"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

giovedì 7 febbraio 2008

Aborto, ma dove sono le donne Erode che descrivono i cattolici?

Nella foto: il dottor Lawn, di Cambridge, compie esperimenti su un bambino vivo nato da un aborto legale, a suo dire "per il bene dell'umanità".
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di
Gennaro Carotenuto, Domenica 3 Febbraio 2008, 11:50

Il documento delle cliniche di Ostetricia e Ginecologia delle quattro facoltà di Medicina delle università romane, La Sapienza, Tor Vergata, Cattolica e Campus Biomedico che prescrive, nel caso in cui un feto nasca vivo dopo un’interruzione di gravidanza, che il neonatologo debba intervenire per rianimarlo, “anche se la madre è contraria, perché prevale l’interesse del neonato” è del tutto pleonastico per almeno tre motivi.


In primo luogo è pleonastico perché sta parlando di pochissimi casi di scuola, estremi. L’aborto oltre i tre mesi viene affettuato solo per gravi malformazioni o per gravi rischi per la salute della madre. Ma dai tre ai cinque mesi, quando se ne concentrano la gran maggioranza, non c’è alcuna possibilità di sopravvivenza del feto. L’aborto oltre la ventunesima settimana di gravidanza riguarda di per sé un numero molto limitato di casi l’anno, e un numero limitatissimo di casi di sopravvivenza del feto che non è rappresentativo di alcun comportamento sociale.In secondo luogo il documento è pleonastico perché è del tutto evidente che se il feto sopravvive all’aborto viene a trovarsi in una condizione del tutto diversa il che rende più che scontato, anzi del tutto ovvio quello che prescrivono i ginecologi romani. Ovvero hanno del tutto ragione, ma con questo avere ragione non spostano di una virgola i termini del problema.

Le gravidanze delle quali parlano (è il terzo punto) non sono “gravidanze indesiderate”. Anzi, sono gravidanze desiderate ma a grave rischio alle quali si sottopongono per esempio molte primipare ultraquarantenni. Sono donne che desiderano il figlio e riscontrano malformazioni attraverso esami complessi come l’amniocentesi. La decisione dell’aborto è in questi casi sempre una scelta nella quale il parere del medico è decisivo.

Dove sono allora queste donne sulle quali indugia il documento? Dove sono le donne che sapendo che il feto è nato vivo pretendono che non venga rianimato? Dove sono queste donne Erode che di fronte ad un bambino nato vivo esigono espressamente di non rianimarlo?

Se esistono davvero se ne pubblichi la casistica. Ma semplicemente non esistono. Sono un parto della fervida e fervente fantasia della pubblicistica anti-194 che riesce a far giungere in prima pagina documenti che non aggiungono nulla come quello di oggi.

La donna-Erode è una parte fondamentale della pubblicistica anti-194. E quella donna che esprime “parere contrario” alla rianimazione dell’a quel punto neonato, calzerebbe a pennello -se esistesse- con l’immagine dell’infanticida voluta da Giuliano Ferrara e chi per lui. Ma quella donna non esiste.

Al contrario la pubblicistica cattolica nel tempo ha esaltato i casi di donne in odore di santità che hanno portato a termine gravidanze per lasciare poi uno o molti orfani nelle mani della divina provvidenza.

Se l’immagine dev’essere da una parte quella della donna-Erode che esige l’infanticidio e dall’altro della santa che preferisce morire pur di non abortire, è evidente che si è compiuta una scelta violenta. Una scelta dove non si vuole il dibattito ma uno scontro aspro che inquinerà -come se non lo fosse già abbastanza- tutta la campagna elettorale.


fonte: http://www.gennarocarotenuto.it/1809-aborto-ma-dove-sono-le-donne-erode-che-descrivono-i-cattolici

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2 LETTERE, TRA LE TANTE


Mio nipote idrocefalo nato di 26 settimane

Sono la nonna di un ragazzino disabile, nato alla ventiseiesima settimana di gravidanza, al quale non è stato permesso di morire.

Subito dopo la nascita venne tenuto per più di cinquanta giorni in rianimazione, poi fu operato tre volte e quando aveva tre mesi fu consegnato ai genitori ai quali i medici non seppero o non vollero dire alcuna cosa circa il suo futuro.

Il bambino era ed è idrocefalo, gravemente cerebroleso, ovviamente spastico e ritardato. Ora mio nipote ha quattordici anni, gode, si fa per dire, di un assegno di accompagnamento irrisorio, a scuola cambia continuamente insegnante di appoggio, le strutture pubbliche che dovrebbero garantirgli un'assistenza lasciano a desiderare, non si sa che cosa potrà fare in futuro, quando nonni e genitori non ci saranno più.

Non mi piace fare la vittima, né piangermi addosso, ma mi permetto di essere furibonda e sdegnata con chi, sulla pelle altrui pronuncia sentenze. Perché lo fanno? Ho sempre creduto che un medico, anche se credente, fosse anche un uomo di scienza ed un professionista che ha promesso di non nuocere al paziente.
Ed allora? Perché?

Paola Pitossi
paola.pitossi@fastwebnet.it

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Io, figlio non voluto di un aborto maldestro

In questa Italia con la testa rivolta all'indietro che fa fatica a guardare avanti, , è tornato d'attualità il dibattito sull'aborto. Argomento nel quale credo sia necessario entrare in punta di piedi avendo profondo rispetto dei drammi di tutti i soggetti coinvolti: la donna ed il nascituro prima di tutto.

Io vorrei portare il punto di vista dei figli nati senza essere voluti: io sono uno di loro. Sono nato nalla Sicilia povera degli anni '50 e sono sopravissuto ad un maldestro, rudimentale e pericoloso tentativo di aborto non riuscito.

Ho amato lo stesso mia madre che è stata come me vittima di una situazione di grave arretratezza culturale, sociale ed economica.
Voglio dire a Ferrara ed a Ruini che non è bello vivere sapendo di non essere stati voluti. E' coem partecipare ad una cena di gala senza essere stati invitati. E' coem se se sulla carta di identità uno portasse la scritta nato per caso.

Voglio invitare a tenere conto dei drammi di tutti i soggetti coinvolti: la donna ed il nascituro prima di tutti. Limitare l'autodeterminazione della donna vorrebbe dire ampliare la casistica dei drammi. Facciamo in modo che la vita sia un dono del quale possano lietamente godere i genitori ed i figli, altrimenti che vita è.

Lettera firmata
Palermo

da Repubblica, 5 febbraio 2008

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Comunicato delle chiese protestanti

LEGGE SULL'ABORTO


Roma, 3 gennaio 2008 (NEV-CS02) - “L'autonomia riproduttiva delle donne è uno dei diritti umani fondamentali. Non si possono obbligare le donne ad avere figli o a portare avanti gravidanze indesiderate”. Lo ha dichiarato oggi la pastora Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). I protestanti italiani entrano così nel dibattito sull’aborto infuocatosi in seguito alla provocazione lanciata dal quotidiano “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, che ha chiesto una "moratoria dell'aborto", prendendo spunto dalla risoluzione per la moratoria della pena di morte votata il mese scorso dall'Assemblea generale dell'ONU su iniziativa del governo italiano.

“Un figlio, una figlia - prosegue la vice presidente della FCEI -, sono iscritti nel desiderio della madre che disegna con la creatura concepita una relazione densa di significato e di vita. Quando questo non avviene, perché il concepimento è frutto di violenza o di frettolosa superficialità ed errore, la donna deve essere messa in grado di interrompere la gravidanza. Fino a quel momento sono infatti in gioco la responsabilità e la libertà che lei ha sviluppato nella sua vita. Per questo il senso di libertà individuale, che è riconosciuto e considerato oggi in Occidente come il fondamento del diritto civile, fa parte della costruzione della dignità femminile. La donna non è un puro contenitore di vita concepita altrove. E' un soggetto libero che crea relazione con questa vita. Negare che l'interruzione di gravidanza si inserisca in questo processo relazionale significa riportare le donne a un obbligo biologico che non ci appartiene più”.

Per la pastora Tomassone non è concepibile
accomunare aborto e pena di morte, come invece proposto da Giuliano Ferrara: “Abolire la pena di morte significa riaprire le possibilità di relazioni umane per gli ex condannati. Riammetterli in quel circuito di comunicazioni in cui la vita non è pura biologia, ma capacità e libertà di decisione. Così anche leggi come la 194, che riconoscono la capacità e la libertà decisionale delle donne, affermano la centralità della relazione. In questa riapertura del dibattito sulla 194 una cosa sola è importante: che si fermi l'attenzione su una educazione libera e critica degli adolescenti e, in modo diverso, delle donne e uomini immigrati, sulla sessualità e sulla decisione di avere figli e figlie”.

Per informazioni:
Agenzia NEV - Notizie Evangeliche
Federazione delle chiese evangeliche in Italia

tel. 06/48.25.120 fax 06/48.28.728
e-mail: nev@fcei.it

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Non condivido quanto detto dalla pastora protestante... nonostante il tema sia per me, molto complesso e per ora, dato che la società civile (leggasi massificazione) mi sta mangiando... la mia testa è limitata nei pensieri.

Qui di seguito una chicca (tratta da wikipedia) per sottolineare il sub-mondo che si cela nell'universo della fede e che già fa pensare alle più diverse interpretazioni del tema nel post, e che purtroppo oggi, ritengo che nessuno (neanche il Papa per esempio) può costituirsi patrimonium-fidei o partavoce di nessuno, perchè tutti sono miopi! Non che io sia il saggio supremo, sia chiaro ;)

Insommma ecco la chicca interessante:
"L'Evangelicalismo si distingue SIA DAL Cattolicesimo romano perché riconosce come unica sua autorità quella della Bibbia, SIA DAL protestantesimo storico, perché pone molta enfasi sulla necessità della personale esperienza della conversione a Cristo come fondante per l'essere cristiano, e non tanto sull'aspetto sociologico della Chiesa di popolo della quale si diventa membri per tradizione familiare o comunque dopo essersi sottoposti a riti come il Battesimo o la Confermazione. Esso si distingue anche dai vari movimenti settari non-protestanti (ad es. il Mormonismo, la Scienza cristiana, i Testimoni di Geova ecc.) perché è chiara la sua adesione all'ortodossia trinitaria comune a tutte le chiese storiche."

Ecco, costoro sono contro la 194, e quindi... pure io.

elena ha detto...

A mio modesto parere, caro Edgar, la questione è proprio nelle tue due ultime righe.
Io non sono "contro la 194", ma contro l'aborto - che è MOLTO diverso.
Essere contro l'aborto significa cercare tutti i mezzi possibili per evitarlo consapevolmente (ad esempio non considerandolo un mezzo anticoncezionale, cosa che peraltro pochissime donne fanno!), ma dare a chi lo deve subire tutte le garanzie di sicurezza, igiene, salute - e non solo fisica.
Essere contro la 194 vuol dire innanzitutto considerare la donna come mero contenitore - e già qui... - ed arrogarsi il diritto di decidere per tutti.
Una legge deve essere pensata per tutti, non solo per una categoria! Nessuna donna cattolica (o che per qualsiasi motivo sia contraria) è costretta ad abortire dalla 194, mentre l'abolizione della medesima riporterebbe all'aborto clandestino (in condizioni igieniche precarie o in cliniche private dove spesso operano gli obiettori di coscienza del pubblico).
E' lo stesso discorso della legge sul divorzio: il fatto che ci sia e in qualche modo (sicuramente perfettibile) regolamenti la materia non costringe i felicemente coniugati a divorziare, ma permette a chi non riesce più a vivere insieme di separarsi.
Ci manca solo che imputiamo il calo delle nascite alla 194 ed il calo dei matrimoni alla legge sul divorzio appunto...
Nessuno ha la verità in tasca, per quel che mi riguarda. Ma se uno compie una scelta, chi è un chiunque altro per impedirglielo?

Anonimo ha detto...

... Quando vuoi, ti spieghi molto bene Elena. Ho letto con attenzione ciò che hai scritto.
Io, ammetto di aver fatto lo strafalcione nel considerare la 194 alla stregua di una liberalizzazione abortistica...
mmmm... l'avevo detto che:
"nonostante il tema sia per me, molto complesso ...".

Franca ha detto...

Concordo con Elena in pieno.
La campagna contro la legge 194 è aperta: donne all'erta!