"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

mercoledì 22 agosto 2007

Salvate dalla forca Adnan e Hiwa



giornalisti curdi condannati in Iran

Un appello di Articolo21 e Isf per fare pressione su Teheran

di Ahmad Rafat*

Continua l’agonia dei due giornalisti curdi della rivista “Asu”, Adnan Hassanpour
e Hiwa Boutimar, condannati a morte dal Tribunale della Rivoluzione iraniano con l’accusa di essere “nemici di Allah”.

I due da 40 giorni sono in sciopero della fame, si nutrono solo di acqua e sale, e non hanno ricevuto la visita di alcun medico. I loro avvocati,
che hanno potuto visitarli sabato nel carcere di Sanandaj, li hanno definiti due “larve
umane”, “due cadaveri ambulanti”.

Adnan e Hiwa hanno iniziato il loro sciopero della fame prima di conoscere la sentenza di morte, emessa dal Tribunale. Hanno rifiutato il cibo, non appena trasferiti dal carcere di Marivan, la loro città, al centro di detenzione di Sanandaj, gestito del Ministero dell’Intelligence.

Chiedono il ritorno al carcere di Marivan, il riesame del loro caso e un incontro con l’Autorità Giudiziaria per chiarire le accuse di spionaggio a favore di potenze straniere
e collaborazione con organizzazioni illegali.

La mobilitazione per la liberazione dei due colleghi, deve continuare. Per la loro condanna non sono state rispettate nessuna delle leggi in vigore nella stessa Repubblica Islamica. In Iran i processi devono svolgersi alla presenza degli imputati e del loro collegio di difesa. Adnan e Hiwa hanno appreso della loro condanna a morte molti giorni dopo e in carcere, e i loro avvocati non hanno potuto essere presenti alla fase finale del processo.

Il codice penale iraniano stabilisce che una volta emessa la sentenza, gli imputati
devono essere trasferiti nelle carceri ordinarie e non possono più essere detenuti in celle d’isolamento.

Adnan e Hiwa sono in un centro di detenzione del Ministero dell’Intelligence e in regime d’isolamento. Bisogna intensificare la protesta per salvare la vita ai due giornalisti. «La nostra unica speranza - ha dichiarato Leyla Hassanpour, sorella di Adnan - è la mobilitazione internazionale». Leyla si appella al governo italiano e alle associazioni della società civile per protestare prontamente contro l’ingiusta sentenza di condanna a morte emessa nei confronti di Adnan e Hiwa e per impedire la morte lenta e graduale di questi due giornalisti colpevoli solo di aver dedicato i migliori anni della loro gioventù a difendere i diritti del popolo curdo.

*Information, Safety & Freedom

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