"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

venerdì 24 agosto 2007

"Le Vite degli Altri" distrutte dalla Stasi



SU GRADITO SUGGERIMENTO DI SKAKKINA, PUBBLICHIAMO LA RECENSIONE DEL BELLISSIMO FILM "LE VITE DEGLI ALTRI".
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E la Storia (dimenticata) rivive in un film

Il regista (Oscar per la migliore opera straniera): "In Germania tutti preferiscono rimuovere"
E per fare un parallelismo con l'Italia, cita lo scandalo delle intercettazioni
di CLAUDIA MORGOGLIONE


Una scena del film


ROMA -
E' un caso davvero unico, nel panorama internazionale: un regista europeo (tedesco) praticamente sconosciuto, che col suo debutto su grande schermo ottiene un incredibile successo, in tutto il mondo. Aggiudicandosi una pioggia di premi, dai cosiddetti oscar europei all'Oscar vero e proprio, per la migliore pellicola straniera. Un exploit singolare, anche perché il film - bellissimo - affronta un tema oscuro, difficile, certo non popolare: le persecuzioni e lo spionaggio indiscriminato a opera della Stasi, la famigerata polizia segreta della Ddr. Una tragedia che ha pesato per decenni sulla popolazione della Germania Est, e che poi, dopo la caduta del Muro, è stata rimossa, oscurata.

Ma adesso, a squarciare il velo, ci pensa il cinema. Anche se Le Vite degli Altri - questo il titolo del film, diretto dal debuttante Florian Henckel von Donnersmark, classe 1973, e in arrivo nelle nostre sale a fine settimana - non è affatto una storia a tesi, ideologica. No, la sua forza è proprio nell'umanità e nella verità dei suoi personaggi principali. Oltre che nell'andamento da thriller, in cui si sta col fiato sospeso per le sorti dei protagonisti.

Siamo a Berlino est, nel 1984: il capitano Gerd Wiesler (Ulrich Muhe, bravissimo) è un ufficiale della Stasi, freddo, idealista, abilissimo a interrogare sospetti e a farli crollare. Viene contattato da un alto dirigente molto carrierista, il colonnello Anton Grubitz (Ulrich Tukur), che gli dà l'incarico di sorvegliare a tempo pieno lo scrittore e drammaturgo Georg Dreyman, fiore all'occhiello del regime. La cui unica colpa è essere il compagno dell'attrice teatrale Christa-Maria Sieland (Martina Gedeck), donna sensuale, tormentata e dipendente dalle pillole, di cui si è invaghito il ministro della Cultura (Thomas Thieme).

Per Wiesler, almeno in apparenza, un lavoro come un altro. E anche poco interessante, visto che Dreyman è attentissimo a non fare nulla che possa spiacere al regime. Le cose però cambiano quando un suo amico dissidente, il regista Albert Jerska, muore suicida; allora lo scrittore prende coraggio e decide di inviare clandestinamente un suo articolo di denuncia, al di là del Muro. Una scelta che porterà anche l'uomo che spia ogni sua mossa a cambiare atteggiamenti, modi di pensare, certezze. E solo dopo alcuni anni, con la riunificazione della Germania, la verità verrà a galla...

Il tutto in un film cupo, noir, in parte romantico, vista la storia di passione e disperazione che unisce lo scrittore e l'attrice. Girato nei veri luoghi simbolo della Ddr, come l'ex quartier generale della Stasi. Frutto di anni di ricerche, da parte del regista e sceneggiatore. Ricco di particolari realistici, sulla Germania comunista: dalle prostitute di regime, usate per alleviare la solitudine degli ufficiali della Stasi, al modo di condurre gli interrogatori dei sospettati.

E, soprattutto, efficace nel rendere quella atmosfera di sottile paura, di terrore vero anche se sottotraccia, in cui vivevano i cittadini. E che Henckel von Dommersmark, malgrado la giovane età, ricorda bene: "I mie genitori erano entrambi dell'Est - racconta oggi, alla presentazione italiana del film - ma erano andati all'Ovest prima della costruzione del Muro. A volte, però, ci portavano dall'altra parte, a trovare i parenti: ricordo bene la paura che provavamo, ogni volta. E anche l'atteggiamento di chi viveva lì, quel tenere sempre gli occhi bassi".

Il suo, però, non è un film biografico. Ma un tentativo - riuscito - di raccontare quegli anni. Per questo l'autore ha visionato tantissimo materiale, e anche parlato con ex dirigenti della Stasi: "In nessuno di loro - racconta - ho visto il minimo rimorso. Un ufficiale, ad esempio, mi ha detto: 'Era la guerra fredda, e in guerra ci sono altre regole'. Insomma, usava il concetto della guerra come scusante per tutto quello che aveva fatto".

Un atteggiamento di rimozione che, paradossalmente, unisce i carnefici alle vittime. "Per legge, in Germania - racconta ancora il regista - tutti i cittadini dell'ex Ddr hanno diritto a consultare il fascicolo contro di loro della Stasi. Ebbene, solo il 10 per cento ha usato questa possibilità: gli altri preferiscono dire che in fondo allora si stava meno peggio di quanto si dice. Per non parlare dei collaboratori della polizia segreta: erano duecentomila, solo due o tre lo hanno ammesso. Gli altri sostengono che il loro risultare collaboratori era una bugia messa in giro proprio dalla Stasi!".

Tra i pochi che hanno voluto subito vedere il proprio fascicolo c'è l'attore Ulrich Muhe, protagonista e vero eroe del film. Che ha così scoperto di essere stato spiato sia sia dalla moglie, sia da quattro membri della sua compagnia teatrale. Circostanze dolorosissime che spiegano - insieme al talento professionale - la sua straordinaria interpretazione del tormentato capitano Wiesler.

Certo, resta il fatto che, al di là del contesto storico ricostruito così dettagliatamente, Le Vite degli Altri - come ammette il suo stesso autore - "tratta un tema universale: le organizzazioni di potere che violano la nostra privacy. E quello che è successo a voi in Italia, con lo scandalo delle intercettazioni. E che ha spinto Sidney Pollack a chiedere i diritti per il remake del mio film: ambientandolo però nell'America attuale. Quella del Patriot Act".
(2 aprile 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/04/sezioni/spettacoli_e_cultura/vite-degli-altri/vite-degli-altri/vite-degli-altri.html

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Addio, Ulrich Mühe

L’attore de ‘Le vite degli altri’ si è spento domenica scorsa a Lipsia. Prima di morire aveva annunciato di essere malato di cancro.


di Fabio Fusco

Addio, Ulrich Mühe
L'attore tedesco Ulrich Mühe si è spento domenica scorsa a Walbeck, vicino Lipsia: nei giorni scorsi l'interprete de Le vite degli altri aveva annunciato di essere malato di cancro allo stomaco e di essersi anche sottoposto ad un intervento chirurgico poco dopo la cerimonia degli Academy Awards, durante la quale il film di cui è stato protagonista ha vinto l'Oscar per il Miglior Film straniero.

Mühe, che era nato 54 anni fa a Grimma, in Germania aveva iniziato a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo iscrivendosi alla Hans Otto Theater Academy, e nel corso della sua carriera era stato tra gli interpreti di pellicole come Amen di Costa-Gavras, e Funny Games, diretto da Michael Haneke. L'ultimo film da lui interpretato è Nemesis, un thriller psicologico di Nicole Mosleh nel quale Mühe ha recitato accanto alla sua seconda moglie, Susanne Lothar, che gli aveva dato due figli. L'attore aveva anche un'altra figlia avuta dal primo matrimonio con l'attrice tedesca Jenny Gröllmann, scomparsa lo scorso anno per un tumore.

Mühe aveva deciso di trascorrere gli ultimi giorni a Walbeck per essere vicino ai suoi familiari.

25 Luglio 2007

fonte: http://cinema.castlerock.it/news.php/id=4370/notizia=addio-ulrich-muehe

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie per l'info e la disponibilità verso i probi viri.

ska ha detto...

Caspita! Proprio l'altro giorno, dopo il film, io e il mio ragazzo ci chiedevamo se fosse un espediente di fiction, quello della possibilità di consultare il proprio fascicolo Stasi, o se fosse tutto vero. Non stento a credere che motli abbiano preferito non farlo...
Comunque mi domando come abbiano preso il film in Germania: il mio amico tedesco me ne parlò molto bene, ma io intendo la Germania come paese. Che soffre della cosiddetta "Ostalgie", cioè nostalgia della Germania dell'est, della DDR. Sentimenti ben vivi in Goodbye Lenin, altro film bellissimo in cui si racconta la frattura fra l'utopia e la realtà....l'ideologia tradita. Ma, come detto, Goodbye Lenin è intriso del "sogno" della DDR, "Le vite degli altri" è la realtà, dura come un pugno in faccia.
Il cinema tedesco mi piace sempre di più.

Mi dispiace leggere della morte dell'attore protagonista. Certo è che è uscito di scena con un'interpretazione memorabile.