"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

lunedì 17 settembre 2007

Cocco Bill compie 50 anni. Auguri!

COCCO BILL nasce il 28 marzo 1957




Cari amici quest'anno Cocco Bill compie 50 anni.

Noi lo vogliamo ricordare facendovi vedere alcune tavole della sua prima storia pubblicata su 'Il Giorno dei Ragazzi' il 28 marzo 1957.




Da allora Cocco Bill ne ha fatta di strada e anche la sua veste grafica e' cambiata nel corso del tempo.
Continuando a bere camomilla e cavalcando il suo fedele amico Trottalemme, e' diventato, nel 2001, un cartone animato, prodotto da Pierluigi DeMas, al quale rivolgiamo un pensiero affettuoso e pieno di nostalgia, uno dei tanti grandi maestri che non ci sono piu'.
Se volete andare a trovare Cocco Bill, lo troverete a Cartoomics, la fiera del fumetto di Milano. Li' saranno esposti in bella mostra, gli albi de 'Il Giorno dei Ragazzi' con tutte le storie di Cocco Bill. E poi presso lo stand de 'Il Giornalino' troverete Luca Salvagno, l'erede di matita di Jac, che vi disegnera' tanti Cocco Bill.

E poi un libro che Stampa Alternativa-Nuovi Equilibri presentera' il prossimo autunno a Roma.
Il libro sara' a cura di Gianni Brunoro e qui di seguito troverete un suo ricordo tutto dedicato a Cocco Bill, compagno di risate per lui e molti di voi.
E poi, ancora, un ricordo 'fraterno' di Edgardo Colabelli e una comparazione di Cocco attraverso i decenni.
Allora amici.... 'Buon Cocco Bill a tutti'..... Evviva Cocco BIll


COCCO BILL E IO, PER NON PARLAR DI NOI

di Gianni Brunoro




Se appena appena ci penso, sono io stesso a sorprendermi. Dico, del fatto che da una quarantina d'anni non passa giorno senza che i miei occhi si posino o quanto meno sfiorino un'immagine di Cocco Bill, quella qui sopra riprodotta. Beninteso, non e' che la faccenda costituisca un rito che io mi sia imposto, come ad esempio una recita quotidiana di preghiere; e nemmeno una mia esigenza personale, senza la quale non potrei sopravvivere. No, la faccenda e' molto piu' banale, se volete. Ma anche intrinsecamente molto umana e personale... Quella immagine costituisce un 'quadro' appeso nel corridoio d'ingresso di casa mia, dal quale si accede a uno studio, a un soggiorno, a una cucina, alle scale che salgono al piano superiore, a un altro corridoio... Insomma, sta proprio nel bel mezzo, davvero nel cuore di tutta la casa. Per cui e' ovvio che qualunque movimento io faccia, basta che alzi gli occhi - cio' che non posso evitare, se non voglio andare battere il naso da qualche parte - ed ecco li' Cocco Bill che mi guarda, sorridente, sparacchiante, caciarone. Come da sua natura. Cio' che naturalmente e' la ragione per la quale si trova li'.




Forse e' meglio chiarire la natura di quel 'quadro'. Che non e' gran che di speciale, voglio dire, e' soltanto un ritaglio di giornale, proveniente dalla copertina di una copia del settimanale su cui il Nostro viveva a quel tempo le sue avventure, vale a dire Il Giorno dei Ragazzi. In sostanza, dunque, non si tratta di un 'originale' [magari!], pero' posso dire che esso e' ugualmente... una mia creatura (con tutto il rispetto per Jacovitti, che a quel tempo non avevo ancora conosciuto). Nel senso che, allora, i miei figli erano molto piccoli (anzi, due dei quattro non erano ancora arrivati) e naturalmente, come tutti i bambini, avevano simpatia per ogni genere di 'pupazzetti'. Per cui, in occasione appunto della pubblicazione in prima pagina di una bella, grande immagine, sul supplemento settimanale di cui sopra (precisamente, il numero 12 del 1967: pensate, Cocco Bill era ancora un 'bambino' di appena dieci anni!), mi venne l'idea di contribuire alla loro educazione del gusto estetico fabbricando per loro un quadretto, che avrei messo appunto nella 'stanza dei bambini'. Detto e fatto: si ritaglia l'immagine, si va dall'amico falegname a farsi tagliare un riquadro di compensato della stessa misura, gli si stende sopra un adeguato velo di vinavil e infine, con un po' di pazienza e attenzione, gli si applica sopra l'immagine di Cocco Bill. Ecco li', il gioco e' fatto. Ne esce il quadretto autarchico di cui sopra. Ma cosi' simpatico, cosi' gradevole, che sembra un po' una punizione confinarlo nella 'stanza dei bambini', quasi una reclusione, quasi una privazione per il Cocco, cosi' abituato agli spazi aperti, alle pianure sconfinate, ai fuochi di bivacco, alle gran cavalcate in groppa al suo fido e vigile Trottalemme. Ed e' per quella ragione che esso finisce appeso nel corridoio sopra citato, insieme e accanto ad autentici quadri d'autore; e adesso - ormai da anni - anche a qualche tavola originale di fumetti. Di fronte ai quali - quadri & tavole - esso ha una paritetica dignita', un po' per essere in qualche modo un prodotto artigianalmente creativo del padrone di casa, un po' - anzi com'e' ovvio soprattutto - per essere un prodotto della fantasia di Jacovitti, una creatura che in tanti anni ha dato tanta gioia e tanto buonumore a una falange sterminata di lettori.

Fra i quali annovero anche me stesso come uno di quelli della prima ora. Lo sanno tutti, ormai: Cocco Bill e' 'nato' fin dal primo numero del giornaletto destinato ai figli dei lettori del quotidiano Il Giorno. Era il 28 marzo 1957 e quella iniziativa editoriale - un supplemento settimanale a colori destinato ai ragazzi - era assolutamente insolita nella stampa italiana del periodo, dove quello stesso quotidiano vantava rispetto a tutti gli altri eccezionali requisiti innovativi, di rivoluzionario svecchiamento. Sicche' anche quella iniziativa era cosi' nuova che fu premiata da un grande successo, molte migliaia di copie in piu' vendute all'edicola. Un fatto che si ripete' del resto sistematicamente per molti degli anni successivi.

Ebbene, di quel notevole «indice di gradimento», va riconosciuto che buona parte del merito risale alle creazioni di Jacovitti in esso presenti, come un'altra serie, Tom Ficcanaso, ugualmente a puntate. Ma naturalmente sopratutto Cocco Bill, che porto' a Jacovitti una grande notorieta' nazionale. E perfino 'laica', visto che in precedenza egli era ugualmente molto noto, ma solo in ambito cattolico, grazie alla fama acquisita presso i lettori di un altro celebre settimanale, Il Vittorioso.

Nel giro di pochi anni la marcia trionfale di Cocco Bill si fece davvero travolgente. Magari non si puo' dire di lui che fosse un gran paladino della non-violenza, viste le scazzottature e le sparatorie in cui viene coinvolto a ogni pie' sospinto. Pero' lo si potrebbe assumere come significativo esponente di una ipotetica lega anti-alcolica, visto che nel selvaggio West da lui frequentato, dove tutti sono formidabili bevitori di whisky, egli non travalica mai oltre una 'paciosa' camomilla. Della quale, curiosamente, non fu mai assunto come testimonial. In compenso, fu per anni un testimonial pubblicitario importante per una marca di gelati che a quel tempo andavano per la maggiore. E anche altri prodotti richiesero la sua collaborazione in tal senso.

Col passare degli anni la sua fama, derivante dalla simpatia riscossa presso il pubblico, lo porto' a essere presente anche sotto altre forme. Per esempio in volumi contenenti episodi completi delle sue avventure, oppure film d'animazione - i popolari 'cartoni animati' - con presenze in televisione o in videocassette. Ma ora non voglio star qui a tediarvi con i mille trionfi di Cocco Bill. Il quale fra l'altro e' significativamente perfino sopravvissuto al suo autore, visto che le sue storie continuano a uscire ancora oggi sul settimanale Il Giornalino, grazie alla fantasia di un bravissimo 'erede' di Jacovitti che risponde al nome di Luca Salvagno.

Comunque, il quadretto di cui sopra mi e' quotidiano promemoria di tutto questo. Pero' mi rendo conto di aver qui parlato piu' che altro di me e quasi niente di Cocco Bill. Poco male, perche' - insieme al solito editore delle opere di Jacovitti, Stampa Alternativa - stiamo preparando un libro per i cinquant'anni di questo ormai immortale personaggio, nel quale si troveranno tante storie, capaci di rappresentare un adeguato panorama di tutta la sua vita di carta. E ci saranno anche tante 'chiacchiere' che raccontino di lui quanto e come egli sia stato e continui a essere una presenza vivissima nella nostra societa'.

fonte: http://www.jacovitti.it/jacovitti/public/dettaglioCategoriaSetNav.jsp?categoriaPadre=1000003

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FRA I TANTI PERSONAGGI DEL GRANDE JACOVITTI, FAMOSI E MENO FAMOSI, SPICCA "ELVIRO IL VAMPIRO"




Apparso per la prima volta su 'Il Giorno' del 1962 alla seconda puntata fu sospeso a seguito delle le proteste del pubblico, per la raffigurazione di una prostituta al lavoro con il suo protettore che allontanò Elviro che tentava di morderla sul collo. Il quale andandosene esclamò :"Annàmocene và! Quella er vampiro ce l'ha già. Er vampiro personale!"

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A PROPOSITO DEL JACOVITTI DI DESTRA (BEH, DI SINISTRA PROPRIO NON ERA..)

stralcio di un'intervista, leggibile cliccando sul link a fondo post


Lei è stato indicato come un disegnatore di destra, un fascista. Che rapporto ha con il fascismo? Suo padre era fascista.
«Mio padre era fascista ma non aderì alla repubblica di Salò. E poi va ricordato un episodio: nel periodo delle persecuzioni razziali, avvertì alcune famiglie ebree e che scapparono e si salvarono. Per quanto mi riguarda, nel periodo in cui vissi nascosto a Firenze feci due strisce satiriche proprio sul fascismo. Protagonista era Battista l’ingenuo fascista. Divenne famosa la battuta: “Eja, Eja, baccala!”. E poi creai una storia: Ahi Flitt . I personaggi si salutavano non con il saluto romano ma con le corna. Era una satira sul nazismo. Erano una trentina di tavole pubblicate nel ’44 in una rivista di studenti cattolici. Questo prima che arrivasse il famoso film di Charlot. Io l’ho detto più di una volta: sono un liberale, un estremista di centro, un anarcoide».

Ma un irrequieto come lei come poteva vivere tranquillo sotto il fascismo?
«Beh, qualche episodio stranino c’è stato. A sette anni avevo disegnato il trasvolatore Italo Balbo, un vero eroe di quei tempi, con al posto dei fasci, nelle mostrine della divisa, due falci e martello. Mio padre, che non s’era accorto del pasticcio, portò alla casa del fascio il disegno. Certamente non fu ben accolto. Ma quella volta non ci furono conseguenze. Nel ’42, avevo 19 anni, lavoravo al Vittorioso e proprio per non rimanere indietro col lavoro ho saltato qualche adunata del sabato fascista. Insieme ad altri, i fascisti ci portarono in una stanza e ci picchiarono di santa ragione. Mio padre protestò alla casa del fascio. Alla fine della guerra mio padre tornò comunque al Msi».

fonte: http://www.tusciaweb.it/interviste/jacovitti.htm

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Questo me lo ricordo!
Ciao.