"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

giovedì 7 febbraio 2008

Sicurezza, la Fiat non va all'incontro con il governo




La Fiat non partecipa al tavolo sulla sicurezza convocato giovedì mattina presso il ministero della Salute. Lo denuncia in una nota al vetriolo il sottosegretario alla salute Giampaolo Patta. Scopo dell'incontro era quello di verificare la possibilità di definire un protocollo d'intesa sulla sicurezza, come quelli realizzati alla Thissenkrupp, all'Ilva di Taranto, nei porti di Genova, Ravenna, Napoli e alla Fincantieri. Ma la Fiat, «nonostante siano state riscontrate significative violazioni alla legge 123/2007 negli stabilimenti di Cassino, Melfi, Torino, Pomigliano d'Arco», non c'è.


«Che il più grande gruppo industriale automobilistico italiano - si infervora Patta - decida di non sedersi al tavolo del Ministero della Salute per confrontarsi sull'applicazione della legge 123/2007 è un fatto politicamente e istituzionalmente deprecabile. Spero - conclude - che questo atteggiamento venga censurato da Federmeccanica e Confindustria, perché nessuno si senta in dovere di sottrarsi dall'applicazione delle leggi dello Stato».

Il gruppo Fiat, intanto, è stato segnalato alla magistratura per violazioni riscontrate dai Nas e dalle Asl negli stabilimenti di Melfi e Pomigliano d'Arco. «I sopralluoghi sono scattati – ha spiegato ancora Patta – dopo le due morti avvenute a dicembre negli stabilimenti Fiat. Carabinieri e Asl hanno individuato violazioni sul piano unico di rischio, l'identificazione dei lavoratori degli appalti, e l'indicazione delle spese per la sicurezza nei capitolati d'appalto. Si tratta di alcune delle nuove norme introdotte dalla legge 123». Gli stabilimenti Fiat ora hanno tempo un mese per rimettersi in regola, in caso contrario scatteranno le sanzioni penali e amministrative.


Pubblicato il: 07.02.08
Modificato il: 07.02.08 alle ore 14.20
fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=72725

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DAL BLOG: NEL BUIO DI UNA NAVE


sabato, 19 gennaio 2008


Il primo maggio 2007 ero a Venezia, a Campo San Barnaba, per un'iniziativa pubblica sul tema della sicurezza sul lavoro. Si parlò anche di Porto Marghera, dove è appena avvenuta una tragedia terribilmente simile a quella che si verificò nel porto di Ravenna vent'anni prima (il mio libro era appena uscito).

Venezia 1 maggio


Il 13 marzo 1987 tredici lavoratori persero la vita
soffocati nella stiva della gasiera Elisabetta Montanari all’interno del cantiere Mecnavi, all’epoca il più grande cantiere privato sul mare Adriatico. Innescato dalla scintilla di una fiamma ossidrica, un piccolo incendio surriscaldò il rivestimento dei serbatoi di combustibile, che gocciolò sul fondo della stiva e prese fuoco a sua volta. Dalla combustione si svilupparono ossido di carbonio e acido cianidrico. L’aria divenne presto irrespirabile. L’autopsia certificò la morte per edema polmonare causato da inspirazione di sostanze tossiche, dopo una lunghissima agonia.


Nel libro ho cercato di ricostruire la vicenda e il contesto storico, i lunghissimi passaggi processuali (cinque processi penali, sedici anni per arrivare ai risarcimenti alle famiglie), cosa è cambiato e come si possa ancora morire di lavoro, oggi. Volevo contrastare la più subdola fra le figure retoriche solitamente accostate agli incidenti sul lavoro: quante volte ci è capitato di sentire la parola strage associata a fatalità? Invece, ciò che è accaduto si presenta come un'evidente, intollerabile, odiosa ingiustizia. Con una lunga serie di colpevoli: imprenditori, subappaltatori, chi rilasciò le autorizzazioni, chi non vigilò come avrebbe dovuto.



È raro trovare una concentrazione di cause simile a quella che si determinò nel cantiere Mecnavi, ma in ogni infortunio sul lavoro si ritrovano alcuni fra gli elementi di quella tragedia: lavoro nero, caporalato, imprenditori che non tollerano il sindacato nella loro azienda, colpevoli risparmi sulle norme di sicurezza, mancato addestramento del personale, omissione dei sistemi anti-infortunistici, un’organizzazione del lavoro finalizzata al massimo profitto nel più breve tempo possibile.



fonte: http://buionave.splinder.com/


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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Fa bene la Fiat, è ipocrita invece il comportamento di Patta quando dice: "perché nessuno si senta in dovere di sottrarsi dall'applicazione delle leggi dello Stato".

La Fiat, se non ricordo male, è stata d'esempio nel campo della sicurezza aziendale già prima che leggi blasonate come la 626 del 1994 entrassero "nell'immaginario collettivo".

Franca ha detto...

Perchè fa bene a non andare all'incontro?

Anonimo ha detto...

Franca non lo so chiaramente. So soltanto che tutta questa questione sulla sicurezza, sta diventando una sorta di repressione dall'alto verso le aziende, anzichè un "tavolo" serio di discussione, studio e decisioni.
Un conto è parlarne, un conto applicarle seriamente e serenamente.
Credo, che la Fiat tema gli si rivolti qualcosa contro nel "tavolo" ministeriale sulla sicurezza, alla luce di ciò che è successo.