"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

venerdì 28 settembre 2007

Voto di scambio a Udine


Udine, non rispetta il voto di scambio.

E la "vittima" gli fa causa

È il 10 aprile 2006 quando Marzio Strassoldo, erede dell’antico e importante casato che ebbe ruoli di rilievo nell’impero austro ungarico, viene eletto presidente della Provincia di Udine. Tra gli elettori della Cdl accorsi a porgergli auguri e congratulazioni, ce n’era uno speciale. Si chiama Italo Tavoschi, già vicesindaco di Udine e gioiva più degli altri perché da quell’elezione avrebbe guadagnato un posto da dirigente. E non si trattava di una di quelle promesse da marinaio, che poi ci si dimentica, che poi vediamo, no, no, Tavoschi era stato furbo e aveva fatto mettere tutto per iscritto. L’accordo Strassoldo-Tavoschi, destinato a fare scuola, garantiva a Tavoschi, a condizione che si fosse «impegnato personalmente a sostenere Strassoldo», «un incarico triennale di 70 mila euro l’anno».

Ma da quell’aprile gioioso, sono passati cinque mesi e Tavoschi non è ancora seduto su nessuna poltrona, se non quella di casa sua, in attesa di ricevere il comando che lo farà dirigente. Così, decide di prendere carta e penna e raccontare tutto, perché «non ho nulla da perdere in questo momento e non mi spaventa per nulla rendere pubblica la mia delusione». E nella lettera non risparmia i dettagli, ricordando pure che Strassoldo gli ha più volte spiegato che «per nominare un dirigente (pubblico, ndr) non ci sarebbero stati concorsi perché solo a lui ne spettava la responsabilità».

La lettera voleva essere un modo per invitare Strassoldo a «raccogliere le idee una volta per tutte e trovare urgentemente una soluzione che dia risposta concreta a un impegno che si è preso nel momento in cui aveva bisogno di alleati per una sua riconferma a palazzo». Ma dalla Provincia nessuno si è fatto vivo. E così il fido sostenitore tradito si è presentato alla Direzione provinciale del lavoro per un tentativo di conciliazione.

Da lì, l’inevitabile polverone. La lettera, insieme al testo integrale dell’accordo pre-elettorale, è finita giovedì sulle pagine delMessaggero Veneto. A palazzo Belgrado, sede della Provincia, si è scatenata la bufera: l’opposizione grida «vergogna» e chiede l’immediata cacciata di Strassoldo, ma anche nella maggioranza in pochi provano a difendere l’indifendibile presidente, mentre la Lega non esita a dichiarare che «in casi analoghi le dimissioni sarebbero un atto dovuto». Anche per uno Strassoldo.

Pubblicato il: 28.09.07
Modificato il: 28.09.07 alle ore 16.18


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2 commenti:

ska ha detto...

"e Tavoschi non è ancora seduto su nessuna poltrona, se non quella di casa sua, in attesa di ricevere il comando che lo farà dirigente. Così, decide di prendere carta e penna e raccontare tutto, perché «non ho nulla da perdere in questo momento"

...come no, solo la dignità! Ma quando questa è solo di facciata, non mi meraviglio che non spaventi poi così tanto l'idea di perderla. Ormai la corruzione è qualcosa di così normale, che chi vi prende parte si permette pure recriminazioni pubbliche. Mi permettete un bel "vaffanculo" per entrambi?

Tanuccio ha detto...

Io aspetto ancora il posto da uscere che mi aveva promesso Prodi :-(