Il treno di disabili, operatori e familiari alla sua ultima tappa
Dopo la pioggia sul lago Bajkal e la dolcezza della Mongolia
"Fratelli d'Italia" tra emozione e stanchezza
di FEDERICA MACCOTTA
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In ogni stazione, a ogni sosta - Budapest, Mosca, Irkutsk, Ulan Bator - la carovana si è fatta riconoscere. Canti e cori, striscioni e magliette: 208 persone non passano inosservate. Ma stavolta è diverso. Ci sono quindici giorni di viaggio sulle spalle e tanta stanchezza. "Mezz'ora prima di arrivare in stazione - racconta Margherita, volontaria di Imola - abbiamo cominciato a prepararci. Nei vagoni si sentiva l'emozione". E quando il treno si è fermato, la gioia è esplosa. Profonda e palpabile, accompagnata da voci stanche ma eccitate che intonavano l'inno d'Italia. Qualcuno attacca Bella ciao, altri cori da stadio. L'ambasciatore italiano Riccardo Sessa saluta. Mettere piede a Pechino per tutti significa: ce l'abbiamo fatta.
La sfida di portare fino in Oriente la filosofia del "fare assieme" e della condivisione, combattendo il pregiudizio che avvolge la diversità, ha avuto successo. Nonostante la fatica, la "malattia del viaggiatore" che ha sfiancato molti dei 208 temerari creando infinite code ai bagni, la voce circolata lungo la Transmongolica che la carovana rischiava di non poter entrare in Cina proprio per la presenza di disabili psichici. "Lo scopo del viaggio è ridare una speranza" spiega Rosalia, utente di Palermo, mentre si gusta la prima cena a Pechino. "Abbiamo visto tante cose meravigliose, ma ora sto mangiando e non mi vengono in mente tutte".
Il lago Bajkal. Tutte no, ma attraverso i 416 occhi si può ricostruire un puzzle di emozioni e paesaggi. Quelli siberiani, dell'arrivo a Irkutsk dopo quattro giorni su un treno speciale lungo la Transiberiana. Con la visita al lago Bajkal, il più profondo e il più antico del mondo, sotto un cielo grigio come piombo che rovescia gocce di pioggia. Il treno dei 208 circumnaviga l'enorme specchio d'acqua e si ferma su un binario antico e che non viene più usato. Il personale attrezza un barbecue all'aperto, ma la pioggia annacqua gli umori. Però uno spiedino e la leggenda che chi fa il bagno nel lago vive dieci anni di più convince qualche ucraino e un paio di italiani a lanciarsi. Sei-otto gradi di temperatura, ma un'emozione che scalda.
La spaghettata alla frontiera. L'attesa al confine tra Russia e Mongolia è lunga, come al solito si dovrebbe restare nelle cuccette per rendere possibili i controlli. Si dovrebbe, perché il gruppo siciliano, d'accordo con il cuoco Dimitrij, dà vita a una spaghettata di mezzanotte. La pasta - venti chili - viene dall'Italia, il sugo anche. Ma il momento di scolare coincide con la salita sul treno dei militari russi: loro chiedono i passaporti, i viaggiatori offrono piatti. Alla fine anche i soldati si arrendono e chiudono un occhio sulla confusione.
La Mongolia. La Transmongolica porta fuori dalla Siberia e dai suoi paesaggi duri. Dai finestrini del treno (dieci carrozze tutte per i 208) si guarda ammirati una nuova luce che inonda prati verdi e colline. Anche il primo impatto con la popolazione mongola, a Ulan-Ude, è dolce: "Tutti ci sorridono, non come in Siberia", dice la volontaria Margherita. La Mongolia poi è Ulan Bator, con la visita a un monastero buddista e al Parco nazionale Terelj, una vallate verde in cui si svolge una rappresentazione degli sport nazionali: lotta libera, tiro con l'arco, contorsionismo e corse con i cavalli. E, soprattutto, Ulan Bator è l'incontro con l'Aifo, associazione locale di disabili, e con padre Ernesto Viscardi, missionario che aiuta i bambini mongoli costretti a vivere nelle fogne per non morire di freddo.
La Cina, alla fine. Ultima tappa la Cina, il viaggio è agli sgoccioli. A Erlian il treno speciale si deve fermare, e i 208 continuano il tragitto tra pullman e convogli di linea. A Datong si visitano le grotte Yungang, antichissime e piene di statue di Buddha. Poi, finalmente, Pechino. Qui i viaggiatori passeranno gli ultimi giorni, prima di tornare in Italia in aereo. Con un bagaglio di immagini e sorprese che forse nessuno aveva messo in conto, a Mestre. "Sto imparando anche a mangiare con le bacchette - racconta il catanese Francesco, il più piccolo del gruppo, nove anni ("Quasi dieci", sottolinea) - Ma è difficile, ci metto ancora tanto". Lui vorrebbe vedere l'esercito di terracotta, si dovrà "accontentare" della Grande Muraglia: una delle ultime visite dei matti sulle orme di Marco Polo.
(24 agosto 2007)
ARTICOLI PRECEDENTI:
- Tra "babuske", zuppa e prati verdi
la Transiberiana del treno dei matti - Un caffè e Cutugno in italo-ungherese
Sul "treno dei matti" viaggia l'allegria - Su quel treno molto speciale
per far accettare i "matti" - Il treno dei matti è partito per Pechino
"Il nostro viaggio verso la normalità"
fonte: http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/treno-marco-polo2/arrivo-pechino/arrivo-pechino.html
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1 commento:
E' un'iniziativa bellissima.
Speriamo serva anche a dare visibilità alle problematiche legate alle persone affette da malattie mentali. La doverosa chiusura dei manicomi (nella maggior parte veri è propri lager) quasi da nessuna parte è stata seguita da servizi alternativi per cui le famiglie quasi sempre sono lasciate sole ad affrontare un problema irrisolvibile
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