"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

domenica 19 agosto 2007

Perù, dopo il terremoto c'è il rischio epidemie

I primi soccorritori italiani: situazione devastante Foto Ap/Ricardo Mazalan


LIMA (18 agosto) - Soccorritori peruviani, spagnoli e messicani sono in corsa contro il tempo per evitare che i cadaveri ancora intrappolati nelle macerie di Pisco ed Ica incomincino a decomporsi provocando epidemie, a tre giorni dal terremoto di 7.9 gradi della scala Richter che ha distrutto il Perù meridionale. Il presidente peruviano Alan Garcia ha promesso l'uso della forza, «in maniera energica», di fronte ai saccheggi e al caos che sono segnalati dappertutto nella regione più colpita dal sisma. Da Pisco, dove è crollata la cattedrale di San Clemente affollata per una messa, giungono le notizie più disperate ma anche qualcuna che dà speranza: dalle rovine della chiesa, che si teme abbiano intrappolato 300 fedeli, è stato estratto ancora in vita un sacerdote che al momento del sisma stava officiando la messa. Don Josè Torres è stato trovato in una specie di caverna che si era formata fra una delle colonne e il tetto crollato. Dalla stessa chiesa giunge la notizia del ritrovamento in vita di un neonato. Ora si cercano i suoi genitori fra i resti della cattedrale, con l'aiuto delle unità cinofile spagnole e messicane.

Il conto ufficiale dei morti causati dal sisma è aumentato di poco rispetto a ieri: 496 cadaveri. Ma si teme che le vittime siano molte di più, la maggior parte a Pisco. La situazione nella città della famosa acquavite è drammatica. Manca l'acqua, la luce, i telefoni, il cibo, i generi di prima necessità. All'areoporto militare di Pisco arrivano gli Hercules degli aiuti provenienti da tutto il mondo, ma la gente disperata cerca di saccheggiare i magazzini e i camion che portano gli aiuti umanitari. Il ministero della difesa peruviano ha stabilito di inviare nella zona mille militari col compito di fermare le azioni di sciacallaggio e di saccheggio. Persino un ospedale da campo è stato assalito dalla gente esasperata a Chincha.

Migliaia di persone si apprestano a trascorrere all'addiaccio la quarta notte dal sisma di mercoledì mentre ancora si registrano violente repliche del terremoto principale che è durato due minuti. Oltre 33 mila case sono andate distrutte e i feriti ancora ricoverati negli ospedali della zona sono più di mille. Il calcio peruviano si è fermato. Oggi e domani non si giocherà negli stadi del Perù. Il tecnico della nazionale, Josè del Solar, ha proposto una partita contro una qualsiasi nazionale di un altro paese, per raccogliere fondi per i terremotati.

Il primo aiuto italiano si è concentrato nella città di Tambo de Mora, presso Chincha. Un lavoro infernale aggravato dai 660 detenuti evasi dal locale penitenziario distrutto dal sisma. Lo ha detto questa sera parlando via telefono Gabriella Tineo, del consolato italiano a Lima, che ha raggiunto la zona sinistrata accompagnata di membri di ong e dei Caschi Bianchi italiani. «La situazione è impressionante e devastante - ha raccontato la Tineo - La mancanza di sicurezza nella città è stato uno dei problemi iniziali maggiori. Dei 660 detenuti fuggiti ne hanno ripresi solo 75. Non c'era luce e abbiamo dormito senza la minima sicurezza».

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fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=7342&sez=HOME_NELMONDO

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1 commento:

Franca ha detto...

Una grande tragedia... Speriamo che la comunità internazionale sia all'altezza