La guerra è madre di tutte le cose. Divagazioni semiserie di un cuore irriducibilmente anarchico
"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci
mercoledì 22 agosto 2007
Nuovi partiti senza massa in cerca di elettori
Cosa hanno in comune le nuove sigle Pd e Pdl
di Antonella Marrone
La notizia della nascita di un nuovo partito, a destra, il Partito della Libertà, corona questa estate di stanche querelle sull'anticomunismo e di inconsulti attacchi all'autovelox. Michela Vittoria Brambilla detiene simbolo e nome del partito, un po' come dire òneri ed onòri, galantemente concessi dal Cavaliere in persona.
Ma non è tanto il futuro partito che ci interessa. Quanto l'idea stessa di partito, sulla forma politica che attualmente gode di una popolarità così bassa da sconsigliare chiunque dall'avventurarsi nella formazione di nuove organizzazioni politiche. Lungi dal fare un paragone tra i due nascituri partiti (nel centro destra e nel centro sinistra), ognuno a modo suo sembra però seppellire definitivamente il "partito di massa" così come sino ad oggi i politologi di tutto il mondo lo avevano disegnato e così come, sino ad oggi, abbiamo visto agonizzare. Questi due nuovi partiti (nati quasi per far dispetto l'uno all'altro) sono "partiti di elettori", si dibattono in culture politiche improbabili e velleitarie, trasformandosi più che altro in sigla, in un cartellone pubblicitario. Partiti che hanno più rapporti con i media e i sondaggi che con le persone in carne ed ossa. Una nascita politica che ha qualcosa di "predemocratico" per dirla con Maurice Duverger.
Maurice Duverger sosteneva nel 1951 che nell'era predemocratica, i partiti erano semplicemente alleanze parlamentari fra élites che si riunivano con l'unico scopo di coordinare l'azione legislativa. A questo nucleo mancavano ogni forma di organizzazione extra-parlamentare a livello nazionale e la partecipazione della gente comune. Lo studioso si riferiva ad un'epoca in cui non esistevano né Mediaset, né i gazebo (effettivamente le forme di organizzazione extra-parlamentare dei due partiti).
Ma noi siamo in un'epoca diversa, definita additittura post democratica: strapotere delle lobbies, perdita della centralità dei lavoratori e dei diritti, rottura del rapporto tra cittadini e politici (se non tramite ineludibili, quotidiani, sondaggi), astensionismo. Su che base, allora, si continuano a sfornare partiti che di "popolare" hanno poco e di partecipativo ancora meno, ma che sembrano già "vecchi"? E' una domanda vera. Ed è prevedibile che qualcuno replichi: beh, è la stessa cosa che volete fare voi, un partito a sinistra del Pd. Non è esatto. Non si tratta di questo, non è il nome "partito" che lascia perplessi, è il "che cosa" rappresenti un partito.
Mai, come in politica, la forma e il contenuto coincidono. Mai, come per i partiti, il rapporto con le persone reali, con la partecipazione è vincolante per la propria sopravvivenza. Per questo la domanda è una domanda che, come si dice oggi, parla soprattutto a noi, a sinistra. Dove l'idea partito ha un senso se racchiude in sé anche reti, forum, laboratorio, cantieri. E se reti, forum, cantieri e laboratori sapranno accettare un partito per quello che è: uno strumento per far avanzare la politica. Il Pd e il Pdl non hanno di questi problemi. Si formano, eppoi faranno in modo che la gente li voti: uno adagiandosi sugli allori delle primarie, l'altro fluttuando nell'avito regno catodico.
fonte: http://www.liberazione.it/
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