"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

domenica 3 febbraio 2008

Guerra in Ciad, trasferiti 400 cittadini stranieri


Darfur
...


Ucciso il Capo di stato maggiore

Non si fermano le violenze nel Paese africano. Il presidente rifiuta l'offerta francese di lasciare il Paese

Alcuni degli stranieri trasferiti (Afp)
DAL NOSTRO INVIATO NAIROBI Furiosi combattimenti da questa mattina all'alba a N’Djamena. A difesa del presidente Idriss Deby Itno, asserragliato nella sua residenza, sono intervenuti anche gli elicotteri che hanno bombardato le posizioni dei ribelli, cannoneggiate dall'artiglieria lealista. Il contrattacco dei governativi ha bloccato l'avanzata dei guerriglieri che ieri mattina erano entrati nella capitale, conquistandola quasi tutta. Il palazzo presidenziale è circondato dai carri armati e da ingenti forze governative della guardia personale di Deby, l'unico corpo ben addestrato ed equipaggiato del Paese. Obbiettivo della controffensiva è ricacciare gli insorti fuori dalla città. La Francia si è offerta di scortare il presidente fuori dal Paese, ma lui, ha spiegato il Quai d’Orsay, ha rifiutato. La controffensiva governativa è partita ieri pomeriggio ed è ripresa questa mattina. Furiosi combattimenti si segnalano in tutta la città. Una colonna ribelle è stata bloccata mentre tentava di assaltare la sede della radio nazionale. Comunque la situazione è ancora assai confusa.

«I combattimenti sono cominciati sabato mattina alle sette – ha raccontato ieri sera al telefono un italiano che vive a N'Djamena -. I rombi dei cannoni si sentivano in lontananza, poi pian pian si sono avvicinati. I ribelli a bordo di camionette, dotate di un cannoncino o una mitragliatrice pesante, hanno superato l’hotel Kempinski, alla periferia della capitale e senza trovare resistenza si sono attestati nei pressi del palazzo presidenziale».

Alla fine della mattinata sembrava che gli insorti avessero vinto e che Deby fosse scappato. Invece c’è stata una feroce controffensiva delle truppe lealiste. I cannoni dei carri armati si sono messi a sparare, provocando, probabilmente, gravi danni ai palazzi attorno alla presidenza. «Si sentivano le sparatorie che andavano e venivano, si avvicinavano e si allontanavano – ha raccontato il testimone italiano ieri sera -. Ora che è calato il buio tutto è calmo e tranquillo». Stamattina all’alba la battaglia è ricominciata furibonda.

Secondo fonti diplomatiche i ribelli, dai mille ai millecinquecento uomini, che si riconoscono per la divisa verde scura e una fascia bianca attorno alla fronte, si sono sparpagliati nelle vie della capitale: «Si saranno cambiati d’abito, mescolati e confusi con la popolazione che in alcune zone li ha accolti con grande giubilo», è stato il commento.

Sicuramente i governativi controllano il quartiere della presidenza e del parlamento e quello che si affaccia sul fiume Chary, confine naturale con il Camerun. Un corridoio che per Deby è anche una via di fuga. Comunque non c'è una linea di fronte precisa. Proprio per questo nessuno mette il naso fuori di casa.

In Ciad stazionano 1500 soldati francesi, inquadrati dal 1986 nel dispositivo Eparvier (Sparviero), che hanno preso posizione a difesa degli alberghi e della loro ambasciata. A tarda notte sono arrivati almeno tre aerei militari per portare in salvo circa 400 stranieri che hanno chiesto di lasciare il Ciad: «Non è stata un'evacuazione. È partito solo chi l'ha chiesto. I parà francesi sono andati a prendere a casa con un blindato quelli che volevano imbarcarsi». Gli aerei hanno portato i passeggeri a Libreville, in Gabon dove c’è una base francese. L'Onu, invece ha dato ordine al suo personale di evacuare al più presto. Gran parte dei funzionari è stata già trasferita in Camerun, al di là del fiume Chary.

I ribelli sono partiti dal Sudan un migliaio di chilometri a oriente di N’Djamena e hanno attraversato tutto il Paese, giacché la città si trova sulla frontiera occidentale, senza trovare una grande resistenza. L'unica battaglia – sembra violentissima, ma non esistono fonti indipendenti – hanno dovuto affrontarla venerdì vicino a Massaguet, un'ottantina di chilometri dalla capitale. I governativi, che erano guidati da Idriss Deby in persona, hanno sostenuto di averla vinta, ma la realtà era ben diversa. Sconfitti si sono ritirati. Anzi, in combattimento è morto il capo di stato maggiore dell'esercito ciadiano, Daud Soumaïn.

Come sempre accade in questi casi, il governo ha minimizzato l'avanzata ribelle: «Sono in contatto con la presidenza. La situazione è sotto controllo – aveva assicurato in mattinata il ministro degli esteri Amad Allam-Mi da Addis Abeba dove ha seguito il vertice dell’Unione Africana, conclusosi ieri -. Ci sono scontri sporadici ma non certo combattimenti su larga scala».

Il Ciad dall’indipendenza (1960) è stato oggetto a vari tentativi di invasione. Gruppi di guerriglieri (un po' predoni e un po' politicanti) sono spesso spuntati dappertutto, sostenuti soprattutto dalla Libia che mirava ad annettersi la sona settentrionale del Paese, la fascia di Azou nel Tibesti, ricca di uranio. Ora da qualche anno è stato trovato il petrolio e gli appetiti si sono demoltiplicati.

L'ultimo attacco N’Djamena l’ha subito nell’aprile del 2006 quando i ribelli, sostenuti da Cina e Sudan, arrivarono alla sua periferia. Le truppe di Deby li annientarono prendendo decine di prigionieri che furono mostrati in televisione. Ragazzini senza training militare che non sapevano neppure dov’erano e cosa stessero facendo. Molti erano sudanesi che si erano arruolati per un misero pugno di dollari. Deby si difese cacciando i nazionalisti di Formosa, con cui fino a quel momento aveva relazioni diplomatiche, e riconoscendo Pechino, che aveva armato i ribelli. Sperava di averla fatta franca, invece da qualche mese la guerriglia è ricominciata ai confini con il Sudan, finanziata e sostenuta, neanche tanto nascostamente, da Khartoum.

La colonna di ribelli che ieri hanno assalto N’Djamena è guidata da Timan Erdimi, che assieme al gemello Tom, comanda la Coalizione delle Forze per il Cambiamento (RAFC, acronimo francese per Rassemblement des Forces puor le Changement). I due sono nipoti di Idriss Deby e quindi appartengono allo stesso potente clan zagawa. I gemelli Erdimi qualche giorno fa hanno visitato Washington alla ricerca di sostegno e di finanziamento tra le lobby americane che si occupano di Ciad e di Darfur.

Hanno assicurato ai dirigenti dell'Amministrazione che, pur ricevendo armi dal Sudan, non sono marionette di Khartoum, come vengono descritti, ma guidano un gruppo che vuole impegnarsi nella guerra contro il terrorismo e a favore della democrazia. Non hanno cavato un ragno del buco, perché non hanno ottenuto un soldo.

Ma il vero leader della ribellione è Mahamat Nouri, ex ministro della Difesa, passato all'opposizione con altri dirigenti che negli ultimi anni hanno abbandonato Deby. Il presidente uscente, che nel 2006 è stato eletto per un terzo incarico dopo aver fatto cambiare la costituzione a suo favore (erano ammessi solo due mandati), è accusato di aver trasformato la democrazia ciadiana in una dittatura che favorisce la sua famiglia e i suoi amici, specie ora che il Paese riceve ingenti proventi dallo sfruttamento delle risorse petrolifere.

Nouri, membro della tribù anakaza, cui appartiene Hissène Habré ex dittatore prima di Deby, guida l’Unione delle Forze per la Democrazia e lo Sviluppo (UFDD è l’acronimo francese per Union des Forces puor la Démocratie e le Développement). Hissene Habrè è accusato di feroci atrocità e dalle vittime è stata avanzata la richiesta perché sia giudicato dalla Corte Penale Internazionale.

Sul perché i ribelli abbiano attaccato proprio adesso risponde Parick Smitk, direttore del quindicinale specializzato Africa Confidential: «La crisi del Darfur si è trasferita in Ciad. Il Sudan vuole impedire il dispiegamento delle truppe europee nell’est del Ciad e nella Repubblica Centrafricana. I soldati dell'Eufor dovrebbero proteggere i profughi darfuriani, rifugiati oltre confine, e gli sfollati scampati alle stragi. Se i ribelli vinceranno probabilmente sarà ancora più complicato lo schieramento della forza mista Nazioni Unite/Unione Africana in Darfur, il cui compio è quello di proteggere i civili. Un contingente che Khartoum da sempre non vuole».


Massimo A. Alberizzi

malberizzi@corriere.it
03 febbraio 2008

fonte: http://www.corriere.it/esteri/08_febbraio_03/ciad_capo_stato_maggiore_stranieri_52587d64-d236-11dc-98b2-0003ba99c667.shtml

...

Nessun commento: