Prefazione di Renato Vallanzasca
Si parla spesso dell'arte di arrangiarsi o del recupero degli avanzi, e lo si fa anche in questo libro. Ma gli avanzi, a San Vittore, sono un'altra
cosa.
La "sbobba" che passa l'Amministrazione è quella che è.
Si cucina su un unico fornelletto da campeggio. La cucina è anche il bagno. La spesa si può fare all'interno del carcere, ma non tutti possono permettersela.
Si possono ricevere quattro "pacchi" al mese con generi alimentari e vestiti per un peso complessivo mensile di venti chili, ma niente frutta e verdura, cibi confezionati o acquistabili alla spesa interna.
Niente alcool naturalmente.
E comunque c'è chi non ha nessuno e il pacco se lo sogna.
Paradossalmente, nel luogo dove tutto è vietato la cucina è permessa.
Non sono ammesse posate di acciaio, e c'è chi se le inventa facendo esplodere le bombolette del gas per utilizzarne la lamiera. Se ti trovano un coltello ti fanno rapporto.
Si può anche costruire un forno rivestendo con la carta stagnola due cassette, ma si rischia di incendiare la cella.
C'è chi si è costruito un frigo con l' acqua corrente collegata ad una serie di bottiglie di plastica, ma poi una notte si è allagata la cella e anche i piani inferiori del braccio.
San Vittore ha una capienza massima di ottocento persone, ma ci vivono almeno 1400 detenuti. Cose dell'altro mondo, un mondo dove un sugo senza carne sa miracolosamente di carne, e tanto basta per immaginare tutte le altre ricette, dove l'ingrediente mancante è sostituito, dove il procedimento ordinario è reinventato, dove la solidarietà può fare miracoli.
Le ricette dei poco di buono
era un CD-ROM.
...ora è diventato un LIBRO!
Procacciatevelo al più presto, scrivendo a emilia@ildue.it,
oppure andando davanti a san Vittore, a Milano, nel bar-tabacchi Acquaviva, Piazza Filangieri angolo via Olivetani...
ah...noi siamo lì, dal lato opposto della piazza, chiusi...
fonte: http://ildue.it/Home.asp
...
In coda al mercato dei ladri
da la Stampa
di Ludovico Poletto
Torino, 23 gennaio 2008
Nel centro di Torino, cibo e vestiti rubati in vendita a due passi dalle vetrine di lusso
Dicono che il formaggio ci sarà oggi.
Se tutto va bene. Ieri, invece, c’erano i salami, le scatolette di tonno e di sgombro, la pasta, i soliti profumi e qualche capo di abbigliamento.
Certe volte, ma bisogna essere proprio fortunati, c’è anche il salmone: confezioni di fettine affumicate color rosa intenso. Prelibatezze. Vendute più o meno a metà del prezzo dei negozi.
I salami, invece, ieri li hanno spacciati scontatissimi: tre da otto etti l’uno per dieci euro in tutto: roba da hard discount. Anche se la merce ha una provenienza più nobile: le scansie di un qualche negozio ben fornito, e pure del centro, a giudicare dalla confezione.
Qualcuno ha rubato tutto quel ben di Dio.
Qualcun altro, subito dopo, lo spaccia.
Benvenuti in piazza Carlo Felice, nei giardini fioriti di fronte alla stazione ferroviaria di Porta Nuova.
A venti metri, forse anche meno, dall’imbocco della via del commercio elegante, dei negozi griffati e del passeggio chic. Via Roma, ovvero la «via Montenapoleone» di Torino.
Alle cinque della sera il commercio d’insaccati è una macchina che corre a tutta velocità.
E il venditore non ha tempo da perdere.
«Senti bello, adesso fila e non farti vedere con tutta sta roba in mano» ordina il pusher di salumi al giovanotto in pantaloni gialli che bighellona in zona con due chili e mezzo di «salame nostrano», «prodotto e confezionato da Salumificio Alsenese».
«C’erano i carabinieri prima: si sono portati via due persone. È meglio se te ne vai perché se ti beccano con sta roba in mano sono guai veri» insistono gli aficionados del «supermarket Carlo Felice», hard discunt a cielo a aperto nel cuore della città. Primo e forse unico mercato senza scaffali, banchi e commercianti con tanto di patentino.
Al supermarket del rubato c’è chi viene con una certa frequenza a fare la spesa.
Bastano dieci euro e vai a casa con una quantità di cibo sufficiente a sfamare una famiglia intera per una settimana. Dieci euro, e si fa presto a scoprire che l’inflazione qui non pesa e i prezzi sono rimasti quelli di quindici anni fa.
Qualche esempio?
Un paio di scarpe da ginnastica costa dieci euro.
Un giubbotto imbottito, 30.
La pasta?
Cinquanta centesimi a pacchetto da un chilogrammo.
Ma, attenzione: per avere sconti veri, bisogna contrattare. Perché chi viene qui a vendere il suo bottino vuol vedersi riconosciuti la fatica e il rischio: ha sfilato la merce dalle scansie dei Carrefour e dai supermercati Pam, vigilatissimi e controllati da telecamere a circuito chiuso.
Ha sfidato e battuto sistemi antitaccheggio che dovrebbero impedire di portare fuori dai negozio qualsiasi merce.
E adesso, ovvio, non è disposto a vendere tutto per quattro soldi. Gli sconti sono grossi, ma un poco la fatica si deve pur pagare.
Alle diciannove sotto gli alberi del giardino di questa piazza, biglietto da visita per chi sbarca dai treni della stazione Porta Nuova, non resta quasi più nessuno.
I vecchietti che giocavano a carte e a dadi appoggiati sugli scatoloni hanno ceduto al buio e al freddo.
Qualcuno conta una manciata di euro: «Qualche scommessa, che c’è di male? Giochiamo tra amici. Siamo pensionati. Una volta si vince e una si perde. Ma non sono mai grosse somme».
E quelli che vendono il cibo?
«Eh, sono via da un bel po’. Quelli fanno in fretta, hanno i loro contatti. Quelli li trovi tra le tre e le cinque. Poi, puff, spariscono».
Già, tra le tre e le cinque del pomeriggio, dal lunedì al sabato, che piova, nevichi o che ci sia un sole che spacca le pietre arrivano i venditori.
Alcuni sono immigrati romeni.
Altri tossicodipendenti.
Ma ci sono anche insospettabili signori sessantenni che hanno trovato il modo di arrotondare la pensione.
Qualcuno ha i clienti fissi: pensionati che hanno la delega in bianco da mogli e figli per fare la spesa. Altri si propongono: «Ho un giubbottino che non è niente male. Ti interessa?». Che taglia è? «Una media, ma secondo me ti va benissimo. Dammi cinquanta euro».
Venti e sono anche troppi.
«Se me ne dai trenta te ne vai felice. Ma infilatelo, eh, altrimenti mi metti nei guai».
E poi ci sono gli spacciatori di profumi di gran marca: Dior, Chanel, Armani.
Roba originale, mica i tarocchi che trovi sulle bancarelle dei mercati rionali.
Li tirano fuori da borse rivestite di domopak: sacchetti magici che permettono di eludere i controlli.
I passeur di essenze sono ragazze giovanissime, slave o romene.
Non dicono una sola parola d’italiano ma sanno tutto sulle mode e le tendenze.
E basta insistere un po’: «Hai bigiotteria?».
«Collane? Guarda queste con il laccio di gomma. Cinque euro».
Mai chiedere dove le hanno prese, mai insistere troppo con le domande.
Basta una parola sbagliata e loro spariscono.
E arrivano gli amici.
E allora è meglio andare via.
Meglio mescolarsi ai pensionati che ancora giocano a carte o guardano sospettosi il passare e ripassare dei mezzi delle forze dell’ordine.
Meglio sparire.
Tanto tra un po’ non ci sarà più niente da comperare.
E anche il tipo con baffoni e giubbotto nero tra un po’ se ne andrà: sta prendendo l’ultima ordinazione da un pensionato: «Spaghetti. E poi un po’ di carne. Fettine, eh. Di pollo non ne possiamo più».
fonte: http://ildue.it/Thesaurus/Thesauruspagina.asp?IDprimoPiano=2457
...
Studio: Mangiar male rende violenti
da Ansa
Londra, 29 gennaio 2008
Il cibo malsano è collegato ai comportamenti violenti, e anche alla criminalità. Lo sostiene un gruppo di studiosi dell'Università di Oxford, che ha analizzato l'alimentazione di mille giovani detenuti tra i 16 e i 21 anni, in tre riformatori britannici.
È emerso che i ragazzi alimentati in maniera sana hanno diminuito di un terzo i loro atteggiamenti violenti all'interno dei centri di detenzione.
"Non vogliamo dimostrare che il cibo è l'unico fattore che influenza il comportamento - ha detto al quotidiano britannico 'The Independent' John Stein, professore di psicologia - ma che finora ne abbiamo sottovalutato l'importanza".
L'università porterà avanti un progetto che consiste nell'incrementare l'apporto di minerali e vitamine nell'alimentazione dei giovani detenuti, con un monitoraggio di dodici mesi.
In un esperimento pilota su 231 ragazzi, gli atteggiamenti criminali sono diminuiti di più di un terzo, tra coloro che si sono alimentati correttamente. "Significa che è possibile ridurre di un terzo la violenza anche all'interno della comunità", si afferma nella ricerca.
Secondo gli studiosi, l'esperimento sarebbe utile a diffondere tabelle nutrizionali anche nelle scuole per ridurre la criminalità anche all'esterno dei centri di detenzione.
La teoria alla base dell'esperimento è che quando il cervello ha carenza di nutrienti, soprattutto di acidi Omega-3, perde la sua flessibilità, ovvero diminuisce il tempo di attenzione e riduce l'autocontrollo.
"Secondo la legge - ha spiegato lo studioso Bernard Gesch - il crimine è una questione di libera volontà, che però non può essere esercitata senza coinvolgere il cervello. A sua volta, quest'ultimo non può funzionare correttamente senza un sano apporto nutrizionale. Da cui ne deriva che l'alimentazione influenza il comportamento".
...
Nessun commento:
Posta un commento