"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

lunedì 11 giugno 2007

Quando essere prete è un optional






Lui e Cristo

June 6, 2007



La Chiesa che non amo ha il volto di Luigi Maria Verzè, il boss della sanità privata. Una certa Milano lo venera come un santo. Le persone informate sanno che è invischiato da sempre negli intrighi dell’Italia peggiore. E criticare il prete non significa negare meriti al manager.

Amicone dei democristiani, intimo di Craxi, socio in affari di Berlusconi, don Luigi ama stare sotto i flash, presentare i libri con i banchieri. La sua storia è segnata da scandali e disavventure giudiziarie. Nel 1964 fu sospeso dall’esercizio del sacerdozio. Papa Montini gli suggeriva: occupati meno degli affari e più dei sacramenti. Non gli dette ascolto. A 86 anni Luigi Maria Verzè è un intoccabile che gestisce denari e carriere. Da ultimo ha messo gli occhi sull’ospedale di Emergency in Afghanistan.

L’ultima volta che lo incrociai, conclusi la serata in commissariato, per avergli rivolto una domanda. Eravamo in due, il mio amico Riccardo e io. Ieri eravamo una decina alla bramantesca sagrestia della basilica di Santa Maria delle Grazie, per la presentazione del suo ultimo libro: “Io e Cristo”. In platea una folta delegazione della Milano che venera il denaro, berlusconiana nelle viscere. Da non confondere con la borghesia, quella civile di una volta, che non esiste più.

In assenza del buon De Bortoli, moderava l’incontro Armando Torno, che ha letto una toccante lettera di Cesare Geronzi, in cui il banchiere in odore di impunità definiva il prete “azionista di minoranza di Cristo”. Tra i relatori Massimo Cacciari, ex rettore dell’università personale di don Verzè: ha tenuto una dotta relazione, infiocchettata di citazioni greche e latine, per dire che il suo ex datore di lavoro incarna il Vangelo e lo spirito cristiano del “fare verità”.

A questi dibattiti pubblici le domande non sono consentite. Ma è un’abitudine cui non bisogna rassegnarsi. Sicché alla fine mi sono dato la parola da solo e ho chiesto a Luigi Maria il motivo per il quale definì Berlusconi “un dono di Dio all’Italia”. Lui ha risposto: “non per i soldi, ma perché ha le idee chiare”. Poi si è allontanato tra i complimenti dei presenti, protetto da molte guardie. Sull’uscio non se l’è sentita di rispondere alla domanda di Elia, che gli chiedeva conto dell’ammirazione per Craxi e relativo sodalizio. E nemmeno a Franz, che chiedeva un chiarimento sugli abusi edilizi al San Raffaele, sanzionati con condanna definitiva. Abbiamo interpellato anche Cacciari, il quale per una volta ha rinunciato all’acutezza. Quando Franz gli ha ricordato la cacciata dei mercanti dal tempio, il filosofo ha risposto: ma lui costruisce ospedali, non templi.

La platea era lì per applaudire e farsi vedere, per questo ha mal tollerato il nostro intervento. Siamo stati magnanimi: avevamo nelle corde un’invettiva in stile dantesco, ma per questa volta abbiamo desistito. Un guardiano voleva a tutti i costi farmi identificare dalla polizia. Ma poi anche lui ha desistito.

di Piero Ricca


fonte: http://www.pieroricca.org/

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