MILANO (4 febbraio) - Un ricovero in ospedale non più in base al tipo di patologia, con un reparto specifico a cui fare riferimento, ma con un ricovero per intensità di cura. Una divisione in tre livelli che manderebbe in pensione la vecchia organizzazione in unità operative specialistiche (ortopedia, pneumologia, chirurgia ecc.) Il ricovero avverrà quindi in base alla gravità del malato e all'intensità di cura che egli richieda. Ad aprire la strada a questo tipo di sperimentazione sarà l'azienda ospedaliera di Empoli e coinvolgerà 1000 operatori nel nuovo ospedale, già a partire da prima dell'estate. Ne ha parlato Sabrina Sani, della direzione sanitaria dell'azienda Usl 11 di Empoli, nel corso di un incontro presso la Fondazione Medtronic, a Senso San Giovanni.
Per il nuovo progetto ci dovrà essere una maggiore collaborazione tra infermieri e medici delle diverse discipline. Il cosiddetto “giro medico” ad esempio, costituirà un momento importante di scambio tra le professioni e la nuova organizzazione per Aree comporterà necessariamente un'assegnazione di letti limitrofi a specialità diverse. Ma a determinare il ricovero presso un certo ospedale non sarà l'esistenza di un particolare reparto (di ortopedia piuttosto che di pneumologia), ma l'intensità di cura che può garantire. «Se tutti gli ospedali risponderanno a questa logica - ha detto Sani - l'utente saprà che per l'intensità di cura che richiede la sua malattia dovrà recarsi a Empoli piuttosto che a Careggi».
Questa nuova organizzazione dell'ospedale richiede anche un ripensamento della presa in carico del paziente perché sia il più possibile personalizzata e condivisa attraverso tutti i livelli di cura. Occorre passare dal principio di “hosting” al principio del “case management”, dall'idea di curare la malattia all'idea di farsi carico del malato. E questo comporta però la figura dell'infermiere referente responsabile dell'assistenza e del risultato del progetto assistenziale.
Un cambiamento totale, quindi, che necessita di nuova educazione e formazione degli operatori coinvolti. A Empoli, così come all'Ospedale San Gerardo di Monza dove è stato attuato uno “studio pilota per la valorizzazione del fattore umano in sanità”, per gestire il cambiamento è stata applicata l'esperienza di “virtHuman International”, un metodo basato su formazione ed educazione ma soprattutto sulla motivazione del personale.
fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=18238&sez=HOME_INITALIA
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2 commenti:
Bene l'umanizzazione del malato, ma la "confusione" tra specialità mi lascia perplessa...
La foto nell'articolo si riferisce all'ospedale Galliera di Genova peraltro non menzionato!
Sarebbe stato carino un cenno alla fonte, in considerazione della pubblicazione della stessa sul sito ufficiale dell'ospedale.
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