"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

mercoledì 20 giugno 2007

Occupazione? Non è tutto oro..





19-06-2007
Il lavoro tra Tavolo e mercato

da www.lavoce.info


di Tito Boeri e Pietro Garibaldi

La luna di miele del mercato del lavoro italiano sembra finita. Cresce sì l'occupazione, ma molto meno che in passato quando si tiene in considerazione l'andamento dell'economia nel suo complesso. Da sei anni ci eravamo abituati a una straordinaria creazione di posti di lavoro anche con un paese fermo. Adesso siamo tornati alla normalità. Tra il primo trimestre del 2006 e il primo trimestre del 2007, l'occupazione è cresciuta dello 0,4 per cento, mentre il prodotto interno lordo è aumentato del 2,2 per cento.


Le brutte notizie

Non tragga in inganno il dato sulla forte riduzione della disoccupazione, che si assesta ormai appena sopra al 6 per cento. È soprattutto il risultato di una diminuzione dell'offerta di lavoro: più persone che non lavorano, né cercano attivamente lavoro. In Italia, date anche le dimensioni dell'economia sommersa, i confini fra disoccupazione e inattività sono molto labili. Meglio guardare, anziché al tasso di disoccupazione, al rapporto fra occupati e popolazione in età lavorativa. Questo indicatore, il tasso di occupazione, non aumenta dopo molti anni in cui ci eravamo avvicinati agli obiettivi di Lisbona. Ci fermiamo a ridosso del 58 per cento. Per centrare quegli obiettivi, il tasso di occupazione dovrebbe salire al 70 per cento entro il 2010. Sembra una chimera.
Si approfondisce il divario Nord-Sud, dato che nel Mezzogiorno calano sia gli occupati che i disoccupati, mentre al Nord diminuiscono gli inattivi. Nelle regioni settentrionali ormai c'è una carenza strutturale di manodopera. Le imprese, non solo nei servizi, ma anche nella manifattura hanno bisogno di reclutare fra gli inattivi, altrimenti sono costrette a delocalizzare intere fasi del processo produttivo: la riduzione dei lavoratori dipendenti nel manifatturiero potrebbe essere il portato di un fenomeno di questo tipo.


Al Tavolo. Per discutere di che cosa?

Questo andamento del mercato del lavoro suggerisce anche quanto il confronto in atto tra governo e parti sociali rischi di essere lontano anni luce dai problemi di chi presta lavoro e di chi offre opportunità di impiego in Italia. Il tavolo sul lavoro deve tenere conto di quanto succede al nostro mercato del lavoro, guardare alle nostre forze lavoro, anziché al lavoro delle forze politiche e sindacali.
Bisognerebbe, innanzitutto, occuparsi delle pensioni future dei giovani. Invece, ci si preoccupa solo di quelle dei cinquantasettenni. Da notare, a questo proposito, che l'abolizione dello scalone, senza interventi che stimolino l'allungamento della vita lavorativa, metterebbe molte imprese del centro-nord in gravi difficoltà, date le crescenti carenze di organici.
Anacronistico sembra essere anche il piano di detassazione del lavoro straordinario di cui si parla al tavolo. Tre occupati su quattro in Italia lavorano più di 30 ore alla settimana mentre diminuisce il part-time. Il problema è che 42 persone in età lavorativa su 100 non lavorano del tutto. Ci dobbiamo preoccupare di questa vasta inattività anziché di quanto lavora chi un impiego ce l'ha già.
Se le parti sociali e il governo volessero scendere coi piedi per terra dovrebbero occuparsi anche della riforma della contrattazione. Il suo decentramento a livello territoriale contribuirebbe a ridurre il crescente dualismo Nord-Sud nelle condizioni del mercato del lavoro e il fatto che gli assetti attuali non funzionino è ampiamente documentato dal grande numero di contratti scaduti ormai da tempo.

E i piani di "manutenzione" della Legge Biagi, con l'abolizione dello staff leasing e del job on call, non offrono risposta alcuna al persistente dualismo del nostro mercato del lavoro. Lo abbiamo scritto più volte, ma non ci stanchiamo di ripeterlo. Esiste un modo per mantenere la flessibilità in entrata e garantire ai lavoratori un sentiero verso la stabilità. È sufficiente introdurre un contratto a tempo indeterminato con tutele che crescono con la durata del rapporto di lavoro. Sembra sia una delle prima cose che la Francia di Sarkozy vorrà fare in termini di riforma del mercato del lavoro. Perché non possiamo farlo anche noi?

fonte: http://www.lavoce.info/news/view.php?id=10&cms_pk=2781&from=index

1 commento:

Anonimo ha detto...

Uno: complimenti per la fonte, apprezzo molto la voce.info.

Due: ci voleva proprio questo post, un saggio sguardo sulla realtà!

Ciao.