghia lui stesso.
mauro

Anonimo ha detto...

Bravo Mauro, più unione e meno divisione.
Ci fanno sempre fare la guerra dei poveri! Dobbiamo stare attenti.